domenica 9 ottobre 2011

Una speranza per Pedro Varela e per la libertà.

In materia di leggi liberticide e di psicoreati, la vicenda di Pedro Varela è una delle più eclatanti. Titolare della Libreria Europa a Barcellona, Varela è da anni oggetto di continue azioni giudiziarie (con tutto il corollario di carcerazioni, ordini di chiusura dell'attività, roghi di libri, ecc.) perchè all'interno della sua libreria si trovavano "anche" libri revisionisti, cioè libri di storia che affrontano quegli argomenti - nello specifico, la storia del Nazionalsocialismo e la storia della Shoa - su cui è proibito, in Spagna come in molti altri Paesi, fare ricerca storica.
La notizia che segue, tratta dal sito di informazione No Reporter, è davvero particolare, e segna una vittoria significativa nella difesa di Varela e, quindi, di tutte le vittime di queste leggi mostruose.

LA CORTE EUROPEA PROCESSA LA SPAGNA
La Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha annunciato martedì 4 di aver dichiarato parzialmente   ammissibile il ricorso presentato dal proprietario della libreria Europa di Barcellona, Pedro Varela, che finì in prigione lo scorso dicembre, per il reato di diffusione di idee genocide.
Tale domanda è stata dichiarata ricevibile il 20 settembre ed è stata  presentata da Varela tramite l'avvocato José Maria Ruiz Porta nel novembre 2009 dinanzi alla Corte di Strasburgo, dopo che la Corte costituzionale spagnola ha respinto il suo appello per la protezione.
Nella lettera invoca gli articoli 6.1 (Diritto ad un processo equo in  tempi ragionevoli), 7 (niente pena senza legge), 9 (libertà  di  pensiero, di coscienza e di religione), 10 (libertà  di espressione) e
13 (Diritto a un ricorso effettivo) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
I reclami di Varela si focalizzarono sul fatto di essere stato condannato per un crimine di diffusione di idee genocide  che non era nell'atto di accusa né nella condanna in primo grado, e nella durata di
un procedimento penale, iniziato nel 1996.
Inoltre, il proprietario di detta impresa disse che la sua condanna era "manifestamente infondata" in quanto il materiale venduto nella libreria faceva riferimento a dottrine negazioniste del genocidio, ma non alla sua giustificazione.
La Corte di Strasburgo ha deciso di ammettere la petizione per quanto riguarda gli articoli 6.1 - relativo alla condanna per un crimine del quale non era stato accusato -, 9 e 10 della Convenzione, e si pronuncerà  nei prossimi mesi con decisione o la condanna.

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