giovedì 29 dicembre 2011

Abbandonare il dollaro??

Da tempo vado pensando che manca una storia monetaria (o valutaria) dell'umanità: il ruolo giocato dalle diverse valute e dall'interesse che ha ciascuno Stato di imporre la propria quale "riferimento" economico regionale o planetario. Un interesse che probabilmente noi "comuni mortali" fatichiamo persino a concepire ed immaginare, certamente intrecciato al fenomeno del signoraggio.
Notizie come quella che segue (rigorosamente trascurata da tutti i media italiani) ci ricordano questi temi.
Dal sito www.libreidee.org:

Avviso agli Usa: Cina e Giappone abbandonano il dollaro
di Giorgio Cattaneo
Giornali e Tg non ne parlano, ma per gli ambienti finanziari globali è la notizia-bomba di queste festività natalizie: la seconda e la terza economia mondiale, Cina e Giappone, hanno siglato un accordo che prevede l’abbandono del dollaro americano come valuta utilizzata negli scambi commerciali tra le due nazioni asiatiche, consentendo quindi un interscambio direttamente in yen e yuan. Finora, circa il 60 per cento degli scambi commerciali tra Cina e Giappone vengono regolati in dollari. L’intesa, siglata lunedì a Pechino al termine dell’incontro tra il premier cinese Wen Jiabao e il primo ministro giapponese Yoshihiko Noda, è un chiaro segnale di sfiducia delle due potenze economiche asiatiche nei confronti della travagliata area euro-dollaro.
Questa mossa, spiega Enrico Piovesana sull’edizione online di “E”, il periodico di Emergency, viene interpretata dagli economisti come il primo passo concreto del governo di Pechino per far diventare la moneta cinese, lo yuan (o renminbi), una valuta di riserva globale sostitutiva al dollaro. Cosa attualmente non ancora possibile, vista la non completa convertibilità della valuta cinese. Per il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, il patto Cina-Giappone rappresenta una sfida che evidenzia l’importanza di una «Europa unita e di una moneta comune che ci dà buone chanches di perseguire i nostri interessi e l’opportunità di realizzarli a livello mondiale».
Come riportato da Bloomberg, «Giappone e Cina promuoveranno scambi diretti di yen e yuan senza usare il dollaro e incoraggeranno lo sviluppo di un mercato dei cambi, per tagliare i costi per le aziende». Secondo il governo di Tokyo, il Giappone effettuerà acquisti di obbligazioni cinesi già dal prossimo anno: vista l’enorme dimensione del volume degli scambi tra le due più grandi economie asiatiche, «questo accordo è molto più significativo di qualsiasi altro patto che la Cina ha firmato con altre nazioni», ha detto Ren Xianfang, un economista di Ihs Global Insight Ltd. E il ministro delle finanze Jun Azumi ha affermato il 20 dicembre che gli acquisti di obbligazioni cinesi avranno un effetto positivo sul Giappone perché aiuterà il paese a rivelare più informazioni sui mercati finanziari della Cina, che è «la detentrice della maggior quantità di riserve monetarie al mondo».
Quindi, conclude “Zero Hedge” in un intervento su “Megachip”, mentre gli Stati Uniti e l’Europa bisticciano su chi si dovrà muovere per primo a salvare l’altro, i giganti dell’economia reale – quella in piena tumultuosa crescita – hanno deciso di allontanarsi gradualmente da «quel buco del debito senza fondo» che ormai è diventato il mondo occidentale “sviluppato”. «Tutto quello che dovrà avvenire – aggiunge “Zero Hedge” – è che Russia e India si uniscano a questa intesa». La globalizzazione sembra dunque procedere per la sua strada, «ma senza Stati Uniti ed Europa».

domenica 25 dicembre 2011

Iraq: l'ultimo capitolo del fallimento della politica estera USA

Ogni tanto, facendo slalom tra un'emergenza e l'altra, riesco a ritornare su temi più consoni al blog! E' il caso di questo breve ma denso articolo di Massimo Fini che ci ricorda che... l'Iraq esiste ancora anche se nessuno ne parla più.
Un argomento da non dimenticare.  
Ed una domanda che mi pongo da anni ed alla quale non ho ancora trovato una risposta: ma, in definitiva, il progetto geopolitico degli Stati Uniti, QUAL E' ???
Dal sito massimofini.it:

Quatti quatti, nottetempo, di nascosto, gli ultimi soldati americani sono venuti via dall’Iraq lasciando dietro di sè la più lunga scia di sangue da quando, nel 1990, crollato il contraltare sovietico e avendo quindi mano libera, gli Stati Uniti hanno inanellato, in soli ventanni, sette guerre, Golfo, Somalia, Bosnia, Serbia, Afghanistan, Libia e, appunto, Iraq dove i morti iracheni sono stati calcolati fra i 650 e i 750 mila, infinitamente di più di quanti ne abbia fatti Saddam Hussein in trent’anni di dittatura, a cui vanno aggiunti 4500 caduti Usa.
Ma i risultati politici e geopolitici riescono ad essere ancora più devastanti di questa mattanza.
1) Si è facilmente scoperto che la giustificazione con cui gli americani, senza aver avuto alcun avallo Onu, avevano attaccato l’Iraq (il possesso da parte di Saddam di "armi di distruzione di massa") era falsa. Il rais di Baghdad quelle armi non le aveva. O, per essere più precisi, non le aveva più. Gli erano state fornite, a suo tempo, dagli stessi americani, dai francesi, dall’Urss, in funzione anticurda e antiraniana ma le aveva esaurite usandole sugli uni (Halabya) e sugli altri.
2) Saddam era un dittatore sanguinario ma era riuscito, bene o male, a tenere insieme tre comunità tra loro profondamente ostili, curdi, sunniti e sciiti, riunite in un unico Stato per una cervellotica decisione degli inglesi nel 1930. Scomparso Saddam fra sunniti e sciti (un tempo tenuti sotto il tallone di ferro del rais) è scoppiata una feroce guerra civile che dura tutt’ora e che prenderà ulteriore vigore con l’uscita di scena degli americani. Non per nulla nell’agosto del 2010 gli abitanti di Falluja, città sunnita che più si era battuta contro gli invasori, si dicevano terrorizzati al pensiero che gli Usa avrebbero lasciato l’Iraq, ben sapendo che sarebbero stati alla mercè della maggioranza sciita.
3) Da quando nel 1974, la rivoluzione khomeinista rovesciò lo Scià di Persia, loro alleato, tutta la politica americana è stata antiraniana. Per questo quando nel 1985 i soldati di Khomeini erano davanti a Bassora e stavano per prenderla (il che avrebbe comportato l’immediata caduta di Saddam, la riunione dell’Iraq sciita con l’Iran, perché si tratta della stessa gente, dal punto di vista antropologico, culturale e religioso, oltre che la sacrosanta indipendenza dei curdi iracheni) gli americani intervennero, per "motivi umanitari" a favore del dittatore di Bagdad rimpinzandolo di ogni genere di armi comprese quelle "chimiche" che poi, nel 2003, sarebbero servite da pretesto per l’aggressione all’Iraq.
Oggi con la pseudodemocrazia instaurata in Iraq, gli sciiti iracheni, che rappresentano il 62% della popolazione, sono di fatto padroni di gran parte del paese e rispondono ai loro confratelli iraniani. Così quello che gli americani avevano negato all’Iran nel 1985, scippando loro la vittoria sul campo di battaglia, che era costata a Teheran centinaia di migliaia di morti, glielo hanno regalato 25 anni dopo senza che Teheran abbia dovuto sparare un solo colpo di fucile.
4) Restano i curdi. Finora se ne sono stati tranquilli perché la scomparsa di Saddam ha dato loro, di fatto, un’autonomia che somiglia molto a quell’indipendenza che hanno sempre sognato. Ma se l’indipendentismo curdo-iracheno dovesse contagiare quello in Turchia dove vivono 12 milioni di curdi allora salterebbe tutta la strategia americana costruita in questa regione, comprese le guerre in Bosnia e alla Serbia, europea e ortodossa, in funzione di un cunei nei Balcani di musulmanesimo moderato (Albania più Bosnia, più Kosovo) in favore del loro essenziale alleato turco.

venerdì 23 dicembre 2011

Il dito e la luna, di nuovo.

E' dal giorno della strage di Firenze che sto cercando, "disperatamente", di rintracciare un commento adeguato all'accaduto. Cioè, un commento che non risolva questa vicenda (e tutte le altre: Oslo, Liegi, e gli innumerevoli episodi di violenza tra gruppi etnici di cui i media non parlano ma che nelle statistiche assumono dimensioni impressionanti) in termini di "pazzia" o sostenendo che queste cose accadono "senza motivo".
Ho cercato, perché avrei voluto proporla ai frequentatori del blog, un'analisi che si sforzasse di spiegare le cause di questi fenomeni ma finora non ne ho trovate.
I motivi che scatenano queste violenze non interessano?
Tutt'al più, si parla genericamente di "razzismo", e così ancora una volta si confondono le cause con gli effetti, poiché il razzismo (dell'europeo contro l'extracomunitario, del nero contro il bianco, ecc.) può essere, sì, il sentimento che accomuna molti autori di stragi, ma questo sentimento è la manifestazione del conflitto tra i gruppi etnici, non certo la causa: il razzismo ha radici ed origini, non vive di vita propria! (Per la verità in questi giorni vi è stato anche chi ha tentato di affermare che il razzismo, in quanto avversione per il diverso e l'estraneo, è il tratto paranoico tipico del popolo di "destra", e quindi non avrebbe una sua motivazione ma sarebbe connaturale all'essere di "destra". Chi ha scritto questa mostruosità è nientemeno che un intellettuale raffinato come Costanzo Preve, e questo dimostra come vi siano momenti in cui è facile perdere la lucidità…).  
Ora, trovo sul sito di Arianna Editrice un articolo di un autore acuto quale è Giacomo Gabellini ("La congiura dei pazzi"), che, finalmente, contiene considerazioni interessanti e di cui consiglio la lettura per due ragioni.
In primo luogo perché - Deo gratias! - finalmente c'è uno che irride alla teoria del "pazzo solitario" definendola "semplicistica e autoconsolatoria".
In secondo luogo, perché la disamina di Gabellini offre un importante spunto di riflessione. Infatti, Gabellini, dopo avere accantonato la teoria della pazzia, propende anche ad escludere un'interpretazione dei fatti che li veda come conseguenza della "crisi economica e sociale che sta devastando l'Europa", ed evidenzia come gli stessi potrebbero rientrare "in una specifica e ben definita strategia politica". E, dopo lunga e dettagliata analisi, conclude: "Va pertanto annoverata la possibilità che esista una regia, ovvero che la drammatica catena di attentati in Norvegia, Italia e Belgio rientri in un disegno strategico funzionale al conseguimento di obiettivi precisi, che nel caso specifico riguarderebbe l’innalzamento della tensione tra immigrati e popolazione autoctona.".
Ora, lo spunto di riflessione è il seguente: ma perché Gabellini considera la "crisi economica e sociale che sta devastando l'Europa" come qualcosa di estraneo al "disegno strategico" che egli ritiene di poter intravedere? Perché la crisi economica e sociale sarebbe lo scenario, l'ambiente "neutro" in cui si svolge la scena e non sarebbe essa stessa il primo, basilare tassello del "disegno strategico"? Vorrei richiamare quanto scrivevo sul blog nel post del 14 dicembre: mi sembra ancora validissimo.
Mi piacerebbe conoscere altre opinioni in merito.   
    

mercoledì 21 dicembre 2011

L'impero

E' tradizione del nostro blog contribuire a dare visibilità agli scritti di Ida Magli. Quest'ultimo - al termine di un'analisi come sempre ineccepibile - si conclude con un appello che è impossibile non condividere.  
Dal sito ItalianiLiberi.it:

L'impero sulle nostre spalle.
La verità sulla storia degli Italiani non è ancora mai stata raccontata perché sono i vincitori a scriverla e i vincitori sono sempre i governanti, i Capi, non il popolo. Una cosa però è sicura: è stata sempre uguale a quella che stiamo vivendo in questo periodo. Gli Italiani, debbono sacrificarsi, pagare, soffrire, combattere, morire affinché i politici di turno possiedano il proprio Impero. E’ questo che hanno perseguito, sotto le vesti dell’unificazione europea, dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi: possedere un Impero, alla pari di ogni governante, Dittatore, Re, Papa o Imperatore del passato. Contrariamente al passato, però, questa volta l’impero non era possibile conquistarselo con gli eserciti combattenti: la seconda guerra mondiale, con le sue catastrofiche conseguenze, con l’atomica e le due potenze mondiali in lotta fra loro, costringeva a seguire un percorso nuovo. E’ nata così una grande idea: farsi l’Impero tutti d’accordo, con la pace, con il denaro, con le banche.
  Quando mai, però, un governante può dire ai sudditi che vuole farsi un impero eliminando la Patria, togliendo di mezzo la Nazione, consegnandone l’indipendenza e la libertà agli stranieri? Di solito almeno questa consolazione ai sudditi la si lascia: che combatta, si sacrifichi e muoia per la grandezza della patria, per amore verso la propria terra e i propri figli. Quindi questa volta ai poveri cittadini d’Europa sono state raccontate menzogne su menzogne: diventeremo ricchi, non dovremo adoperare il passaporto, avremo il mercato più potente del mondo, saremo d’esempio a tutti per la nostra giustizia, per la nostra ineguagliabile democrazia. Democrazia, democrazia, democrazia! Se si facesse un concorso per stabilire quale parola è stata usata più di frequente dal 1950 ad oggi nella povera Italia condannata a costruire l’impero europeo, sicuramente “democrazia” lo vincerebbe. Lo vincerebbe perché i governanti l’hanno pronunciata (e la pronunciano) ogni volta che ne hanno eliminato un pezzo fino a giungere, come oggi, ad eliminarla tutta. Per costruirsi l’impero bisognava distruggere gli Stati, possibilmente senza che i sudditi se ne accorgessero. Ma è stato facilissimo, addirittura più facile di quanto i governanti non pensassero, perché i poveri cittadini d’Europa, e quelli italiani soprattutto, erano talmente lontani dal supporlo che perfino adesso, di fronte all’evidenza, non riescono a crederlo. Via i confini fra gli Stati! Quale immensa, meravigliosa democrazia. Ma uno Stato come fa ad essere “Stato” se non è padrone di un territorio? Non chiedetelo a nessuno perché queste sono domande che in democrazia non si fanno. Via la moneta nazionale! Quanto è democratico dipendere dalla Banca centrale europea. Ma uno Stato come fa ad essere “Stato” se non possiede la propria moneta? Non domandatelo a nessuno perché le domande sulle banche non è democratico farle. Anzi: le banche sono diventate a poco a poco il più democratico corpo di polizia che esista al mondo; un corpo separato, mille volte più efficiente dei poveri carabinieri, al servizio esclusivo della dittatura dei banchieri, con la propria torretta di guardia ogni cinquanta metri. Ha un solo compito, il compito determinante: informare di ogni nostro respiro, tramite lo straordinario braccialetto elettronico che si chiama “conto corrente”, i grandi Capi stranieri, mai eletti e sconosciuti ai cittadini, che hanno messo fine all’ultima parvenza degli Stati nazionali unificando democraticamente fiscalità e bilanci dell’Impero. E le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia? Che le abbiamo fatte a fare? Ah! Questa è stata una carta superba che la buona sorte ha messo a disposizione dei governanti più traditori che gli Italiani, pur con una tragica storia di tradimenti alle spalle, abbiano mai avuto. Quale maggior fortuna che quella di godersi gli onori dell’esaltazione dello Stato mentre lo si pugnala? 
  Quasi tutte le dittature sono nate con il consenso delle autorità legittime. Nessuna, però, ha avuto, una maschera grottesca, addirittura inverosimile, come l’attuale: il voto dei parlamentari in carica per uccidere lo Stato sul quale governa. La battaglia per l’euro, infatti, è la battaglia finale che è stata scatenata appositamente per sbaragliare gli Stati nazionali. Il problema non è il debito, come ormai tutti sanno, ma il non possedere la banca nazionale che emetta la moneta. Nessuno si illuda che la battaglia sterminatrice non sarà portata fino in fondo, malgrado sia evidente che l’Unione europea finirà come al solito, con il conflitto fra gli Stati più forti,  perché era questo lo scopo fin dal principio: distruggere con il gioco del denaro quello che non si poteva distruggere con i cannoni.
 Non credo che i parlamentari italiani siano tutti privi di una sia pur minima briciola di senso dell’onore e del dovere verso quei poveracci che hanno avuto fiducia in loro. Prima di consegnarsi alla storia come traditori e assassini dell’Italia, si rendano conto che, rifiutando il proprio consenso e pretendendo il ritorno alla sovranità monetaria, sarebbero ancora in grado di salvare gli Italiani in modo legittimo dal prossimo futuro di insurrezione e di guerra in Europa. E’ un appello che scrivo nella speranza di un ultimo ravvedimento; ma anche perché i testimoni della orribile tragedia che stiamo vivendo, hanno il dovere di lasciare agli storici di domani una documentazione certa sui responsabili della fine della civiltà europea.
 

lunedì 19 dicembre 2011

Monty. Come Montgomery.

In un momento di eventi gravi e inquietanti, questa notizia pare quasi comica. Temo invece che assuma significati ben precisi...
Dal sito noreporter:

Il  liquidator parla solo in inglese anche in patria. Nostra non sua
Povera patria. L’umiliazione dell’Italia va in onda di prima mattina, in diretta su SkyTg24. A Palazzo Koch c’è una conferenza in memoria di Tommaso Padoa-Schioppa. A intervenire sono il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, il presidente del Consiglio Mario Monti e il presidente della Bce Mario Draghi, in platea tanti pezzi grossi dell’economia e della finanza, oltre a qualche ospite straniero, tra cui il governatore della Banca d’Inghilterra Marvin King. E la lingua usata, incredibile auditu, è l’inglese.
Nell’Urbe, mica nella City; nella capitale d’Italia, mica del Burundi; nella sede centrale della Banca d’Italia, mica nella sede di Washington del Fondo monetario internazionale; in via Nazionale, mica in Trafalgar Square; per ricordare la figura di un economista italiano (di Belluno), mica indiano; su un canale italiano, mica australiano; in un luogo istituzionale, mica in un’aula di Harvard o Berkeley. Ebbene, il nostro premier, professore e gran spregiatore dei parlamentari (li tratta con sufficienza, come allievi non troppo svegli alle prese con un dettato) e quindi di quei populisti degli elettori, proprio mentre la Camera stava votando la fiducia sul suo provvedimento cosiddetto “salva-Italia”, una bazzecola in fondo, un atto dovuto dinanzi alla genialità dei balzelli, si è messo a parlare a braccio. Uao che bravo, in fluent english, of course. Dimostrazione pratica e simbolica del fatto che, come è tornato a ripetere, «non c’è differenza tra lavorare per l’Italia o per la Ue».
Ma ve l’immaginate un Sarkozy che usa anche una sola espressione della lingua della non più perfida Albione all’Eliseo o in un incontro ufficiale a Parigi? In un Paese come la Francia, dove una legge vieta l’uso di anglismi ormai diffusi ovunque e accettati in tutti gli idiomi, l’avrebbero et voilà ghigliottinato. O una Merkel che omaggia gli antenati Angli alla Bundesbank? Kaputt. O ancora, a proposito di antenati (i nostri stavolta) con le palle, un pur filo-ellenico Scipione che sfoggia la koinè (equivalente antico dell’inglese) in Senato? Condemnatus in un amen.
E invece l’ineffabile Mario Mountains in pochi minuti ha disintegrato anni di battaglie a Strasburgo e Bruxelles per dare pari dignità all’italiano, maltrattato da inglesi, francesi, tedeschi e spagnoli, e reso ridicolo l’operato della Società Dante Alighieri, che dal 1889 si affanna per tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo. Come possiamo pensare di ottenere rispetto all’estero se il primo a non far suonare il sì nel Belpaese è lo stesso capo del governo?

sabato 17 dicembre 2011

Libia: crimini di guerra.

Ecco, anche su questo blog l'avevamo detto e scritto in tutti i modi (v. la pagina "Crimini di guerra"), e adesso ci siamo arrivati.
Dal sito iljournal.it:

La cruenta morte di Muhammar Gheddafi, avvenuta il 20 ottobre scorso potrebbe essere illegale. Secondo il il procuratore della Corte penale internazionale Luis Moreno Ocampo, potrebbe addirittura configurarsi come un crimine di guerra. "Abbiamo espresso la nostra preoccupazione al governo di transizione libico e abbiamo chiesto come saranno giudicati i crimini commessi dalle due parti durante le rivolte che hanno condotto al rovesciamento del ex capo di Stato. La morte di Gheddafi é una delle questioni sulla quale deve essere fatta luce". Sapere cosa é successo, perche esistono seri sospetti sul fatto che si tratti di “un crimine di guerra ” ha confermato Moreno Ocampo.
In fuga dalla caduta di Tripoli a fine agosto, Gheddafi era stato ucciso a Sirte in circostanze ancora oscure, da ribelli libici dopo la sua cattura. A causa del cambiamento della situazione causato dalla sua morte, i giudici della Corte penale internazionale avevano ordinato il 22 novembre la chiusura del dossier di Gheddafi che era oggetto di un mandato di arresto per crimini contro l’umanità.

venerdì 16 dicembre 2011

Libia: la democrazia in vendita alla pompa del carburante.

Neocolonialismo senza decenza.
Dal sito globalist.it:

La Libia Liberata puzza sempre più di petrolio occidentale. Come aveva rivelato Globalist, era stata l'Italia a fare il colpo più appariscente con l’ex “executive manager” dell’Eni, Abdulrahman Ben Yezza, nominato ministro nel ruolo chiave di titolare del Petrolio. In realtà, nella singolare disattenzione della stampa internazionale, il colpo gobbo negli interessi petroliferi è targato British Petroleum e Total francese. Riconoscimento dovuto ai veri promotori dell'intervento armato occidentale contro la Libia di Gheddafi? 
Certo è che Abdurrahim El-Keib è considerato nel mondo un “Big Oil-Goon”. Traduzione letterale impossibile con quel “Goon” che varia da gorilla a sicario.
Abdurrahim El-Keib, neo primo ministro ad interim della Libia è un ex professore di ingegneria all'università dell'Alabama. Un esule filo occidentale dal regime di Gheddafi con forti vincoli di studi e di amicizia nel settore energetico. Ha lasciato gli Stati Uniti nel 2005, scelto, non a caso, per presiedere l'Istituto per il petrolio (Eau) di Abu Dhabi. sponsorizzato appunto da British Petroleum (Bp), Shell, la francese Total, la compagnia petrolifera giapponese per lo sviluppo e la Abu Dhabi National Oil Company. El-Keib, nel suo profilo del Petroleum Institute viene citato per le sue ricerche finanziate da varie agenzie governative statunitensi e dipartimenti nel corso degli anni.

giovedì 15 dicembre 2011

Sempre più poveri.

E' normale essere tutti in attesa di quel che accadrà dopo i fatti di Firenze. Ma notizie come questa meritano comunque attenzione perchè - ripeto - impoverimento ed aumento del tasso di conflitti nella società sono due aspetti di un medesimo scenario. Rimane da capire: a favore di chi.
Dal quotidiano Rinascita del 14.12.2011.

Gli italiani sono sempre più poveri. Si sapeva o meglio si sospettava ma adesso è la Banca d’Italia ad ufficializzarlo nel suo ultimo bollettino statistico. Una conseguenza della crisi economica in corso che ha obbligato le famiglie a fare ricorso ai propri risparmi per tirare avanti. Dalla fine del 2007 al dicembre 2010 il calo della ricchezza netta è stata del 3,2%. Un dato che rafforza la recente dichiarazione del governatore Ignazio Visco sulla natura recessiva della manovra di Monti. Una manovra che, togliendo risorse alle famiglie, le impoverirà e farà calare ulteriormente la domanda di beni e servizi. Per Via Nazionale, per ricchezza si intende la somma delle attività reali (abitazioni e terreni), attività finanziarie (depositi, titoli e azioni), al netto delle passività finanziarie (mutui e prestiti personali). Significativo è poi il fatto che in un anno, 2009-2010, la ricchezza complessiva sia diminuita dell'1,5%.

mercoledì 14 dicembre 2011

Strage di Firenze: il dito e la luna.

Il comunicato diffuso da Casa Pund dopo la strage di Firenze:

"Gianluca Casseri era un simpatizzante di CasaPound Italia, come altre centinaia di persone in Toscana, e altre migliaia in tutta Italia, alle quali, come del resto avviene in tutti i movimenti e le associazioni e non solo in Cpi, non siamo soliti chiedere la patente di sanità mentale. Casseri non era un militante della nostra associazione, frequentava talvolta la sede di Pistoia e non abbiamo motivo per tenerlo nascosto. Oggi si è consumata una immane tragedia della follia, e quattro persone sono morte senza motivo, ma se è avvenuta vogliamo ricordare che è anche perché questo Stato non è in grado di fornire alcuna protezione e assistenza ai suoi figli più deboli."

Il momento è difficile per CPI, che deve difendersi da attacchi previsti ed imprevisti, ma un comunicato come questo non è condivisibile. Ma come, la nostra società viene scientemente sempre più impoverita (economicamente e moralmente) e volgarizzata, viene sempre più attraversata da tensioni ed odi tra gruppi etnici indotti da una politica immigratoria folle, insomma si creano giorno dopo giorno le condizioni per la disgregazione della convivenza e per la diffusione della violenza, per la "guerra tra poveri", e le naturali conseguenze (sì, avete letto bene: le NATURALI CONSEGUENZE) di tutto ciò sarebbero il frutto della "follia"?? E tutto questo sarebbe avvenuto "senza motivo"??
Pochi giorni prima CPI aveva parimenti condannato la bomba nella sede di Equitalia a Roma. Ma quel gesto dinamitardo ha ottenuto sul web un'approvazione di dimensioni imbarazzanti... E se CPI la smettesse di condannare, condannare sempre, e cercasse di distiguere il dito dalla luna? Altro che "follia", altro che fatti che avvengono"senza motivo", sono invece indicatori di una deriva chiarissima verso cui è avviata la vita nei Paesi europei. 
(P.S. "Il dito e la luna" è il titolo del post pubblicato sul blog dopo la strage di Oslo, in cui riferivo alcune dichiarazioni di Le Pen.)

martedì 13 dicembre 2011

Siamo ormai un Paese a sovranità (assai) limitata?

Il blog ha dormito qualche giorno... Chiedo scusa, sono stato impegnato a scrivere il testo della relazione che ho portato al convegno di Teramo, poichè il Prof. Moffa me l'ha chiesta per la pubblicazione degli atti.
Riprendiamo "alla grande" con un bell'articolo di Aldo Mola. Un affresco della storia italiana contemporanea. Lo stile del Prof. Mola è inconfondibile, si può essere d'accordo su tutto o soltanto su qualcosa, ma certamente sa coinvolgere!
Da Il Giornale del Piemonte dell'11.12.2011.

Come le persone, gli Stati hanno un cervello (sovranità e politica estera), un cuore (le forze armate) e visceri (economia e società), che insieme ne formano l’identità. L’Unione Europea dall’Atlantico alla Polonia non ebbe e non ha né cervello né cuore. I suoi visceri sono malandati. Basata su Costituzione logorroica e senz’ anima (il Trattato del 29 ottobre 2004 ne ignora le radici greco-romane-cristiane, liquidate  come “eredità culturali, religiose e umanistiche”), l’Europa crolla per l’incomponibile  conflitto tra eurozona e Gran Bretagna, un impero fondato sulla sterlina. L’Unione non ha sovranità né politica estera né, meno ancora, forze armate unitarie. Francia e Inghilterra si guardano bene dal mettere loro armi (a cominciare dall’arsenale nucleare) a servizio dell’Unione.
Ogni Stato fa la propria politica estera. Lo si è veduto nella tragedia della Libia. Scatenato il caos, completo di linciaggio efferato di  Gheddafi (un evento che non può essere declassato a “episodio”: la Nato e l’ONU se ne lavarono le mani lorde di sangue), ciascuno ha mirato e mira a procacciarsi una parte di bottino. E’ evidente la contrapposizione tra gli Stati Uniti d’America (incapaci di tener le briglie dell’America centro-meridionale) e l’Europa, coinvolta in operazioni belliche (dall’Iraq all’Afghanistan) dai costi crescenti e dagli esiti deludenti, tanto più  in presenza di un Vicino Oriente niente affatto pacificato e mentre il  mondo islamico è una polveriera  in cui gareggiano l’Iran  degli ayatollah e la Turchia  di Ahmed Davutoglu,  che sogna un nuovo impero ottomano-islamico alternativo a quello dell’Arabia Saudita, costruito coi petrodollari.
Purtroppo il grosso dell’informazione si occupa quasi esclusivamente di visceri meno nobili: la contabilità spicciola spacciata come alta politica. Però i cittadini scoprono costernati di essere a “sovranità limitata”, come un tempo i Paesi del Patto di Varsavia.  Dopo anni di orchestrato discredito della dirigenza elettiva a tutti i livelli, il presidente della repubblica ha infatti affidato il governo a un manipolo di consulenti. Privi di investitura popolare e lontanissimi dal segnare la svolta che gl’ingenui se ne attendevano (una cosa è parlare, un’altra è fare, col supporto di un buon margine di consenso), in un mese dall’insediamento il governo in carica non ha saputo parlare né al cervello né al cuore.
Motivo in più per ricordare che solo con l’unificazione nazionale del 1859-1870 l’Italia conquistò, e a fatica, il rango di protagonista della Comunità internazionale e lo esercitò con pienezza sino al 1915. L’intervento nella grande guerra, quasi un secolo fa, mise a nudo i suoi punti di forza e di debolezza. Nel 1918 gli italiani vinsero sul campo e nel 1931 con l’Istituto per la Ricostruzione Industriale risposero in modo autonomo e originale alla Grande Depressione. Un decennio dopo, però, a confini ancor quasi inviolati, il governo Badoglio abdicò alla sovranità nazionale, sottoscrivendo la resa incondizionata (non “armistizio”): clausole dure e mortificanti, ribadite dal Trattato del 10 febbraio 1947, che ignorò il concorso degli italiani alla guerra di liberazione, ridusse l’Italia e sovranità limitata e perciò ebbe il voto contrario dei liberali veri, come Benedetto Croce.
Lì finì la Terza Italia, sulle cui rovine si ersero clericali e comunisti, divisi su tutto tranne che nella lotta contro le forze nazionali cresciute nell’età della monarchia statutaria: i liberaldemocratici (repubblicani inclusi) e i  socialriformisti, uniti nell’impegno a subordinare cervello e cuore al Parlamento, espressione delle libere scelte dei cittadini, tutt’altra cosa dal “centralismo democratico” dei comunisti e dalle oligarchie finanziarie che generarono e alimentarono il comunismo sovietico.
Che cosa rimane dell’età liberale? In quasi settant’anni di repubblica è stato   sperperato il patrimonio morale e civile accumulato da Risorgimento e Terza Italia, da europeismo e pacifismo costruttivo: il movimento federalista europeo, l’entusiasmo originario per l’ONU.
Acclamato come arbitro supremo e salva-Italia, il  governo del “podestà forestiero” appare nient’altro che una grigia sospensione del principio costitutivo della Nuova Italia, una gelida stagione di oblio della sovranità di un popolo in cerca di un progetto politico e capace di capire e decidere “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. L’Italia deve ritrovare il primato della politica: cervello e cuore.