Dal sito wordpress.thule-italia.net:
Libere riflessioni sull'esercito.
Prendiamo spunto per queste riflessioni, da recenti fatti che hanno visto coinvolto il nostro esercito: la morte in Afghanistan, per colpa di un incidente, di tre militari impegnati in una missione di soccorso. E l’arresto di due marò del San Marco, da parte delle autorità indiane, per quello che sembra profilarsi come un clamoroso errore; fatto su cui si sta comunque facendo lentamente luce.
Al netto del clamore mediatico del secondo avvenimento, urge pensare seriamente a come ormai il nostro esercito abbia in carico compiti estremamente in linea con i tempi moderni, ma che per contro non goda a livello nazionale di quel prestigio e di quella considerazione che, presso altri popoli europei e occidentali, è tributata a un settore così delicato e importante nell’organizzazione sociale.
In Italia l’esercito è stato messo a regime di modernizzazione forzata, sull’esempio del professionismo militare di stampo anglo/sassone che ha contagiato tutte le forze armate aderenti alla Nato, per renderlo strumento più “leggero”, versatile, e che riuscisse anche a non gravare troppo sul bilancio statale.
Tutte cose all’apparenza ottime, e non neghiamo che la vecchia impostazione stava mostrando la corda da molti anni. Tuttavia non ci sembra che l’esercito abbia beneficiato in termini di visibilità e di rispettabilità presso il popolo da questi mutamenti.
Far parte dell’Esercito Italiano è considerato in modo positivo, se esso trova impiego negli interventi d’emergenza (rifiuti, nevicate ecc.) come una sorta di protezione civile in mimetica.
Far parte dell’Esercito Italiano è considerato in modo utilitaristico; in quanto essere un militare è diventato “un lavoro come tanti”, o un “lavoro che qualche d’uno deve fare”.
Far parte dell’Esercito Italiano è considerato negativamente, se esso è visto nell’ottica di chi vorrebbe un “Mondo senza armi”, una nazione smilitarizzata, o più prosaicamente una voce in meno nelle spese statali.
Pur correndo il rischio di schematizzare troppo l’oggetto dell’argomento, diciamo che non abbiamo mai sentito nessuno (al di là di una certa area politica) rivolgersi ai membri del nostro esercito per sottolineare l’aspetto estremamente educativo nell’avere a portata di mano un’Istituzione che fa del rigore etico, e dell’attaccamento ai principi e ai valori della comunità nazionale, la propria ragion d’essere.
Questo perché in decenni di vacche grasse socio/economiche e pseudo culturali, un certo spirito è stato relegato alla stregua di un vecchiume di cui liberarsi, di una zavorra del passato, non buona per l’epoca di modernità e civilizzazione in cui viviamo, e destinata alla sola considerazione marginale, in occasioni o folkloristiche (adunate alpine e parata del 2 Giugno, ad esempio), o emergenziali (vedi “protezione civile in mimetica”). L’esercito in buona sostanza deve essere relegato quale “parente povero” nella considerazione quotidiana della comunità.
Infatti, in una società molle come il semolino, che tenta di riprodurre eredi addirittura ancor più informi eticamente e caratterialmente, la durezza dei principi su cui si fonda una struttura umana in armi appare sgradita, se non addirittura nociva.
Quindi, per cosa son morti i tre militari italiani in Afghanistan?
Chi rappresentano i due marò arrestati in India?
Purtroppo rappresentano solamente loro stessi, il loro ruolo di “servitori” di uno Stato che li ama condizionatamente al loro starsene in silenzio e prepararsi costantemente per il compito (ingrato) di garanti degli interessi “italiani” all’estero.
Questo è quello che viene chiesto ad un militare italiano oggi.
E se un domani certi compiti potranno essere delegati a super enti di difesa europei, non vedremo certo manifestazioni di piazza o scioperi della fame, ma più verosimilmente dotte disquisizioni evoluzionistiche, su quanto sia bella una società in cui marciare inquadrati sia solo un lontano ricordo di un passato barbaro, da dimenticare, o da far rievocare in circoscritte riserve etiche.
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