Un articolo del quotidiano Rinascita per provare ad interpretare la notizia di cronaca della "irruzione" in Piazza Affari.
L’irruzione all’interno della Borsa di Milano ha ricordato a qualcuno che in questo Paese esiste ancora chi si indigna per il contenuto di una manovra economica che segnerà la ritirata della politica a vantaggio della grande finanza internazionale. Una tattica suicida che in pochi hanno il coraggio di denunciare e contrastare. Da qualche tempo sembra che la priorità per i Governi di tutto il Vecchio Continente sia diventata la salvezza di banche e società finanziarie.
Quel che rimane dello stato sociale è considerato un retaggio figlio di ideologie di un secolo sempre più lontano. Una ingiustificata rete di servizi pubblici e sostegni alla persona che tarperebbe le ali allo sviluppo. Menzogne avvalorate da chi – colpevolmente – continua a sostenere che l’Unione europea sia la cura e non la malattia. La cosiddetta crisi è frutto del capitalismo basato sui giochi di borsa e sulle politiche incentrate sul debito.
Un sistema al collasso condannato ormai a morte certa. I listini degli investitori istituzionali pullulano di titoli tossici che valgono ormai meno di zero.
Ogni giorno gli indici delle varie borse valori salgono o scendono in base agli appetiti della grande speculazione. Nessun indice però rende chiaro a tutti che i titoli obbligazionari emessi superano di sei volte la ricchezza prodotta sulla Terra. Un dato incontrovertibile che pende come una spada di Damocle sullo sviluppo di tutti i popoli. Genti che qualcuno vorrebbe continuare a strozzare pur di garantirsi lauti guadagni; nel breve come nel lungo periodo. Una precisa strategia impedisce che il dibattito politico sia occupato da questi temi, in Italia è diventato addirittura auspicabile che le strategie economiche di uno Stato sovrano possano essere approvate sotto la dettatura dei tecnocrati della Banca centrale europea. Persino il Quirinale ha accettato di fare da cassa di risonanza a posizioni pericolose per il domani dell’Italia. Le analisi di chi accetta acriticamente il protagonismo sfrenato di Francoforte fanno il paio con l’immobilismo di un Parlamento sempre più incapace di servire l’interesse nazionale.
Eppure, il dibattito sulla manovra correttiva sembrava instradato verso un risultato che non fosse eccessivamente penalizzante per i lavoratori e per le piccole e medie imprese. Un tentativo spazzato via dalla minaccia di un’approvazione del decreto con imposizione della questione di fiducia. Tutto viene ridotto al solito teatrino fra centrodestra e centrosinistra. Attori non protagonisti di una pellicola diretta da lobbies, banchieri e cacciatori di liquidità.
La manifestazione di Piazza Affari dimostra che non tutti gli italiani sono disposti a chinare il capo di fronte ai diktat del liberismo imperante. L’alternativa per la costruzione di un Europa che torni ad essere un’unione di popoli potrebbe non essere così lontana.
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