Sopravvissuto (diversamente dal suo più noto cognato Robert Brasillach) alla guerra e alle vendette dei vincitori, Maurice Bardèche ha dedicato la vita ad iniziative culturali ed editoriali di alto livello, puntualmente costellate da denunce, processi e condanne.
Il trimestrale "Historica Nuova" ripubblica ora, meritoriamente, un suo articolo del 1951.
Rileggere oggi quello scritto di 60 anni fa è, per molti motivi, sorprendente. Scrive Bardèche che alla vigilia del conflitto i popoli d'Europa erano attraversati da "una corrente di fratellanza". E commenta: "Mai l'unione era apparsa così vicina, mai era apparsa così facile".
Ma, parlando del futuro, scrive anche: "noi non faremo l'Europa con non importa chi e per non importa che cosa".
Il realismo che si contrappone ai luoghi comuni, la chiarezza di idee che si contrappone al pensiero unico: una lezione per tutti noi.
mercoledì 29 giugno 2011
martedì 28 giugno 2011
Il suicidio degli Europei.
Qualcuno ha giudicato eccessivo, forzato, "caricaturale" l'articolo di Ida Magli. No - mi è stato commentato - le cose non stanno così, il futuro dell'Europa non è così nero, questo è solo nostalgismo con una buona dose di razzismo, ecc. ecc.
Rispondo a questi critici proponendo una sintesi della recensione dell'ultimo libro di Walter Laqueur apparsa sulle colonne del quotidianio Linea. Ricordo a tutti che Laqueur è uno storico autorevolissimo (secondo alcuni il massimo studioso della storia del XX secolo), formatosi in Israele e negli Stati Uniti, al di sopra di ogni sospetto di "nostalgismo".
Leggete, e poi ditemi se Ida Magli esagera.
Dal sito http://www.iduepunti.it/ :
Luca Leonello Rimbotti ha da poco recensito su 'Linea', un testo che tratta della questione bifronte "immigrazione massiccia / crisi demografica" in Europa: 'Gli ultimi giorni dell’Europa. Epitaffio per un vecchio continente' di Walter Laqueur. «Fra cent’anni la popolazione dell’Europa sarà solo una minima parte di quello che è ora e in duecento anni alcuni paesi potrebbero scomparire....non c’è alcun precedente di un crollo demografico così rapido in tutta la storia umana».
Secondo le stime - riportate da Laqueur - della Comunità Europea e delle Nazioni Unite, la Francia, nel corso del secolo XXI, passerà dagli attuali 60 milioni di abitanti a 43, il Regno Unito da 60 a 45, la Germania da 80 a 32, la Spagna da 39 a 12. L’Italia poi, dagli odierni 57 milioni, si troverà a contarne 15 verso la fine del secolo. Occorre ovviamente considerare che i dati riferiti a queste proiezioni sulle popolazioni europee dei prossimi decenni contengono il fatto che moltissimi di quei cittadini saranno i figli di recente e recentissima immigrazione. Tanto che le popolazioni europee in calo vedranno velocemente elevarsi il numero dei propri concittadini di origine non europea: maghrebini, mediorientali, asiatici, africani. I bianchi europei, vittime della loro denatalità conculcata dalla società del benessere e del profitto, stanno andando incontro a un rapido inabissamento, che presto ne farà una minoranza minacciata di estinzione sul suolo europeo. "Va tutto bene così, madama la marchesa"?
Può darsi di sì, può darsi di no, ma i dati dovrebbero spingere ad una riflessione, altrimenti questa sarebbe una curiosa fine per una civiltà che si preoccupa di salvare le più svariate "bio-diversità", i prodotti tipici, le arti e i mestieri di un tempo, i paesaggi e le lingue, ma non si cura affatto dell'abisso nel quale sta cadendo complessivamente.
Continua Rimbotti: "Quella che dal dopoguerra in poi è stata prima un’emigrazione per lavoro, cui seguì il ritorno quasi generale in patria, dagli anni Ottanta è diventata una crescente infiltrazione, infine assumendo, in questi anni, i contorni dell’incontrastato arrembaggio di massa. Un neo-schiavismo che sradica il nero o il giallo, lo stipa nelle periferie degradate delle città portuali del Terzo Mondo, infine lo dirige verso le centrali dello sfruttamento turbocapitalistico di ultima generazione, operando la devastazione di ogni comunitarismo, sia nell’ospitante che nell’ospitato: con una criminalità reale e un umanitarismo di facciata (spesso unendo le due cose in un’unica intrapresa industriale), si ottiene così la spaventosa tratta, che ha come conseguenza matematica due avvenimenti simultanei: l’annientamento dei tessuti etnico-sociali delle millenarie culture europee; lo sgretolamento e la disumanizzazione delle stesse realtà terzomondiste attirate in Europa."
Lo sbandierato multiculturalismo pacifico e tollerante, si è rivelato in realtà come un monoculturalismo bellicoso e plurirazzista. Fino a quando il macrofenomeno dell'immigrazione di massa sarà visto con le lenti deformanti dell'ideologìa pseudo-umanitarista, senza coglierne anche gli aspetti critici e polemogeni, sapremo soltanto ripetere il noioso mantra della xenofobìa. Continuando a scambiare le cause con gli effetti.
Le rivolte della banlieu parigina del 2005 furono causate da «l’odio per la società francese», in Gran Bretagna invece si tratta di neri contro indo-pakistani, a Bruxelles di turchi contro africani, a Parigi di islamici contro ebrei. Il risultato delle politiche immigratorie, sottolinea Laqueur, è che ovunque «si è sviluppata una cultura dell’odio e del crimine». Per milioni di immigrati, ovunque in Europa, «i problemi sono gli stessi: ghettizzazione, re-islamizzazione, alta disoccupazione giovanile e scarso rendimento nelle scuole». Laqueur invita a fare un giro per Neukölln, La Courneuve o Bradford, concentrazioni urbane completamente extra-europee.
Insomma, è consentito porsi il problema devastante della crisi demografica in Italia e in Europa senza "delegare" la soluzione ai soli immigrati?
Rispondo a questi critici proponendo una sintesi della recensione dell'ultimo libro di Walter Laqueur apparsa sulle colonne del quotidianio Linea. Ricordo a tutti che Laqueur è uno storico autorevolissimo (secondo alcuni il massimo studioso della storia del XX secolo), formatosi in Israele e negli Stati Uniti, al di sopra di ogni sospetto di "nostalgismo".
Leggete, e poi ditemi se Ida Magli esagera.
Dal sito http://www.iduepunti.it/ :
Luca Leonello Rimbotti ha da poco recensito su 'Linea', un testo che tratta della questione bifronte "immigrazione massiccia / crisi demografica" in Europa: 'Gli ultimi giorni dell’Europa. Epitaffio per un vecchio continente' di Walter Laqueur. «Fra cent’anni la popolazione dell’Europa sarà solo una minima parte di quello che è ora e in duecento anni alcuni paesi potrebbero scomparire....non c’è alcun precedente di un crollo demografico così rapido in tutta la storia umana».
Secondo le stime - riportate da Laqueur - della Comunità Europea e delle Nazioni Unite, la Francia, nel corso del secolo XXI, passerà dagli attuali 60 milioni di abitanti a 43, il Regno Unito da 60 a 45, la Germania da 80 a 32, la Spagna da 39 a 12. L’Italia poi, dagli odierni 57 milioni, si troverà a contarne 15 verso la fine del secolo. Occorre ovviamente considerare che i dati riferiti a queste proiezioni sulle popolazioni europee dei prossimi decenni contengono il fatto che moltissimi di quei cittadini saranno i figli di recente e recentissima immigrazione. Tanto che le popolazioni europee in calo vedranno velocemente elevarsi il numero dei propri concittadini di origine non europea: maghrebini, mediorientali, asiatici, africani. I bianchi europei, vittime della loro denatalità conculcata dalla società del benessere e del profitto, stanno andando incontro a un rapido inabissamento, che presto ne farà una minoranza minacciata di estinzione sul suolo europeo. "Va tutto bene così, madama la marchesa"?
Può darsi di sì, può darsi di no, ma i dati dovrebbero spingere ad una riflessione, altrimenti questa sarebbe una curiosa fine per una civiltà che si preoccupa di salvare le più svariate "bio-diversità", i prodotti tipici, le arti e i mestieri di un tempo, i paesaggi e le lingue, ma non si cura affatto dell'abisso nel quale sta cadendo complessivamente.
Continua Rimbotti: "Quella che dal dopoguerra in poi è stata prima un’emigrazione per lavoro, cui seguì il ritorno quasi generale in patria, dagli anni Ottanta è diventata una crescente infiltrazione, infine assumendo, in questi anni, i contorni dell’incontrastato arrembaggio di massa. Un neo-schiavismo che sradica il nero o il giallo, lo stipa nelle periferie degradate delle città portuali del Terzo Mondo, infine lo dirige verso le centrali dello sfruttamento turbocapitalistico di ultima generazione, operando la devastazione di ogni comunitarismo, sia nell’ospitante che nell’ospitato: con una criminalità reale e un umanitarismo di facciata (spesso unendo le due cose in un’unica intrapresa industriale), si ottiene così la spaventosa tratta, che ha come conseguenza matematica due avvenimenti simultanei: l’annientamento dei tessuti etnico-sociali delle millenarie culture europee; lo sgretolamento e la disumanizzazione delle stesse realtà terzomondiste attirate in Europa."
Lo sbandierato multiculturalismo pacifico e tollerante, si è rivelato in realtà come un monoculturalismo bellicoso e plurirazzista. Fino a quando il macrofenomeno dell'immigrazione di massa sarà visto con le lenti deformanti dell'ideologìa pseudo-umanitarista, senza coglierne anche gli aspetti critici e polemogeni, sapremo soltanto ripetere il noioso mantra della xenofobìa. Continuando a scambiare le cause con gli effetti.
Le rivolte della banlieu parigina del 2005 furono causate da «l’odio per la società francese», in Gran Bretagna invece si tratta di neri contro indo-pakistani, a Bruxelles di turchi contro africani, a Parigi di islamici contro ebrei. Il risultato delle politiche immigratorie, sottolinea Laqueur, è che ovunque «si è sviluppata una cultura dell’odio e del crimine». Per milioni di immigrati, ovunque in Europa, «i problemi sono gli stessi: ghettizzazione, re-islamizzazione, alta disoccupazione giovanile e scarso rendimento nelle scuole». Laqueur invita a fare un giro per Neukölln, La Courneuve o Bradford, concentrazioni urbane completamente extra-europee.
Insomma, è consentito porsi il problema devastante della crisi demografica in Italia e in Europa senza "delegare" la soluzione ai soli immigrati?
sabato 25 giugno 2011
Grande articolo di Ida Magli.
Grande articolo di Ida Magli scritto in occasione del raduno leghista di Pontida. Al di là dell'occasione contingente, i concetti sono espressi con una precisione e con una correttezza storica e politica assolute.
di Ida Magli ItalianiLiberi | 19.06.2011
Mano a mano che procede la crisi economica i politici europei, e i nostri in particolare, diventano sempre più roboanti e privi di senno. La crisi economica, infatti, è soltanto l’aspetto più evidente della crisi complessiva: la fine degli Stati nell’immensa sabbia mobile europea, così come era stata programmata con il trattato di Maastricht. Questo è per i popoli il punto più difficile da comprendere e da riconoscere: che i governanti degli Stati europei abbiano volutamente programmato la nostra fine, la cancellazione della civiltà europea tramite i due strumenti che oggi sono sotto i nostri occhi: l’invasione immigratoria di popolazioni africane e il decadimento etico, culturale, economico indotto dalla perdita della libertà, della sovranità, dell’indipendenza.
Perché dico che i leader d’Europa e dell’Occidente hanno deliberatamente programmato la nostra fine? Perché, per quanto molti di loro siano ignoranti e di mediocrissima intelligenza, è certo che ciò che riusciamo a capire noi, sono in grado di capirlo anche loro. Vi pare possibile che banchieri a capo delle più importanti banche centrali, economisti titolari di cattedre universitarie, politici che hanno guidato le nazioni europee in un difficilissimo dopoguerra quali Churchill, Kohl, Mitterrand, non potessero prevedere le conseguenze negative di un’unione politica ed economica che hanno progettato con sfrontata sicumera? Hanno voluto la morte degli Stati, della civiltà e delle popolazioni d’Europa: questa è l’unica certezza dalla quale dobbiamo partire se vogliamo ancora sperare di poter salvare qualche cosa dalla catastrofe che ci attende. I cincischiamenti politici cui assistiamo in Italia come in Francia, in Germania, in Belgio, in Olanda e in tutti gli altri paesi dell’Unione, di fronte ai problemi più gravi quali l’invasione immigratoria e la crisi economica, costituiscono la prova più evidente della volontà di non risolverli.
D’altra parte è sufficiente un minimo di buon senso per rendersene conto. Non era stato proclamato da tutti i leader che l’euro nasceva per dare la massima forza al mercato europeo ed evitare il fallimento delle economie più deboli? Ebbene, è avvenuto il contrario: è stato l’euro e il mercato unico a condurre alla catastrofe attuale Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo, Belgio, Italia… Lo sapevano, lo volevano: io prego coloro che mi leggono di convincersi di questa verità altrimenti nulla potrà salvarci. Tutti i nostri politici, tutti i nostri giornalisti, sono complici di questo incredibile tradimento. Anche quando non lo sono stati in forma attiva (come hanno fatto Prodi, Ciampi, Visco, Monti, che ci hanno costretto ad aderire all’euro svendendo la maggior parte dei beni dello Stato e ci hanno imposto lunghissimi anni di impoverimento per equilibrare il cosiddetto “debito pubblico”), lo sono stati perché hanno mantenuto il silenzio di fronte anche ai fatti più evidenti. Ma soprattutto perché hanno finto, e continuano a fingere, che la grande maggioranza dei cittadini non sapesse e non sappia. Respinta l’informazione dalle sedi ufficiali e dalla stampa, i siti internet dedicati con grande competenza a questi problemi si sono moltiplicati, senza però che partiti e giornalisti ne abbiano preso atto in nessun modo, li discutano o ne contestino l’attendibilità. Della “sovranità monetaria” si parla un po’ dovunque; si propongono leggi d’iniziativa popolare (come quella di Savino Frigiola cui hanno aderito gli Italiani Liberi); si presentano analisi documentate e puntuali delle possibilità per l’Italia di evitare il fallimento quali l’uscita dall’euro o anche dall’Unione europea come quella di Di Marino. Ma niente: politici e giornalisti continuano a tacere. La strategia del silenzio è stata messa in atto perfino di fronte al mio libro “La dittatura europea”, scritto da un notissimo professore universitario di antropologia e pubblicato da una delle maggiori case editrici dell’establishement quale Rizzoli. Nessuno si è sentito chiamato in causa, malgrado vi siano citati centinaia di nomi quali responsabili del progetto di distruzione dell’Europa. Sembrerebbe aver risposto indirettamente soltanto Antonio Di Pietro che ha presentato (come auspicavo nel libro data la presenza nel suo partito di Elio lannutti, autore del volume “La Repubblica delle Banche”) un’interpellanza parlamentare sulla questione della sovranità monetaria. Inutile dire che i giornalisti non ne hanno parlato e non so neanche quale sia stata la risposta del Ministro dell’Economia.
Cosa bisogna fare dunque per riuscire a rompere il silenzio? Ricorrere alla violenza? Io ho riposto molte speranze in Mario Borghezio, amico di vecchia data per le sue battaglie contro la burocrazia di Bruxelles. Borghezio ha molto elogiato “La dittatura europea” al momento della sua pubblicazione e mi ha aiutato a farla conoscere organizzandone la presentazione a Milano e a Torino. Naturalmente quello che ci divide, come per tutti i Leghisti, è l’unità d’Italia, problema che però abbiamo in silenzioso accordo sempre accantonato per poter combattere insieme contro il pericolo più grave ed imminente costituito dal blocco massonico dell’Unione europea. E’ questo il motivo per il quale oggi sarebbe una giornata importante, non per la salvezza del governo di centro destra, come ripetono i giornalisti, ma se Borghezio affrontasse la questione europea distanziandosi da quanto propone Bossi. Bossi infatti ha venduto come tutti gli altri l’anima all’Ue e sa bene di offrire caramelle ai suoi elettori con lo spostamento di qualche ministero al Nord e la richiesta al suo stesso Governo di abbassare le tasse. Illudere i Leghisti, però, non è facile perché sono i più consapevoli fra i cittadini italiani dei problemi della sovranità monetaria, del legame fra Unione europea e “debito pubblico”, e soprattutto del legame fra l’Ue e l’invasione immigratoria. I leghisti, insomma, sanno che seppure si liberassero della Roma ladrona, rimarrebbero soffocati da un mostro del ladrocinio quale Bruxelles. La “Padania”, infatti, sarebbe costretta ugualmente a usare l’euro, dovrebbe obbedire alle normative europee in tutti i campi, normative che costituiscono ormai l’80% di quanto imposto dallo Stato, dovrebbe accettare l’immigrazione in base al trattato di Schengen e all’imbelle sottomissione di un Maroni o di chi per lui alla volontà dell’Europa. E’ di un Ministro dell’Interno leghista come Maroni, infatti, la più distruttiva decisione in fatto di immigrazione: distribuire gli immigrati in tutti i Comuni d’Italia (ripeto quanto ho già detto: coloro che ci governano, vogliono la nostra morte, collaborando al massimo con la volontà mortifera dell’Ue. Chi può credere, infatti, che siano diventati tutti imbecilli?). D’altra parte il “mercato unico” uccide (e in parte ha già ucciso) proprio le zone più ricche e produttive, quindi in Italia il Nord, in quanto è evidente che soltanto i prodotti molto specializzati e poco diffusi si sottraggono alla legge della competitività imposta dall’Ue. Il modello mercantile dell’”usa e getta”, del consumo a tutti i costi, è privo di qualsiasi ragionevolezza, concepisce soltanto il presente ed è per questo che l’Unione europea l’ha imposto a tutti gli Stati membri, dato che si tratta di Stati che debbono morire, di Stati per i quali non è previsto nessun futuro.
Da quando è uscita “La dittatura europea” i politici con i quali mi sono trovata a discutere dei problemi dell’euro, mi hanno invitato molte volte a “lanciare l’amo”. E’, in pratica, indispensabile, per proporre la riappropriazione della sovranità monetaria, che qualcuno offra pubblicamente l’occasione ai politici di parlarne, visto che nessuno ritiene di poterlo fare senza un appiglio esterno. Purtroppo, però, come ho già detto, i giornalisti sono bravissimi a mantenere i segreti che contano, e non mi hanno ancora mai dato questa possibilità.
La mia speranza è che oggi un politico rude e coraggioso come Mario Borghezio lanci l’amo che tutti attendono: proponga di abbandonare l’euro prima di essere travolti dall’immane catena di crac che ci attende inesorabilmente dietro la sagoma dell’Ue.
di Ida Magli ItalianiLiberi | 19.06.2011
Mano a mano che procede la crisi economica i politici europei, e i nostri in particolare, diventano sempre più roboanti e privi di senno. La crisi economica, infatti, è soltanto l’aspetto più evidente della crisi complessiva: la fine degli Stati nell’immensa sabbia mobile europea, così come era stata programmata con il trattato di Maastricht. Questo è per i popoli il punto più difficile da comprendere e da riconoscere: che i governanti degli Stati europei abbiano volutamente programmato la nostra fine, la cancellazione della civiltà europea tramite i due strumenti che oggi sono sotto i nostri occhi: l’invasione immigratoria di popolazioni africane e il decadimento etico, culturale, economico indotto dalla perdita della libertà, della sovranità, dell’indipendenza.
Perché dico che i leader d’Europa e dell’Occidente hanno deliberatamente programmato la nostra fine? Perché, per quanto molti di loro siano ignoranti e di mediocrissima intelligenza, è certo che ciò che riusciamo a capire noi, sono in grado di capirlo anche loro. Vi pare possibile che banchieri a capo delle più importanti banche centrali, economisti titolari di cattedre universitarie, politici che hanno guidato le nazioni europee in un difficilissimo dopoguerra quali Churchill, Kohl, Mitterrand, non potessero prevedere le conseguenze negative di un’unione politica ed economica che hanno progettato con sfrontata sicumera? Hanno voluto la morte degli Stati, della civiltà e delle popolazioni d’Europa: questa è l’unica certezza dalla quale dobbiamo partire se vogliamo ancora sperare di poter salvare qualche cosa dalla catastrofe che ci attende. I cincischiamenti politici cui assistiamo in Italia come in Francia, in Germania, in Belgio, in Olanda e in tutti gli altri paesi dell’Unione, di fronte ai problemi più gravi quali l’invasione immigratoria e la crisi economica, costituiscono la prova più evidente della volontà di non risolverli.
D’altra parte è sufficiente un minimo di buon senso per rendersene conto. Non era stato proclamato da tutti i leader che l’euro nasceva per dare la massima forza al mercato europeo ed evitare il fallimento delle economie più deboli? Ebbene, è avvenuto il contrario: è stato l’euro e il mercato unico a condurre alla catastrofe attuale Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo, Belgio, Italia… Lo sapevano, lo volevano: io prego coloro che mi leggono di convincersi di questa verità altrimenti nulla potrà salvarci. Tutti i nostri politici, tutti i nostri giornalisti, sono complici di questo incredibile tradimento. Anche quando non lo sono stati in forma attiva (come hanno fatto Prodi, Ciampi, Visco, Monti, che ci hanno costretto ad aderire all’euro svendendo la maggior parte dei beni dello Stato e ci hanno imposto lunghissimi anni di impoverimento per equilibrare il cosiddetto “debito pubblico”), lo sono stati perché hanno mantenuto il silenzio di fronte anche ai fatti più evidenti. Ma soprattutto perché hanno finto, e continuano a fingere, che la grande maggioranza dei cittadini non sapesse e non sappia. Respinta l’informazione dalle sedi ufficiali e dalla stampa, i siti internet dedicati con grande competenza a questi problemi si sono moltiplicati, senza però che partiti e giornalisti ne abbiano preso atto in nessun modo, li discutano o ne contestino l’attendibilità. Della “sovranità monetaria” si parla un po’ dovunque; si propongono leggi d’iniziativa popolare (come quella di Savino Frigiola cui hanno aderito gli Italiani Liberi); si presentano analisi documentate e puntuali delle possibilità per l’Italia di evitare il fallimento quali l’uscita dall’euro o anche dall’Unione europea come quella di Di Marino. Ma niente: politici e giornalisti continuano a tacere. La strategia del silenzio è stata messa in atto perfino di fronte al mio libro “La dittatura europea”, scritto da un notissimo professore universitario di antropologia e pubblicato da una delle maggiori case editrici dell’establishement quale Rizzoli. Nessuno si è sentito chiamato in causa, malgrado vi siano citati centinaia di nomi quali responsabili del progetto di distruzione dell’Europa. Sembrerebbe aver risposto indirettamente soltanto Antonio Di Pietro che ha presentato (come auspicavo nel libro data la presenza nel suo partito di Elio lannutti, autore del volume “La Repubblica delle Banche”) un’interpellanza parlamentare sulla questione della sovranità monetaria. Inutile dire che i giornalisti non ne hanno parlato e non so neanche quale sia stata la risposta del Ministro dell’Economia.
Cosa bisogna fare dunque per riuscire a rompere il silenzio? Ricorrere alla violenza? Io ho riposto molte speranze in Mario Borghezio, amico di vecchia data per le sue battaglie contro la burocrazia di Bruxelles. Borghezio ha molto elogiato “La dittatura europea” al momento della sua pubblicazione e mi ha aiutato a farla conoscere organizzandone la presentazione a Milano e a Torino. Naturalmente quello che ci divide, come per tutti i Leghisti, è l’unità d’Italia, problema che però abbiamo in silenzioso accordo sempre accantonato per poter combattere insieme contro il pericolo più grave ed imminente costituito dal blocco massonico dell’Unione europea. E’ questo il motivo per il quale oggi sarebbe una giornata importante, non per la salvezza del governo di centro destra, come ripetono i giornalisti, ma se Borghezio affrontasse la questione europea distanziandosi da quanto propone Bossi. Bossi infatti ha venduto come tutti gli altri l’anima all’Ue e sa bene di offrire caramelle ai suoi elettori con lo spostamento di qualche ministero al Nord e la richiesta al suo stesso Governo di abbassare le tasse. Illudere i Leghisti, però, non è facile perché sono i più consapevoli fra i cittadini italiani dei problemi della sovranità monetaria, del legame fra Unione europea e “debito pubblico”, e soprattutto del legame fra l’Ue e l’invasione immigratoria. I leghisti, insomma, sanno che seppure si liberassero della Roma ladrona, rimarrebbero soffocati da un mostro del ladrocinio quale Bruxelles. La “Padania”, infatti, sarebbe costretta ugualmente a usare l’euro, dovrebbe obbedire alle normative europee in tutti i campi, normative che costituiscono ormai l’80% di quanto imposto dallo Stato, dovrebbe accettare l’immigrazione in base al trattato di Schengen e all’imbelle sottomissione di un Maroni o di chi per lui alla volontà dell’Europa. E’ di un Ministro dell’Interno leghista come Maroni, infatti, la più distruttiva decisione in fatto di immigrazione: distribuire gli immigrati in tutti i Comuni d’Italia (ripeto quanto ho già detto: coloro che ci governano, vogliono la nostra morte, collaborando al massimo con la volontà mortifera dell’Ue. Chi può credere, infatti, che siano diventati tutti imbecilli?). D’altra parte il “mercato unico” uccide (e in parte ha già ucciso) proprio le zone più ricche e produttive, quindi in Italia il Nord, in quanto è evidente che soltanto i prodotti molto specializzati e poco diffusi si sottraggono alla legge della competitività imposta dall’Ue. Il modello mercantile dell’”usa e getta”, del consumo a tutti i costi, è privo di qualsiasi ragionevolezza, concepisce soltanto il presente ed è per questo che l’Unione europea l’ha imposto a tutti gli Stati membri, dato che si tratta di Stati che debbono morire, di Stati per i quali non è previsto nessun futuro.
Da quando è uscita “La dittatura europea” i politici con i quali mi sono trovata a discutere dei problemi dell’euro, mi hanno invitato molte volte a “lanciare l’amo”. E’, in pratica, indispensabile, per proporre la riappropriazione della sovranità monetaria, che qualcuno offra pubblicamente l’occasione ai politici di parlarne, visto che nessuno ritiene di poterlo fare senza un appiglio esterno. Purtroppo, però, come ho già detto, i giornalisti sono bravissimi a mantenere i segreti che contano, e non mi hanno ancora mai dato questa possibilità.
La mia speranza è che oggi un politico rude e coraggioso come Mario Borghezio lanci l’amo che tutti attendono: proponga di abbandonare l’euro prima di essere travolti dall’immane catena di crac che ci attende inesorabilmente dietro la sagoma dell’Ue.
I magistrati sono intoccabili? Dipende...
Dal sito FascinAzione:
Il Consiglio Superiore della Magistratura giovedì scorso ha deliberato di collocare in aspettativa per infermità, per quattro mesi, il Pubblico Ministero di Roma Paolo Ferraro. Il provvedimento è stato adottato con una procedura d’urgenza, motivata dalla asserita gravità ed attualità dell’ inidoneità del magistrato «ad adempiere convenientemente ed efficacemente ai doveri del proprio ufficio». Il provvedimento del CSM prende le mosse dalle denunce presentate dal dottor Ferraro circa l’esistenza di «una setta satanica massonica esistente in ambito militare» che, secondo la sua prospettazione, potrebbe avere connessioni anche con i fatti di Ascoli Piceno, concernenti l’assassinio di Melania Rea. Il magistrato ha annunciato che, unitamente ai suoi legali, rivelerà dati, fatti, vicende patite nonché l’anomalia del procedimento cui è sottoposto in una conferenza stampa che si sta svolgendo questo pomeriggio, presso lo studio dell’avvocato Giorgio Carta a Roma.
Per l'occasione si è svolta una manifestazione di Forza Nuova, alla presenza del Segretario Nazionale Roberto Fiore, presso lo studio dell’avv. Carta dove si stava svolgendo l’annunciata conferenza stampa del giudice Paolo Ferraro e dei suoi legali. Una ventina di militanti hanno esposto uno striscione “PM NON MOLLARE!” firmato Forza Nuova.
“Fin dalla nascita FN ha individuato nelle sette segrete e nella massoneria il cancro della società. Tant’è che lo mettemmo come uno degli 8 punti fondanti del movimento.” È il primo commento di Fiore durante la manifestazione. “Nell’allontanamento di Ferraro c’è qualcosa di poco chiaro o di chiarissimo per chi sa leggere fra le righe: ha scoperto cose che non doveva scoprire, coinvolgimenti delle alte sfere delle forze armate in logge massoniche o peggio ancora forse in sette sataniste che praticano sacrifici rituali. Non per niente un pm stimatissimo nella procura di Roma è stato sollevato dal suo incarico in un attimo e trattato come un pazzo da curare psichiatramente.”
Ha quindi concluso Fiore: “Noi siamo qui oggi a esprimere la nostra vicinanza a Ferraro e seguiremo la vicenda in tutti i suoi aspetti anche quelli che non troveranno spazio sui media, come non lo ha trovato il suo allontanamento ad opera del CSM. La massoneria va estirpata dal tessuto della nostra società.”
Contro la rimozione, avente efficacia immediata, i legali del dottor Ferraro, Mauro Cecchetti e Giorgio Carta, hanno annunciato un ricorso al TAR Lazio, che sarà presentato nei primi giorni della prossima settimana. «Il procedimento cautelare seguito dal CSM – riferiscono gli avvocati del magistrato – risulta non solo costellato di violazioni delle garanzie difensive, ma addirittura atipico, perché non previsto da alcuna norma, nonché arbitrario, atteso che non risulta fondato su alcuna perizia medica, se non una risalente al 2008 che, peraltro, attestava l’idoneità allo “svolgimento di attività professionali anche complesse”. Il CSM, poi, ha stranamente ritenuto ininfluenti le numerose perizie mediche di parte del 2011 – attestanti la specifica idoneità ed anzi qualità intellettuale del magistrato – ed ha ignorato una denuncia analitica e argomentata depositata in atti, che evidenzia fatti gravissimi a suo danno patiti dal 2009 in poi. In definitiva, il CSM ha fondato il provvedimento cautelare sulle dichiarazioni di alcuni colleghi della procura di Roma, con i quali il nostro assistito è notoriamente in contrasto proprio per effetto delle sue denunce».
Per l'occasione si è svolta una manifestazione di Forza Nuova, alla presenza del Segretario Nazionale Roberto Fiore, presso lo studio dell’avv. Carta dove si stava svolgendo l’annunciata conferenza stampa del giudice Paolo Ferraro e dei suoi legali. Una ventina di militanti hanno esposto uno striscione “PM NON MOLLARE!” firmato Forza Nuova.
“Fin dalla nascita FN ha individuato nelle sette segrete e nella massoneria il cancro della società. Tant’è che lo mettemmo come uno degli 8 punti fondanti del movimento.” È il primo commento di Fiore durante la manifestazione. “Nell’allontanamento di Ferraro c’è qualcosa di poco chiaro o di chiarissimo per chi sa leggere fra le righe: ha scoperto cose che non doveva scoprire, coinvolgimenti delle alte sfere delle forze armate in logge massoniche o peggio ancora forse in sette sataniste che praticano sacrifici rituali. Non per niente un pm stimatissimo nella procura di Roma è stato sollevato dal suo incarico in un attimo e trattato come un pazzo da curare psichiatramente.”
Ha quindi concluso Fiore: “Noi siamo qui oggi a esprimere la nostra vicinanza a Ferraro e seguiremo la vicenda in tutti i suoi aspetti anche quelli che non troveranno spazio sui media, come non lo ha trovato il suo allontanamento ad opera del CSM. La massoneria va estirpata dal tessuto della nostra società.”
Contro la rimozione, avente efficacia immediata, i legali del dottor Ferraro, Mauro Cecchetti e Giorgio Carta, hanno annunciato un ricorso al TAR Lazio, che sarà presentato nei primi giorni della prossima settimana. «Il procedimento cautelare seguito dal CSM – riferiscono gli avvocati del magistrato – risulta non solo costellato di violazioni delle garanzie difensive, ma addirittura atipico, perché non previsto da alcuna norma, nonché arbitrario, atteso che non risulta fondato su alcuna perizia medica, se non una risalente al 2008 che, peraltro, attestava l’idoneità allo “svolgimento di attività professionali anche complesse”. Il CSM, poi, ha stranamente ritenuto ininfluenti le numerose perizie mediche di parte del 2011 – attestanti la specifica idoneità ed anzi qualità intellettuale del magistrato – ed ha ignorato una denuncia analitica e argomentata depositata in atti, che evidenzia fatti gravissimi a suo danno patiti dal 2009 in poi. In definitiva, il CSM ha fondato il provvedimento cautelare sulle dichiarazioni di alcuni colleghi della procura di Roma, con i quali il nostro assistito è notoriamente in contrasto proprio per effetto delle sue denunce».
venerdì 24 giugno 2011
God bless America: la fine del sogno americano.
Interessante articolo di un giornalista del quotidiano Rinascita. Non dice nulla di clamorosamente nuovo, ma sono cose che è utile ricordere. Repetita iuvant.
Giunge la confessione ufficiale: “La Federal Reserve Usa non possiede nemmeno un’oncia d’oro”. Lo ha ammesso, il primo giugno, Alvarez Scott, avvocato della Federal Reserve il banco centrale (privato) degli Stati Uniti, nel corso di un dibattito con il congressista repubblicano Ron Paul. Scott ha dichiarato è dal 1934 – dalla grande crisi economica e finanziaria Usa “risolta” da Roosevelt imponendo ai suoi cittadini di entrare in guerra contro l’Italia e la Germania – che la Federal Reserve non possiede alcuna riserva di oro, e nemmeno di argento. Poveri Usa e poveri americani.
Tutta la storia romantica dell’avventurosa conquista del West, la corsa dell’oro, la ricerca del mitico Eldorado fin nell’Alaska acquistata dalla Russia, le pepite di Paperon De Paperoni, la leggenda della loro moneta forte, simbolizzata da $ che significa convenzionalmente “oro”, tutto ciò è un sogno che giunge alla fine. Una fine annunciata già dal momento comico-drammatico del 15 agosto 1971, quando il presidente statunitense Richard Nixon dichiarò che nemmeno i dollari conservati dagli stranieri erano più convertibili in oro.
La soppressione della convertibilità totale del dollaro in oro fu commentata dai più savi come una dichiarazione implicita se non di bancarotta quantomeno di insolvenza: i petrodollari di allora, come i sino dollari di oggi invadono infatti il mondo ma sono per l’80 per cento semplice carta straccia. Si è vociferato, in passato, che i lingotti del Tesoro Usa, conservati a Fort Knox assieme a quelli “prestati in deposito” dagli Stati sconfitti in guerra, siano stati al tempo venduti sottobanco e sostituiti da patacche in tungsteno (si tratta di 8.133,5 tonnellate di oro, dunque, in gran parte vendute in passato e sostituite da oro falso). Come tutti sanno ma nessuno dice – quando si accetta di essere sudditi lo si resta a vita – che il dollaro negli ultimi decenni è stato stampato in quantità enormemente superiore al supporto in oro (che si credeva) in possesso alla Fed; adesso si scopre che la Fed non possiede da tempo l’oro, quindi il dollaro è supportato da un bel niente!
Conclusione: vale ancora meno di quanto si potesse immaginare. In verità il dollaro, anche dopo il 1971, ha continuato ad essere usato come moneta internazionale grazie al fatto che il petrolio, il prodotto più importante, è scambiato in dollari, e da qui si comprende bene l’ostilità americana con cui era stata accolta la proposta più volte avanzata da Stati produttori, non ultimi Iraq (di Saddam) e Iran attuale, di scambiare il petrolio in euro. Ma la potenza economica Usa è ormai solo un’immagine, destinata ad offuscarsi a mano a mano che anche la sua potenza militare diventa più incerta. E l’arrampicarsi sugli specchi della finanza virtuale e la continua profusione ed emissione di biglietti verdi (svalutati), fa somigliare sempre più la ricchezza Usa a quella accumulata nei mondi fittizi d’internet. La fine del dollaro (e di conseguenza il declino degli Usa) è alle porte.
Paolo D’Arpini
Inquietante accordo Italia - Israele.
Dal sito israelnationalnews.com:
Accordo eccezionale: i nostri professori saranno formati in Israele.
Israele formerà dei professori italiani all'insegnamento dell'Olocausto.
Il ministro dell'educazione Gideon Saar (a sinistra nella foto) e il suo omologo italiano, Mariastella Gelmini, hanno firmato lo scorso lunedì 13 degli accordi di cooperazione per la formazione di professori italiani da parte israeliana e per scambi biliaterali tra giovani. Quest'accordo sulla formazione di professori italiani all'insegnamento dell'Olocausto è in asssoluto il primo del genere. Il ministro della pubblica istruzione italiana, chiunque sia, designerà ogni anno gli insegnanti destinati a seguire questa formazione speciale a Yad Vashem in Gerusalemme. In seguito questi professori eletti potranno insegnare questa materia (appunto l'Olocausto) nelle scuole secondarie italiane. La formazione precedente per l'insegnamento olocaustico era effettuata nel quadro di strutture non givernative. “Rafforzare gli studi sull'Olocausto nel mondo intero e in particolare in Europa – ha dichiarato il ministro Saar – costituisce una diga eretta contro l'oblio e il negazionismo”.
Senza parole.
Accordo eccezionale: i nostri professori saranno formati in Israele.
Israele formerà dei professori italiani all'insegnamento dell'Olocausto.
Il ministro dell'educazione Gideon Saar (a sinistra nella foto) e il suo omologo italiano, Mariastella Gelmini, hanno firmato lo scorso lunedì 13 degli accordi di cooperazione per la formazione di professori italiani da parte israeliana e per scambi biliaterali tra giovani. Quest'accordo sulla formazione di professori italiani all'insegnamento dell'Olocausto è in asssoluto il primo del genere. Il ministro della pubblica istruzione italiana, chiunque sia, designerà ogni anno gli insegnanti destinati a seguire questa formazione speciale a Yad Vashem in Gerusalemme. In seguito questi professori eletti potranno insegnare questa materia (appunto l'Olocausto) nelle scuole secondarie italiane. La formazione precedente per l'insegnamento olocaustico era effettuata nel quadro di strutture non givernative. “Rafforzare gli studi sull'Olocausto nel mondo intero e in particolare in Europa – ha dichiarato il ministro Saar – costituisce una diga eretta contro l'oblio e il negazionismo”.
Senza parole.
domenica 19 giugno 2011
Libertà, tasse e sanguisughe.
Parlo con un conoscente, persona informata e tutt'altro che stupida, e mi sento dire che per risolvere i problemi italiani bisogna aumentare le tasse.
Ma in quale strano mondo stiamo vivendo??
Penso alle epoche in cui la lotta contro l'ingiustizia fiscale era una lotta per le fondamentali libertà personali e collettive, ed oggi... è il cittadino a chiedere di essere tassato... A tanto può giungere l'omologazione dei cervelli, l'uniformazione dei pensieri? E' tanto grande il potere di questo Stato-Grande Fratello??
Mentre riflettevo, mi è venuta sotto mano questa recensione dell'ultimo libro di Mario Giordanio scritta pochi giorni or sono da Giuseppe Orsini, pubblicata sul sito Laici.it.
Non so fino a che punto c'entri con le mie riflessioni, la posto lasciando a ciascun lettore il piacere di trovare i collegamenti che riterrà più pertinenti.
Lo scorso 5 aprile è uscito nelle librerie, edito da Mondadori, il libro del giornalista Mario Giordano intitolato: ‘Sanguisughe: le pensioni d’oro che ci prosciugano le tasche’. Mario Giordano, 45enne, è direttore di ‘News Mediaset’ ed editorialista de ‘il Giornale’. Il suo libro ha il pregio di parlare di tutte le pensioni erogate e non solo di quelle della cosiddetta ‘Casta’. In Italia, infatti, c’è chi prende una pensione da 90 mila euro al mese – sì, al mese –, chi la percepisce avendo lavorato un solo giorno, chi l’ha ottenuta a 29 anni, chi l’ha avuta senza averne diritto e chi ne riceve tre o quattro, tutte ‘d’oro’. L’autore dedica il libro ad Antonio Mastropasqua, l’attuale presidente dell’Inps che, a gennaio 2011, risultava titolare di ben 37 incarichi in vari consigli d’amministrazione, tutti ovviamente retribuiti. L’opera dell’ex direttore responsabile de ‘il Giornale’ è meritevole di essere tenuta in considerazione, poiché pone, da posizioni e presupposti non sospetti, il tema dell’ingiusto trattamento, nel nostro Paese, non solo tra chi percepisce pensioni ‘ultraricche’ e coloro che vivono con poco più di 500 euro al mese, bensì anche la gravità di una situazione che vede intere generazioni di giovani che, probabilmente, una pensione non la percepiranno mai, a causa di squilibri lungamente perpetrati nel corso dei decenni. Non è il caso di elencare, in questa sede, l’intera casistica dei pensionati ‘d’oro’, oppure dei molteplici trattamenti di favore nei confronti di questo o di quel politico, di questo o quel dirigente di Stato, anche per lasciare ai lettori la libertà di scoprire da soli incongruenze e contraddizioni. Tuttavia, ci pare opportuno segnalare come questo lavoro ponga in evidenza un autore e un professionista che ama scavare sui motivi che hanno condotto questo Paese alla grave sensazione di ingiustizia che si respira, nella nostra società, ormai da troppi anni. A prescindere dalle posizioni personali e dalle coloriture politiche e ideologiche, infatti, il fatto che in Italia molte situazioni vengano lasciate ‘incancrenire’ fino a rendere determinati problemi talmente ‘cronici’ da danneggiare il tessuto sociale stesso della collettività rimane questione che merita di essere approfondita, sapendo andare oltre alle discussioni sui distinti casi personali, al di là della possibile opinabilità delle fonti d’informazione, evitando di ‘cincischiare’ in base ai “si sapeva” e ai “non si scopre nulla di nuovo”. Nel momento in cui una notizia resta tale al di là di quanto già non si sapesse, proprio ciò testimonia l’esistenza di una questione talmente grave da portarci a respingere ogni possibile obiezione ‘di metodo’. Il libro di Mario Giordano, infatti, da alcuni è stato visto come il tentativo di ‘sfruttare’ un problema quasi per motivazioni professionali di natura opportunistica, finalizzato cioè a cogliere un ‘filone’ di inchiesta che sembra andare alquanto ‘di moda’. Ma se anche fosse, ciò testimonia, a nostro parere, semplicemente la drammaticità di una questione che, nonostante tutto, non può essere ‘spostata’ sui ‘cavilli metodologici’ della ‘non notizia’, sull’opportunità o meno delle intenzioni di chi ha voluto indagare a fondo una situazione, anche per una questione di rispetto professionale e di onestà intellettuale nei confronti di un autore che ha sempre dimostrato, al di là della propria formazione personale, una buona ‘stoffa’ giornalistica. Tutti i contributi sullo stato delle ingiustizie sociali nel nostro Paese, insomma, sono bene accetti, soprattutto allorquando denunciano fatti decisamente insostenibili, anche sotto il profilo strettamente finanziario della gestione dello Stato, in cui i sacrifici non possono essere fatti sulla ‘pelle’ dei ceti meno abbienti, fino a dimostrare la pericolosità di una condizione complessiva che rischia di ricreare conflittualità in grado di giustificare persino la resurrezione, al momento improbabile e, a dire il vero, poco auspicabile, di nuove dottrine basate sullo scontro tra le ‘classi’. Se la nostra politica ci dà spesso l’impressione di essere una sorta di ‘Giurassik Park’ delle culture e delle tradizioni o addirittura di essersi rinchiusa all’interno di una vera e propria ‘Casta’, ciò deriva soprattutto dall’incapacità del nostro ‘sistema-Paese’ a modernizzarsi in forme equilibrate, meno antipatiche sotto il profilo delle ingiustizie. Ricordando, per esempio, che i titolari di pensione Invciv con il 100% di invalidità civile percepiscono 270 euro al mese. Bene ha fatto, dunque, Mario Giordano a portare i lettori a chiedersi se a qualcuno non ‘rimorda’ la coscienza per le condizioni in cui moltissimi italiani, giovani e meno giovani, sono costretti a vivere.
Ma in quale strano mondo stiamo vivendo??
Penso alle epoche in cui la lotta contro l'ingiustizia fiscale era una lotta per le fondamentali libertà personali e collettive, ed oggi... è il cittadino a chiedere di essere tassato... A tanto può giungere l'omologazione dei cervelli, l'uniformazione dei pensieri? E' tanto grande il potere di questo Stato-Grande Fratello??
Mentre riflettevo, mi è venuta sotto mano questa recensione dell'ultimo libro di Mario Giordanio scritta pochi giorni or sono da Giuseppe Orsini, pubblicata sul sito Laici.it.
Non so fino a che punto c'entri con le mie riflessioni, la posto lasciando a ciascun lettore il piacere di trovare i collegamenti che riterrà più pertinenti.
Lo scorso 5 aprile è uscito nelle librerie, edito da Mondadori, il libro del giornalista Mario Giordano intitolato: ‘Sanguisughe: le pensioni d’oro che ci prosciugano le tasche’. Mario Giordano, 45enne, è direttore di ‘News Mediaset’ ed editorialista de ‘il Giornale’. Il suo libro ha il pregio di parlare di tutte le pensioni erogate e non solo di quelle della cosiddetta ‘Casta’. In Italia, infatti, c’è chi prende una pensione da 90 mila euro al mese – sì, al mese –, chi la percepisce avendo lavorato un solo giorno, chi l’ha ottenuta a 29 anni, chi l’ha avuta senza averne diritto e chi ne riceve tre o quattro, tutte ‘d’oro’. L’autore dedica il libro ad Antonio Mastropasqua, l’attuale presidente dell’Inps che, a gennaio 2011, risultava titolare di ben 37 incarichi in vari consigli d’amministrazione, tutti ovviamente retribuiti. L’opera dell’ex direttore responsabile de ‘il Giornale’ è meritevole di essere tenuta in considerazione, poiché pone, da posizioni e presupposti non sospetti, il tema dell’ingiusto trattamento, nel nostro Paese, non solo tra chi percepisce pensioni ‘ultraricche’ e coloro che vivono con poco più di 500 euro al mese, bensì anche la gravità di una situazione che vede intere generazioni di giovani che, probabilmente, una pensione non la percepiranno mai, a causa di squilibri lungamente perpetrati nel corso dei decenni. Non è il caso di elencare, in questa sede, l’intera casistica dei pensionati ‘d’oro’, oppure dei molteplici trattamenti di favore nei confronti di questo o di quel politico, di questo o quel dirigente di Stato, anche per lasciare ai lettori la libertà di scoprire da soli incongruenze e contraddizioni. Tuttavia, ci pare opportuno segnalare come questo lavoro ponga in evidenza un autore e un professionista che ama scavare sui motivi che hanno condotto questo Paese alla grave sensazione di ingiustizia che si respira, nella nostra società, ormai da troppi anni. A prescindere dalle posizioni personali e dalle coloriture politiche e ideologiche, infatti, il fatto che in Italia molte situazioni vengano lasciate ‘incancrenire’ fino a rendere determinati problemi talmente ‘cronici’ da danneggiare il tessuto sociale stesso della collettività rimane questione che merita di essere approfondita, sapendo andare oltre alle discussioni sui distinti casi personali, al di là della possibile opinabilità delle fonti d’informazione, evitando di ‘cincischiare’ in base ai “si sapeva” e ai “non si scopre nulla di nuovo”. Nel momento in cui una notizia resta tale al di là di quanto già non si sapesse, proprio ciò testimonia l’esistenza di una questione talmente grave da portarci a respingere ogni possibile obiezione ‘di metodo’. Il libro di Mario Giordano, infatti, da alcuni è stato visto come il tentativo di ‘sfruttare’ un problema quasi per motivazioni professionali di natura opportunistica, finalizzato cioè a cogliere un ‘filone’ di inchiesta che sembra andare alquanto ‘di moda’. Ma se anche fosse, ciò testimonia, a nostro parere, semplicemente la drammaticità di una questione che, nonostante tutto, non può essere ‘spostata’ sui ‘cavilli metodologici’ della ‘non notizia’, sull’opportunità o meno delle intenzioni di chi ha voluto indagare a fondo una situazione, anche per una questione di rispetto professionale e di onestà intellettuale nei confronti di un autore che ha sempre dimostrato, al di là della propria formazione personale, una buona ‘stoffa’ giornalistica. Tutti i contributi sullo stato delle ingiustizie sociali nel nostro Paese, insomma, sono bene accetti, soprattutto allorquando denunciano fatti decisamente insostenibili, anche sotto il profilo strettamente finanziario della gestione dello Stato, in cui i sacrifici non possono essere fatti sulla ‘pelle’ dei ceti meno abbienti, fino a dimostrare la pericolosità di una condizione complessiva che rischia di ricreare conflittualità in grado di giustificare persino la resurrezione, al momento improbabile e, a dire il vero, poco auspicabile, di nuove dottrine basate sullo scontro tra le ‘classi’. Se la nostra politica ci dà spesso l’impressione di essere una sorta di ‘Giurassik Park’ delle culture e delle tradizioni o addirittura di essersi rinchiusa all’interno di una vera e propria ‘Casta’, ciò deriva soprattutto dall’incapacità del nostro ‘sistema-Paese’ a modernizzarsi in forme equilibrate, meno antipatiche sotto il profilo delle ingiustizie. Ricordando, per esempio, che i titolari di pensione Invciv con il 100% di invalidità civile percepiscono 270 euro al mese. Bene ha fatto, dunque, Mario Giordano a portare i lettori a chiedersi se a qualcuno non ‘rimorda’ la coscienza per le condizioni in cui moltissimi italiani, giovani e meno giovani, sono costretti a vivere.
sabato 18 giugno 2011
In passerella la favola melensa di un mondo che non è.
Dal sito di informazione No Reporter:
Quella di Houssem, giovane tunisino sbarcato a marzo a Lampedusa dopo una traversata di 17 ore, trasferito in una tendopoli a Manduria e arrivato a Pitti Uomo come modello, sembra una fiaba moderna, a lieto fine. Il giovane tunisino, 20 anni, alto più di 1 metro e 80, pelle ambrata, fisico aitante, desiderio di integrarsi e di rimanere in Italia, con il sogno nel cassetto di fare il ristoratore, è stato notato dal proprietario di un'azienda di abbigliamento locale, con base a Sava (Taranto), a pochi chilometri dal centro di accoglienza dei profughi a Manduria. Salvatore Toma, patron della Havana & Co, e la sua famiglia hanno capito che potevano fare qualcosa per Houssem e lo hanno portato a Pitti Uomo, trasformandolo in un modello. Perfetto, con la giacca patchwork in cotone e lino di Havana & Co, che riporta frasi in tutte le lingue del mondo, dagli ideogrammi cinesi a quelli islamici, fino ai caratteri cirillici.
Non può sfuggire il messaggio di invito all'integrazione. Houssem fugge da una situazione disperata: lui è l'unico maschio di famiglia, ha tre sorelle e una madre da mantenere nel suo paese. "Ma a differenza dei suoi connazionali - spiega Toma - si è affezionato alla mia famiglia e ha subito manifestato il desiderio di rimanere in Italia. Non in una grande città come Milano o Roma, che forse lo spaventa, ma in un piccolo centro della Puglia. Da noi, a Sava o a Manduria". Il patron dell'azienda che lo ha lanciato nella moda spiega che a Houssem non interessa questo settore, "piuttosto quello della ristorazione, che già conosce perché era il suo lavoro in Tunisia". Ma il permesso di Houssem scadrà a ottobre e i sogni del giovane potrebbero finire tra pochi mesi. "Farò di tutto - annuncia Toma - per far sì che il suo permesso di soggiorno venga rinnovato. Se non lo farà qualcun altro, lo farò io. In Houssem abbiamo capito la forza della volontà d'integrazione del mondo arabo in occidente, una volontà che ci ha conquistati". La favola di Houssem avrà un lieto fine dunque, grazie alla buona volontà e alla comprensione di italiani che spalancano le braccia a chi ha avuto la sfortuna di nascere in un paese più povero.
In passerella la favola melensa di un mondo come non è e l'ennesimo messaggio criminale per mistificare una tragedia di portata oceanica che minaccia ogni popolo e ogni cultura. Il genocidio inizia con le bombe umanitarie, prosegue con le migrazioni di massa e si conclude con questi ibridi stucchevoli della società-spettacolo. Ibridi che mettendosi in mostra nascondono una realtà fatta di figli e nipoti che non avranno più un ceppo né una radice ma si ritroveranno a vagare in un'esistenza estroversa, privi di educazione e di solidità, a scimmiottare i tele-falliti delle periferie Wasp. E che non avranno più alcun legame col mondo sottile e con il profondo se non quelli caricaturati dallo psicanalista e da qualche sindacalista dell'anima di una religione qualsiasi, meglio se di tipo frappé.
Quella di Houssem, giovane tunisino sbarcato a marzo a Lampedusa dopo una traversata di 17 ore, trasferito in una tendopoli a Manduria e arrivato a Pitti Uomo come modello, sembra una fiaba moderna, a lieto fine. Il giovane tunisino, 20 anni, alto più di 1 metro e 80, pelle ambrata, fisico aitante, desiderio di integrarsi e di rimanere in Italia, con il sogno nel cassetto di fare il ristoratore, è stato notato dal proprietario di un'azienda di abbigliamento locale, con base a Sava (Taranto), a pochi chilometri dal centro di accoglienza dei profughi a Manduria. Salvatore Toma, patron della Havana & Co, e la sua famiglia hanno capito che potevano fare qualcosa per Houssem e lo hanno portato a Pitti Uomo, trasformandolo in un modello. Perfetto, con la giacca patchwork in cotone e lino di Havana & Co, che riporta frasi in tutte le lingue del mondo, dagli ideogrammi cinesi a quelli islamici, fino ai caratteri cirillici.
Non può sfuggire il messaggio di invito all'integrazione. Houssem fugge da una situazione disperata: lui è l'unico maschio di famiglia, ha tre sorelle e una madre da mantenere nel suo paese. "Ma a differenza dei suoi connazionali - spiega Toma - si è affezionato alla mia famiglia e ha subito manifestato il desiderio di rimanere in Italia. Non in una grande città come Milano o Roma, che forse lo spaventa, ma in un piccolo centro della Puglia. Da noi, a Sava o a Manduria". Il patron dell'azienda che lo ha lanciato nella moda spiega che a Houssem non interessa questo settore, "piuttosto quello della ristorazione, che già conosce perché era il suo lavoro in Tunisia". Ma il permesso di Houssem scadrà a ottobre e i sogni del giovane potrebbero finire tra pochi mesi. "Farò di tutto - annuncia Toma - per far sì che il suo permesso di soggiorno venga rinnovato. Se non lo farà qualcun altro, lo farò io. In Houssem abbiamo capito la forza della volontà d'integrazione del mondo arabo in occidente, una volontà che ci ha conquistati". La favola di Houssem avrà un lieto fine dunque, grazie alla buona volontà e alla comprensione di italiani che spalancano le braccia a chi ha avuto la sfortuna di nascere in un paese più povero.
In passerella la favola melensa di un mondo come non è e l'ennesimo messaggio criminale per mistificare una tragedia di portata oceanica che minaccia ogni popolo e ogni cultura. Il genocidio inizia con le bombe umanitarie, prosegue con le migrazioni di massa e si conclude con questi ibridi stucchevoli della società-spettacolo. Ibridi che mettendosi in mostra nascondono una realtà fatta di figli e nipoti che non avranno più un ceppo né una radice ma si ritroveranno a vagare in un'esistenza estroversa, privi di educazione e di solidità, a scimmiottare i tele-falliti delle periferie Wasp. E che non avranno più alcun legame col mondo sottile e con il profondo se non quelli caricaturati dallo psicanalista e da qualche sindacalista dell'anima di una religione qualsiasi, meglio se di tipo frappé.
martedì 14 giugno 2011
La Danimarca sospende il Trattato di Schengen.
Mi è stato chiesto più di una volta se, a mio avviso, l'Italia possa "uscire da Schengen", cioè sospendere l'esecutività del trattato o recedere dallo stesso.
Ho risposto sempre di no: mi sembra una fantasia non praticabile realisticamente.
Ora dovrò ricredermi. La Danimarca l'ha fatto un mese fa e non mi risulta che - a parte qualche sit-in delle solite anime belle a tassametro - sia incorsa in alcun disastro.
Questo l'articolo di Il Fatto Quotidiano dell'11 maggio:
La scelta del Paese nordico arriva a poche ore di distanza da giovedì, quando la Commissione europea dovrebbe proporre ai ministri dell’Interno un progetto per la reintroduzione temporanea dei controlli alle frontiere nazionali. In particolare nel caso in cui uno stato europeo venga considerato “inadempiente” nella sorveglianza alle frontiere o di massici afflussi di migranti.
Il riferimento è a Romania e Bulgaria, che hanno aderito all’unione europea nel 2007 ma non fanno ancora parte dello spazio Schengen e sperano di entrarvi quest’anno. Ma diversi stati membri, soprattutto Germania e Francia, sono contrari, sostenendo che i due paesi non dispongono di un sistema di sorveglianza adeguato.
“Abbiamo raggiunto un accordo sulla reintroduzione delle ispezioni doganali alle frontiera danese il prima possibile”, ha annunciato Frederiksen secondo cui i nuovi controlli entreranno in vigore in due e tre settimane. Il ministro ha giustificate la decisione perché “durante gli scorsi anni abbiamo visto crescere i crimini transfrontalieri e questa scelta punta a frenare il problema. Costruiremo nuove strutture al confine danese-tedesco con nuovi sistemi elettronici e di indentificazione delle targhe auto”. Il ministro ha aggiunto che il personale di dogana sarà presente costantemente anche sul ponte di Oeresund che collega la Svezia alla Danimarca.
La Danimarca ha sospeso il trattato di Schengen e ha reintrodotto i controlli di frontiera con i vicini Germania e Svezia. Questo l’annuncio del ministro dell’Interno Claus Hjort Frederiksen. Una decisione legata all’accordo tra il governo e la formazione di estrema destra Ppd, decisiva per la sopravvivenza dell’esecutivo danese.
Ho risposto sempre di no: mi sembra una fantasia non praticabile realisticamente.
Ora dovrò ricredermi. La Danimarca l'ha fatto un mese fa e non mi risulta che - a parte qualche sit-in delle solite anime belle a tassametro - sia incorsa in alcun disastro.
Questo l'articolo di Il Fatto Quotidiano dell'11 maggio:
L'annuncio arriva dal ministro dell'Interno Claus Hjort Frederiksen. Domani la Commissione europea dovrebbe proporre un progetto per la reintroduzione temporanea dei controlli alle frontiere nazionali. Nel mirino l'ingresso nello spazio di Romania e Bulgaria.
La scelta del Paese nordico arriva a poche ore di distanza da giovedì, quando la Commissione europea dovrebbe proporre ai ministri dell’Interno un progetto per la reintroduzione temporanea dei controlli alle frontiere nazionali. In particolare nel caso in cui uno stato europeo venga considerato “inadempiente” nella sorveglianza alle frontiere o di massici afflussi di migranti.
Il riferimento è a Romania e Bulgaria, che hanno aderito all’unione europea nel 2007 ma non fanno ancora parte dello spazio Schengen e sperano di entrarvi quest’anno. Ma diversi stati membri, soprattutto Germania e Francia, sono contrari, sostenendo che i due paesi non dispongono di un sistema di sorveglianza adeguato.
“Abbiamo raggiunto un accordo sulla reintroduzione delle ispezioni doganali alle frontiera danese il prima possibile”, ha annunciato Frederiksen secondo cui i nuovi controlli entreranno in vigore in due e tre settimane. Il ministro ha giustificate la decisione perché “durante gli scorsi anni abbiamo visto crescere i crimini transfrontalieri e questa scelta punta a frenare il problema. Costruiremo nuove strutture al confine danese-tedesco con nuovi sistemi elettronici e di indentificazione delle targhe auto”. Il ministro ha aggiunto che il personale di dogana sarà presente costantemente anche sul ponte di Oeresund che collega la Svezia alla Danimarca.
domenica 12 giugno 2011
Gran week end
A giudicare dai media, gran week end in Italia!
La festa dei sodomiti, Nichi Vendola che dice quel che il Papa deve fare (evidentemente lui lo sa…), la marchetta di Lady Gaga per Versace.
La sfilata in ricordo della "liberazione" di Roma del 1944.
I "fantastici 4" referendum, intorno ai quali giustamente tanto entusiasmo cresce perché, si sa, dopo nulla più sarà come prima…
Tranquillizzo i lettori: questo blog è gay-free, liberators-free e referendum-free.
Consentitemi però almeno una domanda. Che cosa diranno i fans del "sì" e del "no" quando - non essendo l'Italia un Paese sovrano - l'U.E. deciderà di intervenire con atti normativi sulle materie oggetto dei referendum fregandosene completamente dei risultati degli stessi? Prima di preoccuparsi di votare, non era meglio preoccuparsi di conservare il potere di decidere in tali materie?
sabato 11 giugno 2011
Borghezio vs/ Bilderberg...!!
Ricevo da un affezionato e prezioso frequentatore del blog:
Borghezio avrà i suoi modi ma almeno ha provato a far sapere al mondo della
riunione di questo potentissimo club che ogni anno si riunisce in Svizzera e
decide delle sorti delle economie mondiali con indicazioni che puntualmente
l'anno successivo vengono adottate da UE, G8, G20, FMI e compagnia bella
Da oltre 50 anni si riunisce questo club di banchieri e mai nessuno è ammesso
alle riunioni iper segrete.
Malmenato e messo in stato di fermo dalla polizia svizzera. È successo all’
europarlamentare della Lega Nord, Mario Borghezio, a St. Moritz. Voleva
partecipare «alla riunione annuale della misteriosa congrega mondialista del
“Bilderberg Club” nei saloni del Grand Hotel Kempinski» pur «non essendo
invitato». Alla vigilia non aveva fatto mistero del suo intento, immaginando di
non essere accolto con un tappeto rosso. Forse, però, non s’aspettava di essere
addirittura menato.
Lui, insieme al suo assistente al parlamento europeo: il neoconsigliere
comunale di Milano Max Bastoni. «La Polizia svizzera ci ha messi in stato di
fermo e ci sta portando in caserma» dichiarava ieri sera Borghezio. «Sanguino,
sporgerò una bella denuncia alle autorità svizzere». L’effervescente padano
voleva ficcare il naso a un incontro di circa 130 persone, rigorosamente
selezionate, la maggior parte delle quali sono personaggi influenti in campo
economico, politico e bancario. Sono loro che Borghezio definisce «i padroni
del mondo». Il padano, passaporto e tesserino parlamentare alla mano, ha
chiesto di assistere al summit.
L’hanno sbattuto fuori. Racconta: «Sono stato assistito dalla polizia elvetica
ma il trattamento subìto dalla sicurezza dell’incontro è stato brutale.
Chiedevo solo di assistere: il trattamento subìto mi conferma che questa è una
riunione molto importante chiamata a prendere decisioni rilevanti senza alcun
controllo popolare. È evidente che il Club di Bildelberg è una società segreta,
come pensano in tanti di cui meno si sa e meglio è».
Non è la prima volta che Borghezio, convinto indipendentista padano, viene
malmenato o finisce nei guai. Il 19 gennaio 2001 è stato aggredito da uno
sconosciuto su un tram in centro a Torino. La sera del 17 dicembre del 2005
rischia il linciaggio su un treno sulla tratta Torino-Milano: aveva partecipato
a una manifestazione contro la Tav, i no global che riempivano il convoglio
cercarono di buttarlo giù. L’11 settembre 2007, sesto anniversario dell’
attentato alle Torri Gemelle, è fermato dalla polizia prima di una
manifestazione contro l’islamizzazione dell’Europa a Bruxelles. Anche in questa
occasione, denuncia di essere stato malmenato prima del fermo.
Borghezio avrà i suoi modi ma almeno ha provato a far sapere al mondo della
riunione di questo potentissimo club che ogni anno si riunisce in Svizzera e
decide delle sorti delle economie mondiali con indicazioni che puntualmente
l'anno successivo vengono adottate da UE, G8, G20, FMI e compagnia bella
Da oltre 50 anni si riunisce questo club di banchieri e mai nessuno è ammesso
alle riunioni iper segrete.
Malmenato e messo in stato di fermo dalla polizia svizzera. È successo all’
europarlamentare della Lega Nord, Mario Borghezio, a St. Moritz. Voleva
partecipare «alla riunione annuale della misteriosa congrega mondialista del
“Bilderberg Club” nei saloni del Grand Hotel Kempinski» pur «non essendo
invitato». Alla vigilia non aveva fatto mistero del suo intento, immaginando di
non essere accolto con un tappeto rosso. Forse, però, non s’aspettava di essere
addirittura menato.
Lui, insieme al suo assistente al parlamento europeo: il neoconsigliere
comunale di Milano Max Bastoni. «La Polizia svizzera ci ha messi in stato di
fermo e ci sta portando in caserma» dichiarava ieri sera Borghezio. «Sanguino,
sporgerò una bella denuncia alle autorità svizzere». L’effervescente padano
voleva ficcare il naso a un incontro di circa 130 persone, rigorosamente
selezionate, la maggior parte delle quali sono personaggi influenti in campo
economico, politico e bancario. Sono loro che Borghezio definisce «i padroni
del mondo». Il padano, passaporto e tesserino parlamentare alla mano, ha
chiesto di assistere al summit.
L’hanno sbattuto fuori. Racconta: «Sono stato assistito dalla polizia elvetica
ma il trattamento subìto dalla sicurezza dell’incontro è stato brutale.
Chiedevo solo di assistere: il trattamento subìto mi conferma che questa è una
riunione molto importante chiamata a prendere decisioni rilevanti senza alcun
controllo popolare. È evidente che il Club di Bildelberg è una società segreta,
come pensano in tanti di cui meno si sa e meglio è».
Non è la prima volta che Borghezio, convinto indipendentista padano, viene
malmenato o finisce nei guai. Il 19 gennaio 2001 è stato aggredito da uno
sconosciuto su un tram in centro a Torino. La sera del 17 dicembre del 2005
rischia il linciaggio su un treno sulla tratta Torino-Milano: aveva partecipato
a una manifestazione contro la Tav, i no global che riempivano il convoglio
cercarono di buttarlo giù. L’11 settembre 2007, sesto anniversario dell’
attentato alle Torri Gemelle, è fermato dalla polizia prima di una
manifestazione contro l’islamizzazione dell’Europa a Bruxelles. Anche in questa
occasione, denuncia di essere stato malmenato prima del fermo.
Sulla situazione economica italiana. E non solo.
Dal sito Contro In Formazione:
Forza industriale nel mondo, Italia dal quinto al settimo posto
Per forza industriale «L’Italia è scalata dalla quinta alla settima posizione, superata da India e Corea del Sud, avendo perduto 1,1 punti di quota», rileva il Centro Studi di Confindustria. Che avverte: con una quota del 3,4% della produzione manifatturiera globale, l’Italia «è ora a solo due incollature sopra il Brasile, che viaggia ad una velocità molto più sostenuta».
Nella classifica la Cina, che «ha guadagnato 7,6 punti», con una quota del 21,7%, conquista la prima posizione (era seconda) scalzando gli Stati Uniti (15,6%). Con la crisi, «tre soli paesi avanzati sono riusciti a reggere allo scossone: Giappone, che ha conservato la terza posizione e ha addirittura migliorato la quota al 9,1%; Corea del Sud, che ha scavalcato l’Italia e si è portata al sesto posto ma con una quota calante dal 3,9% al 3,5%, e Australia, diciottesima, più tre scalini all’1%». «Solo il tempo – indicano gli economisti di Confindustria – ci dirà quali effetti avrà il terremoto di marzo 2011 sulle produzioni in Giappone. L’India ora incalza la Germania, forte di «una veloce espansione economica».
Confindustria evidenza anche le «rilevanti» perdite di quota di Stati Uniti (-2,6 punti), Francia (-0,9), Regno Unito (1,0), Spagna (-0,7), Canada (-0,5). Mentre «tiene l’Olanda (-0,1)». E «nel complesso l’Ue-15 scende dal 27,6% al 21,2% (-6,4 punti)».
Marcegaglia, a giorni incontro con i sindacati sulla rappresentanza. Sul caso Fiat «ragionamento in corso». E con la vittoria del sì sull’acqua il Paese tornerebbe indietro
«A giorni chiameremo i sindacati per discutere insieme una proposta sulla rappresentanza e l’esigibilità dei contratti». Lo ha detto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, interpellata a margine della presentazione del rapporto del Centro studi sull’industria.
Sull’ipotesi di un’uscita di Fiat da Confindustria, la presidente di Confindustria ha sottolineato che «non lo sappiamo: a noi non risulta che sia una questione di ore. Come sapete è in corso un ragionamento».
Marcegaglia, poi, ha riservato un commento anche alle imminenti consultazioni referendarie, dicendo che con una vittoria dei “sì” ai referendum sull’acqua «torneremmo indietro di 20 anni e ci sarebbe una minore possibilità di crescita per il Paese e di creazione di posti di lavoro». In ogni caso, «i referendum non devono essere politicizzati».
I ministeri al Nord non sono primari, lo è la riforma fiscale
Infne, il capitolo dei possibili trasferimenti di ministeri al Nord: «Non è questo il problema dell’Italia. Riforma fiscale, investimenti, infrastrutture e liberalizzazioni sono i temi veri, che possono essere il motore della crescita del Paese», ha detto la presidente degli industriali. Per quanto riguarda l’aspetto fiscale, in particolare, Marcegaglia ha ribadito le richieste di Confindustria al governo: «Chiediamo che ci sia una riforma fiscale a parità di pressione fiscale che abbassi le tasse su lavoratori e imprese perché sono coloro che tengono in piedi il Paese». La riforma va fatta «aumentando magari di qualche punto l’Iva, la tassazione sulle rendite finanziarie e facendo una lotta all’evasione. Ci sono elementi per abbassare le tasse».
Marcegaglia ha anche ricordato che la manovra sui conti pubblici è necessaria, ma non bisogna agire con tagli lineari: «Abbiamo sempre pensato – ha detto – che ridurre la spesa pubblica e avere i conti in ordine è fondamentale. Crediamo che fare la manovra sia necessario, ce lo chiede l’Europa e i mercati finanziari ma non possiamo farlo con i tagli lineari». Secondo il numero uno degli industriali occorre, piuttosto, «tagliare i costi della politica, ragionare sulla pubblica amministrazione e sui costi del Welfare».
Bisogna avere il coraggio di fare scelte anche impopolari
«I temi delle riforme e della crescita sono quelli su cui lavorare seriamente e bisogna avere il coraggio di fare scelte anche impopolari», ha aggiunto Emma Marcegaglia. Viale dell’Astronomia non cambia le stime sulla crescita: «Rimaniamo intorno alla stima dell’1%, che però è troppo bassa – ha ribadito Marcegaglia – . Dobbiamo crescere ai almeno ai livelli dell’Ue. I dati ci dicono che stiamo uscendo dalla crisi meno bene di altri paesi. A livello di produzione industriale siamo al -17% rispetto ai picchi del 2008 mentre la Germania è al -4%. Bisogna avere grande attenzione al sistema manifatturiero in Italia, il sistema industriale produce il 30% della ricchezza e dà occupazione al 30% circa dei lavoratori e fa il 78% delle esportazioni».
fonte www.ilsole24ore.com
Produzione quasi ferma sui livelli dell’estate 2010. Marcegaglia: fra qualche giorno incontreremo i sindacati
La fase di recupero dopo la crisi economica in Italia ha «frenato» dopo il primo semestre 2010. «La produzione industriale italiana è quasi ferma ai livelli dell’estate 2010», con un +0,1% di crescita media mensile da luglio 2010 a marzo 2011, «e dista dal massimo precrisi (-26,1%) ancora molto, -17,5%». Lo rileva il rapporto sugli scenari industriali del Centro Studi di Confindustria. «Il Paese – sottolineano gli esperti di Viale dell’Astronomia – rimane ad alta vocazione industriale ma spicca per la flessione dell’attività registrata nell’ultimo triennio (-17% cumulato), doppia o tripla di quelle delle maggiori concorrenti (peggio ha fatto solo la Spagna)». I nostri imprenditori «devono essere tre volte più bravi degli altri» per sopravvivere «in un contesto competitivo così carente», è il commento del direttore del centro studi, Luca Paolazzi.Forza industriale nel mondo, Italia dal quinto al settimo posto
Per forza industriale «L’Italia è scalata dalla quinta alla settima posizione, superata da India e Corea del Sud, avendo perduto 1,1 punti di quota», rileva il Centro Studi di Confindustria. Che avverte: con una quota del 3,4% della produzione manifatturiera globale, l’Italia «è ora a solo due incollature sopra il Brasile, che viaggia ad una velocità molto più sostenuta».
Nella classifica la Cina, che «ha guadagnato 7,6 punti», con una quota del 21,7%, conquista la prima posizione (era seconda) scalzando gli Stati Uniti (15,6%). Con la crisi, «tre soli paesi avanzati sono riusciti a reggere allo scossone: Giappone, che ha conservato la terza posizione e ha addirittura migliorato la quota al 9,1%; Corea del Sud, che ha scavalcato l’Italia e si è portata al sesto posto ma con una quota calante dal 3,9% al 3,5%, e Australia, diciottesima, più tre scalini all’1%». «Solo il tempo – indicano gli economisti di Confindustria – ci dirà quali effetti avrà il terremoto di marzo 2011 sulle produzioni in Giappone. L’India ora incalza la Germania, forte di «una veloce espansione economica».
Confindustria evidenza anche le «rilevanti» perdite di quota di Stati Uniti (-2,6 punti), Francia (-0,9), Regno Unito (1,0), Spagna (-0,7), Canada (-0,5). Mentre «tiene l’Olanda (-0,1)». E «nel complesso l’Ue-15 scende dal 27,6% al 21,2% (-6,4 punti)».
Marcegaglia, a giorni incontro con i sindacati sulla rappresentanza. Sul caso Fiat «ragionamento in corso». E con la vittoria del sì sull’acqua il Paese tornerebbe indietro
«A giorni chiameremo i sindacati per discutere insieme una proposta sulla rappresentanza e l’esigibilità dei contratti». Lo ha detto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, interpellata a margine della presentazione del rapporto del Centro studi sull’industria.
Sull’ipotesi di un’uscita di Fiat da Confindustria, la presidente di Confindustria ha sottolineato che «non lo sappiamo: a noi non risulta che sia una questione di ore. Come sapete è in corso un ragionamento».
Marcegaglia, poi, ha riservato un commento anche alle imminenti consultazioni referendarie, dicendo che con una vittoria dei “sì” ai referendum sull’acqua «torneremmo indietro di 20 anni e ci sarebbe una minore possibilità di crescita per il Paese e di creazione di posti di lavoro». In ogni caso, «i referendum non devono essere politicizzati».
I ministeri al Nord non sono primari, lo è la riforma fiscale
Infne, il capitolo dei possibili trasferimenti di ministeri al Nord: «Non è questo il problema dell’Italia. Riforma fiscale, investimenti, infrastrutture e liberalizzazioni sono i temi veri, che possono essere il motore della crescita del Paese», ha detto la presidente degli industriali. Per quanto riguarda l’aspetto fiscale, in particolare, Marcegaglia ha ribadito le richieste di Confindustria al governo: «Chiediamo che ci sia una riforma fiscale a parità di pressione fiscale che abbassi le tasse su lavoratori e imprese perché sono coloro che tengono in piedi il Paese». La riforma va fatta «aumentando magari di qualche punto l’Iva, la tassazione sulle rendite finanziarie e facendo una lotta all’evasione. Ci sono elementi per abbassare le tasse».
Marcegaglia ha anche ricordato che la manovra sui conti pubblici è necessaria, ma non bisogna agire con tagli lineari: «Abbiamo sempre pensato – ha detto – che ridurre la spesa pubblica e avere i conti in ordine è fondamentale. Crediamo che fare la manovra sia necessario, ce lo chiede l’Europa e i mercati finanziari ma non possiamo farlo con i tagli lineari». Secondo il numero uno degli industriali occorre, piuttosto, «tagliare i costi della politica, ragionare sulla pubblica amministrazione e sui costi del Welfare».
Bisogna avere il coraggio di fare scelte anche impopolari
«I temi delle riforme e della crescita sono quelli su cui lavorare seriamente e bisogna avere il coraggio di fare scelte anche impopolari», ha aggiunto Emma Marcegaglia. Viale dell’Astronomia non cambia le stime sulla crescita: «Rimaniamo intorno alla stima dell’1%, che però è troppo bassa – ha ribadito Marcegaglia – . Dobbiamo crescere ai almeno ai livelli dell’Ue. I dati ci dicono che stiamo uscendo dalla crisi meno bene di altri paesi. A livello di produzione industriale siamo al -17% rispetto ai picchi del 2008 mentre la Germania è al -4%. Bisogna avere grande attenzione al sistema manifatturiero in Italia, il sistema industriale produce il 30% della ricchezza e dà occupazione al 30% circa dei lavoratori e fa il 78% delle esportazioni».
fonte www.ilsole24ore.com
Approfondiamo ulteriormente una tematica che su Contro In Formazione abbiamo trattato in molti modi: le diverse sfaccettature che la crisi dell’Occidente ha riversato e sta riversando sull’Italia.
L’Italia è la nazione europea che potrebbe (il condizionale è d’obbligo) avere un modello di sviluppo estremamente diversificato, oltre che ben ancorato in un ambito esclusivamente continentale e mediterraneo, ma che proprio in ragione dei dogmi del neo/liberismo globalizzato vede tali potenzialità frustrate da una competizione impari, e da un mercato che già ha deciso quanto debba (poco) pesare la nostra nazione nel futuro prossimo.
Ci fanno ridere i Draghi e le Marcegaglia che lanciano alti richiami sulle prospettive che l’Italia potrebbe avere (altro condizionale d’obbligo) in ambito planetario, se solo aumentasse in produttività e competitività similari a modelli asiatici.
Certi “signori”, e “signore”, di malaffare dovrebbero spiegare dai loro pulpiti dove fossero, quando gran parte dei distretti manifatturieri erano ridimensionati in ragione di logiche delocalizzatorie. Oppure dov’erano quando si distruggeva il ruolo del nostro mercato interno abbandonandolo a semplice territorio di caccia per merci estere con prezzi competitivi, prodotte con manovalanza/schiava.
L’Italia affonda con il resto d’Europa, con l’Occidente in generale, e ritenere che altre nazioni del Vecchio Continente siano in salute, solo per qualche punticino in più di Pil, rappresenta la foglia di fico che giustifica un voler scaricare il barile della disfatta SOLO ED ESCLUSIVAMENTE su di una classe politica senza spina dorsale, incapace e superflua quando fa comodo, da lusingare e foraggiare quando le tavole della legge del mercato devono essere applicate con il piglio di un principio di fede religiosa; vedi lo smantellamento delle tutele contrattuali e la precarizzazione dei posti di lavoro.
Noi riteniamo che non sia solo la classe politica attuale, o il sistema di welfare, ad essere una palla al piede della nostra nazione, ma sopratutto una visione del mondo non in linea con le reali necessità della comunità italiana, e dell’Europa tutta.
Noi siamo e saremo SEMPRE contro il mercato, e non solamente in modo teorico o retorico, ma contenutistico e sostanziale.
L’economia deve esser per noi mezzo e non fine, dunque costretta in ambiti che non ledano la centralità degli interessi nazionali, della priorità che spetta alla comunità nazionale nel suo complesso e nelle sue articolazioni.
Vogliamo un passo in dietro dell’economia in favore di valori e principi ben più importanti, capaci d’incidere positivamente sugli italiani e sul loro destino.
E se questo vuol dire uscire da logiche molto, troppo, alla moda sarà tanto meglio.
Noi non guardiamo alle trimestrali di bilancio, o a scadenze elettorali, noi preferiamo costruire per i secoli a venire, che certo non saranno come certa gentaglia ci prospetta dai suoi pulpiti e dalle sue posizioni di privilegio.
Gabriele Gruppo
lunedì 6 giugno 2011
Incredibile interrogazione parlamentare di Antonio Di Pietro!!
Dall'agenzia di informazione Abruzzopress:
Proprietà della Moneta e Signoraggio in una interrogazione parlamentare di Antonio Di Pietro
Proprietà della Moneta e Signoraggio in una interrogazione parlamentare di Antonio Di Pietro
Con immenso piacere apprendiamo la notizia della interrogazione parlamentare di Antonio Di Pietro, presentata lunedì 30 maggio 2011, nella quale, «premesso che: l’emissione della moneta è obbligatoriamente collegata alla generazione del signoraggio che è rappresentato dal guadagno e dal potere in mano al soggetto predisposto alla creazione della moneta. Il signoraggio, dunque, è l’insieme dei redditi derivanti dall’emissione di moneta.» chiede «se alla luce di quanto descritto in premessa il Governo non intenda intervenire, anche nelle competenti sedi europee, per verificare la compatibilità delle teorie elaborate dal procuratore generale della Repubblica Bruno Tarquini e dal professor Giacinto Auriti con i Trattati dell'U.E. e il principio costituzionale delal sovranità monetaria.
Il signoraggio bancario, che il nostro professor Giacinto Auriti ha, fin dai primi anni 70, continuamente combattuto e osteggiato con numerose iniziative giudiziarie, è definitivamente entrato nel mondo politico.
Il signoraggio bancario, che il nostro professor Giacinto Auriti ha, fin dai primi anni 70, continuamente combattuto e osteggiato con numerose iniziative giudiziarie, è definitivamente entrato nel mondo politico.
Di seguIto il testo integrale della interrogazione.
ANTONIO DI PIETRO.
– Al Ministro dell’economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
l’emissione della moneta è obbligatoriamente collegata alla generazione del signoraggio che è rappresentato dal guadagno e dal potere in mano al soggetto predisposto alla creazione della moneta. Il signoraggio, dunque, è l’insieme dei redditi derivanti dall’emissione di moneta. Il premio Nobel Paul R. Krugman, nel testo di economia internazionale scritto con Maurice Obstfeld, lo definisce come il flusso di «risorse reali che un governo guadagna quando stampa moneta che spende in beni e servizi»;
storicamente, il signoraggio era il termine col quale si indicava il compenso richiesto dagli antichi sovrani per garantire, attraverso la propria effigie impressa sulla moneta, la purezza e il peso dell’oro e dell’argento;
oggi, invece, alcuni studiosi di economia imputano al moderno signoraggio una
dimensione che va ben al di là di una semplice tassa, in quanto il reddito monetario di una banca di emissione è dato solo apparentemente dalla differenza tra la somma degli interessi percepiti sulla cartamoneta emessa e prestata allo Stato e alle banche minori e il costo infinitesimale di carta, inchiostro e stampa sostenuto per produrre denaro. Apparentemente, in quanto, de facto, il signoraggio moderno è eclissato nella contabilità dall’azione di dubbia legittimità della banca emittente che pone al passivo il valore nominale della banconota. In buona sostanza, la banca dichiara di sostenere per la produzione della carta moneta un costo pari al suo valore facciale (euro 100 per una banconota del taglio di 100 euro);
le Banche centrali sono le istituzioni che raccolgono sia la ricchezza, sia il profitto da
signoraggio che dovrebbero essere trasferiti, una volta coperti i costi di coniatura, alla
collettività rappresentata nello Stato;
tale signoraggio è il cosiddetto signoraggio primario poiché deriva dall’abilità che possiede la Banca centrale di emettere moneta stampandola e immettendola nel mercato. Si tratta del signoraggio che sta a monte di tutto il sistema monetario, poiché si colloca nel momento di emissione della moneta;
questo processo non è però l’unico che permette l’aumento della massa monetaria in
circolazione nel circuito economico. Esiste, infatti, un secondo meccanismo
il signoraggio secondario è il guadagno che le banche commerciali ricavano dal loro
potere di aumentare l’offerta di moneta estendendo i loro prestiti sui quali ricevono interessi e, negli ultimi decenni, con l’introduzione di nuovi strumenti finanziari quali, ad esempio i derivati;
con riferimento al sistema monetario attuale, da anni si discute sia in ambito accademico sia in ambito sociale sulle incongruenze relative alla proprietà del valore della moneta al momento della sua emissione: un valore che, in buona sostanza, non verrebbe riconosciuto in capo al suo creatore, ovvero la collettività, il popolo, ma che piuttosto le verrebbe sottratto;
principio fermo di ogni democrazia è che la «sovranità» appartiene al popolo e la nostra
Carta costituzionale sancisce chiaramente questo principio all’articolo 1;
ne consegue che derivazione diretta di tale sovranità è anche la sovranità monetaria, che determina il potere di chi detiene il controllo della moneta e del credito;
essendo il popolo a produrre, consumare e lavorare, la moneta, sin dal momento in cui
viene emessa da una qualsiasi Banca centrale dovrebbe, in linea di principio, come
affermato da molti studiosi, diventare proprietà di tutti i cittadini che costituiscono lo Stato, il quale però non detiene il potere di emettere moneta;
la distorsione alla base della sovranità monetaria è stata oggetto di uno studio da parte del procuratore generale della Repubblica Bruno Tarquini che sul punto ha scritto il libro "La banca, la moneta e l’usura", edizione Controcorrente, Napoli, 2001. Secondo il procuratore generale Bruno Tarquini, lo Stato avrebbe avuto i mezzi tecnici per esercitare in concreto il potere di emettere moneta e per riappropriarsi di quella sovranità monetaria che avrebbe permesso di svolgere una politica socio-economica non limitata da influenze esterne, ma soprattutto liberandosi di ogni indebitamento;
anche il professor Giacinto Auriti, docente fondatore della facoltà di giurisprudenza di Teramo, ha compiuto numerosi studi sulla sovranità monetaria e sul fenomeno del signoraggio;
in particolare, il professor Giacinto Auriti ha sostenuto che l’emissione di moneta senza
riserve e titoli di Stato a garanzia per la realizzazione di opere pubbliche non creerebbe
inflazione in quanto corrisposto da un eguale aumento della ricchezza reale, e che le Banche centrali ricaverebbero profitti indebiti dal signoraggio sulla cartamoneta, dando origine in tal modo al debito pubblico;
altra denuncia compiuta dal professor Giacinto Auriti è quella relativa alla totale assenza al livello giuridico di una norma che stabilisca in maniera univoca di chi sia la proprietà dell’euro all’atto della sua emissione. Per tali ragioni, ad avviso del professor Auriti, risulterebbe impossibile individuare chi sia creditore e chi debitore nella fase della circolazione della moneta e i popoli europei non sapranno mai se siano «creditori» (in quanto proprietari) o «debitori» (in quanto non proprietari) per un valore pari a tutto l’euro che viene messo in circolazione -:
se alla luce di quanto descritto in premessa il Governo non intenda intervenire, anche nelle competenti sedi europee, per verificare la compatibilità delle teorie elaborate dal procuratore generale della Repubblica Bruno Tarquini e dal professor Giacinto Auriti con i Trattati dell’Unione europea e il principio costituzionale della sovranità monetaria, anche al fine di chiarire di chi sia la proprietà dell’euro al momento della sua emissione, quale sia la natura giuridica della moneta emessa dalle banche commerciali e, infine, quale sia la reale efficacia degli strumenti di controllo a disposizione della Banca centrale sulla massa monetaria messa in circolazione dalle banche commerciali. (4-12113)
Antonio Di Pietro saprà veramente quel che sta dicendo?
Saprà che non è il primo ad affrontare questi temi? Saprà che ha avuto illustri predecessori... che uno è finito appeso per i piedi, un altro in un bunker a Berlino... un altro ancora si è fermato a Dallas, ed era il 22 novembre del '63, ed un quarto, che si chiamava Abraham Lincoln, ci raccontano che fu assassinato da un razzista sudista... Sì, un razzista sudista. Certo. Buonanotte.
Tranquilli, nessuno torcerà un capello al nostro simpatico Tonino. Semplicemente, la sua interrogazione rimarrà priva del benchè minimo riscontro, e tutto proseguirà come prima.
Però: quando il primo studio di Storia Monetaria dell'Umanità?
Però: quando il primo studio di Storia Monetaria dell'Umanità?
E Tettamanzi benedice il compagno Pisapia.
E' probabile che questo articolo di Mario Giordano sia un po' "estravagante" rispetto alla linea politica ed editoriale del blog. Pazienza: è simpatico e dice la verità, e quindi lo posto.
Mi permetto solo una fortissima riserva sulla possibilità che avvenga ciò che è auspicato nell'ultima frase...
L’arcivescovo di Milano getta la maschera e si lancia in un comizio davanti a 50mila ragazzini cresimandi. La festa per il sindaco pro unioni gay? "Una primavera, è solo l’inizio"
In principio c’era Pisapia. Il verbo (rifondarolo) s’è fatto sindaco, gloria a Giuliano nell’alto di Milano e pace in terra agli uomini di buona volontà, soprattutto se votano Pd. La messa è finita, andate e predicate il vangelo della sinistra chic. Il cardinal Tettamanzi, ormai, fa le prediche così: sulle spalle il rosso cardinalizio, nel cuore il rosso politico. Più che parlare ai fedeli, sembra che parli all’Infedele. Manca solo Gad Lerner a reggergli il microfono.
Che l’arcivescovo ambrosiano avesse una certa propensione a divagare rispetto al suo principale, del resto, lo si era già capito due anni fa, quando scrisse una lettera ai bambini di Milano, spiegando loro i veri valori del Natale: bisogna riciclare gli oggetti, e comunque anziché buttarli è meglio ripararli. Disse proprio così. Il Salvatore? L’Agnello di Dio? Il figlio dell’Onnipotente che si fa uomo? L’inizio della Nuova Alleanza? Il mistero assoluto che ha sconvolto l’umanità? Macché: il Natale si riduceva, in quella lettera, a una questione da opuscolo Amsa, manuale d’istruzione per la raccolta differenziata. E d’altra parte Tettamanzi a volte è apparso più preoccupato della diffusione della fede musulmana che di quella cristiana: una moschea in ogni quartiere, ha detto, manco fosse l’arcimuezzin. Per fortuna il suo tempo sta per scadere, altrimenti che cosa avrebbe proposto? Un minareto al posto della Madonnina? La lettura del Corano al posto dei salmi responsoriali? La Mecca fra le mete dell’Opera diocesana pellegrinaggi?
Così succede quando si viene folgorati sulla via del politicamente corretto. E quando si sceglie come propria guida spirituale, non sant’Ambrogio o san Carlo, ma sant’Eugenio Scalfari: più che di seguire le indicazioni della Chiesa, si è attenti a seguire quelle di Repubblica. Risultato? Alla fine è inevitabile gettare la maschera, come ha fatto Tettamanzi l’altro giorno a San Siro, davanti a 50mila cresimandi. «La festa di Pisapia è l’inizio», ha detto, esaltando l’elezione del candidato di centrosinistra come una «primavera». Mancava solo l’immersione nel fonte battesimale della fascia tricolore e poi l’eresia sarebbe stata completa: «Io ti battezzo sindaco, nel nome del padre, del figlio e dell’antiberlusconismo». Amen. Andate e predicate il vangelo e i matrimoni gay.
La posizione della Curia ambrosiana, d’altra parte, era apparsa chiara già durante la campagna elettorale. Interventi di vicari episcopali, messaggi nemmeno troppo velati e la discesa in campo degli uomini di punta della diocesi, che facevano girare documenti di pieno sostegno al candidato rifondarolo: con il suo discorso ai cresimandi, il cardinale non ha fatto altro che esplicitare la scelta, anche se è difficile capire come mai tanto fervore di un uomo della Chiesa per un politico che sostiene le coppie di fatto, le unioni omosessuali, l’eutanasia e tutto ciò che è contrario ai valori cristiani. La Moratti, per dire, con tutti i suoi difetti, finanziava abbondantemente i centri aiuto alla vita per limitare il più possibile il ricorso agli aborti. Pisapia, benedetto da Tettamanzi, farà lo stesso?
Nel frattempo, i cattolici si possono consolare con una bella conquista: la stagione dei laici scandalizzati per «l’ingerenza della Chiesa nella politica», è finita in un batter d’occhio. Ci avete fatto caso? È bastato che l’ingerenza fosse a favore della sinistra, e zac, come d’incanto, ha smesso di essere un problema.
Nel frattempo, i cattolici si possono consolare con una bella conquista: la stagione dei laici scandalizzati per «l’ingerenza della Chiesa nella politica», è finita in un batter d’occhio. Ci avete fatto caso? È bastato che l’ingerenza fosse a favore della sinistra, e zac, come d’incanto, ha smesso di essere un problema.
Nemmeno una voce s’è levata per protestare. Nemmeno un lamento ha scosso il fronte degli anticlericali. Eppure, ricordate?, abbiamo passato intere giornate a leggere i giornaloni alfieri del laicismo che spezzavano le reni al Vaticano, colpevole soltanto di ribadire il no alle nozze gay o alla fecondazione eterologa o all’eutanasia. «Come si permette il Papa di intromettersi nella vita del nostro Paese?». «Come si permette la Santa Sede di interferire con le istituzioni democratiche?». Proprio così: la semplice enunciazione dei valori cristiani veniva considerata una specie di attacco alla laicità dello Stato. Si alzavano le barricate. Ora invece c’è un arcivescovo che entra direttamente nel gioco politico, schierandosi entusiasticamente, e di barricate non se ne vedono. Anzi. La laicità dello Stato resta saldissima. È la credibilità di certi soloni, al massimo, che vacilla.
Comunque, ora che Tettamanzi ha rotto gli indugi, siamo pronti alle prossime mosse. Se la festa in piazza Duomo, è solo l’inizio, che farà adesso il cardinale? Una lettera pastorale «L’amore di Pisapia è in mezzo a noi»? La celebrazione della Pasqua di resurrezione della sinistra? L’istituzione dei paramenti arancioni per celebrare la fine della Quaresima e del relativo digiuno di voti? L’unica speranza è che arrivi presto il successore. Si dice che la nomina potrebbe essere fatta alla fine del mese, al massimo all’inizio di luglio. E si dice anche che il successore di Tettamanzi potrebbe essere l’attuale patriarca di Venezia, Angelo Scola. E chissà se allora, nelle chiese di Milano, dopo la stagione dell’ecologia, di Maometto e di Pisapia, si potrà tornare a predicare qualcosa d’altro. Gesù Cristo, per esempio.
sabato 4 giugno 2011
Gianfry e i sepolcri imbiancati.
Fini: le istituzioni si impegnino contro antisemitismo e islamofobia, due facce della stessa medaglia
Le istituzioni devono «moltiplicare gli sforzi per la salvaguardia decisa e incisiva della comunità nazionale da ogni pulsione razzista, integralista e xenofoba». Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel suo intervento alla Sala del Mappamondo all'incontro su «Antisemitismo e islamofobia» per la presentazione della ricerca condotta dal comitato «Passatopresente».
Secondo il presidente della Camera, antisemitismo e islamofobia sono due facce della stessa medaglia: «I due pregiudizi - spiega - tendono a sovrapporsi tra loro, come dimostrano le risultanze delle interviste sul campione di indagine analizzato dai ricercatori. Oltre il sessanta per cento di chi è dichiaratamente antisemita è anche antislamico». Per la terza carica dello stato «è quindi necessaria un'attenzione più vigile e partecipe da parte di chi ha la responsabilità di orientare sia l'opinione pubblica sia il consenso dei cittadini». E dunque «mai come oggi è necessario realizzare un progetto di società aperta, libera e inclusiva, restituendo la speranza in un futuro di diritti e di opotunità ai settori sociali più inclini alla sfiducia e al pessimismo. E questo obiettivo - sottolinea Fini - può essere raggiunto anche e soprattutto attraverso un incisivo e convinto piano di reali riforme economiche».
«Il mio auspicio - ha proseguito Fini - è che la vita pubblica italiana torni ad essere caratterizzata da un alto senso di responsabilità politico e morale per la salvaguardia dei valori che sono fondamento della convivenza civile e democratica. Occorre il rilancio di un grande progetto educativo che sappia contrastare i pregiudizi razziali e religiosi, rinvigorendo la coesione sociale e realizzando una società più libera e plurale».
Secondo il presidente della Camera, antisemitismo e islamofobia sono due facce della stessa medaglia: «I due pregiudizi - spiega - tendono a sovrapporsi tra loro, come dimostrano le risultanze delle interviste sul campione di indagine analizzato dai ricercatori. Oltre il sessanta per cento di chi è dichiaratamente antisemita è anche antislamico». Per la terza carica dello stato «è quindi necessaria un'attenzione più vigile e partecipe da parte di chi ha la responsabilità di orientare sia l'opinione pubblica sia il consenso dei cittadini». E dunque «mai come oggi è necessario realizzare un progetto di società aperta, libera e inclusiva, restituendo la speranza in un futuro di diritti e di opotunità ai settori sociali più inclini alla sfiducia e al pessimismo. E questo obiettivo - sottolinea Fini - può essere raggiunto anche e soprattutto attraverso un incisivo e convinto piano di reali riforme economiche».
«Il mio auspicio - ha proseguito Fini - è che la vita pubblica italiana torni ad essere caratterizzata da un alto senso di responsabilità politico e morale per la salvaguardia dei valori che sono fondamento della convivenza civile e democratica. Occorre il rilancio di un grande progetto educativo che sappia contrastare i pregiudizi razziali e religiosi, rinvigorendo la coesione sociale e realizzando una società più libera e plurale».
Senza parole.
mercoledì 1 giugno 2011
Traditi e indignati.
Dal sito di informazione UnoNotizie.it:
INDIGNATI, DOPO LA SPAGNA ANCHE IN ITALIA.
Roma, il vento dell'indignazione e della democrazia soffia anche in Italia.
Roma - Domenica 29 maggio in Piazza San Giovanni oltre 400 persone, tra giovani, studenti, precari e meno giovani, hanno dato vita ad un'assemblea pubblica per parlare di democrazia reale e partecipazione. La protesta degli indignati, nata in Spagna ed ora diffusa in molti paesi d'Europa, ha preso piede anche in Italia. Roma, Bologna, Firenze, Pisa, Catanzaro, Palermo e altre città d'Italia si stanno organizzando.
Democrazia Reale Ora, lo slogan sotto cui tutti questi gruppisi riconoscono, nasce sulla scia dell'esperienza spagnola, con la quale condividono la modalità di partecipazione: assenza di bandiere, rifiuto della violenza, decisioni prese sulla base del voto di piazza. Banditi inoltre la violenza e l'uso di alcol e droga.
Democrazia Reale Ora si propone di dar vita ad un ampio movimento che possa veicolare proposte concrete ed inerenti la specifica situazione italiana, nate dall'organizzazione e dalla partecipazione della gente comune. Proposte volte al cambiamento di questo sistema sociale, politico ed economico disumanizzante, non democratico e violento.
L'organizzazione di Democrazia reale oraè assolutamente assembleare e democratica, tutte le proposte vengono sottoposte alla piazza e votate, chiunque ha diritto di prendere parola.
L'assemblea tenutasi nel pomeriggio di domenica, ha rappresentato il primo passo verso la costruzione di un'assemblea permanente, che divisa in gruppi di lavoro e commissioni, lavorerà su proposte concrete.
Parole d'ordine: confronto, partecipazione, lucidità e non violenza.
La proposta di costruire commissioni volte ad approfondire tematiche importanti e delicate, come il precariato, il diritto alla casa, la mancanza di una reale rappresentanza politica e di una vera democrazia partecipata, è stata subito accolta, tanto che già da ieri alcune commissioni hanno cominciato a lavorare.
Gli indignati si danno appuntamento ogni giorno alle ore 19.00 a Piazza San Giovanni nello spazio adiacente la statua di San Francesco. Sempre nella stessa piazza è in programma una tre giorni di mobilitazione, assemblee, studio e approfondimento, i giorni 3, 4 e 5 giugno dalle ore 17.00.
Aggiornamenti e notizie sul blog ufficiale del gruppo romano di Democrazia Reale Roma:
http://italianrevolution-roma.blogspot.com/.
INDIGNATI, DOPO LA SPAGNA ANCHE IN ITALIA.
Roma, il vento dell'indignazione e della democrazia soffia anche in Italia.
Roma - Domenica 29 maggio in Piazza San Giovanni oltre 400 persone, tra giovani, studenti, precari e meno giovani, hanno dato vita ad un'assemblea pubblica per parlare di democrazia reale e partecipazione. La protesta degli indignati, nata in Spagna ed ora diffusa in molti paesi d'Europa, ha preso piede anche in Italia. Roma, Bologna, Firenze, Pisa, Catanzaro, Palermo e altre città d'Italia si stanno organizzando.
Democrazia Reale Ora, lo slogan sotto cui tutti questi gruppisi riconoscono, nasce sulla scia dell'esperienza spagnola, con la quale condividono la modalità di partecipazione: assenza di bandiere, rifiuto della violenza, decisioni prese sulla base del voto di piazza. Banditi inoltre la violenza e l'uso di alcol e droga.
Democrazia Reale Ora si propone di dar vita ad un ampio movimento che possa veicolare proposte concrete ed inerenti la specifica situazione italiana, nate dall'organizzazione e dalla partecipazione della gente comune. Proposte volte al cambiamento di questo sistema sociale, politico ed economico disumanizzante, non democratico e violento.
L'organizzazione di Democrazia reale oraè assolutamente assembleare e democratica, tutte le proposte vengono sottoposte alla piazza e votate, chiunque ha diritto di prendere parola.
L'assemblea tenutasi nel pomeriggio di domenica, ha rappresentato il primo passo verso la costruzione di un'assemblea permanente, che divisa in gruppi di lavoro e commissioni, lavorerà su proposte concrete.
Parole d'ordine: confronto, partecipazione, lucidità e non violenza.
La proposta di costruire commissioni volte ad approfondire tematiche importanti e delicate, come il precariato, il diritto alla casa, la mancanza di una reale rappresentanza politica e di una vera democrazia partecipata, è stata subito accolta, tanto che già da ieri alcune commissioni hanno cominciato a lavorare.
Gli indignati si danno appuntamento ogni giorno alle ore 19.00 a Piazza San Giovanni nello spazio adiacente la statua di San Francesco. Sempre nella stessa piazza è in programma una tre giorni di mobilitazione, assemblee, studio e approfondimento, i giorni 3, 4 e 5 giugno dalle ore 17.00.
Aggiornamenti e notizie sul blog ufficiale del gruppo romano di Democrazia Reale Roma:
http://italianrevolution-roma.blogspot.com/.
Sul movimento degli "indignati" (che, come riferisce l'articolo, è in fase di organizzazione anche in Italia) si sta scrivendo molto. Si leggono ormai numerose analisi, e tutte sono accomunate dal giudizio secondo cui questo fenomeno sarebbe ancora "indecifrabile".
Non sono d'accordo.
Al contrario, il movimento degli indignati è assolutamente trasparente nelle sue cause e nelle sue battaglie. Sono cittadini TRADITI dalla istituzioni, da TUTTE le istituzioni, che aprono gli occhi e capiscono di vivere in un mondo che non conserva ormai più nulla degli antichi valori di libertà e di tutela dei diritti. Sono cittadini che hanno capito sulla loro pelle che cosa sono l'U.E., la BCE, il FMI. Sono cittadini che hanno capito quale ruolo gioca oggi il sistema bancario e chi sono i servi sciocchi delle banche, quegli stessi servi sciocchi che, dalle colonne dei maggiori giornali, tentano di diffamare gli indignati definendolo bamboccioni nostalgici e, ancor oggi, difendendo le criminali politiche economiche e di bilancio che vengono imposte agli Stati.
E' difficile dire quale futuro può avere un movimento come quello descritto nell'articolo. Probabilmente nessun futuro, probabilmente sarà fagocitato da qualche mestierante populista. Ma non importa. E', comunque, importante che sempre più persone aprano gli occhi e capiscano.
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