mercoledì 29 febbraio 2012

Leggi liberticide: stavolta è toccato a Le Pen.

“In Francia, almeno, l’occupazione tedesca non fu particolarmente inumana, anche se vi fu un certo numero di eccessi – inevitabili in un paese di 550.000 chilometri quadrati.”.
Cosa pensate di questo giudizio? A me pare molto superficiale. Se lo udissi pronunciare, chiederei al mio interlocutore di spiegare meglio il suo pensiero, di essere più dettagliato ed eplicito. Cosa vuol dire "occupazione inumana"? Cosa vuol dire "eccessi"? Faticheri persino a capire se il mio interlocutore voglia esprimere un giudizio filo-tedesco (dicendo che i tedeschi non attuarono un'occupazione inumana) o anti-tedesco (dicendo che vi furono eccessi).
Ma, certo, mai mi passerebbe per la teste l'idea che il mio interlocutore, pronunciando tale frase, possa avere commesso un reato!
In Francia invece una simile frase integra gli estremi della violazione della tristemente famosa legge Gayssot, la capostipite delle leggi liberticide. L'autore della frase è Jean-Marie Le Pen, noto politico francese, e la frase è stata pubblicata nel 2005 su un rivista. Ora è arrivata la sentenza, pronunciata il 16 febbraio dall’ex undicesima chambre della corte d’appello (oggi denominata pôle 2 chambre 7). Le Pen e l'editore dovranno sborsare, tra la pena pecuniaria e il risarcimento dei danni morali alle varie associazioni costituite parti civili, la bellezza di 37.000 Euro.    
Prossimamente anche in Italia...
Viva la libertà.

sabato 25 febbraio 2012

La NATO ha trasformato la Libia in un mattatoio.

"Chissà perchè" non si parla più della Libia...?
Ma ci pensa Amnesty International a ricordarci le nostre responsabilità, con una nuova relazione, datata febbraio 2012 (qui la nuova relazione di Amnesty International), dal contenuto agghiacciante.
Trascrivo alcune porzioni di un articolo di Stephen Lendman dedicato al contenuto di tale relazione, dal sito Effedieffe.com:

La legge internazionale è chiara ed Amnesty International lo sa bene: nessuna nazione può interferire negli affari interni di un’altra se non nel caso di autodifendersi quando attaccata. La NATO arrogò a sè la responsabilità e l’autorità, ed i crimini di guerra contro l’umanità ne sono stati la conseguenza e continuano fuori controllo e la NATO è ancora coinvolta e migliaia di militari USA continuano ad invadere il Paese per controllare le strutture chiave del petrolio. Si verificano anche attacchi aerei e navi NATO occupano i porti della Libia, e sono coinvolte forze militari USA, italiane e francesi, e forse anche di altre nazioni. Resoconti da Misurata, a gennaio, dicevano che elicotteri Apache avevano massacrato dei ribelli che cercavano di occupare le piattaforme petrolifere di Brega.
Bande di criminali si aggirano fuori controllo e sono frequenti gli scontri con morti fra civili e rivoltosi rivali. Le milizie controllano le aree locali e quelle confinanti. Migliaia di Lealisti di Gheddafi e di lavoratori ospiti africani neri sono stati uccisi o catturati e torturati.
«Le Milizie continuano a rastrellare gente ed a detenerla, il tutto fuori da qualsiasi schema legale, e li tengono in prigioni segrete.... Sono in migliaia che non hanno nè modo di difendersi da questa illegalità totale nè di sfuggire alle brutalità ed alla tortura».
I detenuti intervistati da AI hanno descritto la loro esperienza straziante. Ad esempio:
• appesi in posizioni contorte;
• picchiati con fruste, calci di fucili, cavi, tubi di plastica, catene di metallo, spranghe e bastoni in legno;
• elettro-shock con conduttori sotto tensione e Taser usati come armi;
• ustioni e minacce di stupro.
Questi fatti sono confermati dai resoconti medici: con poche eccezioni, i prigionieri non hanno nè processi nè avvocati; molti hanno detto di aver confessato crimini non commessi per metter fine alle sofferenze; altri erano troppo terrorizzati per poterne solo parlare. La NATO ed i tirapiedi del Consiglio Nazionale di Transizione sanno bene cosa accade e non fanno nulla.
Il governo guidato dal CNT sembra non avere nè l’autorità nè la volontà politica di tenere a freno le milizie. Non hanno nessuna voglia di riconoscere la portata degli abusi commessi dalla milizia e nemmeno di riconoscerne dei singoli casi nonostante emergano sempre più numerose le prove di comportamenti abituali con gravi e diffusi abusi in molte parti del Paese.
La NATO e gli illegittimi funzionari del CNT ignorano i diritti umani ed i principi del diritto internazionale. Le elezioni programmate non sono che una copertura data all’occupazione imperialista ed i crimini di guerra e quelli contro l’umanità resteranno impuniti; ed infatti, continuano quotidianamente.
Quelli più minacciati sono i libici di pelle scura: a migliaia in Tawargha ed altrove sono stati deportati a forza e tutt’ora non possono ritornare alle proprie case, che comunque sono state saccheggiate e bruciate. Quelli che non sono tenuti prigionieri, sono nei campi a basse risorse di Bengazi, Tripoli ed altrove.
Bande di assassini minacciano sia molti membri delle tribù Mshashiya e Qawalish, che altri residenti nelle zone della Sirte e del Bani Walid; vendette ed abusi continuano anche se la Resistenza Verde lotta per liberare la Libia e ripristinare la legge della Jamahiriya.
Amnesty International ha visitato la Libia sia a gennaio che nel febbraio 2012; le sua indagini si sono incentrate su Tripoli, al-Zawiya, le Nafoussa Mountains, Misurata, la Sirte e Benghazi e loro zone limitrofe.
Ha visitato 11 prigioni controllate dalle bande di insorti e localizzate nella Libia centrale ed occidentale, dove in 10 su 11 prigioni ha trovato detenuti torturati e maltrattati. AI li ha intervistati, ha intervistato quelli rilasciati, gli amministratori delle strutture, i medici e l’altro personale sanitario, i parenti degli uccisi in carcere, i membri della milizia ed i membri del CNT: ma i numeri esatti delle persone detenute e di quelle maltrattate non sono noti, mentre si sa che gli incarcerati sono a migliaia. I rappresentanti dell’ICRC (Comitato Internazionale della Croce Rossa, ndt) hanno detto di aver «visitato oltre 8.500 detenuti in oltre 60 luoghi di detenzione». La maggior parte a Tripoli, Misurata ed aree limitrofe.
A febbraio i tirapiedi del CNT ne detenevano altri 2.400. Quasi tutti i detenuti attuali e precedenti hanno dichiarato ad AI che il loro arresto era stato arbitrario, extragiudiziale e privo di garanzie legali con comitati di giudizio autonominatisi per l’occasione. Ovviamente non ci sono avvocati a difesa mentre la coercizione – fino alla tortura e ad altri trattamenti violenti – spingono ad autoincriminazioni ingiustificate.
Molti detenuti hanno dichiarato di essere stati segregati in posti diversi, alcuni segreti; Amnesty International è stata testimone di percosse e di minacce da parte degli insorti, anche a carico di alcuni per i quali era stato ordinato il rilascio.
Esperienze simili sono state raccontate anche da altri e ci sono referti medici che le confermano: a partire dal settembre 2011, Amnesty International ha confermato la morte di almeno 12 detenuti e ci sono prove forensi che dimostrano degli abusi estremi. I membri del CNT sapevano benissimo della cosa e non hanno fatto nulla nemmeno di fronte alle lamentele dei famigliari. A settembre, hanno promesso di «mettere sotto il controllo delle autorità ufficiali tutti i gruppi armati e di condurre piene indagini su qualsiasi episodio venga portato alla loro attenzione».
Stando ad AI l’impegno non è stato mantenuto; «finchè gli avvocati della difesa e le autorità giudiziarie non avranno accesso alle migliaia di detenuti, questi rimarranno senza processo o senza alcuna possibilità di contestare la legalità della loro detenzione...».
Come se non bastasse, ci sono delle uccisione extragiudiziali, nei confronti delle quali sono state annunciate – ma non condotte – delle indagini. Dunque violenza, impunità ed ingiustizia continuano e mentre i libici sotto Gheddafi si sentivano al sicuro, ora sono terrorizzati dall’occupazione. La responsabilità è della NATO, dei fantocci del CNT e delle bande di assassini assoldati.
La Libia di oggi è un ossario infernale, non diversamente da tutti quei posti nei quali è intervenuta la NATO, come sanno bene le vittime dei suoi orrori sia in Afghanistan, che in Iraq ed in Siria dove le lotte di liberazione continuano.

giovedì 23 febbraio 2012

E adesso l'ESM...

UE? BCE? FMI? WTO? Macchè, tutta preistoria, l'ultimo grido della globalizzazione si chiama ESM: European Stability Mechanism. Il più innovativo e raffinato strumento per svuotare la sovranità degli Stati. Nell'accingermi a postare un articolo in cui l'economista Lidia Undiemi spiega le ragioni per cui è doveroso opporsi a questa ennesima mostruosità, vorrei anche riportare un commento, di particolare lucidità, che ho rinvenuto sul web:
"Ho letto i dossier a cura della professoressa Undiemi, e penso che essa abbia toccato il punto saliente di tutti i fatti che stanno accadendo: lo svuotamento della forma dello stato-nazione, retaggio ottocentesco, il trasferimento della sovranità a enti ancora non ben definibili, ma comunque di natura privatistica, e la palese intenzione di riorganizzare la sovranità depositandola in una nuova figura sovrana, che spaccerano come "pubblica", ma avrà natura e corredo del tutto privati. I vecchi stati nazionali saranno trasformati in agenzie di riscossione e repressione delle sommosse che si scateneranno. Gli Stati Uniti sono i promotori di queste profonde trasformazioni, loro che sono agli antipodi del diritto romano, e hanno sempre considerato la res publica puro dominio della dittatura del denaro. La prima cosa da fare, perciò, è trasformare la nostra ,mentalità, e non vedere più nei politici e nelle istituzioni (compresa la presidenza della repubblica) null'altro che privati al soldo delle corporations euro-atlantiche.".
Ecco l'articolo dal sito scienzeumanegiudici.wordpress.com:

Lidia Undiemi, ESM (European Stability Mechanism): perchè l’Italia non deve firmare
L’economista Lidia Undiemi dell’Università di Palermo ha diffuso il testo di una mozione popolare per chiedere al primo ministro Monti di non firmare il trattato che istituisce l’ESM i cui contenuti, oltre che distruttivi per le economie dei paesi  più deboli dell’euro, sono anche manifestamente opachi e illegali: lo European Stability Mechanism è uno strumento finanziario che presterà denaro ai paesi su cui si è abbattuta la speculazione finanziaria dettando precise condizioni sui salari, sulle pensioni, sul taglio dei servizi pubblici. Sui suoi profitti (perchè è chiaro che non presterà gratis) NON PAGHERA’ TRIBUTI, I SUOI DOCUMENTI SARANNO RISERVATI, I SUOI FUNZIONARI E MANAGER SARANNO IMMUNI DA QUALUNQUE PROVVEDIMENTO GIUDIZIARIO dovesse accertarne violazioni.
E’ proprio in previsione dei suoi effetti che il Ministro Monti si è lasciato sfuggire, in occasione della conferenza stampa sulla rinuncia italiana alla candidatura alle Olimpiadi, che «abbiamo davanti – come sapete – vent’anni di sacrifici». Beh no, non lo sapevamo, ma sappiamo perché.

Mozione popolare contro l’attribuzione ad una organizzazione finanziaria intergovernativa del fondo “salva stati”.

Premesso che:
Il dibattito sulle cause della crisi è praticamente scomparso dalla scena pubblica.
In un contesto di questo tipo le politiche di austerity rappresentano un sacrificio drammaticamente inutile per i cittadini in quanto, sostanzialmente, si tratta di versare ulteriore liquidità nel buco nero della finanza speculativa.
I leader dei paesi europei stanno tentando, in fretta e furia, di portare a regime il trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM), ossia lo strumento scelto dalla politica di Bruxelles per fornire assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà, sulla base, si badi bene, del rispetto da parte dello Stato (potenziale) debitore di “rigorose condizionalità” negoziate con l’ESM nell’ambito di un programma macro-economico di aggiustamento e di una rigorosa analisi di sostenibilità del debito pubblico.Il trattato ESM non è semplicemente un insieme di regole finalizzate ad ottenere la stabilità finanziaria della zona euro ma si tratta di un documento che disciplina l’istituzione di un organismo finanziario internazionale dove i 17 paesi aderenti, compresa l’Italia, dovranno negoziare, non in qualità di Stati sovrani, ma di soci e di debitori, scelte di politica nazionale al fine di ottenere la liquidità necessaria per evitare il default.
La pericolosità di tale scelta per i cittadini europei è riscontrabile nelle trattative con il governo greco: organismi internazionali (troika) mirano a sostituirsi alle istituzioni nazionali imponendo ai rappresentanti politici la firma di un documento che attribuisce il peso della crisi alla popolazione, in cambio dell’assistenza finanziaria necessaria per pagare il debito in scadenza. Taglio delle pensioni, riduzione dei salari minimi e privatizzazioni, queste sono misure di austerità che scavalcano i sistemi democratici e che tolgono ai cittadini la possibilità di poter attuare politiche di sviluppo economico in grado di contrastare la finanza speculativa.
L’ESM intende operare come un qualsiasi istituto finanziario, erogando prestiti, rivolgendosi al mercato per potere soddisfare le richieste di concessione di denaro al fine di ottenerne un profitto.
I membri dell’istituzione finanziaria ESM, compresi quelli dello staff, sono immuni da procedimenti legali in relazione ad atti da essi compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni. L’ESM gode inoltre di una incomprensibile “inviolabilità” dei documenti.
Il trattato stabilisce che i beni, le disponibilità e le proprietà del MES, ovunque si trovino e da chiunque siano detenute “godono dell’immunità da ogni forma di giurisdizione, salvo qualora il MES rinunci espressamente alla propria immunità in pendenza di determinati procedimenti o in forza dei termini contrattuali, compresa la documentazione inerente gli strumenti di debito” e “non possono essere oggetto di perquisizione, sequestro, confisca, esproprio e di qualsiasi altra forma di sequestro o pignoramento derivanti da azioni esecutive, giudiziarie, amministrative o normative”.
Dal punto di vista democratico, considerando anche i grandi sacrifici che vengono chiesti agli stati europei, risulta incomprensibile la scelta di garantire l’esenzione fiscale all’ESM. Nonostante l’assenza pressoché totale di informazione, il trattato ESM non è ancora entrato in vigore in quanto occorre la ratifica da parte degli stati aderenti della modifica dell’art. 136 del Trattato sul Funzionamento dell’UE (decisione del Consiglio Europeo) che istituisce il meccanismo di stabilità finanziaria per la zona euro.
Il Parlamento europeo si è già espresso in favore della modifica dell’art. 136 con 494 voti favorevoli. Se i parlamenti nazionali ratificano l’entrata in vigore del trattato ESM si potrebbero anche verificare gravi scenari di retrocessione civile. In Italia, il disegno di legge (n. 2914/2011) per la ratifica è stato presentato dall’ex ministro degli Affari esteri, Franco Frattini, di concerto con l’ex ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti, l’ex ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, l’ex ministro per le Politiche europee, Anna Marina Bernini Bovicelli. Già la 1° commissione
permanente Affari Costituzionali ha dato esito “non ostativo” (14 dicembre 2011) e la 14° commissione permanente Politiche dell’unione europea si è espressa in modo favorevole con osservazioni (25 gennaio 2012).
Sarebbe estremamente utile che i cittadini degli altri 16 stati verificassero lo stato di attuazione della ratifica della modifica dell’art. 136 nel proprio paese.
Si chiede:
-  ai parlamentari nazionali di esprimere voto contrario alla ratifica della modifica dell’art. 136 del Trattato sul Funzionamento dell’UE;
- al Presidente del Consiglio Mario Monti di spiegare ai cittadini italiani “luci ed ombre” del trattato ESM mediante dibattiti pubblici e di valutare proposte alternative di soluzione alla crisi;
- al Presidente della Repubblica di non autorizzare la ratifica e di riferire pubblicamente le motivazioni del grande silenzio sui reali termini dell’entrata in vigore dell’ESM.
Si invitano:
- associazioni, movimenti, intellettuali, lavoratori, imprenditori e qualsiasi altra categoria sociale dei 17 paesi aderenti a mobilitarsi per contrastare l’entrata in vigore del trattato ESM in modo civile e non violento, anzitutto sottoscrivendo questa mozione popolare. Sarebbe inoltre utile inviare richieste di chiarimenti ai parlamentari nazionali, ai ministri e, almeno per quanto riguarda l’Italia, al Presidente della Repubblica;
- giornalisti di qualsiasi mezzo di informazione pubblico o privato a trattare la questione;
- magistrati e docenti universitari a valutare l’esistenza di profili di incostituzionalità e ad esprimersi sull’impatto che le immunità ed i privilegi contenuti nel trattato ESM possono avere nella vita democratica del paese, tenendo anche conto del crescente grado di corruzione politica.

mercoledì 22 febbraio 2012

Italia e Forze Armate.

Proprio mentre si discute sulla vicenda degli F-35 (v. post precedente), Gabriele Gruppo (MTN) propone alcune considerazioni sul ruolo delle Forze Armate nel nostro Paese. Mi sembrano riflessioni utili perchè, in uno Stato sano, svolge un ruolo fondamentale un corretto rapporto tra esercito e società civile. Si può dire lo stesso dell'Italia...??
Dal sito wordpress.thule-italia.net:

Libere riflessioni sull'esercito.
Prendiamo spunto per queste riflessioni, da recenti fatti che hanno visto coinvolto il nostro esercito: la morte in Afghanistan, per colpa di un incidente, di tre militari impegnati in una missione di soccorso. E l’arresto di due marò del San Marco, da parte delle autorità indiane, per quello che sembra profilarsi come un clamoroso errore; fatto su cui si sta comunque facendo lentamente luce.
Al netto del clamore mediatico del secondo avvenimento, urge pensare seriamente a come ormai il nostro esercito abbia in carico compiti estremamente in linea con i tempi moderni, ma che per contro non goda a livello nazionale di quel prestigio e di quella considerazione che, presso altri popoli europei e occidentali, è tributata a un settore così delicato e importante nell’organizzazione sociale.
In Italia l’esercito è stato messo a regime di modernizzazione forzata, sull’esempio del professionismo militare di stampo anglo/sassone che ha contagiato tutte le forze armate aderenti alla Nato, per renderlo strumento più “leggero”, versatile, e che riuscisse anche a non gravare troppo sul bilancio statale.
Tutte cose all’apparenza ottime, e non neghiamo che la vecchia impostazione stava mostrando la corda da molti anni. Tuttavia non ci sembra che l’esercito abbia beneficiato in termini di visibilità e di rispettabilità presso il popolo da questi mutamenti.
Far parte dell’Esercito Italiano è considerato in modo positivo, se esso trova impiego negli interventi d’emergenza (rifiuti, nevicate ecc.) come una sorta di protezione civile in mimetica.
Far parte dell’Esercito Italiano è considerato in modo utilitaristico; in quanto essere un militare è diventato “un lavoro come tanti”, o un “lavoro che qualche d’uno deve fare”.
Far parte dell’Esercito Italiano è considerato negativamente, se esso è visto nell’ottica di chi vorrebbe un “Mondo senza armi”, una nazione smilitarizzata, o più prosaicamente una voce in meno nelle spese statali.
Pur correndo il rischio di schematizzare troppo l’oggetto dell’argomento, diciamo che non abbiamo mai sentito nessuno (al di là di una certa area politica) rivolgersi ai membri del nostro esercito per sottolineare l’aspetto estremamente educativo nell’avere a portata di mano un’Istituzione che fa del rigore etico, e dell’attaccamento ai principi e ai valori della comunità nazionale, la propria ragion d’essere.
Questo perché in decenni di vacche grasse socio/economiche e pseudo culturali, un certo spirito è stato relegato alla stregua di un vecchiume di cui liberarsi, di una zavorra del passato, non buona per l’epoca di modernità e civilizzazione in cui viviamo, e destinata alla sola considerazione marginale, in occasioni o folkloristiche (adunate alpine e parata del 2 Giugno, ad esempio), o emergenziali (vedi “protezione civile in mimetica”). L’esercito in buona sostanza deve essere relegato quale “parente povero” nella considerazione quotidiana della comunità.
Infatti, in una società molle come il semolino, che tenta di riprodurre eredi addirittura ancor più informi eticamente e caratterialmente, la durezza dei principi su cui si fonda una struttura umana in armi appare sgradita, se non addirittura nociva.
Quindi, per cosa son morti i tre militari italiani in Afghanistan?
Chi rappresentano i due marò arrestati in India?
Purtroppo rappresentano solamente loro stessi, il loro ruolo di “servitori” di uno Stato che li ama condizionatamente al loro starsene in silenzio e prepararsi costantemente per il compito (ingrato) di garanti degli interessi “italiani” all’estero.
Questo è quello che viene chiesto ad un militare italiano oggi.
E se un domani certi compiti potranno essere delegati a super enti di difesa europei, non vedremo certo manifestazioni di piazza o scioperi della fame, ma più verosimilmente dotte disquisizioni evoluzionistiche, su quanto sia bella una società in cui marciare inquadrati sia solo un lontano ricordo di un passato barbaro, da dimenticare, o da far rievocare in circoscritte riserve etiche.

lunedì 20 febbraio 2012

Il pasticciaccio brutto degli F-35.

Da alcuni giorni su internet si discute animatamente intorno alla partita (ora ridotta) di un elevato numero di aerei militari F-35 commissionati dall'Aeronautica Militare italiana agli USA. Ordine di grandezza della spesa: miliardi di Euro. Scelta oculata o meno? Le nostre forze armate devono comunque disporre di attrezzatura moderna, indipendentemente dai costi? E ha fatto bene il governo Monti a ridurre il numero di apparecchi acquistati?
Difficile prendere posizione in modo netto su temi così sfaccettati. Utile però, credo, ascoltare le parole di un esperto quale è l'analista militare Gianandrea Gaiani, intervistato dalla nuova rivista Geopolitica (che ha ereditato molti collaboratori, nonchè il direttore Tiberio Graziani, e molti lettori della vecchia Eurasia).
Posto la parte che mi pare più interessante dell'intervista:

Con l'F-35 l'Italia si mette nelle mani di Washington  
Fatta chiarezza su questi punti, torniamo all’Italia ed alle polemiche nostrane sull’acquisizione degli F-35. Secondo Gaiani, la questione andrebbe valutata, prima ancora che militarmente, nell’ottica degli affari. Obama, assurto alla presidenza degli USA, ha cancellato tutte le commesse che il Pentagono aveva accordato a produttori italiani (Agusta e Finmeccanica) ed il programma relativo al C-27J della Alenia. Si trattava spesso di commesse concesse da Washington anche per ricompensare Roma dell’impegno prestato in Afghanistan e Iraq. Secondo una logica di reciprocità, il dott. Gaiani ritiene che l’Italia avrebbe dovuto per lo meno chiedere, in cambio della conferma dell’acquisto degli F-35 nordamericani, la selezione del M-346 Master della Alenia Aermacchi nell’imminente gara per il nuovo aereo da addestramento statunitense. Ma nessun elemento oggi lascia pensare che sia stato stretto un simile accordo.
L’alternativa all’acquisto degli F-35, spiega il direttore di “Analisi Difesa”, sarebbe stata l’adozione del Typhoon anche come aereo d’attacco, sulla scorta dell’esempio tedesco. Ciò avrebbe significato maggiori posti di lavoro in Italia: del consorzio Eurofighter fa infatti parte Finmeccanica tramite la controllata Alenia. Il generale De Bertolis ha previsto che degli 11.000 addetti attuali impiegati in Italia per la produzione di Typhoon, 10.000 saranno assorbiti dalle forniture legate al F-35. «Malgrado ammetta che vi sarà una perdita di 1000 posti di lavoro, mi pare comunque una valutazione ottimista» confessa il dott. Gaiani, ricordando che attualmente sono solo 1500 i lavoratori italiani impegnati nel programma F-35.
A volere con forza l’F-35 sono state l’Aeronautica e la Marina italiane. Esse desiderano un caccia più moderno, che per giunta sarà adottato anche da USA e GB, gli alleati principali, col quale sarà dunque più facile integrarsi. C’è una ragione ulteriore per cui la Marina desidera avere l’F-35: «La portaerei Cavour impiega gli Harrier – spiega il dott. Gaiani – che fra 10 o 15 anni dovranno essere sostituiti; e dei velivoli in ballo, solo la variante F-35B ha la necessaria capacità di decollo ed atterraggio verticale». Si tratta comunque di 20 aerei, mentre l’ordine complessivo, anche dopo il taglio recentemente annunciato per ridurre le spese, ammonterà comunque a 90 o 100 F-35. Il dott. Gaiani ha sostenuto in un articolo la possibilità di acquisire in leasing i 20 F-35B necessari alla Marina, fra 10 o 15 anni.
Infatti, il rovescio della medaglia è il possibile colpo di grazia che potrebbe essere dato alla nostra industria militare. Questa dovrebbe essere una valutazione strategica da fare a monte. Nessuno vi ha pensato, chiediamo al dott. Gaiani? «In realtà questa valutazione è stata fatta senz’altro, fin dagli anni ’90, da tutti i governi di destra e sinistra che, da allora, hanno deciso e poi confermato l’acquisto degli F-35». Ed il problema va ben oltre la nostra industria della Difesa, come spiega l’editorialista di “Panorama” e del “Sole 24 Ore”: «Con l’F-35 saremo totalmente nelle mani di Washington. Acquisiremo sì alcune tecnologie, ma non l’hardware. Poniamo per assurdo che tra vent’anni decidessimo d’usare questi aerei, non dico contro gli USA, ma contro un paese alleato degli USA o comunque in una missione sgradita a Washington. Il sistema computerizzato dell’aereo, il suo cuore elettronico, è accessibile esclusivamente agli statunitensi». L’F-35 molto probabilmente potrà essere usato solo al fianco degli USA. Rischia insomma di rivelarsi una scelta sbagliata se, come ritiene probabile il dott. Gaiani, tra qualche anno potremmo non essere più alleati di Washington, perché i rispettivi interessi nazionali si stanno differenziando in maniera sempre più evidente già oggi.
Proprio pochi giorni fa, l’8 febbraio, il Consiglio Supremo di Difesa italiano ha ribadito la “ineludibile necessità” d’integrare i sistemi difensivi dell’Unione Europea.«Si parla tanto d’integrazione europea – commenta amaro il dott. Gaiani – ma poi ci si mette completamente nelle mani degli USA».

domenica 19 febbraio 2012

Ancora sull'Iran.

In questi ultimi giorni, in occasione dell'ingresso delle due navi iraniane nel Mediterraneo, i media hanno parlato ormai esplicitamente di guerra entro l'anno. 
L'articolo che posto, di Maurizio Blondet, propone più di un tema di riflessione sull'argomento. So bene che molti diffidano di Blondet considerandolo un complottista, fascista, antisemita, e chi più ne ha..., ma mi pare innegabile la sua capacità di evidenziare e di saper mettere nella giusta successione una quantità di notizie che altrimenti rimarrebbero senza rilievo oppure prive di coordinazione e collegamento logico.
Dal sito Effedieffe:


Tre false flag firmati

                                                                                                                             
 Martedì a Bangkok, un uomo che apparentemente ha un nome iraniano (Saeid Moradi) fa saltare per accidente la casa in cui abitava; ferito e sanguinante, cerca di salire su un taxi – che rifiuta di prenderlo in quello stato – e poi gli lancia contro una bomba a mano. Si mette a correre, la Polizia lo insegue, lui lancia un’altra bomba a mano contro gli agenti; l’ordigno rimbalza su un albero e scoppia vicino a lui, troncandogli le gambe.
Immediatamente, prima ancora che la Polizia thailandese abbia compiuto l’indagine, dalla lontana Israele, il ministro della guerra Ehud Barak si dice sicuro che l’individuo voleva colpire interessi israeliani o ebraici in Thailandia: «Il tentato attacco terroristico prova ancora una volta che l’Iran e i suoi complici continuano ad agire da terroristi, e gli ultimi attacchi ne sono un esempio».
Difatti, siamo (per ora) al terzo attentato che Israele dichiara avere la firma dell’Iran. Lunedì, a Nuova Delhi, un motociclista attacca una bomba adesiva ad un minivan dell’ambasciata israeliana; nell’esplosione restano ferite quattro persone, fra cui la moglie dell’attachè israeliano alla Difesa, che è ricoverata ma non in pericolo di vita.
«È l’Iran», accusa immediatamente Netanyahu.
Lo stesso giorno, a Tbilisi, capitale della Georgia, la Polizia disattiva un ordigno scoperto sull’auto di un impiegato dell’ambasciata israeliana. Le circostanze sono queste, secondo il ministero dell’Interno georgiano: «Un autista dell’ambasciata, cittadino georgiano, ha parcheggiato la vettura a 200 metri circa dall’ambasciata. Ha in seguito notato l’ordigno di fabbricazione artigianale attaccato al telaio dell’auto ed ha chiamato la Polizia». Nessun pericolo per nessuno.
«È un atto di terrorismo iraniano», accusa Netanyahu.
La conclusione mediatica politicamente corretta è: le sataniche menti degli ayatollah sono in grado di minacciare Israele e le sue ambasciate a livello veramente globale, ma per fortuna affidano il compito a dei terroristi cretini, o squilibrati mentali, che falliscono sempre.
Ma, prima di correre a tale conclusione, sarà bene rileggere un recente studio redatto nel 2009 dalla Brookings Institutions (una storica «fondazione culturale» americana finanziata da miliardari, come le altre), dal titolo significativo Which Path to Persia?, che possiamo tradurre più o meno così:
«In che modo attaccare lIran?», non è facile, ammette l’autore: «Sarebbe di gran lunga preferibile se gli Stati Uniti potessero citare una provocazione iraniana come giustificazione degli attacchi aerei, prima di lanciarli. Chiaramente, più l’azione iraniana sarà oltraggiosa, più sarà letale, meno provocata, e meglio saranno piazzati gli Stati Uniti. Naturalmente, sarà difficile attrarre lIran in questa provocazione senza che il resto del mondo riconosca il trucco, il che lo renderebbe inutilizzabile. Un metodo che avrebbe qualche possibilità di successo sarebbe di mettere in piedi dei tentativi occulti di ‘regime change’ nella speranza che Teheran compia rappresaglie apertamente o in modo semi-aperto, che potrebbe dunque essere dipinto come un atto non provocato di aggressione iraniana».
Brookings Institution’s 2009 Which Path to Persia? report, pagine 84-85.
Lo studio prosegue enumerando tutti i modi possibili di provocare Teheran: finanziare gruppi d’opposizione per rovesciare il regime, danneggiare l’economia iraniana, finanziare organizzazioni terroristiche perchè compiano attentati mortiferi all’interno dell’Iran. Attenzione però, dice lo studio, perchè i leader iraniani spingono la propria perfidia fino a «calcolare che recitare la parte della vittima sia il modo migliore per raggiungere il proprio fine, sicchè possono trattenersi dal rispondere con rappresaglie»
Brookings Institution’s 2009 Which Path to Persia? report, pagina 95.
Insomma, c’è qui un piano di provocazione «suggerito» al presidente, che somiglia molto al «consiglio» contenuto in un fatale documento, che una fondazione «culturale» chiamata Project for a New American Century (PNAC), nel 2000, mise nero su bianco per il presidente americano di prossima elezione. Lo studio si chiamava «Rebuilding the American Defense» (Ricostruire la difesa americana) e progettava un enorme riarmo, avvertendo però che non sarebbe stato facile convincere il contribuente americano a spendere tanto, «a meno che non si verifichi un evento catastrofico catalizzatore, una nuova Pearl Harbor».
La desiderata, auspicata e sospirata Nuova Pearl Harbor avvenne un anno dopo, con i mega attentati «islamici» alle Twin Towers e al Pentagono. A quel tempo, tre dei firmatari del «suggerimento» erano vice-ministri al Pentagono, gli ebrei Paul Wolfowitz, il rabbino Dov Zakheim e Douglas Feith, per non dire del «consulente speciale» Richard Perle, lo stratega dell’aggressione all’Iraq.
Quanto al PNAC, fra i suoi fondatori spiccano Dick Cheney (vicepresidente il giorno della Nuova Pearl Harbor), Donald Rumsfeld (al Pentagono lo stesso giorno), Jeb Bush, Richard Perle, Richard Armitage, John Bolton, tutti ebrei neocon e membri del governo Dubya Bush. (103 Suspected 9-11 Criminal Coconspirators)
Il presidente della PNAC è William Kristol, ebreo di origine russa ed ex trotzkista, direttore-fondatore di Weekly Standard nonchè firma della Fox News di Murdoch, una delle menti del movimento neoconservatore, pro-israeliano e sostanzialmente composto da ebrei.
Se ora guardiamo chi è l’autore dello studio (o suggerimento) della Broocking per attrarre l’Iran in qualche provocazione, il cerchio si chiude. Si tratta di un certo Max Boot, nato a Mosca da due genitori ebrei, poi trasferitisi a Los Agneles; una nullità che si autodefinisce «storico militare», Boot risulta in carriera in USA nei circoli neocon all’ombra della ex ambasciatrice Jeane Kirkpatrick (J), articolista del Weekly Standard (J) del sullodato Kristol, del periodico ebraico Commentary e del Wall Street Journal di Murdoch. Come portaborse della Kirkpatrick, Boot è entrato nel Council on Foreign Relations, trampolino di lancio per la carriera di opinion leader e per confricarsi con i potenti della politica e degli affari americani. 
Date queste notizie, stupirà forse apprendere che Boot ha «sostenuto vigorosamente l’invasione dell’Iraq nel 2003», che «durante Piombo Fuso ha sostenuto che Israele era moralmente giustificata ad invadere la Striscia di Gaza», e che teorizzi «quel che chiama imperialismo americano basato sulla fondazione di nazioni e sull’espansione della democrazia»? Boot sembra una copia di Wolfowitz, solo un po’ più scemo.
Naturalmente, Boot è stato lesto a commentare gli attentati a Delhi e in Georgia, sull’ebraico Commentary, per spiegare a suo modo come mai tali attentati si risolvono in cilecche:
«...questi eventi debbono smentire coloro che sostengono lidea che gli iraniani solo freddi e calcolatori seguaci della Realpolitick, che agiscono con tanta cautela da potersi fidare se avranno la bomba atomica. Al contrario: gli eventi degli ultimi due giorni mostrano che il regime iraniano, assumendo che sia il colpevole di questi attacchi, è capace di agire in modo contro-producente, irrazionale ma pericoloso». (Self-Defeating, But Dangerous Terror Acts)
Ragionamento di cui ciascuno può apprezzare la logica rigorosa. Ma il pensiero paranoico israelo-talmudico ci ha abituato a questo ed altro: tanto che si potrebbe addossare la pseudo-logica di Boot ad Israele e ai suoi sayanim sparsi nel mondo: basta sostituire «iraniani» con israeliani, e la logica fila molto meglio.
Resta il fatto che il documento della Brooking, ossia di Max Boot, fin troppo scopertamente consiglia di fare attentati false flag da attribuire poi a Teheran, onde giustificare l’aggressione militare contro l’Iran.
Assumendo ciò, ci si può domandare: perchè mai il regime dell’Iran dovrebbe compiere attentati a personale diplomatico stazionato in India, rovinandosi i rapporti con uno dei due Paesi (l’India e la Cina) che si sono rifiutati di obbedire alle sanzioni decretate da Washington? Anzi l’India ha aumentato gli acquisti del petrolio iraniano del 30%, e stretto un accordo fra i due governi che prevede il pagamento in rupie? (La prima idea del pagamento in oro è stata per il momento scartata).
Infatti il governo indiano non è cascato nella provocazione. Il ministro agli Interni RK Singh ha dichiarato che «non esiste prova del coinvolgimento di un qualunque Paese nell’attentato ad un diplomatico israeliano a Delhi. È prematuro fare il nome di un Paese qualunque».
Quanto all’attentato in Georgia, non c’è bisogno di ricordare che la Georgia è un Paese che dipende strettamente, per l’armamento e lo spionaggio, da Israele e da Washington: senza il cui appoggio, il «presidente» Saakashvili sarebbe da tempo ridotto a vita privata dai votanti georgiani. Un Paese-satellite nel vero senso del termine. Recentemente, Saakashvili ha incontratto il presidente Obama, discutendo con lui l’utilizzo del terriorio georgiano nella futura guerra contro l’Iran. Il ministro della Difesa georgiano, tale Bacho Akhalaia, ha annunciato l’arrivo di istruttori americani, esaltando la «alleanza» con la superpotenza, che – ha detto – «è entrata in una fase totalmente nuova».
Obama, in cambio, ha promesso a Saakashvili un generoso aiuto nelle elezioni che si terranno l’anno prossimo; e già oggi la Georgia, un piccolo Stato con 4,7 milioni di abitanti, è al terzo posto nella lista dei Paesi che godono di aiuti americani dopo Israele ed Egitto.
L’ex presidente georgiano Eduard Shevarnadze (già esponente del PCUS) ha commentato: «Non escludo che per conservare la poltrona, Saakashvili si unisca ad una campagna militare contro l’Iran, che sarebbe una catastrofe per il nostro Paese».
Si aggiunga che i fantomatici attentatori supposti iraniani avrebbero usato per i due mini-attentati a Delhi e Tbilisi bombe magnetiche, che aderiscono al metallo delle vetture: una tecnica facile, utilizzata dai terroristi anti-ayatollah del gruppo clandestino MEK per assassinare cinque scienziati iraniani che stavano lavorando al programma nucleare. Il MEK è addestrato, finanziato e rifornito dal Mossad.
Proprio a gennaio scorso il ministro degli Esteri iraniano ha convocato l’ambasciatore dell’Azerbaijan a Teheran, per deplorare l’uso del territorio che l’Azerbaijan consente «ai terroristi implicati negli assassini degli scienziati iraniani»; assassini che (evidentemente i servizi iraniani hanno notizie precise) «hanno ricevuto aiuti per viaggiare a Tel Aviv in collaborazione col Mossad». Anche l’Azerbaijan intrattiene relazioni molto strette con Israele, che ha lì alcune delle sue centrali di spionaggio; e come per caso, a gennaio anche lì sarebbe stato sventato un attentato contro interessi israeliani, su cui non si hanno ulteriori informazioni.
E inoltre, il 15 febbraio, il ministero degli Esteri iraniano ha espresso la sua volontà di tornare al negoziato sul programma nucleare con il gruppo detto 5+1 (USA, Gran Bretagna, Francia, Cina, Russia e Germania).
Il passo diplomatico mostra con quanta attenzione Teheran, lungi dall’assumere un atteggiamento provocatorio, cerchi di scongiurare le provocazioni contro di sè. Teheran risponde agli atti aperti e occulti di aggressione diretti contro l’Iran – dalle sanzioni agli assassini mirati contro esponenti civili e militari, agli attentati esplosivi contro le sue infrastrutture, con estrema cautela e mitezza («fa la parte della vittima», direbbe Max Boot); per poi tentare di ammazzare la moglie di un diplomatico israeliano a Delhi, e piazzare una bombetta subito scoperta a Tbilisi?
Certo il problema degli attentatori e dei loro consiglieri è: come fare attentati anti-ebraici che colpiscano l’opinione pubblica mondiale, aizzandola contro l’Iran, senza però sterminare un adeguato numero di ebrei, cosa che il Talmud vieta? Questo è il meglio che riescono a fare: cilecche, la cui crudeltà immaginaria i media servili o posseduti avranno poi il compito di ingigantire.
Sì, quegli attentati false flag sono chiaramente firmati. Dal solo Paese che compia attentati all’estero, in tutto il mondo, in piena impunità. Ci sarebbe da ridere, se tutta questa faccenda non preparasse l’ennesima guerra con falsi pretesti contro un Paese debole e disarmato.

giovedì 16 febbraio 2012

Guerre Valutarie.

Parlare del governo Monti e della politica economica di casa nostra dà una grande visibilità al blog (mai avute così tante pagine visitate!), che però, effettivamente, non era nato e non era stato pensato per occuparsi "solo" di questi argomenti.
L'articolo che posto ora è quasi una "rimpatriata" su temi di cui, se non vivessimo in questa emergenza quotidiana che richiama continuamente la nostra attenzione altrove, vorrei occuparmi molto di più.
Si tratta di un'analisi, a firma di Mahdi Darius Nazemroaya, pubblicata il 2 febbrario sul sito della rivista Eurasia, che offre spunti e riflessioni assai stimolanti intorno ai recenti sviluppi della "telenovela" iraniana e ci ripropone il tema importantissimo del ruolo delle valute nella politica degli Stati. Ne posto solo una porzione, poichè l'intero articolo è molto lungo, cercando di "centrare" la parte più significativa.  

Guerra Valutaria: quali sono i veri obiettivi dell’embargo petrolifero dell’UE contro l’Iran?

Contro chi è rivolto in realtà  il cosiddetto “embargo petrolifero contro l’Iran” dell’Unione Europea? Si tratta di una importante questione geostrategica. Oltre a rifiutare le nuove misure dell’UE contro l’Iran come controproducenti, Teheran ha messo in guardia gli Stati membri dell’Unione Europea che l’embargo petrolifero contro l’Iran danneggerà loro e le loro economie, molto più che non l’Iran. Teheran ha così avvertito i dirigenti dei paesi dell’Unione Europea che le nuove sanzioni sono stolte e contrarie ai loro interessi nazionali e comunitari; ma ciò è corretto? Alla fine, chi beneficerà della catena di eventi che vengono messi in moto?
L’embargo petrolifero contro l’Iran è nuovo?
L’embargo del petrolio contro l’Iran non è una cosa nuova. Nel 1951, l’amministrazione del primo ministro iraniano Mohammed Mossadegh, con il sostegno del parlamento iraniano, nazionalizzò l’industria petrolifera iraniana. In risposta al programma di nazionalizzazione del Dr. Mossadegh, gli inglesi bloccarono militarmente  le acque territoriali e i porti nazionali dell’Iran con la Royal Navy inglese, e impedirono all’Iran di esportare il suo petrolio. Inoltre impedirono militarmente il commercio iraniano. Londra congelò anche beni iraniani e iniziò una campagna per isolare l’Iran con le sanzioni. Il governo del Dr. Mossadegh era democratico e non poteva essere facilmente diffamato internamente dagli inglesi; così cominciarono a ritrarre Mossadegh come una pedina dell’Unione Sovietica che avrebbe trasformato l’Iran in un paese comunista con i suoi alleati politici marxisti.
L’embargo illegale navale internazionale britannico fu seguito da un cambio di regime a Teheran, attraverso un colpo di stato progettato dagli anglo-statunitensi nel 1953. Il colpo di stato del 1953 trasformò lo Scià di Persia da figura costituzionale a monarca assoluto e in un dittatore, come i sovrani di Giordania, Arabia Saudita, Bahrain e Qatar. L’Iran fu trasformato in una notte da monarchia costituzionale democratica in dittatura.
Oggi, un embargo petrolifero imposto militarmente contro l’Iran non è possibile, come lo fu nei primi anni ’50. Invece Londra e Washington usano il linguaggio della giustizia e si nascondono dietro i falsi pretesti sulle armi nucleari iraniane. Come negli anni ’50, l’embargo sul petrolio contro l’Iran è legato al cambio di regime. Eppure, ci sono anche più ampi obiettivi che vanno oltre i confini dell’Iran, legati al progetto di Washington d’imporre un embargo petrolifero contro gli iraniani.

L’Unione Europea e la vendita del petrolio iraniano
Il principale cliente del petrolio iraniano è la Repubblica Popolare Cinese. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) di Parigi, che fu creata dopo l’embargo petrolifero arabo del 1973 come ala strategica del Blocco occidentale dell’organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE), l’Iran esporta 543.000 barili di petrolio al giorno verso la Cina. Gli altri clienti di grandi dimensioni dell’Iran sono India, Turchia, Giappone e Corea del Sud. L’India importa 341.000 barili al giorno dall’Iran, la Turchia 370.000 barili al giorno, il Giappone 251.000 barili e la Corea del Sud 239.000 barili al giorno.
Secondo il ministero iraniano del Petrolio, l’Unione europea rappresenta solo il 18% delle esportazioni di petrolio iraniano, il che significa meno di un quinto delle vendite di petrolio iraniano. Solo “collettivamente” l’Unione europea è il secondo cliente più grande dell’Iran. In tutto i paesi dell’UE importano 510.000 barili al giorno dall’Iran. La posizione collettiva che tutti i paesi dell’UE importatori di petrolio iraniano hanno, è stato evidenziato da coloro che vogliono sottolineare l’efficacia dell’embargo petrolifero dell’Unione europea contro l’Iran.
L’Iran può sostituire le vendite di petrolio verso l’Unione europea attraverso nuovi acquirenti o incrementando le vendite ai clienti esistenti, come Cina e India. Un accordo iraniano per cooperare con la Cina per lo stoccaggio delle riserve strategiche cinesi, riempirebbe gran parte del vuoto lasciato dall’Unione europea. Così, l’embargo del petrolio contro l’Iran avrà minimi effetti diretti contro l’Iran. Piuttosto, è più probabile che uno qualsiasi degli effetti che l’economia iraniana subirà, sarà legato alle conseguenze globali dell’embargo petrolifero contro l’Iran.

L’Iran e la guerra globale delle valute
Secondo il Fondo monetario internazionale (FMI), sia il dollaro che l’euro costituiscono insieme l’84,4% delle riserve valutarie mondiali scambiate alla fine del 2011. Il dollaro statunitense da solo, compone il 61,7% di questo dato, costituendo la maggior parte delle riserve valutarie mondiali scambiate nel 2011. La vendita di energia è una parte importante di questa equazione, perché il dollaro statunitense è legato al commercio del petrolio. Così, il commercio di petrolio attraverso quello che viene chiamato petro-dollaro, aiuta a sostenere il prestigio internazionale del dollaro statunitense. I paesi di tutto il mondo sono stati praticamente costretti a utilizzare il dollaro statunitense per mantenere le loro esigenze commerciali e le loro transazioni energetiche.
Per evidenziare l’importanza del commercio internazionale del petrolio per gli Stati Uniti, tutti i membri del Gulf Cooperation Council (GCC) – Arabia Saudita, Bahrain, Qatar, Kuwait, Oman ed Emirati Arabi Uniti – hanno le loro valute nazionali ancorate al dollaro statunitense e sostengono il petro-dollaro col commercio petrolifero in dollari statunitensi. Inoltre, le valute di Libano, Giordania, Eritrea, Gibuti, Belize e di diverse isole tropicali nel Mar dei Caraibi, sono anch’esse tutte ancorato al dollaro statunitense. A parte i territori d’oltremare degli Stati Uniti, anche El Salvador, Ecuador e Panama ufficialmente utilizzano il dollaro statunitense come moneta nazionale.
L’euro invece è contemporaneamente sia un rivale del dollaro statunitense che una valuta alleati. Entrambe le valute lavorano insieme contro le altre valute, in molti casi, e sembrano essere sempre più controllati da centri di potere finanziario in fusione. A parte i diciassette membri dell’Unione europea, che utilizzano l’euro come moneta propria, il Principato di Monaco, San Marino e Città del Vaticano hanno la concessione di diritti e anche il Montenegro e la provincia serba a maggioranza albanese del Kosovo usano l’euro come valuta nazionale. Al di fuori dell’area dell’euro (zona euro), le valute di Bosnia, Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, in Europa, e le valute di Capo Verde, Comore, Marocco, Repubblica democratica di São Tomé e Príncipe e le due zone CFA in Africa, e le valute di diverse colonie occidentali extraeuropee, come la Groenlandia, sono tutte ancorate all’euro.
Diverse zone monetarie sono direttamente legate all’euro. In Oceania, il franco Comptoirs Français du Pacifique (PCP), chiamato semplicemente Franco del Pacifico (franc pacifique), utilizzato in un’unione monetaria alle dipendenze francesi di Polinesia francese, Nuova Caledonia e Territorio delle Isole Wallis e Futuna è ancorato all’euro. Come accennato in precedenza, le zone CFA in Africa sono anch’esse ancorate all’euro. Così, sia il franco della Comunità Finanziaria dell’Africa (Communauté financière d’Afrique, CFA) o franco CFA dell’Africa occidentale, viene utilizzato da Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo – che il franco della Cooperazione Finanziaria dell’Africa centrale (Coopération financière en Afrique centrale, CFA) o franco CFA dell’Africa centrale – viene utilizzato da Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Repubblica del Congo (Congo-Brazzaville), Guinea Equatoriale e Gabon -, hanno il loro destino legato al valore monetario dell’euro.
L’Iran non è alla ricerca di un confronto militare tra le crescenti ostilità con gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Nonostante la narrazione deformata che viene presentata, Teheran ha detto che chiuderebbe lo Stretto di Hormuz come ultima risorsa. Gli iraniani hanno anche detto che non lasceranno che le navi degli Stati Uniti o nemiche, attraversino le acque territoriali iraniane, loro diritto legale, e che invece le navi ostili possono attraverso le acque territoriali dell’Oman nello Stretto di Hormuz. Come nota a margine, tra l’altro, il problema per gli Stati Uniti e gli altri avversari dell’Iran, è che le acque dell’Oman nello Stretto di Hormuz sono troppo basse.
Invece di un confronto militare, Teheran sta reagendo  economicamente in diversi modi. Il primo passo, iniziato prima del 2012, sono stati la diversificazione della vendita e degli scambi internazionali del petrolio iraniano, riguardo le rispettive valute di transazione. Questo fa parte di una mossa calcolata dall’Iran per abbandonare l’utilizzo del dollaro statunitense, proprio come Saddam Hussein in Iraq fece nel 2000, come mezzo per combattere contro le sanzioni imposte all’Iraq. In questo contesto, l’Iran ha creato una borsa internazionale dell’energia in competizione con il New York Mercantile Exchange (NYMEX) e l’International Petroleum Exchange (IPE) di Londra, che operano entrambe con il dollaro statunitense per le transazioni. Questa borsa dell’energia, chiamata Kish Oil Bourse, è stata ufficialmente inaugurata nell’agosto del 2011 sull’isola di Kish nel Golfo Persico. Le sue prime operazioni sono state effettuate utilizzando l’euro e il dirhem degli Emirati.
Nel contesto delle rivalità tra di euro e dollaro statunitense, gli iraniani in origine volevano mettere l’euro in un sistema di petro-euro, con la speranza che la competizione tra il dollaro statunitense e l’euro potesse rendere l’Unione europea un alleato dell’Iran e scollegare l’Unione europea dagli Stati Uniti. Con le tensioni politiche crescenti con l’UE, il petro-euro è diventato sempre meno allettante per Teheran. L’Iran ha capito che l’Unione europea è sottomessa agli interessi degli Stati Uniti ed è guidata da capi corrotti. Così, in misura minore, l’Iran ha anche cercato di allontanarsi dall’euro.
Inoltre, l’Iran ha ampliato il proprio abbandono dell’uso del dollaro statunitense e dell’euro, come politica nelle relazioni commerciali bilaterali. Iran e India discutono di pagamenti in oro per il petrolio iraniano. Il commercio iraniano-russo viene condotto in rial iraniani e rubli russi, mentre il commercio iraniano con la Cina e altri paesi asiatici, viene effettuato utilizzando il renminbi cinese, Rial iraniano, yen giapponese e altre valute che non siano il dollaro e l’euro.
Mentre l’euro avrebbe potuto essere il grande vincitore in un sistema di petro-euro, le azioni dell’Unione europea hanno lavorato contro ciò. L’embargo petrolifero dell’Unione europea contro l’Iran ha solo piantato i chiodi nella bara. A livello globale, la matrice emergente del commercio e delle transazioni eurasiatici e internazionali al di fuori degli ombrelli del dollaro statunitense e dell’euro, sta indebolendo entrambe queste valute. Il Parlamento iraniano ha appena passato una legge che tagliare le esportazioni di petrolio ai membri dell’Unione europea che faranno parte del regime di sanzioni, fino alla revoca delle sanzioni petrolifere all’Iran. La mossa iraniana sarà un duro colpo per l’euro, soprattutto perché l’Unione europea non avrà il tempo di prepararsi per i tagli energetici iraniani.
Ci sono diverse possibilità che possono emergere. Uno di queste è che ciò potrebbe essere parte di quello che Washington vuole, e che potrebbe essere giocata contro l’Unione europea. Un altro è che gli Stati Uniti e specifici Stati membri dell’UE, stanno lavorando insieme contro i rivali strategici economici e altri mercati.

Chi se ne avvantaggia? Gli obiettivi economici non sono l’Iran…
La fine delle esportazioni di petrolio iraniano verso l’Unione europea e il declino dell’euro vanno direttamente a beneficio degli Stati Uniti e del loro dollaro. Ciò che l’Unione europea sta facendo è semplicemente indebolire se stessa e consentire al dollaro statunitense di avere il sopravvento nella sua rivalità nei confronti dell’euro. Inoltre, qualora vi fosse il crollo dell’euro, il dollaro statunitense riempirà rapidamente gran parte del vuoto. Nonostante il fatto che la Russia possa beneficiare dei prezzi del petrolio e di una maggiore leva sulla sicurezza energetica dell’Unione europea come fornitrice, il Cremlino ha anche messo in guardia l’Unione europea che sta lavorando contro i propri interessi, subordinandosi a Washington.
Molte importanti questioni sono in gioco, circa le conseguenze economiche dell’aumento dei prezzi del petrolio. L’Unione europea sarà in grado di resistere alla tempesta economica o al collasso della valuta? Ciò che l’embargo petrolifero dell’Unione europea contro l’Iran farà sarà destabilizzare l’euro e creare una valanga globale, danneggiando le economie extra-UE. A questo proposito, Teheran ha avvertito che gli Stati Uniti mirano a danneggiare le economie concorrenti mediante l’adozione delle sanzioni petrolifere dell’UE contro l’Iran. All’interno di questa linea di pensiero, questa è la ragione per cui gli Stati Uniti stanno cercando di costringere Cina, India, Corea del Sud e Giappone in Asia, a ridurre o tagliare le importazioni di petrolio iraniano.
Nell’Unione Europea, saranno le economie dei membri più fragili e in lotta, come la Grecia e la Spagna, che saranno ferite dall’embargo  petrolifero dell’UE contro l’Iran. Le raffinerie di petrolio nei paesi dell’Unione europea che importano petrolio iraniano, dovranno trovare nuovi venditori come fonti e saranno costrette ad adeguare le loro operazioni. Piero De Simone, uno dei leader dell’Unione Petrolifera d’Italia, ha avvertito che circa settanta  raffinerie di petrolio dell’UE potrebbero essere chiuse e che i paesi asiatici potrebbero iniziare a vendere petrolio raffinato iraniano all’Unione europea a scapito delle raffinerie locali e della locale industria petrolifera. Nonostante le rivendicazioni politiche in sostegno all’embargo petrolifero contro l’Iran, l’Arabia Saudita non sarà in grado di colmare il vuoto delle esportazioni petrolifere iraniane verso l’Unione europea o altri mercati. Una carenza di forniture di petrolio e i cambiamenti della produzione potrebbero avere effetti a spirale nell’Unione europea e sui costi di produzione industriale, dei trasporti e sui prezzi di mercato. La previsione è che che l’UE effettivamente aggraverà la crisi nella zona euro o eurozona.
Inoltre, l’aumento continuo dei prezzi, che vanno dal cibo ai trasporti, non sarà limitato all’Unione europea, ma avrà ramificazioni globali. Coll’aumentare dei prezzi su scala globale, le economie in America Latina, Caraibi, Africa, Medio Oriente, Asia e Pacifico si troveranno ad affrontare nuove difficoltà, mentre il settore finanziario negli Stati Uniti e di molti dei suoi partner – tra cui i membri dell’Unione europea – potrebbe capitalizzare attraverso l’acquisizione di alcuni settori e mercati. Il FMI e la Banca Mondiale, in rappresentanza di Bretton Woods a Wall Street, potrebbero gettarsi nella mischie e imporre altri programmi di privatizzazione a vantaggio dei settori finanziari degli Stati Uniti e dei loro principali partner. Inoltre, come l’Iran decide di vendere il 18% del petrolio e di smettere di vendere ai membri dell’UE, sarà inoltre un fattore di mediazione.

domenica 12 febbraio 2012

Sono solo fantasmi!

Economia, ancora economia. E' un assedio: impossibile pensare ad altro.
Oggi è la volta di un frizzante intervento del giornalista Paolo Barnard, che parla dell'uso della "paura" quale strumento per indurre i popoli ad accettare quel che, altrimenti, in condizioni di lucidità e razionalità, rifiuterebbero. Nel blog si è già parlato del best seller "Shock economy", che tratta temi simili. Vorrei però ricordare che già nel 1974 (1974!!) quel profetico, immenso intellettuale (e non solo economista) che fu Federico Caffè scriveva, sulla base dei suoi studi statunitensi, che il futuro avrebbe conosciuto l'uso dell'allarmismo (ovviamente artificioso, indotto) per spingere popoli e Stati a certe azioni.
Già, Federico Caffè. Non se ne parla mai. Decisamente da riscoprire. 
Dal sito http://www.frontediliberazionedaibanchieri.it/.

AMICI GRECI, SONO SOLO FANTASMI

Lo dico da anni. La fine del ventesimo secolo ha visto la nascita di un modo osceno di dominare le masse, si chiama ‘la politica della paura’. Cioè, le masse vengono costantemente distratte dall’impegno nella lotta per i loro diritti da fantasmi tanto terrifici quanto inesistenti e/o inconsistenti: il pericolo rosso (gli USA di Nixon sapevano benissimo che l’URSS era alla bancarotta sia finanziaria che militare); l’Islam radicale, la Sars, la mucca pazza, l’Aviaria, il debito pubblico, il deficit, l’inflazione. E le masse ci cascano, ci caschiamo, perché siamo noi le masse.
La ‘politica della paura’ in queste ore sta costringendo un intero popolo, i greci, a regredire al medioevo, nei redditi, nei diritti, nella dignità. Eppure, credetemi fratelli di Grecia, basterebbe che vi rendeste conto che sono solo fantasmi, lo sono la UE, il FMI, la BCE, i cori di quei porci che di mestiere fanno i giornalisti del Sistema. Sono solo fantasmi, e non dovete fare altro che aprire gli occhi e scacciarli con la mano.
Infatti, come ha mirabilmente scritto l’economista Marshall Auerback qui http://www.neweconomicperspectives.org/2012/02/greece-and-rape-by-rentiers.html#more, tutto quello che serve a voi ellenici è di “ritrovare una dose di rispetto per voi stessi, dire alla Troika (UE, FMI, BCE) di levarsi dai piedi, e uscire dall’Eurozona”. E veramente è tutto qui, veramente non è più complicato né più drammatico di così. Incredibile eh? Eppure vi hanno convinti che siete sull’orlo del baratro che porta all’inferno. Non è vero, fate quello che vi suggerisce Auerback, adottate la Modern Money Theory (MMT) come politica economica di piena occupazione e pieno Stato sociale e studiatevi il caso argentino. Loro, gli argentini, alla fine hanno costretto l’altro mostro, gli USA, a scoprire le carte. E sapete cosa c’era in quelle carte? Un fantasma, una bolla di borotalco che faceva solo Buuuuuuuuhhhh! L’Argentina “ha ritrovato una dose di rispetto per se stessa, ha detto agli USA di levarsi dai piedi, e se n’è uscita dall’unione monetaria col dollaro”. Poi ha adottato la MMT al governo. Puff, e il fantasma se n’è andato. Dopo tre anni dal default, l’Argentina preoccupava la Cina per la sua crescita economica sorprendente. A voi accadrebbe la stessa cosa, e sarebbe la Germania a preoccuparsi per la vostra crescita.
Se qualcuno di voi, greci, mi sta leggendo, vi dico questo: poche chiacchiere, Barnard non le spara grosse, venite al Summit MMT in Italia il 24-26 di Febbraio a chiedere ad Auerback e ai suoi colleghi accademici se tutto questo è vero (http://www.democraziammt.info/) . Vi prego fatelo, perché a causa di un fantasma che vi dice che siete sull’orlo del baratro che porta all’inferno, voi rischiate di arrivarci davvero all’inferno. E tutto per un fantasma.

mercoledì 8 febbraio 2012

Smascheriamo la BCE e quest'Europa da buttare.

Posto un articolo già un po' datato, pubblicato su Le Monde del 2.1.2012, a firma di Michel Rocard (già premier socialista francese, ora ambasciatore) e di Pierre Larrouturou (esponente di Europe Ecologie).
Il mese trascorso non toglie attualità alle domande che i due si pongono, e mi pare molto stimolante l'dea di una "rifondazione politica" (che dovrebbe essere più che radicale...) dell'Unione Europea.
Certo, i lettori più scafati troveranno che in materia economica si potrebbero fare anche ragionamenti molto più evoluti, ma da due politici in carriera... è già sorprendente così!! 
Dal sito www.libreidee.org.

Sono cifre incredibili. Si sapeva già che, alla fine del 2008, George Bush e Henry Paulson avevano messo sul tavolo 700 miliardi di dollari (540 miliardi di euro) per salvare le banche americane. Una somma colossale. Ma un giudice americano ha recentemente dato ragione ai giornalisti di “Bloomberg” che domandavano alla loro banca centrale di essere trasparente sull’aiuto che essa stessa aveva dato al sistema bancario. Dopo aver spulciato 20.000 pagine di documenti diversi, “Bloomberg” mostra che la Federal Reserve ha segretamente prestato alle banche in difficoltà la somma di 1.200 miliardi al tasso incredibilmente basso dello 0,01%. Nello stesso momento, in molti paesi i popoli subiscono piani di austerità imposti da governi a cui i mercati finanziari non accettano di prestare miliardi a tassi di interesse inferiori al 6,7 o al 9%!
Asfissiati da tali tassi di interesse, i governi sono “obbligati” a bloccare pensioni, sussidi familiari o salari dei dipendenti pubblici e di tagliare gli investimenti, e ciò fa aumentare la disoccupazione e presto ci farà sprofondare in una recessione molto grave. É normale che in caso di crisi, le banche private, che si finanziano abitualmente all’1 % presso le banche centrali, possano beneficiare di tassi allo 0,01 % mentre certi Stati sono al contrario obbligati a pagare tassi 600 o 800 volte più elevati? «Essere governati dal denaro organizzato è tanto pericoloso quanto esserlo dal crimine organizzato», affermava Roosevelt. Aveva ragione. Noi stiamo vivendo una crisi del capitalismo non regolamentato che può rivelarsi un suicidio per la nostra civilizzazione. Come affermano lo scrittore Edgar Morin e Stéphane Hessel in “Le Chemin de l’ésperance” (Fayard, 2011), le nostre società devono scegliere: la metamorfosi o la morte?
Aspetteremo che sia troppo tardi per aprire gli occhi? Aspetteremo che sia troppo tardi per capire la gravità della crisi e scegliere insieme la metamorfosi prima dello sfascio delle nostre società? Non abbiamo la possibilità qui di sviluppare le dieci o quindici riforme concrete che renderanno possibile questa metamorfosi. Vogliamo solamente dimostrare che è possibile dar torto a Paul Krugman quando spiega che l’Europa sta entrando in una «spirale negativa». Come dare ossigeno alle nostre finanze pubbliche? Come agire senza modificare i trattati, il che richiederà mesi di lavoro e diverrà impossibile, se l’Europa è sempre più detestata dai suoi cittadini?
Angela Merkel ha ragione nel dire che niente deve incoraggiare i governi a continuare la fuga in avanti. Ma l’essenziale delle somme che i nostri Stati prendono in prestito sui mercati finanziari riguarda vecchi debiti. Nel 2012 la Francia deve prender in prestito 400 miliardi: 100 miliardi che corrispondono al deficit del bilancio (che sarebbe quasi nullo se si annullassero i ribassi d’imposta concessi negli ultimi dieci anni) e 300 miliardi che corrispondono a vecchi debiti, che arrivano a scadenza e che siamo incapaci di rimborsare se non ci reindebitiamo per le stesse cifre qualche ora prima di rimborsarli.
Far pagare tassi d’interesse colossali per debiti accumulati cinque o dieci anni fa non aiuta a responsabilizzare i governi ma ad asfissiare le nostre economie facendo guadagnare le banche private; con il pretesto che ci sia un rischio, prestano a tassi molto elevati sapendo che non c’è alcun rischio reale, perché il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria garantirà la solvibilità degli Stati debitori. Bisogna finirla con questa concezione del due pesi due misure: ispirandoci a quello che ha fatto la banca centrale americana per salvare il sistema finanziario, proponiamo che “il vecchio debito” dei nostri Stati possa essere rifinanziato a tassi vicini allo 0%.
Non c’è bisogno di modificare i trattati europei per metter in atto questa idea: certo, la Bce non è autorizzata a prestare agli Stati membri, ma può prestare senza limite agli organismi pubblici di credito (articolo 21.3 dello statuto del sistema europeo delle banche centrali) e alle organizzazioni internazionali (articolo 23 dello stesso statuto). Essa può dunque prestare allo 0,01 % alla Banca Europea degli Investimenti (Bei) o alla Cassa dei depositi; ed esse, a loro volta, possono prestare allo 0,02 % agli Stati che si indebitano per rimborsare i loro vecchi debiti. Niente impedisce di attuare tali finanziamenti fin da gennaio! Non lo si dice abbastanza: il bilancio dell’Italia presenta un’eccedenza primaria. Esso sarebbe dunque in equilibrio se l’Italia non dovesse pagare dei costi finanziari sempre più elevati. Bisogna lasciare che l’Italia affondi nella recessione e nella crisi politica o bisogna accettare di porre fine alle rendite bancarie private?
La risposta dovrebbe essere evidente per chi agisce in favore del bene comune. Il ruolo che i trattati attribuiscono alla Bce è di quello di vegliare sulla stabilità dei prezzi. Come può non reagire quando alcuni paesi vedono i rendimenti dei loro buoni del Tesoro raddoppiare o triplicare in qualche mese? La Bce deve anche controllare la stabilità delle nostre economie. Come può non agire quando il prezzo del debito minaccia di farci cadere in un recessione che, secondo il governatore della Banca d’Inghilterra, sarebbe «più grave di quella del 1930»? Se ci si attiene ai trattati, niente impedisce alla Bce d’agire con forza per far abbassare il costo del debito. Non solo non ci sono ostacoli che le impediscano di agire, ma anzi, ogni elemento la spinge in questa direzione. Se la Bce fosse fedele ai trattati dovrebbe far di tutto per diminuire il costo del debito pubblico. É parere comune che l’inflazione sia la cosa più inquietante.
Nel 1989, dopo la caduta del Muro di Berlino, è bastato un mese a Helmut Kohl, a François Mitterrand e agli altri capi di Stato Europei per decidere di creare la moneta unica. Dopo quattro anni di crisi, cosa aspettano ancora i nostri dirigenti per dare ossigeno alle nostre finanze pubbliche? Il meccanismo che proponiamo potrebbe applicarsi immediatamente, sia per diminuire il costo del vecchio debito che per finanziare gli investimenti fondamentali per il nostro avvenire, come ad esempio un piano europeo di risparmio energetico.
Quelli che richiedono la negoziazione di un nuovo trattato europeo hanno ragione: con i paesi che la vogliono bisogna costruire una Europa politica capace di agire sulla globalizzazione: un’Europa veramente democratica come già la proponeva Wolfgang Schäuble e Karl Lamers nel 1994 o Joschka Fischer nel 2000. Occorre un trattato di convergenza sociale e una vera governance economica. Tutto ciò è indispensabile. Ma nessun nuovo trattato potrà esser adottato se il nostro continente sprofonda in una «spirale negativa» e i cittadini iniziano a detestare tutto quello che viene deciso a Bruxelles. È urgente inviare ai cittadini un segnale molto chiaro: l’Europa non è nelle mani delle lobby finanziarie. È al servizio dei suoi cittadini.

martedì 7 febbraio 2012

Monti regala 2,5 miliardi alla Morgan Stanley...?!?

Non amo postare testi provenienti dai partiti politici, ma questa volta devo fare un'eccezione perchè la notizia supera ogni fantasia (o ogni incubo). Spero, sinceramente, che sarà smentita, perchè c'è un limite a tutto...!

Una vera vergogna i 2 miliardi regalati da Monti alla Morgan Stanley.
Uno scandalo dalle proporzioni difficilmente immaginabili potrebbe colpire
il Governo nei prossimi giorni. La banca d’ investimenti americana
Morgan Stanley nei primissimi giorni dell' anno ha ricevuto nel
completo silenzio 2miliardi e 567milioni di euro dal Ministero del
Tesoro Italiano, presieduto ad interim dal presidente del Consiglio
Mario Monti. L' urgente pagamento è stato fatto per soddisfare la
Banca americana che aveva improvvisamente "call the debt", espressione
con la quale in gergo finanziario si descrive l'operazione di
richiesta di restituzione di tutta la somma prestata per intervenuto
motivo grave. Praticamente 6miliardi e 268 milioni erano stati
prestati in derivati (fondi altamente tossici) all' Italia alcuni anni
fa ed invece di attendere il consueto pagamento annuale di interessi,
la Morgan Stanley,preso atto del downgrading dell' economia italiana
da parte dell’ agenzia di rating Standard and Poor’s pochi giorni
prima, ha deciso di richiedere l' immediato pagamento del debito. E'
ovvio che questa agenzia di rating ha fornito il pretesto per la
richiesta di Morgan Stanley. Morgan Stanley a novembre si era già
espressa in termini negativi nei confronti dell' economia Italiana
chiedendo riforme e liberalizzazioni: le famose “lacrime e sangue” per
gli italiani. Quindi nelle prime ore del 2012 l' appena insediato
Monti ha decretato il pagamento immediato alla Morgan Stanley
annullando la parte rimanente del debito con un passaggio dello stesso
debito a Banca Intesa di 3,381 miliardi di debito rimanente. Morgan
and Stanley è cosi totalmente soddisfatta avendo saltato la fila di
tutti coloro ( fra i quali moltissimi cittadini) che hanno crediti nei
confronti del Tesoro ottenendo il pagamento, in un momento di
difficoltà di reperimento di liquidi, di tutta una somma che in
realtà, per ciò che ormai sappiamo dei derivati, avrebbe dovuto
effettivamente portare non al pagamento del debito, ma all' emissione
di mandati di cattura per truffa ed altri reati nei confronti dei
gaglioffi finanzieri. Inoltre Banca Intesa può mettere a bilancio l'
entrata di 3,381 miliardi di euro come patrimonio in positivo. Ciò
avrà fatto sicuramente piacere a Passera, Presidente di Banca Intesa e
Ministro, secondo per importanza solo a Monti, nello specchiato
governo in carica. Ma sicuramente farà piacere anche al Vicepresidente
di Morgan Stanley e cioè Giovanni Monti che guarda un po', è proprio
il figlio del nostro Presidente del Consiglio. Non ha fatto piacere
sicuramente a milioni di italiani che stanno soffrendo le pene d'
inferno con fisco aggressivo, pensioni da fame e generale
impoverimento. La verità è semplice e drammatica. Con il Governo Monti
la finanza internazionale ha le mani nelle tasche dello Stato Italiano
o meglio, per dirla all' inglese, ha "direct rule" ( potere diretto)
sull’ economia italiana. Monti e Passera continuano nel loro ruolo a
fare gli interessi per quelle bande di criminali che sono le
istituzioni finanziarie che servono da decenni e come volgari vecchi
democristiani decidono come regalare miliardi di euro ai loro compari:
tutto in casa, magari fra padre e figlio, o con i loro colleghi di
Gabinetto. In conclusione ai nostri onorevoli ministri facciamo una
promessa: più aumenteranno i loro misfatti più sarà dura la ribellione
popolare.
On. Roberto Fiore - FN

sabato 4 febbraio 2012

Post col bollino rosso.

Questa volta la faccio grossa. Cito il Diavolo.
Questo è un post col bollino rosso: ai minori e alle persone facilmente impressionabili è sconsigliato proseguire nella lettura.
Chi, invece, se la sente, potrà scoprire che certi fenomeni economico-finanziari non sono una novità di oggi, e che probabilmente hanno condizionato non poco tante vicende storiche del passato, anche se i libri di storia non ne parlano (domanda già posta: chi sarà l'autore della prima Storia monetaria dell'Umanità? Si incomincia a sentirne il bisogno...).
Ovviamente (a scanso di equivoci) sottolineo che non condivido le accuse che, ad un punto del testo, il Diavolo muove ad una certa etnia.

Nel 1933 il Reich disponeva di valute varie per 83 milioni di marchi. Il giorno dopo che salii al potere fui invitato a versarne immediatamente 64. Obiettando che ignoravo del tutto quella storia e quegli impegni, chiesi del tempo per riflettere. alla mia domanda sul quando ci fosse stata comunicata questa richiesta, mi fu risposto che essa datava a tre mesi prima. Mi persuasi allora che se eravamo riusciti a far trascorrere tre mesi, potevano benissimo lasciarne trascorrere almeno altri due. I miei collaboratori, a questa ipotesi, manifestarono il terrore puerile che, cosi' facendo, avremmo potuto perdere il nostro prestigio di corretti adempienti. La mia idea era che il prestigio tedesco si sarebbe meglio manifestato non già pagando sotto la minaccia di rappresaglie, ma piuttosto cessando di pagare. In questo modo l'inflazione sarebbe potuta cessare di colpo. La causa determinante, infatti, erano i nostri debiti di guerra interni, ovvero il pagamento di dieci miliardi di interessi all'anno per il nostro prestito di guerra di 170 miliardi. Per un confronto, ricorderò che prima della guerra mondiale, il reddito complessivo delle imposte pagate dal popolo tedesco, raggiungeva appena i cinque miliardi. Per pagare questi dieci miliardi di interessi si stamparono cosi' banconote e da qui ecco  la svalutazione della moneta .
Giusto, invece, sarebbe stato: interrompere il pagamento degli interessi del prestito di guerra; in secondo luogo colpire con aliquote altissime i proventi degli enormi profitti di guerra.
Io avrei costretto i profittatori della guerra ad acquistare titoli del prestito di guerra che avrei poi congelato per un periodo di venti, trenta o quaranta anni.
(Non si deve forse ai dividendi dei profittatori - del tre o quattrocento per cento- il fatto che il nostro debito abbia raggiunto tale cifra?). Infatti non è l'aumento della circolazione fiduciaria a causare inflazione, Essa nasce il giorno in cui dall'acquirente si esige, per la medesima prestazione, una somma superiore a quella richiesta il giorno prima. E' a questo punto, allora, che occorre intervenire.
Perfino a Schacht ( presidente della Banca Nazionale del Reich -ndr.-), ho dovuto spiegare che la causa prima della stabilità della moneta è: IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO. La moneta rimane stabile e il popolo non soffre solo quando gli speculatori, infatti, vengono posti in condizione di non nuocere. E i guadagni in eccedenza devono essere o supertassati o ritirati dal circuito economico.
Non nutro la presunzione che queste idee siano tutte farina del mio sacco. Semplicemente ho letto moltissimo e tratto insegnamento da un accadimento del passato: già Federico il grande, infatti, aveva ritirato dalla circolazione i suoi talleri svalutati ristabilendo cosi' il giusto valore della moneta. Queste sono tutte cose semplici e naturali, solo che non bisognerebbe consentire agli Ebrei di ficcarvi il naso! La base della politica commerciale ebraica è di cercare di rendere incomprensibile ad una intelligenza normale la semplice natura di un affare. Infatti dinanzi alla pretesa scienza degli esperti di economia, la gente si spaventa. Chi non la comprende, le vien detto, è ignorante e poco intelligente e incapace di cognizioni superiori. In realtà questi concetti vengono rivestiti di paroloni o addirittura inventati di sana pianta per non far comprendere la natura delle cose. Invece le nostre idee, oggi, sono penetrate fin nel sangue e nella carne di milioni di esseri umani. Infatti il VALORE DEL DENARO DIPENDE DAI BENI CONCRETI CHE STANNO DIETRO 
AD ESSO: soltanto i professori non hanno capito questo semplice concetto o fanno finta di non averlo compreso.
Un giorno ricevetti alcuni operai nella hall dell'Obersalzberg per tenere loro una lezione sul danaro. Quella brava gente mi comprense benissimo e mi ricompensò con un uragano  di appalusi! Dare danaro al popolo non è che una questione di fabbricazione di carta. Tutto sta nel sapere se i lavoratori producano in proporzione ai valori cartacei fabbricati.. Se il rendimento reale non aumenta e quindi se la produzione di beni concreti rimane al medesimo livello, una maggiore retribuzione in denaro non  permetterebbe affatto loro di comprare più cose di quante ne acquistavano prima.
Ma questa teoria non sarebbe mai stata degna di diventare oggetto di una tesi di laurea, nelle nostre università......
 
QG del Fuhrer
15 Ott. 1941
Da: Bormann-Vermerke
di   Adolf Hitler

venerdì 3 febbraio 2012

Leggi liberticide, la follia continua.

Gunther Deckert, già condannato a 5 anni di carcere per i suoi scritti revisionisti, è stato condannato ieri dal Tribunale di Weinheim (vicino a Monaco) ad altri 5 mesi senza sospensione condizionale per avere collaborato all'edizione tedesca del libro di Carlo Mattogno "La prima gasazione".
A pagina 6 di questa edizione tedesca si può leggere: “Tradotto da Henry Gardener, redazione finale del testo di Günter Deckert, che ha tenuto a sottolineare che non condivide le tesi e le conclusioni dell’autore.”. Questa presa di distanza non ha fermato, naturalmente, la polizia del pensiero e la Magistratura del pensiero.
NESSUN media italiano ha dato notizia della condanna.
Nelle stesse ore, in Francia, Sarkozy accelera sulla certa adozione della legge che punisca penalmente la negazione del genocidio degli armeni e rimprovera ai ministri in disaccordo con la legge – Alain Juppé (Affari esteri) e Bruno Le Maire (Agricoltura) – di “non guardare più lontano del proprio naso”.

Secondo lui, se il testo di legge venisse censurato, qualcuno ne trarrebbero occasione per presentare una QPC (Questione prioritaria di costituzionalità) davanti al Consiglio costituzionale riguardo alla legge Gayssot che penalizza la negazione della Shoah!

giovedì 2 febbraio 2012

Monti esce allo scoperto.

Finora non ho mai avuto l'occasione di ospitare nel blog interventi di Nicola Cospito, intellettuale romano che ebbi il piacere di conoscere anni fa. Non condividevo allora e non condivido oggi molte delle sue idee, ma questo non mi impedisce di nutrire sincera stima nei suoi confronti.
Posto il suo ineccepibile commento sulla sconcertante frase pronunciata dal Monti.


"il lavoro fisso, che monotonia, che i giovani si abituino a cambiare" 
Con queste parole Monti viene allo scoperto e
mostra la sua distanza dai giovani e dal mondo del lavoro
   Che la politica del governo Monti sia stata orientata sin dal primo momento a salvare le banche e a salvaguardare gli interessi dell'alta finanza è cosa chiara a tutti.  La sua azione si è concretizzata essenzialmente nell'aumentare i costi dei carburanti, dell'energia elettrica, del gas, nell'emanare nuove tasse che stanno falcidiando e falcidieranno sempre di più gli stipendi dei lavoratori a reddito fisso, riducendo di giorno in giorno il loro potere d'acquisto. Nulla è stato fatto per salvaguardare il lavoro italiano, le delocalizzazioni infatti continuano indisturbate, nulla è stato fatto per limitare i danni della globalizzazione, ridiscutendo ad esempio il trattato di Maastricht o imponendo una riduzione delle importazioni nel nostro paese, nulla è stato fatto per incoraggiare gli italiani a  preferire e a scegliere  i prodotti nazionali, nulla è stato intrapreso per far fronte all'emergenza abitativa intervenendo in modo deciso nella giungla immobiliare, settore che ha contribuito in modo pesante al crollo dell'economia planetaria - come dimenticare la bolla speculativa e il fallimento delle banche americane come la Lehmann Brothers - nulla è stato intrapreso per dotare il nostro paese di infrastrutture ammodernate, capaci di impedire disagi come quello subito nella giornata di ieri dai passeggeri dell'Intercity Bologna Taranto, bloccati per sette ore da alcuni centimetri di neve nei vagoni senza riscaldamento ed esposti al gelo di questi giorni. Nulla è stato fatto per ridurre i costi della politica, i privilegi insopportabili di una classe parlamentare fatta di parassiti e manigoldi,  ladri del denaro pubblico.
  Ieri poi, il Presidente del consiglio, sostenuto con la sua compagine governativa da Pd, PdL e FLI, quasi tutto il parlamento dunque, per non lasciare dubbi sulla sua formazione  iperliberista, è venuto allo scoperto con le affermazioni riportate oggi  da tutta la stampa quotidiana circa la cultura del "posto fisso". Monti ha dichiarato testualmente "il lavoro fisso, che monotonia, che i giovani si abituino a cambiare". Parole queste che, a parte il loro substrato ideologico, in un momento in cui la disoccupazione giovanile ha raggiunto la percentuale catastrofica del 31 %, mentre la precarietà di tanti lavoratori costituisce il dramma di tante famiglie, mostrano come al bravo cameriere del Bilderberg, all'uomo di Goldman Sachs, del destino del nostro paese glie ne importi un fico secco. Così pure la dice lunga il tentativo di abolire l'articolo 18 e gettare  i lavoratori  in  pasto alle cosiddette ristrutturazioni aziendali. Se a questo poi si aggiunge il progetto del governo Monti di abolire il valore legale dei titoli di studio, creando laureati di serie A, cioè i ricchi che si possono permettere università come la Bocconi, e laureati di serie B, cioè i poveri che invece devono accontentarsi delle università pubbliche, magari anche non troppo distanti da casa perchè trasferirsi costa, la politica di Monti per i giovani è chiara e, se pure sostenuta dai partiti fredifraghi e corrotti, è sempre più distante, distante anni luce, dagli interessi dell'Italia e degli italiani.
Nicola Cospito

Bloody Sunday

Se oggi provate a digitare Bloody Sunday su Google news, trovate un intervento di Borghezio che invita a non lasciare passare inosservato il 40° anniversario di quelle terribile strage, e poco altro. Insomma: praticamente niente. Questa è la memoria degli Europei?
Ricordiamo la Bloody Sunday attraverso un articolo di Fabio Polese dal sito www.agenziastampaitaliana.it:

Quarant’anni fa il massacro della Bloody Sunday
Sono passati quarant’anni da quella domenica macchiata di sangue dai soldati britannici che spararono a civili inermi durante la manifestazione organizzata dalla Nothern Ireland Civil Rights Association. Quel 30 gennaio del 1972, nelle strade di Derry, persero la vita quattordici persone repubblicane per mano del primo battaglione del reggimento di paracadutisti di sua maestà.
Il battaglione della morte, armato di tutto punto, senza nessun motivo, iniziò ad esplodere colpi su colpi, anche alle spalle di persone che stavano cercando di mettersi in salvo dalla follia inglese. Una data, quella del 30 gennaio del 1972, che ha costretto molti giovani irlandesi ad imbracciare le armi per difendersi dai soprusi e per conquistare la propria libertà. Nel giugno del 2010, il Rapporto di Lord Saville, ha finalmente reso pubblica la verità. Nelle 5000 pagine del Rapporto, voluto da Tony Blair nel 1998, viene dimostrato che il massacro del Bloody Sunday fu assolutamente ingiustificato e che nessuna delle persone uccise dai soldati era armata. Ogni anno a Derry si svolge una marcia commemorativa che segue la stessa strada percorsa nella manifestazione per i diritti civili del 1972, da Creggan alla Guildhall square, la piazza del municipio.
All’anno scorso, proprio dopo che il Rapporto Saville stabiliva finalmente la verità, il futuro del corteo del ricordo, è stato teatro di diverse interpretazioni. Tony Doherty, rimasto orfano dopo quella maledetta domenica, aveva dichiarato: “Penso che molte persone siano del parere che la prossima marcia dovrebbe essere l’ultima, e sarebbe adeguato approfittare dell’occasione per la celebrazione di una festa piuttosto che per una commemorazione”. I pareri sul destino della manifestazione, però erano differenti, Liam Wray, che in quella sanguinosa giornata perse suo fratello, aveva detto: “Non credo siano i familiari delle vittime i proprietari della marcia, credo lo sia la gente di Derry. Non credo che la marcia dovrebbe smettere perché i nostri familiari hanno ottenuto giustizia, la marcia è molto più di questo; molte altre organizzazioni hanno partecipato a questa marcia e hanno avuto l’occasione per evidenziare la loro causa. Penso che sarebbe molto triste e dannosa per i diritti civili e i diritti umani, se dovesse scomparire”. Quest’anno, la marcia è stata ripetuta lo scorso sabato e sono stati molti gli appelli affinché tutti partecipassero.
In una lettera pubblicata dall’Irish Republican News, scritta da un gruppo di Hooded Men, uomini internati che erano sistematicamente torturati dalle forze armate britanniche, si legge: “Oggi, il governo inglese e la sua mezza direzione a Stormont nega i diritti umani e civili continuando a sostenere l’internamento e inoltre tentando, con mezzi piuttosto disperati, di impedire alla gente di marciare di nuovo in difesa di questi diritti. Il 29 gennaio noi, ex internati di Long Kesh, ci uniremo alla marcia che segnerà il quarantesimo anniversario della Bloody Sunday di Derry. Marceremo sotto una bandiera che invocherà la fine dell’internamento nel 2012, e fra noi ci saranno i sopravvissuti all’hooded treatment, che subirono torture nell’agosto 1971”. In quegli anni, la situazione nella parte dell’Irlanda occupata era tragica, molti giovani irlandesi erano detenuti nelle prigioni con scarse possibilità di essere rinviati a giudizio o di essere rilasciati grazie ad una nuova norma varata dal governo di Londra che permetteva l’arresto preventivo per un tempo non definito a chiunque fosse solo sospettato di essere un militante nazionalista irlandese.
La marcia del 30 gennaio 1972 era stata indetta proprio contro le misure repressive. L’internamento e la tortura erano studiati ed attuati dallo stato britannico per terrorizzare la popolazione nordirlandese. Ancora oggi, che siamo nel “modernizzato” 2012, il governo “democratico” di Stormont, permette perquisizioni corporali violente da parte delle guardie carcerarie sui prigionieri politici irlandesi. Ma quella domenica di sangue non fu la prima volta nella quale i soldati di sua maestà aprirono il fuoco contro la popolazione non armata. Nell’agosto del 1971, a Ballymarphy, nella zona ovest di Belfast, durante tre giorni di protesta sempre contro l’internamento senza processo, lo stesso reggimento di paracadutisti che sparò a Derry il 30 gennaio del 1972, aprì il fuoco e uccise dieci persone. Per quest’altro massacro i familiari delle vittime chiedono da molti anni verità e giustizia. John Teggart, che nell’agosto del 1971 ha perso il padre, ha recentemente dichiarato: “Sono passati quarant’anni, e non c’è stata alcuna inchiesta da parte della polizia. Deve esserci, e deve essere indipendente. Devono occuparsene le persone giuste, in accordo con le famiglie. Vogliamo avere un colloquio diretto con David Cameron a questo proposito”. Celebrare ancora oggi il Bloody Sunday significa si ricordare le persone uccise mentre manifestavano contro l’internamento e la difesa dei diritti umani universali, ma anche ricordare tutti i martiri d’Irlanda e lottare contro la brutale repressione che è tutt’ora in atto. Il Rapporto Saville, per quanto doveroso, non può bastare al popolo irlandese che è determinato ad ottenere la libertà.