martedì 30 ottobre 2012

Eutanasia americana.

Riprendiamo la pubblicazione di notiziole di cronaca. Ovviamente, ciascuno giudichi da sè.
Da affaritaliani.libero.it:

Tragedia negli Stati Uniti. Un ragazzo di 16 anni minacciava di suicidarsi, quando è stato ucciso da un cecchino della polizia, intervenuta su chiamata della madre. Andrew Messina, residente a Cherokee County, in Georgia (Stati Uniti), era in crisi per aver preso un brutto voto a scuola. Tornato a casa, si era barricato nella sua cameretta e minacciava di spararsi con la pistola del padre.
La madre non sapeva come fermarlo e così ha pensato di chiedere aiuto agli agenti di polizia. Quando il ragazzo ha visto arrivare un furgone pieno di swat e un cecchino, la situazione è precipitata. Preso dal panico e dallo spavento, Andrew ha rotto il vetro della finestra, forse per fuggire. E' stato proprio in quel momento che un proiettile, sparato dal fucile di precisone di un poliziotto, lo ha raggiunto senza lasciargli scampo.
Sotto choc i suoi genitori, che hanno annunciato di voler avviare una pratica legale nei confronti della polizia della Georgia, anche se Jason Yarbrough, l'uomo che ha premuto l grilletto, non verrà perseguito penalmente. Sul web sono in molti a chiedere giustizia, come il gruppo Facebook "Justice for Andrew Messina". E intanto è polemica negli Stati Uniti per l'ennesimo caso di eccesso di reazione da parte della polizia.
Due i precedenti recenti. Il primo luglio 6 agenti della polizia di Saginaw in Michigan hanno crivellato con 46 colpi esplosi in rapida successione, Milton Hall, 49 anni, afroamericano con problemi di ritardo mentale. L'uomo, che in un video diffuso dalla Cnn, apparentemente brandiva un coltello, era in totale stato confusionale.
L'11 agosto, invece, la polizia di New York ha ucciso nelle vicinanze di Times Square un uomo di 51 anni, Darius H. Kennedy, sempre un nero, armato di un coltello e sotto l'effetto di droghe. Due agenti gli hanno scaricato contro 12 colpi dopo averlo inseguito nelle strade adiacenti la celebre piazza senza riuscire a disarmarlo.
 

sabato 27 ottobre 2012

Il Presidente della Repubblica Ceca accusa l'UE.

Importante articolo apparso sul quotidiano Rinascita del 16 ottobre:
Vaclav Klaus: i politici italiani? Coltivano una mentalità distruttiva. 
Non siamo certo soltanto noi, o il popolo dei blog confinato in internet, tutti sotto censura per non disturbare il manovratore, a dichiarare nefasta la mostruosa eurocrazia che priva di sovranità le nostre nazioni.
Václav Klaus, presidente della Repubblica Ceca, una settimana fa, sul Sunday Telegraph, ha accusato infatti i i politici “con due facce”, compresi i suoi stessi quadri di partito, di aver aperto le porte ad un superstato Ue cedendo democrazia e sovranità nazionale.
“Dobbiamo pensare a come ripristinare la nostra indipendenza e la nostra sovranità. Questo è impossibile all’interno di una federazione” così come progettata da Germania, Francia, Italia e altri ottopaesi europei che a inizio ottobre hanno chiesto di mettere fine ai veti delle nazioni in materia di politica di difesa e sollecitato la creazione di un supergoverno europeo.
In particolare Václav Klaus si è detto veramente sconcertato dalla sua recente visita di Stato in Italia, dove ha incontrato quella che lui chiama la “mentalità distruttiva” dei politici italiani che stanno usando la crisi della zona euro per rinunciare alla democrazia e per eludere la responsabilità di gestire il loro paese.
“E’ stato davvero molto deprimente per me il modo in cui molti leader politici italiani hanno espresso il parere che è necessario spostare le competenze dall’Italia a Bruxelles per un solo motivo: accettano passivamente di non essere in grado di prendere decisioni razionali da soli”, ha detto. “Adesso possono trovare la scusa o l’alibi che ‘siamo costretti a farlo’. Non l’ho mai sentito dire prima così esplicitamente o direttamente”. “E’ una fuga dalla credibilità e dalla responsabilità. Hanno ceduto il ruolo e l’importanza della democrazia. Questa è la conseguenza finale e davvero tragica.”
Nel suo libro, Europa: la frantumazione delle illusioni, edito in questi giorni anche in lingua inglese, il presidente ceco ipotizza che l’Ue si sia involuta nella forma attuale perché i leader politici hanno trovato conveniente allontanarsi dai loro Stati nazione, dove gli elettori erano in grado di influenzarli e controllarli.
“Le elites politiche hanno sempre saputo che lo spostamento del processo decisionale dal livello nazionale a quello sovranazionale indebolisce i meccanismi democratici tradizionali (inseparabili dall’esistenza dello Stato-nazione), e questo aumenta il loro potere in modo radicale. Questo è il motivo per cui volevano questo cambiamento così fortemente in passato, ed è per questo che lo vogliono oggi”, scrive.
“Gli autori del concetto di integrazione europea hanno mandato in corto circuito la mente delle persone, creando un collegamento tra il nazionalismo di Hitler e lo Stato nazionale tradizionale, mettendo in discussione l’esistenza degli stati nazionali, in generale. Tra i molti errori fatali e le menzogne che hanno sempre sostenuto l’evoluzione dell’Unione europea, questo è uno dei peggiori.”
Un J’accuse non certo “politicamente corretto” per il presidente di uno Stato membro dell’Unione europea...

domenica 21 ottobre 2012

Strage di Gorla.

Per una di quelle casualità che a volte fanno pensare, la notizia del tentativo di introdurre in Italia il reato di revisionismo storico (v. post precedente) giunge proprio in occasione dell'anniversario della strage di Gorla.
Carl Jung spiegava queste combinazioni con il termine "sincronicità", che potremmo definire come "coincidenze significative".
Poichè è doveroso ricordare i bambini di Gorla, invito tutti ad andare a visitare il sito www.piccolimartiri.it.  

Reato di revisionismo storico? Forse ci siamo...

Segnalo che è in atto l'ennesimo tentativo (questa volta, pare, ben avviato...) di introdurre nel nostro ordinamento i reati di "negazionismo" e "revisionismo": http://www.senato.it/leg/16/BGT/Schede/Ddliter/38913.htm
Eh già, l'UE lo vuole, ed i nostri "politici", perfetti servitori, eseguono!
Ritengo utile evidenziare da chi è presentato il DDL e chi ne sono i co-firmatari, perchè questi loschi figuri non sono una "casta" impersonale ma sono persone singole con nome e cognome e con precise responsabilità individuali:  
Presentatrice:
Silvana Amati (PD)
Co-firmatari:
Marilena ADAMO (Partito Democratico)
Mauro AGOSTINI (Partito Democratico)
Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI (Popolo della Libertà)
Paolo AMATO (Popolo della Libertà)
Maria ANTEZZA (Partito Democratico)
Teresa ARMATO (Partito Democratico)
Franco ASCIUTTI (Popolo della Libertà)
Mario BALDASSARRI (Gruppo Misto)
Giuliano BARBOLINI (Partito Democratico)
Fiorenza BASSOLI (Partito Democratico)
Mariangela BASTICO (Partito Democratico)
Maria Teresa BERTUZZI (Partito Democratico)
Laura BIANCONI (Popolo della Libertà)
Franca Maria Grazia BIONDELLI (Partito Democratico)
Tamara BLAZINA (Partito Democratico)
Anna Cinzia BONFRISCO (Popolo della Libertà)
Daniele BOSONE (Partito Democratico)
Filippo BUBBICO (Partito Democratico)
Alessio BUTTI (Popolo della Libertà)
Giuseppe CAFORIO (Italia dei valori)
Giuliana CARLINO (Italia dei valori)
Anna Maria CARLONI (Partito Democratico)
Felice CASSON (Partito Democratico)
Stefano CECCANTI (Partito Democratico)
Mauro CERUTI (Partito Democratico)
Franca CHIAROMONTE (Partito Democratico)
Vannino CHITI (Partito Democratico)
Carlo CHIURAZZI (Partito Democratico)
Luigi COMPAGNA (Popolo della Libertà)
Barbara CONTINI (Gruppo Misto)
Lionello COSENTINO (Partito Democratico)
Gianpiero D’ALIA (UDC, SVP e Autonomie)
Gerardo D’AMBROSIO (Partito Democratico)
Vincenzo DE LUCA (Partito Democratico)
Cristina DE LUCA (Per il Terzo Polo (ApI-FLI))
Luigi DE SENA (Partito Democratico)
Mauro DEL VECCHIO (Partito Democratico)
Roberto DI GIOVAN PAOLO (Partito Democratico)
Franca DONAGGIO (Partito Democratico)
Francesco FERRANTE (Partito Democratico)
Anna FINOCCHIARO (Partito Democratico)
Anna Rita FIORONI (Partito Democratico)
Andrea FLUTTERO (Popolo della Libertà)
Cinzia Maria FONTANA (Partito Democratico)
Vittoria FRANCO (Partito Democratico)
Guido GALPERTI (Partito Democratico)
Mariapia GARAVAGLIA (Partito Democratico)
Maurizio GASPARRI (Popolo della Libertà)
Manuela GRANAIOLA (Partito Democratico)
Maria Fortuna INCOSTANTE (Partito Democratico)
Cosimo IZZO (Popolo della Libertà)
Giovanni LEGNINI (Partito Democratico)
Vanni LENNA (Popolo della Libertà)
Rita LEVI-MONTALCINI (Gruppo Misto)
Luigi LI GOTTI (Italia dei valori)
Marina MAGISTRELLI (Partito Democratico)
Lucio MALAN (Popolo della Libertà)
Pietro MARCENARO (Partito Democratico)
Francesca Maria MARINARO (Partito Democratico)
Franco MARINI (Partito Democratico)
Daniela MAZZUCONI (Partito Democratico)
Vidmer MERCATALI (Partito Democratico)
Claudio MICHELONI (Partito Democratico)
Francesco MONACO (Partito Democratico)
Colomba MONGIELLO (Partito Democratico)
Carmelo MORRA (Popolo della Libertà)
Fabrizio MORRI (Partito Democratico)
Paolo NEROZZI (Partito Democratico)
Antonio PARAVIA (Popolo della Libertà)
Achille PASSONI (Partito Democratico)
Carlo PEGORER (Partito Democratico)
Flavio PERTOLDI (Partito Democratico)
Oskar PETERLINI (UDC, SVP e Autonomie)
Gilberto PICHETTO FRATIN (Popolo della Libertà)
Leana PIGNEDOLI (Partito Democratico)
Roberta PINOTTI (Partito Democratico)
Raffaele RANUCCI (Partito Democratico)
Michele SACCOMANNO (Popolo della Libertà)
Francesco SANNA (Partito Democratico)
Luciana SBARBATI (Partito Democratico)
Anna Maria SERAFINI (Partito Democratico)
Giancarlo SERAFINI (Popolo della Libertà)
Silvio Emilio SIRCANA (Partito Democratico)
Albertina SOLIANI (Partito Democratico)
Ada SPADONI URBANI (Popolo della Libertà)
Marco STRADIOTTO (Partito Democratico)
Salvatore TOMASELLI (Partito Democratico)
Antonio TOMASSINI (Popolo della Libertà)
Giorgio TONINI (Partito Democratico)
Simona VICARI (Popolo della Libertà)
Pasquale VIESPOLI (Futuro e Libertà)
Luigi VIMERCATI (Partito Democratico)
Vincenzo Maria VITA (Partito Democratico)
Walter VITALI (Partito Democratico)
Tomaso ZANOLETTI (Popolo della Libertà)
Sergio ZAVOLI (Partito Democratico)

sabato 20 ottobre 2012

Il Nobel per la pace all'UE? Una vergogna!

Tra i molti commenti scandalizzati per l'oltraggioso conferimento all'UE del Nobel per la pace, voglio proporre questo che traggo dal sito www.quieuropa.it:

Il Nobel per la Pace all'Unione europea?
Una Vergogna, ma molto eloquente
L'ingiustificata gioia dei "Padroni arroganti" dell'Europa al di là del cattivo gusto.
Nazioni allo sbaraglio e governanti senza Dio. La propaganda dei Media Nazionali? Un indice di debolezza: evidentemente sono alla frutta
Bruxelles, Oslo  - Nel fine settimana appena conclusosi il Premio Nobel per la Pace 2012 è stato assegnato – a sorpresa - all'Unione europea, e con grandissima meraviglia della stragrande maggioranza delle associazioni pacifiste; degli enti di solidarietà sociale e di quelli impegnati nelle zone di guerra, dal Medioriente all'Africa, all'Asia; e con la meraviglia e lo sconcerto di migliaia di missionari che ogni giorno donano la loro vita in queste aree, tra l'indifferenza generale. Il Premio Nobel come noto è un'onorificenza di valore mondiale – anzi, lo era: a quanto pare ora non lo è più, e per ovvie ragioni! –  attribuita annualmente a persone o enti che si sono distinti in diversi campi e settori, apportando considerevoli benefici all'umanità, per le loro ricerche, scoperte ed invenzioni, per l'opera letteraria o l'impegno in favore della pace mondiale.
 Premio Nobel o Scherzo di cattivo gusto? 
Il Nobel è – era – considerato come l'encomio massimo dell'epoca contemporanea nella società civile. Esso fu istituito dal Club Svedese-Norvegese di Parigi il 27 novembre 1895, per volontà di Alfred Nobel (1833-1896), chimico e industriale svedese, inventore della dinamite. L'inattesa e sconcertante decisione è stata annunciata a Oslo dal presidente del Comitato norvegese, Thorbjoern Jagland, che ha motivato la scelta con un paradossale encomio: "L'Ue ha trasformato un continente di guerra in un continente di pace, contribuendo per più di 60 anni alla riconciliazione, alla democrazia e ai diritti umani in Europa". Sabato scorso, nell'apprendere la notizia non credevo ai miei occhi ed alle mie orecchie. Francamente pensavo si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto. O un errore giornalistico. ma poi la disarmante verità! L'Ue avrebbe battuto al photo-finish le candidature di 188 individui e di altre 42 organizzazioni, diventando il primo organo sovranazionale del genere ad aggiudicarsi – clamorosamente – questo riconoscimento. Per comprendere il paradosso, basti solo pensare che delle altre 20 organizzazioni che hanno avuto negli anni precedenti questo riconoscimento, l'ultima a vincerlo da sola era stata l'organizzazione "Medici senza Frontiere" nel 1999. Magari il prossimo lo vincerà, continuando su questo passo, la Trilateral commission, il Bilderberg Club o a Goldman Sachs. Ormai possiamo aspettarci di tutto, cari lettori!
 La Grande Farsa e la gioia dei "Padroni dell'Europa"  
Letteralmente fuori di sé il presidente della Commissione europea, l' "imperatore" dell'Ue Manuel Josè Barroso: "L'Unione europea è qualcosa di molto prezioso – ha dichiarato prontamente – e dobbiamo tenerla cara per il bene degli europei e di tutto il mondo. Questo – ha continuato il populista Barroso – è un onore" per tutti i suoi 500 milioni di cittadini". Secondo il presidente del Parlamento Europeo, il tedesco Martin Schulz, si è trattato di un'onorificenza che riempie di orgoglio i vertici dell'Ue ed i membri dell'Europarlamento, per la quale si è detto "commosso e onorato" via Twitter. Ora ad Oslo, i rappresentanti dell'Ue andranno a ritirare un premio da otto milioni di corone, circa un milione di euro. All'ingiustificato propagandistico e falsissimo entusiasmo non poteva mancare il contributo del pluridenunciato (in diverse procure e caserme italiane)  premier tecnico Mario Monti che – dopo aver collezionato un'altra manciata di denunce proprio nella settimana appena conclusasi, per l'operato dissennato del suo governo, proprio in linea con gli insani, dittatoriali e liberticidi diktat dell'Unione europea – con grandissima ipocrisia ha ricordato come "la formula stessa dell'integrazione per impedire la guerra e promuovere la pace inventata dall'Ue è oggetto di studio e ammirazione da molte parti del mondo". Anche dalla Germania non sono mancate le lodi, dal panzer tedesco Angela Merkel, che ha sottolineato – continuando una disarmante propaganda degna delle migliori dittature – come "l'euro, emblema dell'unificazione dell'Unione sià qualcosa di più di una moneta, incorporando l'idea originale di un'Unione di pace e di valori". Dunque dopo il “Nobel” assegnato ad un impresentabile e guerrafondaio Barack Obama nel 2009, la farsa democratica è giunta al suo apice con l'assegnazione del premio “per la Pace” all'Unione europea. Ma la cosa che lascia più perplessi e sconcertati è che la decisione del “Comitato norvegese del Nobel”, è stata presa addirittura all’unanimità. Per l'Accademia di Oslo, "Il lavoro dell'Ue rappresenta la fraternità tra le Nazioni e costituisce una forma di congressi di pace ai quali si riferiva Alfred Nobel nel 1895 come criterio per il premio Nobel per la Pace".
 Nazioni allo sbaraglio e Governanti senza Dio 
Senza Parole! Cari lettori, queste dichiarazioni dopo i macelli europei dell'austerity e della distruzione del welfare, dopo  gli ultimi disastri perpetrati proprio sotto gli occhi dell'Ue (in Medioriente, in Siria, ad Aleppo e Damasco, e a Bani Walid, in Libia) ci fanno capire – qualora ce ne sia ancora bisogno – più di tanti sermoni e chiacchiere (e più di dozzine di articoli) quale sia il livello di giustizia, democrazia e libertà ragginuto dalla nostra società civile europea ed internazionale nel Terzo Millennio. Giudicate da soli. Una generazione di governanti strizzanti l'occhio alle logge mondialiste e completamente senza Dio! Mi si accappona la pelle solo al pensiero. Per fortuna, per contro, sappiamo alla luce della nostra fede che Dio c'è, e che il male e le menzogne non trionferanno
 La Condivisibile riflessione di "Rinascita" 
L’assegnazione del Nobel a questo nuovo Leviatano totalitaristico chiamato “unione” europea è dunque un abominio agli occhi dell'umanità e non solo agli occhi dei cittadini europei e dei milioni di schiavi senza futuro nella gabbia dell'austerity. Oggi l'Ue detto in soldoni, non è altro che una colonia ed una vittima illustre dell'imperislismo Usa, e se andrà in porto il piano mondialista degli "Stati uniti d'Europa" il disegno egemonico sarà completo. Come nota giustamente il quotidiano Rinascita "Non è dato sapere se i blasonati componenti del Comitato norvegese siano stati folgorati sulla via di Damasco, o di Tripoli, o di Baghdad, o di Kabul o di Belgrado, prima di decretare l’onorificienza ad una istituzione non eletta dai popoli, suddita della Nato e della volontà di dominio atlantico sul resto del mondo. E strumento di imposizione di miseria e sudditanza ai popoli europei". Come non concordare con questa lucidissima analisi?
 Le maggiori critiche dal mondo della politica in Europa 
Emblematico il commento del politico olandese, Geert Wilders: "Il prossimo pazzesco Premio à chi sarà  assegnato? Magari Un Oscar a van Rompuy?". Ancor più diretto e duro è stato il commento dell'eurodeputato indipendestista britannico Nigel Farage, che ha parlato senza mezzi termini di "disgrazia totale che getta discredito sul premio Nobel".
 L'attività propagandistica dei Media Nazionali e di RAI 1 
Sconcertanti, per contro, sono state le ultime dichiarazioni di Stefano Caselli, docente dell'Università Bocconi di Milano che poco fà, al TG1 Rai delle 13,30, è ritornato sul tema rilodando l'Europa tecnocratica del Nobel, auspicando un'ulteriore cessione di sovranità a Bruxelles da parte degli stati sovrani, e lodando il (liberticida e dittatoriale) MES o Fondo Salva (Ammazza) Stati Permanente. Auspicando, in aggiunta, la nascita degli Stati Uniti d'Europa così come auspicato dallo stesso Giorgio Napolitano. A voi il giudizio! Alla vostra intelligenza! Da parte nostra crediamo, tuttavia, che l'irrazionale e sconcertante propaganda dell'euro-casta è segno inequivocabile della debolezza di argomentazioni di quest'ultima: chiara segno che l'Europa dei tecnocrati è arrivata alla frutta e ha i giorni contati. Non si possono prendere in giro in eterno 500 milioni di europei. Nobel o non Nobel!
Sergio Basile

giovedì 18 ottobre 2012

La democrazia nell'oppio.

Giulietto Chiesa è uno di quei personaggi da prendere con le molle.
Ma, spesso, le sue analisi contengono spunti di riflessione illuminanti.
Dal sito www.lavocedellevoci.it:

La democrazia nell’oppio

di Giuletto Chiesa
Nei giorni scorsi ho ricevuto un'informazione molto interessante, direi perfino curiosa, se non fosse che è anche tragica. Pare - ma è sicuro - che Hamid Karzai, il presidente dell'Afghanistan, nelle ultime settimane abbia segretamente sottoposto i 34 governatori delle province afghane a una prova di scrittura e lettura, verificando che ben 14 tra essi sono analfabeti.  Non mi è stato detto chi fossero i 14 tapini, ma la curiosità è cresciuta. Perché mai Karzai ha improvvisamente sentito il bisogno di conoscere il livello d'istruzione dei suoi governatori? Che gli è successo (intendo dire, a Karzai)?
A me è venuto il sospetto che lo abbia fatto per toglierne di mezzo alcuni. Segnatamente, magari, quelli che non desiderano che egli si ricandidi (non essendo Karzai ricandidabile, a termini di costituzione, per una terza volta). Non si sa mai. Metti caso che i governatori disposti ad appoggiare un cambio costituzionale siano in numero attualmente insufficiente: ecco che gli analfabeti, che forse non sono così tanti, o così pochi, potrebbero essere accompagnati alla porta e sostituiti.
Insomma la prova di alfabetismo potrebbe essere nient'altro che un trucchetto per cambiare la costituzione afghana - del resto molto giovane - e restare al potere ancora qualche annetto. Niente stupore. Se fosse così potremmo solo dire che Karzai sta imitando le gesta di George W. Bush, quello che lo ha portato al potere. Anche Bush il giovane truccò le elezioni: sia quelle del 2000, sia quelle successive del 2004. Dunque, perché non imitarlo?
Poi ho ricevuto un'altra informazione, anch'essa attendibile ma un tantino diversa. Ve la trasmetto. Karzai ha licenziato 10 governatori. Non so se fossero dieci analfabeti, ma pare che fossero “morosi”. Il che è peggio. “Morosi” nel senso che ciascuno di loro deve pagare, e ha pagato, circa 30.000 dollari al mese personalmente al presidente in carica. Fatti un po’ di conti vorrebbe dire che Karzai incassava e incassa 12 milioni 240 mila dollari l'anno di tangenti. Pare che uno dei governatori cacciati via in malo modo, quello della provincia di Helmand, avesse lasciato ridurre la produzione di oppio nel suo territorio addirittura del 40%. E come paghi il boss se non vendi droga?
Così mi sono fermato a riflettere sul significato della presenza dei militari italiani in Afghanistan in questi anni. Eravamo là per fare che cosa? Per rendere molto bene imbottito il conto americano di Karzai.
Qui finisce un ragionamento e ne comincia un altro. Mi ricordo di Emma Bonino, che fu mandata dal Parlamento europeo a certificare la validità delle elezioni afghane in un lontano momento del 2005. Tornò tutta contenta e spiegò al colto e all'inclita che quelle elezioni erano un trionfo democratico. Tutto era andato benissimo, non c'erano stati brogli, le schede elettorali erano chiarissime e tutti erano andati disciplinatamente a votare pur essendo nella stragrande maggioranza analfabeti (ma questo la Emma nazionale non lo disse).
I parlamentari europei, per metà distratti, per l'altra metà del tutto incapaci di valutare e per l'altra metà ancora assolutamente convinti della giustezza della linea americana che quelle elezioni aveva voluto, applaudirono.
Lo so che non ci possono essere tre metà di una unità, ma in quel parlamento europeo dominato dalla destra e da un discreto livello di stupidità maggioritaria vi garantisco che potevano esserci anche cinque metà di una unità.
Era l'epoca trionfale della guerra al terrore. Osama bin Laden era morto soltanto tre volte e, dunque, gliene restavano ancora sei, giusto fino al maggio del 2011, e dunque bisognava tenere duro sul tema dell'esportazione della democrazia. La signora Emma Bonino era stata mandata a celebrare l'esportazione democratica in Afghanistan e, dunque, la questione era chiusa prima ancora di venire aperta.
E qui viene il terzo ragionamento. Ma che diavolo significa questa democrazia? Non ho ancora trovato nessuno che sia in grado di spiegarmi come si può considerare democrazia una situazione in cui la maggioranza della popolazione, che non ha mai messo una scheda in un'urna, viene spinta a fare gesti di cui non può nemmeno comprendere il significato. Per la semplice ragione che non sa leggere quella scheda.
KABUL, ITALIA
Poi mi sovviene che mi trovo in un paese molto civile e moderno, nel quale milioni di persone, che pure sanno leggere le schede, non vanno a votare dopo avere visto i nomi su quelle schede e averli sentiti parlare in televisione. E altri milioni vanno a votare senza conoscere i loro programmi, pur potendo leggerli, in quanto non è in base a quei programmi che votano i candidati, ma per i favori che sperano di ottenere da quei candidati. E tutti quei pochi che vanno a votare non possono decidere niente comunque perché quei nomi altri li hanno fatti stampare sulle schede senza nemmeno consultarli, e dunque debbono prendere per buono quello che passa il convento.
Allora mi viene in mente quello che scriveva Michael Ledeen, uno dei neocon cruciali che organizzarono la guerra contro l'Afghanistan e contro l'Iraq, in un suo libro intitolato “La guerra contro i mostri del terrore”. Scriveva che l'America ha come obiettivo quello di “disfare” (“undo”) le società tradizionali. E aggiungeva che «loro hanno paura di noi perché non vogliono essere cancellati». Per cui «ci attaccano perché vogliono sopravvivere, così come noi dobbiamo distruggerli per andare avanti nella nostra missione storica».
Subito ho pensato che si riferisse agli afghani, o agli iracheni. Ma poi ho avuto un'illuminazione: si riferiva a noi. L'unica differenza sta nel fatto che loro reagiscono per non essere cancellati, mentre noi ci lasciamo docilmente cancellare.

lunedì 15 ottobre 2012

Napolitano e la sovranità nazionale.

Abbiamo già messo in evidenza come, di questi tempi, il nemico abbia sempre meno remore ad uscire allo scoperto. E' una sorta di sindrome di onnipotenza, o di certezza di impunità: questi figuri non tramano più nell'ombra, tanto sono convinti che il popolo non reagisce e non reagirà mai più. 
Ecco l'ultima uscita di Napolitano, dal sito dell'Agenzia Stampa Italia:

(ASI) L'Italia ha bisogno di rinunciare anche a quel poco che resta della propria sovranità nazionale. Una frase che risuona spiacevole alle orecchie dei cittadini, oltremodo sbalorditiva se pronunciata da Giorgio Napolitano, massima carica dello Stato.
Egli sostiene che per "tornare a crescere è indispensabile ma non sufficiente l'impegno tenace dei Paesi maggiormente in crisi"."Le innovazioni comportano ulteriori trasferimenti di poteri decisionali e di quote di sovranità"; in questo senso si pone la questione "dell'integrazione politica dell'Unione europea". Napolitano ha espresso questi pareri in un video-messaggio per il Convegno a Napoli della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro. La chiosa finale del presidente della Repubblica è la seguente: "Sono certo che il vostro Convegno, ben progettato e caratterizzato dall'alto livello degli interventi, contribuirà ad elevare la consapevolezza di questi temi fondamentali e offrirà importanti approfondimenti e spunti propositivi".
 

Bilderberg e gli stati nazionali.

Il nostro blog ha l'onore di essere frequentato da Gigi Cabrino, un economista che... non è solo un economista.
Gentilmente, Cabrino mi invia ora una suo recente scritto che riprende il problema del superamento degli stati nazionali.

A quanto pare il Gruppo Bilderberg, il potente gruppo finanziario di cui fanno parte i principali attori della finanza, dei media e della tecnocrazia mondiale, (soggetti che, teoricamente dovrebbero farsi la concorrenza e stranamente si ritrovano soci dello stesso gruppo) sta facendo centro un’altra volta; ovviamente per i poveri cittadini questo centro si tradurrà in ulteriore povertà e crisi, ma questo non tocca i potenti banchieri del Bilderberg: prossimo bersaglio la Spagna.
Andiamo con ordine: l’ultima assemblea generale del Gruppo Bilderberg si è riunita in Virginia dal 31 maggio al 3 giugno, come sempre nel silenzio complice della grande stampa e delle grandi TV ( che stranamente, presenti con i propri giornalisti di punta  ed editori alla riunione non ne hanno fatto minimamente cenno ); secondo Daniel Estulin, uno dei pochi bene informati e disposti a scrivere sulle strategie politiche e finanziarie del Bilderberg ,tra i punti all’ordine del giorno è stata trattata la Spagna, individuata come nuova Grecia, paese da attaccare con la consueta speculazione ed obbligare all’obbedienza ai soliti club finanziari che sulle grandi crisi finanziarie dei paesi si arricchiscono notevolmente.
Nel mese di luglio aumentano gli appelli e gli auspici verso una maggiore “coesione” tra stati, una maggiore “interdipendenza” e “sovranità condivisa” ( leggere al proposito l’intervista di Mario Draghi, presidente della BCE a Le Monde in cui, in luglio, ha proclamato l’irreversibilità dell’euro: è tutto un continuo auspicio alla coesione, alla nascita di – testuale- “nuove entità sopranazionali”; Draghi è ovviamente socio del Bilderberg Group fin da quando ricopriva la carica di Direttore generale del tesoro, così come l’attuale Presidente del Consiglio “tecnico” prof. Monti e molti altri).
Chi conosce un minimo di storia sa che fin dalla fine del primo conflitto mondiale i grandi finanzieri anglosassoni e nordamericani , su tutti la famiglia Rockfeller e con loro molti altri, hanno considerato come condizione necessaria per consolidare il loro potere ed aumentare i loro profitti il superamento del tradizionale concetto di stato nazionale e di governo democraticamente eletto; non mancano le dichiarazioni in questo senso da parte di David Rockfeller nella propria biografia e molti altri professori ( oggi li chiamiamo “tecnici”), su tutti lo statunitense - a dispetto del nome- Zbigniew Brzezinski , nella loro divulgazione hanno sempre caldeggiato per il superamento dello stato tradizionale a favore di una sovranità trasferita ad organismi sopranazionali, spesso creati ad hoc ( ed è curioso notare come tra i grandi gruppi finanziari internazionali e tali entità sopranazionali esista una sorta di porta girevole per cui i membri degli uni passino alle altre e viceversa).
Succede così che concetti di per sé buoni come l’unità d’intenti tra le nazioni, la coesione internazionale etc… diventino il pretesto per imporre strutture sopranazionali a cui vengono via via cedute quote di sovranità da parte delle singole nazioni, ONU, NATO, UE, Eurogruppo, Ecofin, OCSE, G8, G20, FMI, BCE, solo per citare i più famosi.
 Tra queste “entità” troviamo la cosiddetta troyka , ossia l’unione di UE, BCE e FMI per il “soccorso” agli stati in crisi col proprio debito; stiamo vedendo l’operato di questa alleanza di ferro nella gestione della crisi finanziaria della Grecia, paese eccessivamente indebitato che viene “curato” con un “piano di aiuti” consistente in un ulteriore indebitamento a fronte della svendita del patrimonio pubblico.
Ma veniamo al dunque: lunedì 8 ottobre l’Eurogruppo, per l’Italia presente il ministro Grilli, ha ufficializzato la nascita del ESM(meccanismo europeo di stabilità), una nuova “entità sopranazionale” nella linea auspicata da Draghi che dovrà garantire la stabilità dei paesi in crisi finanziaria principalmente in tre direzioni:
  1. emettendo titoli di debito sul mercato , quindi indebitando ulteriormente il paese in difficoltà, per l’eccessivo debito pubblico, che ricorresse alla sua assistenza.
  2. comprando titoli di debito pubblico del paese in crisi ; anche in questo caso , con il nobile intento di sostenere il prezzo del titolo contro il rischio spread  contribuirebbe a detenere il debito ed indebitare ulteriormente il paese, e quindi a controllarne le politiche.
  3. In prospettiva ricapitalizzando direttamente le banche private del paese che chiede aiuto qualora fossero in crisi di liquidità ; le banche in crisi potranno venire ricapitalizzate dal ESM, ovviamente con denaro fornito dagli stati UE; interessi privati, quindi, salvati con iniezioni di denaro pubblico; la nuova struttura dispone già di 200 miliardi di euro che diventeranno, per l’impegno dell’eurogruppo, 500 entro il 2014 ( soldi dei cittadini europei).
Alla luce, pertanto, di quanto prospettato dal Bilderberg Group nei mesi scorsi ci possiamo attendere una richiesta di aiuti da parte della Spagna di fronte ad una speculazione sul suo debito pubblico ( già in atto), la Troyka UE – FMI –BCE con il nuovo ESM interverranno indebitando ulteriormente il paese iberico con il meccanismo qui descritto sinteticamente e si riproporrà ciò che sta succedendo alla Grecia, cioè la definitiva perdita di sovranità a favore del sistema finanziario internazionale.
Per molti questi fatti possono sembrare oscure trame e complotti segreti; niente di tutto ciò, è tutto alla luce del sole e se questi dati su strani intrecci finanziari li rintraccia chi, come il sottoscritto, non ha molta dimestichezza  con l’informatica ed internet sicuramente sono accessibili a tutti; certo i grandi media, giornali e TV non ne parlano o ne parlano in modo diverso, ma questo è un altro discorso.

mercoledì 10 ottobre 2012

Gli Europei e il voto in USA.

Bellissima risposta-commento di Sergio Romano.
Dal sito www.corriere.it:

GLI EUROPEI E IL VOTO IN USA MEGLIO SPETTATORI CHE PARTIGIANI

Siamo due alunni del liceo classico di Maglie (Lecce). Durante una lezione di italiano abbiamo letto il suo editoriale del 5 ottobre riguardante le elezioni americane. Si è discusso a lungo su quale fosse il suo intento nello scrivere l’articolo: alcuni sostenevano che lei appoggiasse il presidente Obama, altri Romney. Ora vorremmo chiederle di chiarirci la sua posizione al riguardo.

Daniele e Gianluca ,

 Cari lettori, Vi sono articoli in cui l’autore esprime una opinione o una preferenza e cerca di spiegare perché una soluzione o una prospettiva gli sembrino meglio di altre. E vi sono articoli in cui l’autore cerca di misurare e pesare le forze in campo, i fattori che possono influire sulla vicenda di cui sta scrivendo e determinare l’esito finale di un conflitto, di uno scontro politico, di una crisi economica. L’articolo che avete letto appartiene alla seconda categoria. Ho tentato anzitutto di comprendere perché la maggioranza degli spettatori americani (più di 60 milioni) abbia preferito Mitt Romney a Barack Obama. Mi sono chiesto, in secondo luogo, quale sarebbe stato l’effetto del dibattito sul risultato delle elezioni presidenziali. Ho segnalato lo stile teatrale che la politica ha assunto grazie alla televisione, non soltanto in America, e mi sono chiesto infine se il giudizio dello spettatore corrisponda sempre alla scelta che l’elettore farà al momento del voto. Naturalmente la distinzione fra le due categorie non è mai netta. Anche quando vuole essere soltanto «analista », l’autore di un articolo lascia spesso intravedere i suoi desideri e i suoi pregiudizi. Ma nel caso delle elezioni americane mi sarebbe difficile esprimere preferenze. Ciascuno dei due candidati ha il suo profilo politico ed entrambi cercano di distinguersi offrendo agli elettori ricette diverse. Ma il vincitore sarà sempre e comunque il presidente degli americani. Quando sarà alla Casa Bianca, l’eletto farà la politica che gli sembrerà più conforme agli interessi del Paese e coltiverà quella parte della società americana da cui è stato scelto. Se deciderà di fare una guerra, cercherà di raccogliere intorno a sé il maggior numero possibile di alleati. Ma non chiederà il permesso all’Europa e non consulterà gli europei nel corso del conflitto. Se riterrà che una certa politica monetaria sia indispensabile per la prosperità degli Stati Uniti, non si chiederà, per esempio, se un dollaro debole possa nuocere all’economia dei Paesi dell’euro. Perché dovrei affannarmi a sperare nella vittoria di un contendente piuttosto che dell’altro?Molti europei sembrano immedesimarsi nella competizione elettorale americana e scelgono il candidato che maggiormente ricorda la famiglia politica a cui appartengono. Nel caso di queste elezioni, quindi, i progressisti sarebbero con Obama e i conservatori con Romney. A me sembra, francamente, tempo sprecato e per di più indice di una certa sudditanza culturale di fronte agli Stati Uniti. Chi parteggia per uno dei due candidati senza che questo gli garantisca la benché minima influenza sulla sua futura politica alla Casa Bianca, riconosce implicitamente all’America il diritto di guidare il mondo. A me sembra che il mondo, soprattutto in questomomento, abbia bisogno anche dell’Europa e che gli interessi dell’Europa non coincidano sempre e necessariamente con quelli degli Stati Uniti.

domenica 7 ottobre 2012

Il 3% è nato per caso!

Ormai non ci stupiamo più di nulla, nemmeno di questa notizia.
Dal sito wordpress.thule-italia.it. Il commento è di Gabriele Gruppo.

Il Vincolo del 3% e la fantasia al tavolo.
Mentre i paesi dell’eurozona presentano piani di rigore per far rientrare il deficit pubblico entro il 3 per cento del pil come preteso da Bruxelles, Aujourd’hui en France rivela “l’incredibile storia della nascita” di questo limite. Il quotidiano ha rintracciato “l’uomo che su richiesta [dell’ex presidente] François Mitterrand ha inventato in fretta e furia questa cifra emblematica”.
Guy Abeille, 62 anni, ex funzionario della direzione del Bilancio, ”è l’inventore di un concetto su cui insistono da decenni tutti i governi, di destra e di sinistra: il deficit pubblico non deve superare il 3 per cento della ricchezza nazionale”. Racconta Abeille:
Abbiamo stabilito la cifra del 3 per cento in meno di un’ora. È nata su un tavolo, senza alcuna riflessione teorica. Mitterrand aveva bisogno di una regola facile da opporre ai ministri che si presentavano nel suo ufficio a chiedere denaro […]. Avevamo bisogno di qualcosa di semplice. Tre per cento? È un buon numero, un numero storico che fa pensare alla trinità.
Il quotidiano sottolinea la stranezza dell’aneddoto:
 L’ironia della storia è che i tecnocrati di Bruxelles si sono ispirati a questo famoso 3 per cento anche per creare un’altra regola [iscritta nel nuovo trattato di bilancio europeo] e altrettanto falsamente cartesiana, quella che obbliga a limitare il deficit strutturale degli stati allo 0,5 per cento. Perché non l’1 o il 2 per cento? Nessuno lo sa.

Incredibile ma VERO!!!
Uno dei parametri più stringenti dei protocolli d’intesa dell’Unione è frutto non di studi tecnici specialistici, non di una disciplina contabile altamente specializzata, ma di un puro e semplice “caso”, unito alle necessità circoscritte di uno dei principali Stati europei, la Francia.
A leggerlo sembra impossibile, la quota del 3% tra Pil e deficit pubblico sembrava essere la sintesi di una linea del rigore, che doveva garantire stabilità continentale, e responsabilizzare i singoli governi nazionali a non sperperare.
Nulla di tutto questo.
Immaginatevi la scena: un anonimo funzionario del fu Governo Mitterrand, crea per caso il vincolo più importante per l’adesione al processo d’integrazione europea, scrivendolo su di un tovagliolo di carata, mentre, tra un bicchier di brandy ed un caffè, si decidevano quelle regole comuni che oggi hanno un peso rilevante nell’attuale situazione di crisi dell’area euro.
Per cosa poi?
Per i più classici interessi di bottega.
Non c’è che dire, dei veri statisti di portata storica.
Gabriele Gruppo

sabato 6 ottobre 2012

La cultura è il petrolio dell'Italia?

Interessante rapporto dell'UE sull'utilizzo del patrimonio culturale italiano come risorsa economica.
Sinceramente non sono convintissimo che quadri e palazzi possano essere il nostro "petrolio", ma comunque l'articolo contiene spunti che meritano di essere meditati.
Dal sito www.linkiesta.it:

L’Europa: “la cultura è il petrolio dell’Italia ma ve ne fregate”

La cultura potrebbe essere il petrolio dell’Italia. Lo dice un rapporto della Ue. Che accusa il nostro Paese che «non ha una strategia nazionale per lo sviluppo del suo settore culturale e creativo». Peggio, anziché investire in questa preziosa risorsa, l’Italia che fa? Continua a tagliare (-35% tra il 2008 il 2011).

di Giovanni Del Re
Potrebbe essere il “petrolio” italiano, una risorsa immensa su cui far ripartire la crescita – eppure l’Italia di questo incredibile giacimento non sa che farsene. Parliamo della cultura che Bruxelles vede come un cruciale volano di sviluppo per tutta l’Ue. E che invece, con sorpresa mondiale, proprio l’Italia che attira milioni di persone da tutto il mondo per il suo straordinario patrimonio artistico-culturale, trascura da troppo tempo. Con il rischio che proprio quella identità che il mondo ci riconosce vada perduta.
È serio il monito lanciato da un rapporto preparato per conto della Commissione Europea dalla Eenc, la Rete europea degli esperti sulla cultura, e pubblicato in questi giorni (molto discretamente, a dire il vero) sul sito del commissario alla Cultura Androulla Vassiliou. Un rapporto – ce ne sono anche su vari altri stati membri – commissionato da Bruxelles nel quadro della preparazione del bilancio multiannuale dell’Ue 2014-20, e soprattutto dei fondi strutturali, per meglio individuare le priorità. E per Bruxelles una cosa è chiara: la cultura è una priorità perché vale, e tanto, anche in termini economici. Basti dire che in un altro rapporto, presentato a gennaio scorso dalla stessa Commissione, si sottolineava come la cultura e le attività creative costituiscano ormai il 3,3% del pil Ue (contro il 2,6% del 2006) e il 3% dell’occupazione. Un potenziale particolarmente elevato per l’Italia, che si vanta di ospitare il 70% dei beni artistici mondiali. «In linea di principio – si legge nel rapporto appena pubblicato – se vi fosse un serio tentativo di dare alla cultura la giusta priorità nell’agenda politica del paese, vi potrebbe essere una seria possibilità che i settori culturali e creativi diano un importante contributo nel ridisegnare la tanto agognata formula per una nuova crescita per l’Italia».
Già, è proprio in quel «se» che casca il proverbiale asino. Perché, avverte il rapporto, «al momento il paese non ha una strategia nazionale, per quanto generale o provvisoria, per lo sviluppo del suo settore culturale e creativo». Peggio, anziché investire in questa preziosa risorsa, l’Italia che fa? Continua a tagliare, secondo il documento -35% tra il 2008 il 2011, per arrivare allo 0,2% del pil. Negli anni Cinquanta e Sessanta era quattro volte tanto. In cifre assolute, l’Italia, a fronte di un patrimonio artistico culturale molto più vasto di qualsiasi altro paese europeo, ha disposizione per il settore 5,6 miliardi di euro contro i 7,5 miliardi della Francia o i 12,5 miliardi della Germania, che non ha né Pompei, né il Colosseo, né gli Uffizi né Venezia. Risultato: «la mancanza di risorse sta portando frequenti episodi di degrado di beni storici (v. ad esempio Pompei, ndr) e a danni che stanno avendo vasta eco e stanno creando la percezione di decadenza di alcuni siti culturali italiani». Il danno non solo materiale, ma anche di immagine, può essere devastante: «l’attuale identità culturale dell’Italia, ancora in discreta salute (…) può essere collegata a una rendita storica consolidata, piuttosto che a intelligenti strategie di conservazione e sviluppo. Come conseguenza, tale identità potrebbe morire se non si farà qualcosa per impedirlo».
Al massimo in Italia la cultura è assai spesso semplicemente «ancillare», dice il rapporto, al turismo tradizionale. Con un effetto perverso: la “museizzazione” delle città d’arte. «Lo stesso turismo culturale – avvertono ancora gli esperti – soffre del progressivo impoverimento della scena e della vitalità culturale delle “città d’arte”, che stanno progressivamente rimodellando il loro tessuto urbano e sociale per adattarsi in modo incondizionato ai bisogni e alle attese dei turisti, trasformandosi così, gradualmente, i “parchi a tema” senza vita».
Tutto questo, in realtà, a leggere il rapporto è anzitutto il frutto di un sistema profondamente guasto. Cominciando dal fatto che «grosso modo un italiano su due in sostanza non è interessato alla cultura, e in particolare alla sua produzione, conservazione e sostegno». E poi c’è, neanche a dirlo, la politica che ha occupato in modo pernicioso il comparto. «Il principale ostacolo a una svolta – leggiamo infatti – è la tendenza della dirigenza politica italiana a usare la cultura come una misura anticiclica e come ammortizzatore sociale, o come aree protette per la creazione di rendite di posizione», costituendo «sacche di privilegi ed inefficienza nei settori culturali». Potremmo continuare con la demotivazione per i giovani, cui viene ripetuto, ricorda ancora il rapporto, che studiare materie culturale «non porta lavoro», perché per gli italiani, denuncia Bruxelles, la cultura è simbolo di perdita e di sussidio. E così chi invece ha osato fare scelte culturali, si trova costretto molto spesso a cercare posti all’estero dove gli italiani sono ancora ricercati e dove la cultura è business redditizio.

venerdì 5 ottobre 2012

Profumo e la cultura...

Il sedicente ministro Profumo, forte della sua totale disinformazione in tema di cultura ed istruzione, propone "un modo nuovo di fare scuola". L'obiettivo, del tutto scoperto, è ovviamente quello di creare cittadini sempre più sradicati ed alienati.
Gli risponde Ida Magli, dal sito www.italianiliberi.it:

L'Italia non può vivere senza una scuola italiana
   Le affermazioni del ministro Profumo riguardo all’insegnamento della religione e della geografia nella scuola sono evidentemente errate. A giudicare da quanto dice, la sensibilità intellettuale del Ministro è lontana dal concetto di “cultura” e dal modo di concepire lo stile di vita di un popolo, la sua storia, la sua lingua, la sua arte, la sua religione, il suo spirito come un insieme interconnesso di significati e di valori, come un modello, una “forma” nel senso gestaltico del termine. Lontano, perciò, dalla rivoluzione che le scienze umane, dall’antropologia alla linguistica, dalla psicologia all’etnologia, alla sociologia fino alla nuova storia, ha provocato da due secoli a questa parte nello studio dell’Uomo e della sua vita in società. Questa rivoluzione è stata così profonda e illuminante da condurre tutti gli studiosi, anche quelli dediti alle scienze in apparenza più estranee quali per esempio la biologia e la genetica, ad inserire sempre il tema della “cultura” nei fattori che possono incidere su determinati fenomeni. Questa premessa va però associata ad un’altra premessa della quale sembrerebbe che il ministro Profumo non voglia tenere conto e che viceversa è indispensabile: la scuola italiana è la “scuola di stato italiana”, pagata dai contribuenti italiani, quali che siano le loro provenienze, per formare i cittadini “italiani”. Pagano le tasse, infatti, tutti coloro che hanno la cittadinanza italiana e che affermano pertanto di essere “italiani”. La “cittadinanza” è questo: l’appartenenza a un territorio, a una patria, a una cultura, a una lingua, a una storia, a un’etica, a un diritto, a una religione. Tanto più debbono sentire e debbono essere aiutati a sentire questa appartenenza coloro che non ne possiedono una lunga tradizione alle spalle. Dunque la scuola di stato mancherebbe al suo dovere e al suo scopo fondamentale se non formasse cittadini “italiani”. Questo significa che la lingua che si parla è quella italiana mentre qualsiasi altra lingua viene appresa come aggiuntiva, ma non è indispensabile a formare il cittadino italiano. È evidente che anche la storia non può non essere esposta partendo da ciò che ha preceduto e ha accompagnato la storia dell’Italia così come nelle scuole cinesi e in quelle indiane vengono ovviamente narrati i precedenti del formarsi dello stato cinese e di quello indiano. Prima di tutto quindi la storia della musica italiana, nelle sue interrelazioni con quella tedesca, francese, inglese; e così per l’architettura,  per la pittura, per qualsiasi altra arte, mentre sarà meno approfondito e particolareggiato lo studio delle arti delle altre civiltà. Per la geografia, poi, quanto dice il ministro Profumo appare almeno “strano” visto che per l’essere umano l’orientamento (e la geografia è prima di tutto orientamento) avviene sempre istintivamente partendo dalla propria posizione sul pianeta per cui è naturale oltre che utile ai cittadini italiani conoscere bene prima di tutto il proprio territorio, il clima, i monti, i fiumi, il popolamento animale, le coltivazioni dell’Italia per allargare poi la conoscenza agli altri Stati e agli altri Continenti.
  Ma quanto ho precisato all’inizio sul concetto di cultura serve soprattutto a chiarire la questione, di non facile comprensione oggi, del posto che occupano le religioni nell’insieme. Ogni religione costituisce un tratto fondamentale di una cultura e di conseguenza, per quanto riguarda l’Italia, il cristianesimo cattolico fa parte della sua storia politica e sociale, della sua filosofia, della sua etica, della sua arte. Il fatto che vi siano stati lungo il passare dei secoli così come oggi, credenti e non credenti, non cambia nulla a questa realtà e la scuola di stato non può ignorarlo. Per quanto riguarda invece l’insegnamento della religione cattolica in quanto tale, non sembra che si possa contestare la soluzione di lasciare la scelta di seguirlo se lo vogliono agli studenti stessi. In conclusione c’è una sola domanda da porre al ministro Profumo e ai nostri governanti in generale: volete che l’Italia rimanga una nazione, con la sua lingua, i suoi costumi, la sua storia, la sua civiltà, oppure che diventi un territorio geografico abitato da un insieme di persone con lingue, costumi, religioni diverse che ben presto cancelleranno perfino il ricordo dell’italianità?