E' l'Europa dei briganti. Andiamocene via.
Lo sanno ormai tutti. Le agenzie di rating emettono pagelle, l’Ue lancia l’allarme, la Bce chiede nuovi tagli, il Fmi pure, l’Ocse anche, poi la materia diventa argomento di “vertici”: dai G8 ai G20 e così via. Si fanno manovre. Ma sono ritenute insufficenti e il girone infernale ricomincia da capo.
Adesso, dopo l’ultimo summit washingtoniano lo “stato dell’opera” è il seguente. La sensazione comune (che meningi, che immaginazione!) è che la Grecia non riuscirà a far fronte al “debito pubblico”, giunto, si badi bene a 350 miliardi di euro, esattamente dieci volte tanto in un decennio, grazie agli interventi “salvacrisi” (prestiti a usura) inventati dalla Goldman & Sachs, quella diretta da Draghi, e partecipati a fin di lucro dalle banche d’affari mondiali.
E che Atene ormai sia intenzionata a dichiarare l’insolvenza e a negoziare il 50 per cento del debito con i soliti usurai.
Per quanto riguarda Spagna e Italia, l’altra sensazione comune (che meningi, che immaginazione!) è che siano ormai in piena “cottura” e che l’Ue non abbia i mezzi a disposizione per salvarle. A meno di un acquisto massiccio di obbligazioni pubbliche da parte della Banca centrale europea. Senza però alcuna speranza che questo fermi la “recessione”. Non soltanto dei due Paesi, ma di tutta l’area euro.
Una recessione appunto, già innescata da manovre fiscali e da tagli dei redditi e dell’assistenza sociale, che, in caso di ulteriori stangate imposte dai Signori del denaro, non potrebbe che aggravarsi.
Tra le neo-Cassandre, il ministro Usa Geithner, il cancelliere britannico Osborne e Monsieur Trichet (nella foto), della Banca centrale europea.
Sancite queste ponderose analisi, i Signori del G20 hanno rinviato l’esame della situazione... al prossimo vertice di novembre.
Ma noi, i popoli interessati, possiamo decidere qualcosa in merito al nostro futuro?
Certo.
Niente prestiti a strozzo, no all’euro, no al debito pubblico fonte di lucro altrui.
Andiamocene via dall’Europa dei briganti, sganciamoci dal dominio atlantico, dalla globalizzazione.
E che Atene ormai sia intenzionata a dichiarare l’insolvenza e a negoziare il 50 per cento del debito con i soliti usurai.
Per quanto riguarda Spagna e Italia, l’altra sensazione comune (che meningi, che immaginazione!) è che siano ormai in piena “cottura” e che l’Ue non abbia i mezzi a disposizione per salvarle. A meno di un acquisto massiccio di obbligazioni pubbliche da parte della Banca centrale europea. Senza però alcuna speranza che questo fermi la “recessione”. Non soltanto dei due Paesi, ma di tutta l’area euro.
Una recessione appunto, già innescata da manovre fiscali e da tagli dei redditi e dell’assistenza sociale, che, in caso di ulteriori stangate imposte dai Signori del denaro, non potrebbe che aggravarsi.
Tra le neo-Cassandre, il ministro Usa Geithner, il cancelliere britannico Osborne e Monsieur Trichet (nella foto), della Banca centrale europea.
Sancite queste ponderose analisi, i Signori del G20 hanno rinviato l’esame della situazione... al prossimo vertice di novembre.
Ma noi, i popoli interessati, possiamo decidere qualcosa in merito al nostro futuro?
Certo.
Niente prestiti a strozzo, no all’euro, no al debito pubblico fonte di lucro altrui.
Andiamocene via dall’Europa dei briganti, sganciamoci dal dominio atlantico, dalla globalizzazione.