Pian piano il dibattito sulle vicende siriane, a cui anche il nostro blog ha dato un minimo contributo, si allarga.
Sul numero di domenica del quotidiano cattolico Avvenire è apparso un articolo sulla cosiddetta "primavera araba" a firma del celebre studioso Padre Samir Khalil S.J. Purtroppo l'articolo era perfettamente allineato alla campagna di disinformazione portata avanti dai media ufficiali, e quindi il giornalista Mario Villani ha così risposto all'intervento:
Egregio Direttore,
mi permetto di scrivere al Suo giornale dopo aver letto l'articolo sulle Primavere arabe a firma del Padre Samir Khalil. Non ho sufficienti elementi per valutare quanto affermato dal noto studioso a proposito di paesi come l'Egitto o la Tunisia, ma quanto ho letto sulla situazione siriana mi ha lasciato a dir poco sconcertato. Padre Samir pare accettare in maniera del tutto acritica lo stereotipo offerto dai media occidentali (nonché dalla qatariota Al Jazeera): un popolo intero che reclama il suo diritto alla libertà viene represso con inaudita violenza (fucilazioni e torture) da un regime che non vuole cedere perchè questo significherebbe la fine del clan oggi al potere. E' un'immagine sicuramente fedele al politically correct, ma molto, molto meno alla realtà dei fatti.
Intendiamoci bene, il regime siriano è sicuramente autoritario e non particolarmente attento ai diritti umani (dettaglio che non ha scandalizzato la più grande potenza occidentale quando ha ritenuto utile inviarvi alcuni veri o presunti integralisti islamici per farli interrogare senza tanti complimenti). Aggiungerò che vi è anche una diffusa corruzione e che la minoranza alauita riserva per sè molte delle più importanti cariche pubbliche (peraltro meno che in passato). Un merito però al regime siriano deve essere riconosciuto, in particolare da quando alla sua testa vi è l'attuale Presidente Bashar Al Assad. In Siria non vi sono mai state persecuzioni per motivi religiosi ed ogni attenzione è stata sempre usata per proteggere le minoranze, in particolare i Cristiani, e favorire corretti e pacifici rapporti tra le comunità.
Sono stato in Siria nel novembre 2011 ed il clima che vi ho trovato è completamente diverso da quello che lascerebbe intravedere Padre Samir. La popolazione, in particolare la comunità cristiana, è sicuramente terrorizzata, ma non dalla repressione del regime. E' terrorizzata da bande criminali e terroristiche che uccidono, rapiscono, mutilano, incendiano e saccheggiano case, si abbandonano ad ogni forma di violenza con il deliberato scopo di spingere il Paese vero uno scontro confessionale. Questo quadro mi è stato descritto da persone di ogni confessione religiosa e di ogni ceto sociale: "i servizi segreti fanno paura, ma i terroristi fanno ancora più paura" è stato il concetto che mi sono sentito ripetere un numero infinito di volte. Sono bande composte da integralisti islamici di fede salafita e wahabita, armate e supportate da paesi esteri e robustamente rinforzate da mercenari stranieri (molti sono stati arrestati o uccisi dalle autorità siriane) nonchè da elementi della criminalità organizzata. Non che non esista un'opposizione pacifica e contraria alla lotta armata, ma oggi la sua voce è soffocata dal fragore delle autobombe e delle raffiche di kalashnikov. Gli oppositori che ho incontrato io, benchè tutt'altro che teneri verso il regime baathista, erano anch'essi convinti che la prima cosa da fare fosse quella di porre termine alle attività delle bande armate. Subito, prima che il paese possa scivolare verso la pericolosa china di uno scontro confessionale.
Sono stato forse plagiato da Madre Maria Agnese Della Croce, una delle persone che ho incontrato nel mio viaggio e definita dai media occidentali come "vicina" al regime di Assad? Tutto al contrario. E' doveroso riferire come Madre Agnese non faccia altro che ripetere ad alta voce quanto altri esponenti delle chiese cristiane in Siria e Libano dichiarano, magari con toni più sommessi. E quando parlo di esponenti mi riferisco ad ogni livello gerarchico delle comunità cristiane, dal semplice fedele ai Patriarchi. Pochi sanno però che, a differenza di altri, la religiosa di Qara ha usato gli stessi toni durissimi anche quando ha attaccato il regime baathista, condannando le irruzioni della polizia negli ospedali o quando ha protestato con i militari per i maltrattamenti subiti da alcune persone arrestate dall'esercito proprio nel villaggio dove sorge il suo convento. Comunque, al di là di queste valutazioni sulla persona di Madre Agnese, posso tranquillamente affermare che è stato tanto vasto e variegato il campionario delle persone con cui ho potuto parlare (religiosi, taxisti, militari, oppositori, giornalisti, funzionari pubblici, famigliari di rapiti...) da non avere oggi alcun dubbio su quale sia la reale situazione in Siria. E, vi posso assicurare, non è quella descritta da Padre Samir Khalil.
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