Un articolo di Robert Skidelsky (membro della Camera dei Lord e professore emerito di Economia Politica presso l'Università di Warwick), che a tratti pare un po' ingenuo e superficiale nell'affrontare il tema delle leggi liberticide, ma che comunque è indicativo dell'allarme che da tempo tale legislazione sta creando tra l'opinione pubblica e tra gli intellettuali britannici. Accipicchia, mi tocca invidiare la perfida Albione...
LONDRA - Di recente, in un festival letterario in Gran Bretagna, mi sono trovato in un comitato di discussione sulla libertà di parola. Per i liberali, la libertà di parola è indice chiave della libertà. Le democrazie sono per la libertà di parola; le dittature per la repressione.
Quando noi occidentali buttiamo lo sguardo al di fuori dell’occidente, questo rimane il nostro punto di vista. Noi condanniamo i governi che zittiscono, imprigionano, e perfino uccidono scrittori e giornalisti. Reporters Sans Frontières tiene una lista: 24 giornalisti sono stati uccisi, e 148 imprigionati, proprio quest'anno. Parte della promessa che vediamo nella "primavera araba" è la liberazione dei media dalla stretta dei dittatori.
Eppure la libertà di parola in Occidente è sotto pressione. Tradizionalmente, la legge britannica ha imposto due principali limitazioni su “il diritto della libertà di parola”. Il primo ha vietato l'uso di parole o espressioni che potrebbero turbare l'ordine pubblico, la seconda è stata la legge contro la diffamazione. Ci sono buone ragioni per entrambe - per preservare la pace e per proteggere la reputazione degli individui dalla menzogna. La maggior parte delle società libere accettano tali limiti come ragionevoli.
Ma la legge è recentemente diventata più restrittiva. "L’incitamento all'odio religioso e razziale" e "l’incitamento all'odio sulla base dell'orientamento sessuale" ora sono illegali nella maggior parte dei paesi europei, indipendentemente da qualsiasi minaccia per l’ordine pubblico.
Un esempio lampante è la legge contro la negazione dell'Olocausto. Negare o minimizzare l'Olocausto è un reato in Israele e in 15 Paesi Europei. Si può sostenere che l'Olocausto è un crimine così particolarmente aberrante da qualificarsi come un caso speciale. Ma i casi particolari hanno l'abitudine di moltiplicarsi.
La Francia ha reso illegale negare qualsiasi "crimine contro l'umanità riconosciuto a livello internazionale”. Mentre nei paesi musulmani è illegale chiamare i massacri Armeni del 1915-1917 "genocidi", in alcuni paesi occidentali è illegale dire che non lo erano. Alcuni paesi dell'Europa orientale in particolare vietano la negazione dei “genocidi” comunisti.
La censura della memoria, che appassionatamente una volta immaginavamo essere segno della dittatura, è oggi un settore in crescita maggiore nel “libero” Occidente. Infatti, la censura ufficiale è solo la punta dell’iceberg di una censura culturale. Una persona pubblica deve stare costantemente in guardia contro i reati che causano offese, che siano intenzionali o meno.
Rompere il codice culturale danneggia la reputazione di una persona, e forse la sua carriera. Il segretario Britannico Kenneth Clarke recentemente ha dovuto chiedere scusa per aver detto che alcuni stupri erano meno gravi di altri, implicando la necessità di una discriminazione legale. La sfilata di gaffes e le successive scuse striscianti è diventata una costante caratteristica della vita pubblica.
Nel suo classico Saggio sulla libertà, John Stuart Mill ha difeso la libertà di parola per il motivo che la libera informazione è stata necessaria per far progredire la conoscenza. Restrizioni su determinate aree di indagine storica si basano sulla premessa opposta: la verità è conosciuta, ed è immorale metterla in dubbio. Questo è assurdo, ogni storico sa che non esiste una cosa come la verità storica finale.
Non è compito della storia difendere l'ordine pubblico o la morale, ma stabilire cosa è successo. La storia legalmente protetta assicura che gli storici giochino sul sicuro. A dire il vero, il principio di Mill spesso richiede la tutela dei diritti di personaggi sgradevoli. David Irving scrive una storia menzognera, ma la sua persecuzione e la sua prigionia in Austria per "negazione dell'Olocausto" avrebbero fatto inorridire Mill.
Al contrario, la pressione sulla "correttezza politica" si basa sulla tesi che la verità è inconoscibile. Affermazioni sulla condizione umana sono essenzialmente una questione di opinione. Perché una dichiarazione di opinione da parte di alcuni individui è quasi certo che possa offenderne degli altri, e dato che tali dichiarazioni non contribuiscono alla scoperta della verità, il loro grado di offensività diventa l'unico criterio per giudicare la loro ammissibilità. Da qui il tabù di certe parole, frasi e argomenti che implicano che certi individui, gruppi o esperti siano superiori o inferiori, normali o anormali; di conseguenza la ricerca di modi sempre più neutrali per etichettare i fenomeni sociali, privando di conseguenza la lingua del suo vigore e interesse.
Un esempio classico è il modo in cui "famiglia" ha sostituito "matrimonio" in un discorso pubblico, con l'implicazione che tutti gli "stili di vita" hanno lo stesso valore, nonostante il fatto che la maggior parte delle persone persistano nel volersi sposare. E' diventato un tabù descrivere l'omosessualità come una "perversione", anche se questa era proprio la parola usata nel 1960 dal radicale filosofo Herbert Marcuse (che elogiava l'omosessualità come espressione di dissenso). Nel clima odierno ciò che Marcuse avrebbe chiamato "tolleranza repressiva", sarebbe chiamato "stigmatizzare".
L'imperativo sociologico dietro la diffusione della "correttezza politica" è il fatto che non viviamo più in una società patriarcale, gerarchica, mono-culturale, che presenta un generale, se non riflesso, accordo sui valori fondamentali. Gli sforzi patetici di inculcare un senso comune di "Britannicità" o "Dutchness" in società multiculturali, per quanto ben intenzionati, attestano la perdita di una comune identità.
Il linguaggio pubblico è così diventato la moneta comune di scambio culturale, e tutti sono attenti a badare ai propri modi di dire. Il risultato è una moltiplicazione di parole ambigue che raffreddano il dibattito politico e morale, e che creano un divario crescente tra il linguaggio pubblico e quello che molte persone comuni pensano.
Abbiamo bisogno di media liberi di esporre gli abusi di potere. Ma il giornalismo investigativo si scredita quando "mette in mostra" la vita privata di persone famose quando nessun problema di interesse pubblico è coinvolto. Il gossip divertente si è trasformato in un assalto alla privacy, con i giornali che affermano che qualsiasi tentativo di tenerli fuori delle camere da letto della gente è un assalto alla libertà di parola.
Voi sapete che una dottrina è in difficoltà, quando nemmeno quelli che sostengono di difenderla capiscono che cosa significa. Da questo, la dottrina classica della libertà di parola è in crisi. Dovremmo risolvere il problema rapidamente - legalmente, moralmente e culturalmente - se vogliamo conservare un giusto senso di ciò che significa vivere in una società libera.
Fonte: http://vocidallestero.blogspot.com/2011/07/liberta-di-parola-sotto-assedio.html#more
Nessun commento:
Posta un commento