domenica 29 settembre 2013

Prospettive economiche.

Poichè sono, da tempo, un convinto estimatore del prof. Amoroso, ritengo utile postare questo articolo che riassume le sue proposte per il futuro.
Dal sito informarexresistere:


«Via dall'euro o facciamo la fine della Jugoslavia!» Bruno Amoroso: l'alternativa per evitare il disastro a cui ci sta portando questa Europa.

La ricreazione è finita, presto vi dovrete arrangiare anche per le pensioni. Questo, in sintesi, il discorso-choc che il sovrano olandese Guglielmo Alessandro ha rivolto alla nazione: la globalizzazione impone anche all'Olanda l'addio al glorioso sistema del welfare e delle protezioni sociali.

È l'élite, direttamente, che parla: la stessa élite feudale che si è impadronita della moneta, imponendoci l'Eurozona, per poi dirci: scusate, non ci sono più soldi. Falso. I soldi li "fabbricano" loro, mentre a mancare sono i politici in grado di difenderci.

Enrico Letta, che rincorre i diktat della Merkel, governa con Berlusconi, che nel suo videomessaggio del 18 settembre, di fronte alla catastrofe economica dell'Italia, proclama: «Occorre imboccare la strada maestra del liberalismo: meno Stato, meno spesa pubblica». Il liberismo: cioè il tunnel senza uscita del quale siamo già prigionieri, da vent'anni. Attenti, avverte il professor Bruno Amoroso: di questo passo, già a novembre sprofonderemo nel baratro della Grecia, saremo esposti a tempeste mai viste e rischiamo di fare la fine della Jugoslavia.

L'economista italo-danese dell'università di Roskilde, allievo di Federico Caffè e compagno di scuola di Mario Draghi, dice che l'incubo della balcanizzazione è dietro angolo:

«E' possibile che ci troveremo davvero nei guai tra pochissimi mesi, in una situazione di tipo greco: quando, per intenderci, ci saranno 50.000 statali mandati a casa e niente più soldi per gli ammortizzatori sociali».

Che succederebbe?

«La crisi andrà a destra, come sempre: prevarranno prima i nazionalismi e poi le fratture all'interno degli stessi Stati: il nord dell'Italia contro il sud, la Catalogna contro il resto della Spagna».

È uno degli scenari della crisi europea, il peggiore: l'implosione dell'Europa del sud, magari accelerata dalla "fuga" della Germania, decisa a non pagare i costi necessari a tenere in vita i nostri paesi devastati dall'euro. In quel caso si annunciano «guerre interne» e «conflitti sociali e politici», gestiti «da chi è interessato, come è stato per la Jugoslavia, che fu distrutta perché la Germania era interessata alla Croazia e alla Slovenia», mentre altri volevano la secessione del Kosovo.

Non c'è scampo, se l'Europa meridionale resta ingabbiata nella camicia di forza della moneta unica:

«Con l'euro sono arrivate disposizioni come il Fiscal Compact e il patto di stabilità: non solo si decide il valore della moneta, ma anche i danni che un paese riceve».

Esempio:

«Se la Danimarca è in crisi economica, è lei che decide come farla pagare ai cittadini, distribuendone il carico. Nell'Eurozona invece questa libertà non ce l'abbiamo, perché col Fiscal Compact non possiamo fare politiche che secondo noi sono eque, ci dettano pure come dev'essere organizzato il mercato del lavoro».

I danesi, rimasti fuori dall'euro, «possono decidere se vogliono un mercato del lavoro di giovani o di vecchi», noi invece siamo in trappola, dentro una camicia di forza: situazione «da risolvere entro un anno, se vogliamo evitare il disastro». Come? Nell'unico modo possibile: tornando alla sovranità monetaria.

«È una condizione necessaria: solo attraverso la sovranità sulla moneta è possibile fronteggiare la disoccupazione».

Ma attenzione: tornare semplicemente all'antica valuta nazionale non risolverebbe il problema, avverte Amoroso, se i politici al potere dovessero restare quelli di oggi:

«Anche con la lira, uno come Enrico LettaLetta continuerebbe con le politiche neoliberiste che ci hanno portato al disastro».

Il problema è politico, insiste Amoroso, co-firmatario del "Manifesto per l'Europa" elaborato da Alternativa, il laboratorio politico fondato da Giulietto Chiesa.

Obiettivo: aprire una vertenza con Bruxelles, cestinando il Trattato di Maastricht che introduce l'Eurozona. La scommessa: rinegoziare tutto, a cominciare dalla moneta, per togliere all'élite finanziaria di Bruxelles il potere assoluto che esercita su di noi, instaurando finalmente una condizione di democrazia che metta fine all'autoritarismo della Commissione Europea, non eletta da nessuno.

«I paesi del sud hanno un rilevante potere contrattuale», sottolinea Amoroso:

«L'Italia, la Spagna e gli altri paesi dell'Europa meridionale possono chiedere nuove condizioni per restare in Europa, e ne avrebbero la forza, perché rappresentano un grande mercato di sbocco per i prodotti dell'export del nord».

Certo, non si esce dal tunnel con Berlusconi e Letta.

«Serve un grande rivolgimento politico, ma forse non siamo lontani: in Grecia c'è Syriza, in Spagna gli Indignados, da noi metà degli italiani non votano più, e di quelli che votano almeno il 20% sceglie i grillini».

Il piano di Amoroso si chiama euro-sud: sarebbe come tornare allo Sme, quando gli Stati europei già cooperavano tra loro, mantenendo però un'elasticità nei cambi, con possibilità di svalutazione fino al 15%.

Sarebbe una via d'uscita democratica e realistica:

«Quelli che invocano "più integrazione" vivono su un altro pianeta: la Gran Bretagna non rinuncerà mai alla sterlina, né accetterà mai che sia Bruxelles a spiegarle come spendere i soldi per l'istruzione».

L'Unione Europea è composta di 27 paesi, di cui solo 17 hanno aderito all'euro: gli altri 10 non vi aderiranno mai.

«Quindi, già oggi, non è vero che l'Europa ha una sola moneta: ne ha 11. Semplicemente, con l'euro-sud, ne avrebbe 12».

Il continente era già unito prima della moneta unica, con il Sistema Monetario Europeo: l'euro, voluto dalla Francia che sperava di controllare la potenza economica della Germania unita, ha semmai introdotto una spaccatura, tra l'Europa del nord e quella del sud. Un disastro:

«L'euro non ha unito l'Europa, non ha creato coesione sociale e territoriale ma conflitto, non ha diminuito l'inflazione, La protesta della Greciapovertà e disuguaglianze sono aumentate». Di questo passo, la moneta unica «farà implodere tutto il sistema europeo».

Secondo Amoroso, solo una nuova alleanza politica tra i paesi dell'Europa del sud potrà rinegoziare un'unione con Bruxelles: la sovranità monetaria potrà produrre politiche per l'occupazione e, al tempo stesso, introdurre meccanismi di controllo sulla finanzaspeculativa. Uscire da soli dall'euro potrebbe essere traumatico, per via della svalutazione e dell'inflazione? In fondo, però, è stato traumatico anche entrare nell'euro. E soprattutto, restarvi. Senza più spesa pubblica, le nostre economie sono al collasso.

L'uscita negoziata dall'attuale euro, secondo Amoroso, sarebbe invece più sicura e senza scossoni. Obiettivo perfettamente alla portata dei nostri paesi, a una condizione: devono prima liberarsi degli attuali governi. Ecco perché - mentre la grande crisi avanza e minaccia di travolgerci - diventa fondamentale costruire un'alleanza, da Atene a Lisbona passando per Roma e Madrid, in vista delle decisive elezioni europee della primavera 2014.


giovedì 5 settembre 2013

Il discorso di Putin.

Oggi si apre il G20 a San Pietroburgo.
Nell'occasione, mi sembra interessante ricordare il discorso di Putin alla Duma di qualche giorno fa:


Chi non vuole parlare russo e rispettare leggi russe può tranquillamente andarsene da qualche altra parte. La Russia non ha bisogno di queste minoranze e non abbiamo intenzione di cambiare le nostre leggi per loro
In Russia vivono i russi. Qualsiasi mino­ranza, da qualsiasi luogo, se vuole vivere in Russia, per lavorare e mangiare in Russia, dovrebbe parlare russo, e dovrebbe rispet­tare le leggi russe. Se preferiscono la legge della Sharia, allora noi li consigliamo di an­darsene in quei Paesi dove questa è la legge dello Stato. La Russia non ha bisogno di minoranze. Le minoranze hanno bisogno della Russia, e noi non concederemo loro privilegi speciali, o provare a cambiare le nostre leggi per soddisfare i loro desideri: non importa quanto forte urleranno ‘ discr­iminazione’.
Noi apprendiamo dai suicidi in America, In­ghilterra, Olanda e Francia, se vogliamo so­pravvivere come nazione. Gli usi e le tradizioni russe non sono compatibili con la mancanza di cultura o dei modi primitivi della maggior parte delle minoranze.
Quando questo onorevole corpo legislativo pensa di creare nuove leggi, dovrebbe avere in mente prima l’interesse nazionale, osse­rvando che le minoranze non sono russi."

I politici della Duma hanno tributato a Putin una standing ovation di cinque minuti.
Fonte: mattionline.ch

mercoledì 4 settembre 2013

La crocifissione della Siria.

Qualsiasi analista politico o stratega militare sa spiegare che l'attacco alla Siria sarebbe un gravissimo errore.
Data questa evidenza, mi ero convito che gli USA avessero desistito.
Pare invece che - obnubilati da sindrome di onnipotenza (ricordiamo che, nella loro teo-politica, Obama & C. si sentono VERAMENTE gli "unti del Signore") - o troppo pressati dai produttori di missili ansiosi di smaltire i magazzini pieni di roba scaduta - l'attacco ci sarà.
In attesa del primo missile, due commenti dalla trincea:


Omelia di Mons. Jean-Clement Jeanbart, prelato greco-cattolico di Aleppo (25/8/2013)
"Mi fa male il cuore nel vedere :
1 - il fuoco della guerra consumare il nostro paese attraverso morte e distruzione.
2 - sugli schermi televisivi, altri innocenti massacrati dai barbari.
3 - il numero dei nostri martiri crescere ogni giorno.
4 - l'ipocrisia dei paesi che pensavamo essere " civilizzati " che, mentre lamentano l'ingiustizia e la morte dei siriani, allo stesso tempo sostengono i ribelli, fornendo loro armi e denaro.
5 - l'indifferenza dei capi di Stati che pretendono anche di essere i difensori dei diritti umani, sostenitori del dialogo, della riconciliazione e della pace.
6 - l'evidenziarsi dei veri obiettivi del conflitto nella ricerca di interessi economici e politici che sono stati camuffati da "parole d'ordine della democrazia" e che in realtà sono costati più di 100.000 vite .
Nonostante tutti questi problemi, la nostra fede nell'avvento del nuovo giorno, pieno di speranza, non si dissolve. Non disperiamo, perché il fine della nostra vita è il regno di Dio e non la morte sulla terra .
Ma il mio cuore anche si allieta nel vedere che:
1 - i nostri cittadini resistono e sopportano la morte dei loro cari, la fame e la perdita dei loro beni. Essi credono fermamente che non durerà. I cristiani sono attaccati alla vita e continuano a superare tutti gli ostacoli.
2 - Il futuro promette una nuova pagina e la fine del conflitto con il fallimento della congiura internazionale, della disinformazione e delle bugie , attraverso la resistenza e la "consapevolezza" del popolo e alla fedeltà dell'esercito .
3 - la maggioranza dei siriani ha dimostrato al mondo la sua lealtà verso la patria, rifiutandosi di lasciare il suo paese.
Tuttavia, coloro che bussano alle porte dei consolati e delle ambasciate dei paesi occidentali rischiano di essere delusi perché pensano che il cielo è lì , ma è solo un miraggio.
(Tradotto e riassunto da Claude Zerez) http://www.fcsartheorient.com/Dernieres-nouvelles
http://oraprosiria.blogspot.it/2013/09/aleppo-questa-lettera-sara-un-annuncio.html

Gregorio III: l’attacco Usa è un atto criminale
L'attacco pianificato dagli Stati Uniti è un atto criminale, che mieterà altre vittime, oltre alle migliaia di questi due anni di guerra. Ciò farà crollare la fiducia del mondo arabo verso il mondo occidentale". È quanto afferma ad AsiaNews Gregorio III Laham, patriarca greco-cattolico di Antiochia, di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melchiti. L'appello giunge a poche ore dalle voci di un attacco imminente degli Stati Uniti contro Damasco. L'operazione è appoggiata da altri Paesi: Francia, Gran Bretagna, Turchia e Lega Araba. (…)
Gregorio III si domanda: "Quali sono le parti che hanno condotto la Siria a questa linea rossa? Chi ha portato la Siria a questo punto di non ritorno? Chi ha creato questo inferno in cui vive da mesi la popolazione?". "Ogni giorno - spiega - in Siria entrano estremisti islamici provenienti da tutto il mondo con l'unico intento di uccidere e nessun Paese ha fatto nulla per fermarli, anzi gli Stati Uniti hanno deciso di inviare ancora più armi". Il prelato sottolinea che l'attacco pianificato dagli Usa colpirà soprattutto la popolazione siriana e non è meno grave dell'uso di armi chimiche.
Secondo il Patriarca, i Paesi occidentali continuano a sostenere un'opposizione che non esiste, che non ha alcuna autorità sul campo. "I lavori per la conferenza di Ginevra 2 - sottolinea - sono fermi. La parola dialogo è ormai dimenticata. Per mesi i Paesi occidentali hanno perso tempo a discutere, mentre la gente moriva sotto le bombe di Assad e per gli attacchi degli estremisti islamici di al-Qaeda".
Gregorio III avverte che una eventuale vittoria degli islamisti darà vita a un Paese diviso in piccole enclavi, confinando i cristiani in un ghetto. "La nostra comunità si riduce ogni giorno. I giovani fuggono, le famiglie abbandonano le loro case e i loro villaggi".
Per il prelato "la scomparsa dei cristiani è un pericolo non solo per la Siria, ma per tutta l'Europa". "La nostra presenza - afferma - è la condizione essenziale per avere un islam moderato, che esiste grazie ai cristiani. Se noi andiamo via, non potrà esservi in Siria alcuna democrazia. Tale tesi è sostenuta anche dagli stessi musulmani, che temono la follia islamista. In molti affermano che non si può vivere dove non vi sono i cristiani".
http://www.asianews.it/notizie-it/Gregorio-III:-La-democrazia-si-costruisce-con-la-pace.-L%E2%80%99attacco-Usa-%C3%A8-un-atto-criminale-28855.html