Pian piano il dibattito sulle vicende siriane, a cui anche il nostro blog ha dato un minimo contributo, si allarga.
Sul numero di domenica del quotidiano cattolico Avvenire è apparso un articolo sulla cosiddetta "primavera araba" a firma del celebre studioso Padre Samir Khalil S.J. Purtroppo l'articolo era perfettamente allineato alla campagna di disinformazione portata avanti dai media ufficiali, e quindi il giornalista Mario Villani ha così risposto all'intervento:
Egregio Direttore,
mi permetto di scrivere al Suo giornale dopo aver letto l'articolo sulle Primavere arabe a firma del Padre Samir Khalil. Non ho sufficienti elementi per valutare quanto affermato dal noto studioso a proposito di paesi come l'Egitto o la Tunisia, ma quanto ho letto sulla situazione siriana mi ha lasciato a dir poco sconcertato. Padre Samir pare accettare in maniera del tutto acritica lo stereotipo offerto dai media occidentali (nonché dalla qatariota Al Jazeera): un popolo intero che reclama il suo diritto alla libertà viene represso con inaudita violenza (fucilazioni e torture) da un regime che non vuole cedere perchè questo significherebbe la fine del clan oggi al potere. E' un'immagine sicuramente fedele al politically correct, ma molto, molto meno alla realtà dei fatti.
Intendiamoci bene, il regime siriano è sicuramente autoritario e non particolarmente attento ai diritti umani (dettaglio che non ha scandalizzato la più grande potenza occidentale quando ha ritenuto utile inviarvi alcuni veri o presunti integralisti islamici per farli interrogare senza tanti complimenti). Aggiungerò che vi è anche una diffusa corruzione e che la minoranza alauita riserva per sè molte delle più importanti cariche pubbliche (peraltro meno che in passato). Un merito però al regime siriano deve essere riconosciuto, in particolare da quando alla sua testa vi è l'attuale Presidente Bashar Al Assad. In Siria non vi sono mai state persecuzioni per motivi religiosi ed ogni attenzione è stata sempre usata per proteggere le minoranze, in particolare i Cristiani, e favorire corretti e pacifici rapporti tra le comunità.
Sono stato in Siria nel novembre 2011 ed il clima che vi ho trovato è completamente diverso da quello che lascerebbe intravedere Padre Samir. La popolazione, in particolare la comunità cristiana, è sicuramente terrorizzata, ma non dalla repressione del regime. E' terrorizzata da bande criminali e terroristiche che uccidono, rapiscono, mutilano, incendiano e saccheggiano case, si abbandonano ad ogni forma di violenza con il deliberato scopo di spingere il Paese vero uno scontro confessionale. Questo quadro mi è stato descritto da persone di ogni confessione religiosa e di ogni ceto sociale: "i servizi segreti fanno paura, ma i terroristi fanno ancora più paura" è stato il concetto che mi sono sentito ripetere un numero infinito di volte. Sono bande composte da integralisti islamici di fede salafita e wahabita, armate e supportate da paesi esteri e robustamente rinforzate da mercenari stranieri (molti sono stati arrestati o uccisi dalle autorità siriane) nonchè da elementi della criminalità organizzata. Non che non esista un'opposizione pacifica e contraria alla lotta armata, ma oggi la sua voce è soffocata dal fragore delle autobombe e delle raffiche di kalashnikov. Gli oppositori che ho incontrato io, benchè tutt'altro che teneri verso il regime baathista, erano anch'essi convinti che la prima cosa da fare fosse quella di porre termine alle attività delle bande armate. Subito, prima che il paese possa scivolare verso la pericolosa china di uno scontro confessionale.
Sono stato forse plagiato da Madre Maria Agnese Della Croce, una delle persone che ho incontrato nel mio viaggio e definita dai media occidentali come "vicina" al regime di Assad? Tutto al contrario. E' doveroso riferire come Madre Agnese non faccia altro che ripetere ad alta voce quanto altri esponenti delle chiese cristiane in Siria e Libano dichiarano, magari con toni più sommessi. E quando parlo di esponenti mi riferisco ad ogni livello gerarchico delle comunità cristiane, dal semplice fedele ai Patriarchi. Pochi sanno però che, a differenza di altri, la religiosa di Qara ha usato gli stessi toni durissimi anche quando ha attaccato il regime baathista, condannando le irruzioni della polizia negli ospedali o quando ha protestato con i militari per i maltrattamenti subiti da alcune persone arrestate dall'esercito proprio nel villaggio dove sorge il suo convento. Comunque, al di là di queste valutazioni sulla persona di Madre Agnese, posso tranquillamente affermare che è stato tanto vasto e variegato il campionario delle persone con cui ho potuto parlare (religiosi, taxisti, militari, oppositori, giornalisti, funzionari pubblici, famigliari di rapiti...) da non avere oggi alcun dubbio su quale sia la reale situazione in Siria. E, vi posso assicurare, non è quella descritta da Padre Samir Khalil.
martedì 29 maggio 2012
venerdì 25 maggio 2012
Hollande e il mondialismo.
Da qualche tempo non posto più scritti di Ida Magli.
Torno ora a proporre un suo recente scritto, ispirato all'elezione di Hollande alla presidenza della Francia, del quale condivido ogni parola.
Dal sito www.italianiliberi.it:
Molti si rallegrano della vittoria di Hollande. Ma che ci facciamo con Hollande? Che ci facciamo noi, cittadini d’Italia, o di Francia, o di Spagna, o di Grecia, ecc.? Nulla, possiamo esserne certi, nulla, non ce ne facciamo nulla perché Hollande non sfiorerà neanche con un dito il problema vero: l’Unione europea. Ha promesso forse di abbandonare l’euro? Ha accennato, forse, alla mastodontica costruzione sovranazionale che sta uccidendo a poco a poco le Nazioni? No, Hollande è come tutti gli altri politici che imperversano in Europa: variazioni minime, quel tanto che serve a far credere ai popoli che esista ancora una dialettica politica, una destra e una sinistra, mentre gli addetti ai lavori finiscono di cuocere a fuoco lento ogni parvenza di democrazia per arrivare al governo globale, alla realizzazione del mondialismo. L’Unione europea è stata creata apposta, primo passo importantissimo, anzi determinante, per la globalizzazione. Se vediamo tante rovine intorno a noi è perché la mondializzazione si effettua proprio così: frammentando ciò che prima era unito. L’Ue sta svolgendo a meraviglia il proprio compito: distruggere le Nazioni, omologare gli Stati, sottraendo la sovranità, per giungere ad annientarli. Togliere i soldi agli Stati è come toglierli al singolo individuo: non può vivere. I tanti suicidi di questi giorni, in Grecia come in Italia, ne sono un’avanguardia, e al tempo stesso rappresentano con tragica precisione il domani degli Stati. Dal centro mondialista arroccato in Europa, tramite la Bce, tramite il Consiglio e la Commissione, arrivano ogni giorno le pallottole stile Equitalia: si spara alle economie. Nessuno s’illuda: se vengono forniti dei soldi è soltanto per impedire che nella disperazione qualcuno degli Stati decida di sfuggire alla presa, di tagliare le corde che lo immobilizzano togliendogli qualsiasi possibilità d’azione.
In Italia si parla pochissimo, anzi per nulla degli “ideali” mondialisti che albergano nel mondo anglosassone fiancheggiato dall’Europa. Il termine “ideale” va preso nel suo significato concreto: è l’aspirazione, il desiderio, la meta di tutti coloro che si occupano di economia, di finanza, di Borsa, di banche. Il motivo è evidente: per fare qualsiasi operazione bisogna prima ridurre al minimo comune denominatore. Questo minimo comun denominatore nell’ambito degli “uomini” lo si raggiunge eliminando gradatamente le delimitazioni, i recinti, i confini, le disuguaglianze, le differenze, fino a quando si riuscirà ad avere a che fare con una enorme massa di individui tutti uguali. Questi singoli individui saranno soltanto dei “consumatori”, gente che compra e che vende, e Il mondo un unico mercato. A guidarli, com’è ovvio, ci saranno gli economisti, i banchieri, come già succede nell’Unione europea. Guidarli, naturalmente, con il potere assoluto, con la dittatura, solo modo che i banchieri sanno adoperare, ma che continuerà a definirsi “democrazia”. L’esperimento in Italia è riuscito benissimo. I politici portano ancora allegramente il nome di “politici” malgrado siano stati esautorati dal Presidente di quella che finge di essere ancora una “repubblica” e non siano loro a governare, mentre danno il nome di “tecnici” a quelli che governano (cosa addirittura grottesca per quanto riguarda Mario Monti, con alle spalle una carriera che più “politica” non si può: è stato per ben due volte Commissario europeo).
Quale progetto più stupido e destinato al fallimento di quello mondialista? Non ci vuole molto a capirlo ed è sufficiente che qualcuno si scuota dall’attuale passività, si ribelli al suicidio.
Torno ora a proporre un suo recente scritto, ispirato all'elezione di Hollande alla presidenza della Francia, del quale condivido ogni parola.
Dal sito www.italianiliberi.it:
Molti si rallegrano della vittoria di Hollande. Ma che ci facciamo con Hollande? Che ci facciamo noi, cittadini d’Italia, o di Francia, o di Spagna, o di Grecia, ecc.? Nulla, possiamo esserne certi, nulla, non ce ne facciamo nulla perché Hollande non sfiorerà neanche con un dito il problema vero: l’Unione europea. Ha promesso forse di abbandonare l’euro? Ha accennato, forse, alla mastodontica costruzione sovranazionale che sta uccidendo a poco a poco le Nazioni? No, Hollande è come tutti gli altri politici che imperversano in Europa: variazioni minime, quel tanto che serve a far credere ai popoli che esista ancora una dialettica politica, una destra e una sinistra, mentre gli addetti ai lavori finiscono di cuocere a fuoco lento ogni parvenza di democrazia per arrivare al governo globale, alla realizzazione del mondialismo. L’Unione europea è stata creata apposta, primo passo importantissimo, anzi determinante, per la globalizzazione. Se vediamo tante rovine intorno a noi è perché la mondializzazione si effettua proprio così: frammentando ciò che prima era unito. L’Ue sta svolgendo a meraviglia il proprio compito: distruggere le Nazioni, omologare gli Stati, sottraendo la sovranità, per giungere ad annientarli. Togliere i soldi agli Stati è come toglierli al singolo individuo: non può vivere. I tanti suicidi di questi giorni, in Grecia come in Italia, ne sono un’avanguardia, e al tempo stesso rappresentano con tragica precisione il domani degli Stati. Dal centro mondialista arroccato in Europa, tramite la Bce, tramite il Consiglio e la Commissione, arrivano ogni giorno le pallottole stile Equitalia: si spara alle economie. Nessuno s’illuda: se vengono forniti dei soldi è soltanto per impedire che nella disperazione qualcuno degli Stati decida di sfuggire alla presa, di tagliare le corde che lo immobilizzano togliendogli qualsiasi possibilità d’azione.
In Italia si parla pochissimo, anzi per nulla degli “ideali” mondialisti che albergano nel mondo anglosassone fiancheggiato dall’Europa. Il termine “ideale” va preso nel suo significato concreto: è l’aspirazione, il desiderio, la meta di tutti coloro che si occupano di economia, di finanza, di Borsa, di banche. Il motivo è evidente: per fare qualsiasi operazione bisogna prima ridurre al minimo comune denominatore. Questo minimo comun denominatore nell’ambito degli “uomini” lo si raggiunge eliminando gradatamente le delimitazioni, i recinti, i confini, le disuguaglianze, le differenze, fino a quando si riuscirà ad avere a che fare con una enorme massa di individui tutti uguali. Questi singoli individui saranno soltanto dei “consumatori”, gente che compra e che vende, e Il mondo un unico mercato. A guidarli, com’è ovvio, ci saranno gli economisti, i banchieri, come già succede nell’Unione europea. Guidarli, naturalmente, con il potere assoluto, con la dittatura, solo modo che i banchieri sanno adoperare, ma che continuerà a definirsi “democrazia”. L’esperimento in Italia è riuscito benissimo. I politici portano ancora allegramente il nome di “politici” malgrado siano stati esautorati dal Presidente di quella che finge di essere ancora una “repubblica” e non siano loro a governare, mentre danno il nome di “tecnici” a quelli che governano (cosa addirittura grottesca per quanto riguarda Mario Monti, con alle spalle una carriera che più “politica” non si può: è stato per ben due volte Commissario europeo).
Quale progetto più stupido e destinato al fallimento di quello mondialista? Non ci vuole molto a capirlo ed è sufficiente che qualcuno si scuota dall’attuale passività, si ribelli al suicidio.
mercoledì 23 maggio 2012
Segnalazione importante articolo sulla Siria.
Segnalo che su molti siti è già disponibile il lungo ed importante articolo "Di ritorno dalal Siria. Appunti sulla geopolitica del caos.", di Paolo Sensini, autore del libro Libia 2011, di cui abbiamo già parlato nel blog.
Ne raccomando la lettura, non perchè le tesi di Sensini siano da prendere tutte acriticamente come oro colato (pensate che esiste una versione dell'articolo in cui all'inizio c'è il disegnino del volto di un terrorista arabo che pian piano si trasforma nell'acronimo CIA... trovata discutibilissima!), ma perchè mi pare utilissimo per aprire gli occhi su scenari e su fatti che i media ufficiali censurano categoricamente, direi "ferocemente".
Ne raccomando la lettura, non perchè le tesi di Sensini siano da prendere tutte acriticamente come oro colato (pensate che esiste una versione dell'articolo in cui all'inizio c'è il disegnino del volto di un terrorista arabo che pian piano si trasforma nell'acronimo CIA... trovata discutibilissima!), ma perchè mi pare utilissimo per aprire gli occhi su scenari e su fatti che i media ufficiali censurano categoricamente, direi "ferocemente".
sabato 19 maggio 2012
Lo scandalo ignorato dal Fisco
Riflessioni fiscali di Gilberto Oneto, dal quotidiano Libero del 10 maggio:
Ogni giorno Monti di Nottingham si inventa una nuova gabella, qualche trucco per spremere i sudditi, soprattutto quelli che si ostinano a voler lavorare e produrre ricchezza. Fà anche finta di farlo con una certa maliziosa equanimità, sostenendo di tartassare tutti senza distinzione di ceto sociale e di collocazione geografica. La cosa è discutibile perché ci sono categorie che vengono trattate con i guanti. Una di queste, sicuramente la più grande in termini numerici, è quella degli stranieri regolari e irregolari che costituiscono per il fisco una sorta di zona franca: i primi sono coccolati e i secondi tranquillamente ignorati. Si sta parlando di una massa che si avvicina a sei milioni di persone: una "regione" più popolosa del Lazio e della Campania, di un quarto più grande di Piemonte, Veneto ed Emilia e di solo un terzo inferiore alla Lombardia.
Quando si parla di stranieri si deve sempre fare i conti con dati evanescenti, parziali, inesatti, stimati, insomma con una insidiosa cortina fumogena di incertezze creata ad arte da chi vuole mantenere il fenomeno in una affettuosa atmosfera di vaghezza.
Quel poco che emerge o sfugge è, però, sufficiente a generare inquietudine. La Fondazione Moressa parla per il 2009 di circa 3 miliardi di euro versati in tributi dall'intera comunità straniera: nello stesso anno il Veneto ha versato in sola Irpef 63 miliardi e la meno virtuosa Campania "solo" 44: entrambe le regioni hanno meno abitanti di tutti gli stranieri messi assieme. Pur fatta la tara del contributo dei foresti nelle due regioni, è credibile che gli ospiti dichiarino e paghino ciascuno il 15,2% o il 17,5% di quanto faccia un indigeno? Invece che inseguire gli scontrini fiscali, gli agenti del fisco non farebbero meglio a farsi un giro nelle comunità foreste?
Ci sono altri numeri che lasciano per lo meno perplessi. Secondo l'Istat e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il reddito medio delle famiglie composte da almeno un cinese veniva stimato nel 2008 attorno ai 20mila euro. La Fondazione Moressa ci informa che nel 2011 i cinesi hanno spedito come rimesse al proprio paese di origine 12.085 euro a testa. A meno che i redditi dei cinesi siano prodigiosamente lievitati in tre anni (cosa che contraddirebbe l'affermazione della stessa autorevole fonte che indica in un calo annuo dello 0,6% la contribuzione dei foresti in generale), non si capisce davvero come una famiglia che guadagni venti possa risparmiare dodici per ogni suo componente. La Banca Mondiale dice che le rimesse dichiarate sono all'incirca la metà di quelle effettive: il nostro dubbio si fa sempre più angoscioso. I cinesi stampano soldi? Allevano galline che depongono uova d'oro? Che ci sia qualcosa di prodigioso nella loro "laboriosità" è provato sia dall'affetto con cui il ministro Riccardi visita le loro comunità, sia nella rapidità con cui si è "suicidato" il malvivente marocchino che aveva assassinato e rapinato lo scorso gennaio a Roma un agente cinese dedito al "money tran-fer". I cinesi sono solo la punta dell'iceberg che l'Agenzia delle Entrate dovrebbe finalmente decidersi a esplorare.
Ogni giorno Monti di Nottingham si inventa una nuova gabella, qualche trucco per spremere i sudditi, soprattutto quelli che si ostinano a voler lavorare e produrre ricchezza. Fà anche finta di farlo con una certa maliziosa equanimità, sostenendo di tartassare tutti senza distinzione di ceto sociale e di collocazione geografica. La cosa è discutibile perché ci sono categorie che vengono trattate con i guanti. Una di queste, sicuramente la più grande in termini numerici, è quella degli stranieri regolari e irregolari che costituiscono per il fisco una sorta di zona franca: i primi sono coccolati e i secondi tranquillamente ignorati. Si sta parlando di una massa che si avvicina a sei milioni di persone: una "regione" più popolosa del Lazio e della Campania, di un quarto più grande di Piemonte, Veneto ed Emilia e di solo un terzo inferiore alla Lombardia.
Quando si parla di stranieri si deve sempre fare i conti con dati evanescenti, parziali, inesatti, stimati, insomma con una insidiosa cortina fumogena di incertezze creata ad arte da chi vuole mantenere il fenomeno in una affettuosa atmosfera di vaghezza.
Quel poco che emerge o sfugge è, però, sufficiente a generare inquietudine. La Fondazione Moressa parla per il 2009 di circa 3 miliardi di euro versati in tributi dall'intera comunità straniera: nello stesso anno il Veneto ha versato in sola Irpef 63 miliardi e la meno virtuosa Campania "solo" 44: entrambe le regioni hanno meno abitanti di tutti gli stranieri messi assieme. Pur fatta la tara del contributo dei foresti nelle due regioni, è credibile che gli ospiti dichiarino e paghino ciascuno il 15,2% o il 17,5% di quanto faccia un indigeno? Invece che inseguire gli scontrini fiscali, gli agenti del fisco non farebbero meglio a farsi un giro nelle comunità foreste?
Ci sono altri numeri che lasciano per lo meno perplessi. Secondo l'Istat e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il reddito medio delle famiglie composte da almeno un cinese veniva stimato nel 2008 attorno ai 20mila euro. La Fondazione Moressa ci informa che nel 2011 i cinesi hanno spedito come rimesse al proprio paese di origine 12.085 euro a testa. A meno che i redditi dei cinesi siano prodigiosamente lievitati in tre anni (cosa che contraddirebbe l'affermazione della stessa autorevole fonte che indica in un calo annuo dello 0,6% la contribuzione dei foresti in generale), non si capisce davvero come una famiglia che guadagni venti possa risparmiare dodici per ogni suo componente. La Banca Mondiale dice che le rimesse dichiarate sono all'incirca la metà di quelle effettive: il nostro dubbio si fa sempre più angoscioso. I cinesi stampano soldi? Allevano galline che depongono uova d'oro? Che ci sia qualcosa di prodigioso nella loro "laboriosità" è provato sia dall'affetto con cui il ministro Riccardi visita le loro comunità, sia nella rapidità con cui si è "suicidato" il malvivente marocchino che aveva assassinato e rapinato lo scorso gennaio a Roma un agente cinese dedito al "money tran-fer". I cinesi sono solo la punta dell'iceberg che l'Agenzia delle Entrate dovrebbe finalmente decidersi a esplorare.
Chi è il legittimo creditore?
Ricevo spesso le interessanti mail di tale "Giorgio" (senza ulteriori riferimenti... per cui mi è impossibile identificare chi sia) che propone analisi molto logiche e sensate della situazione economica e politica.
Propongo ai frequentatori del blog la prima parte di una di queste analisi, in cui "Giorgio" scrive cose di assoluta ovvietà, ma che è bene tenere ben presenti in testa per non perdere la chiarezza delle idee. (Preciso doverosamente che, nel seguito dell'analisi che non posto solo per ragioni di lunghezza, si leggono dettagliatissimi approfondimenti tecnici ed economici.).
Maggio 2012. Il mondo sprofonda nel debito, caracollando sull’orlo di un Armageddon finanziario. Questo è il coro che si sente ripetere ovunque da mesi. Dopo la Grecia, anche Spagna, Italia e Portogallo sono ad un passo dalla catastrofe a causa di ciclopici fardelli di debiti che non potranno mai venire pagati. E i debiti dei PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) sono nulla paragonati ai trilioni di debito accumulati da Stati Uniti e Giappone. Anche Francia e Inghilterra sono messe male e scavando scopriamo – sorpresa! Sorpresa! – che la stessa virtuosissima Germania sarebbe a rischio stritolamento da debiti, tanto che le famigerate agenzie di rating americane hanno ventilato anche per essa il possibile declassamento. Ma come? Uno dei paesi che meglio funziona al mondo viene giudicato potenzialmente insolvibile? Sorge a questo punto la domanda che tutti dovrebbero fare, ma che (quasi) nessuno osa formulare:
Ma se tutti i paesi del mondo sono così mostruosamente indebitati… chi è il legittimo creditore? Chi cavolo è il legittimo creditore ultimo di tutto questo ben di dio, al cui paragone i fantastiliardi di zio Paperone paiono noccioline? Ci si aspetterebbe che al mondo ci siano nazioni debitrici e nazioni creditrici – così ci è parso a lungo, il terzo mondo in debito ed il primo mondo in credito – ma d’un tratto ci viene raccontato che tutto il mondo si sia improvvisamente trasformato in terzo mondo indebitato – a parte la Cina oggi non se ne vedono molti creditori in giro. Anzi no, neppure la Cina si salva: Moodys tiene a farci sapere che anche la Cina è nella merda fino al collo con i debiti! Tutti, tutti debitori quindi, e debitori di cifre favolose, che sfidano l’umana immaginazione. Come è possibile?
Se tutte le nazioni sono indebitate, i debitori ultimi sono tutti i cittadini che costituiscono le nazioni. Esseri umani, quindi. Li possiamo vedere, li possiamo contare. In effetti siamo noi, oppure persone come noi. Siamo tutti, tutti, tutti indebitati. Ma se noi tutti, tutti, tutti siamo indebitati, chi diamine sono i creditori? Altri esseri umani? Impossibile. In quanto cittadini gli esseri umani sono tutti indebitati. Se tutte le nazioni del mondo sono debitrici ne consegue logicamente che tutti gli esseri umani del mondo sono indebitati. Ma il valore del mondo è generato proprio da tutti i miliardi di persone che nel mondo lavorano, faticano e così facendo producono valore. Come possono tutte le persone del mondo essere indebitate quando tutto ciò che vale è stato prodotto da esse? Com’è possibile che i debitori siano proprio quelli che il valore lo hanno creato? Verrebbe da dedurne che creditori non possono quindi essere umani. Che si tratti di extraterrestri?
Peggio, come ormai la gente sa, si tratta di banche. Ma cos’è in effetti una banca?
Nell’immaginario popolare, la banca è un posto dove ci si mettono i propri risparmi per scongiurare il rischio di perderli o che ci vengano rubati. A rigore di logica, le banche dovrebbero contenere solo i soldi che gli esseri umani hanno loro affidato. Quindi, come è possibile che le banche siano riuscite ad indebitare ogni singolo essere umano della terra usando i loro stessi soldi?
Propongo ai frequentatori del blog la prima parte di una di queste analisi, in cui "Giorgio" scrive cose di assoluta ovvietà, ma che è bene tenere ben presenti in testa per non perdere la chiarezza delle idee. (Preciso doverosamente che, nel seguito dell'analisi che non posto solo per ragioni di lunghezza, si leggono dettagliatissimi approfondimenti tecnici ed economici.).
Maggio 2012. Il mondo sprofonda nel debito, caracollando sull’orlo di un Armageddon finanziario. Questo è il coro che si sente ripetere ovunque da mesi. Dopo la Grecia, anche Spagna, Italia e Portogallo sono ad un passo dalla catastrofe a causa di ciclopici fardelli di debiti che non potranno mai venire pagati. E i debiti dei PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) sono nulla paragonati ai trilioni di debito accumulati da Stati Uniti e Giappone. Anche Francia e Inghilterra sono messe male e scavando scopriamo – sorpresa! Sorpresa! – che la stessa virtuosissima Germania sarebbe a rischio stritolamento da debiti, tanto che le famigerate agenzie di rating americane hanno ventilato anche per essa il possibile declassamento. Ma come? Uno dei paesi che meglio funziona al mondo viene giudicato potenzialmente insolvibile? Sorge a questo punto la domanda che tutti dovrebbero fare, ma che (quasi) nessuno osa formulare:
Ma se tutti i paesi del mondo sono così mostruosamente indebitati… chi è il legittimo creditore? Chi cavolo è il legittimo creditore ultimo di tutto questo ben di dio, al cui paragone i fantastiliardi di zio Paperone paiono noccioline? Ci si aspetterebbe che al mondo ci siano nazioni debitrici e nazioni creditrici – così ci è parso a lungo, il terzo mondo in debito ed il primo mondo in credito – ma d’un tratto ci viene raccontato che tutto il mondo si sia improvvisamente trasformato in terzo mondo indebitato – a parte la Cina oggi non se ne vedono molti creditori in giro. Anzi no, neppure la Cina si salva: Moodys tiene a farci sapere che anche la Cina è nella merda fino al collo con i debiti! Tutti, tutti debitori quindi, e debitori di cifre favolose, che sfidano l’umana immaginazione. Come è possibile?
Se tutte le nazioni sono indebitate, i debitori ultimi sono tutti i cittadini che costituiscono le nazioni. Esseri umani, quindi. Li possiamo vedere, li possiamo contare. In effetti siamo noi, oppure persone come noi. Siamo tutti, tutti, tutti indebitati. Ma se noi tutti, tutti, tutti siamo indebitati, chi diamine sono i creditori? Altri esseri umani? Impossibile. In quanto cittadini gli esseri umani sono tutti indebitati. Se tutte le nazioni del mondo sono debitrici ne consegue logicamente che tutti gli esseri umani del mondo sono indebitati. Ma il valore del mondo è generato proprio da tutti i miliardi di persone che nel mondo lavorano, faticano e così facendo producono valore. Come possono tutte le persone del mondo essere indebitate quando tutto ciò che vale è stato prodotto da esse? Com’è possibile che i debitori siano proprio quelli che il valore lo hanno creato? Verrebbe da dedurne che creditori non possono quindi essere umani. Che si tratti di extraterrestri?
Peggio, come ormai la gente sa, si tratta di banche. Ma cos’è in effetti una banca?
Nell’immaginario popolare, la banca è un posto dove ci si mettono i propri risparmi per scongiurare il rischio di perderli o che ci vengano rubati. A rigore di logica, le banche dovrebbero contenere solo i soldi che gli esseri umani hanno loro affidato. Quindi, come è possibile che le banche siano riuscite ad indebitare ogni singolo essere umano della terra usando i loro stessi soldi?
mercoledì 16 maggio 2012
Il "pasticciaccio brutto" degli F-35 è in realtà una truffa ai danni del popolo?!
Ci siamo già occupati della vicenda dell'acquisto degli F-35: http://albertocostanzo.blogspot.it/2012/02/il-pasticciaccio-brutto-degli-f-35.html.
Ora arrivano nuove, sconcertanti rivelazioni.
Dal sito violapost.it, di Massimo Malerba:
Lo scandalo degli F-35, abbiamo speso 17 miliardi per aerei difettosi – Il dossier
L’ultimo dossier del US Government Accountability Office (la Corte dei Conti americana), reso pubblico il 20 marzo scorso è destinato a scoperchiare la più grande truffa della storia militare americana (e italiana). Il rapporto è dedicato al programma Joint Fight Striker, ossia la realizzazione dei cacciabombarderi F-35 costata fino ad oggi 170 miliardi, 17 miliardi (praticamente il costo di una manovra economica) alla sola Italia . Il rapporto dei “contabili” di Washington dice una cosa molto chiara e inquietante: la produzione degli F35 (compresi i 135, poi diventati 90, che il nostro governo ha precipitosamente acquistato) è iniziata con la pratica della “concurrency”, ossia quando ancora gli studi, i test a terra e in volo, i collaudi dei singoli componenti non si erano conclusi. Con una conseguenza clamorosa: i cacciabombardieri sono difettosi, degli autentici rottami volanti.
“Il design dell’F35 – spiega il rapporto – è quasi certamente da rifare, perché l’apparecchio non vola bene, dà ‘scossoni”; esiste “il rischio che l’aereo possa non svolgere le funzioni chiave di combattimento per il quale è stato ideato”, che ”la trasmissione dati tra elmetto e aereo avviene con lentezza e con scarsa affidabilità, tanto da mettere a repentaglio la capacità di pilotare l’F35 in situazioni di combattimento” e “solo il 4% dei requisiti di sistema per le missioni per la piena operatività sono stati pienamente verificati”. Insomma, il governo italiano ha buttato via 17 miliardi di euro per acquistare degli aerei bluff, non verificati nel 96% dei suoi componenti, con gravi errori di progettazione che, negli ultimi tre anni hanno fatto lievitare il costo del progetto di circa 15 miliardi di dollari cui si aggiungeranno altri 13 miliardi di dollari l’anno da qui al 2035. E’ come se acquistaste una macchina e vi dicessero che però è tutta da rifare (a carico vostro). Insomma, un pozzo senza fondo in cui è caduta incredibilmente anche l’Italia e che sposta miliardi di euro di risorse pubbliche dallo stato sociale alle tasche delle industrie belliche. Un bel regalo per l’americana Lockheed Martin, capofila del progetto e per Alenia Aeronautica (gruppo Finmeccanica).
Ecco il rapporto della Corte dei Conti americana. Qui il dossier integrale
Il mese successivo alla pubblicazione del rapporto, ossia poche settimane fa, ad aprile 2012, venuto a conoscenza delle gravi implicazioni economiche del progetto, il governo canadese (così come aveva già fatto il governo australiano) ne è uscito velocemente:
Ecco il documento del governo canadese
Ma già a dicembre 2011, un resoconto di Aviation week metteva in guardia sulla reale efficacia operativa degli F-35, cosa che peraltro, nei suoi rapporti pubblici, la Corte dei Conti americana fa ormai da anni: “Gli effetti della concurrency -scrive l’US Government Accountability Office ”sono apparsi particolarmente evidenti nel 2011, quando il programma JSF è incorso in un aggravio di spesa per risistemare apparecchi già costruiti correggendo difetti scoperti durante i test successivi”
E dunque il governo Monti sapeva ma non ha informato i cittadini quando, nel febbraio del 2012, nel bel mezzo di una crisi economica senza precedenti, il ministro “tecnico” della Difesa, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola (foto a destra), aveva annunciato pomposamente che l’Italia avrebbe acquistato solo 90 F35, invece dei 131 inizialmente prenotati, così da ottenere un risparmio di cinque miliardi di euro: una clamorosa menzogna, smentita dalla preoccupante escalation dei costi prevista nel rapporto americano, di cui il ministro “tecnico” (?) Di Paola era già a conoscenza e che ha volutamente omesso. Un genio: 17 miliardi di euro (di cui 2 miliardi e mezzo già pagati alle imprese) per 90 caccia non solo inutili ma anche difettosi. E adesso chi paga?
Ora arrivano nuove, sconcertanti rivelazioni.
Dal sito violapost.it, di Massimo Malerba:
Lo scandalo degli F-35, abbiamo speso 17 miliardi per aerei difettosi – Il dossier
L’ultimo dossier del US Government Accountability Office (la Corte dei Conti americana), reso pubblico il 20 marzo scorso è destinato a scoperchiare la più grande truffa della storia militare americana (e italiana). Il rapporto è dedicato al programma Joint Fight Striker, ossia la realizzazione dei cacciabombarderi F-35 costata fino ad oggi 170 miliardi, 17 miliardi (praticamente il costo di una manovra economica) alla sola Italia . Il rapporto dei “contabili” di Washington dice una cosa molto chiara e inquietante: la produzione degli F35 (compresi i 135, poi diventati 90, che il nostro governo ha precipitosamente acquistato) è iniziata con la pratica della “concurrency”, ossia quando ancora gli studi, i test a terra e in volo, i collaudi dei singoli componenti non si erano conclusi. Con una conseguenza clamorosa: i cacciabombardieri sono difettosi, degli autentici rottami volanti.
“Il design dell’F35 – spiega il rapporto – è quasi certamente da rifare, perché l’apparecchio non vola bene, dà ‘scossoni”; esiste “il rischio che l’aereo possa non svolgere le funzioni chiave di combattimento per il quale è stato ideato”, che ”la trasmissione dati tra elmetto e aereo avviene con lentezza e con scarsa affidabilità, tanto da mettere a repentaglio la capacità di pilotare l’F35 in situazioni di combattimento” e “solo il 4% dei requisiti di sistema per le missioni per la piena operatività sono stati pienamente verificati”. Insomma, il governo italiano ha buttato via 17 miliardi di euro per acquistare degli aerei bluff, non verificati nel 96% dei suoi componenti, con gravi errori di progettazione che, negli ultimi tre anni hanno fatto lievitare il costo del progetto di circa 15 miliardi di dollari cui si aggiungeranno altri 13 miliardi di dollari l’anno da qui al 2035. E’ come se acquistaste una macchina e vi dicessero che però è tutta da rifare (a carico vostro). Insomma, un pozzo senza fondo in cui è caduta incredibilmente anche l’Italia e che sposta miliardi di euro di risorse pubbliche dallo stato sociale alle tasche delle industrie belliche. Un bel regalo per l’americana Lockheed Martin, capofila del progetto e per Alenia Aeronautica (gruppo Finmeccanica).
Ecco il rapporto della Corte dei Conti americana. Qui il dossier integrale
Il mese successivo alla pubblicazione del rapporto, ossia poche settimane fa, ad aprile 2012, venuto a conoscenza delle gravi implicazioni economiche del progetto, il governo canadese (così come aveva già fatto il governo australiano) ne è uscito velocemente:
Ecco il documento del governo canadese
Ma già a dicembre 2011, un resoconto di Aviation week metteva in guardia sulla reale efficacia operativa degli F-35, cosa che peraltro, nei suoi rapporti pubblici, la Corte dei Conti americana fa ormai da anni: “Gli effetti della concurrency -scrive l’US Government Accountability Office ”sono apparsi particolarmente evidenti nel 2011, quando il programma JSF è incorso in un aggravio di spesa per risistemare apparecchi già costruiti correggendo difetti scoperti durante i test successivi”
E dunque il governo Monti sapeva ma non ha informato i cittadini quando, nel febbraio del 2012, nel bel mezzo di una crisi economica senza precedenti, il ministro “tecnico” della Difesa, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola (foto a destra), aveva annunciato pomposamente che l’Italia avrebbe acquistato solo 90 F35, invece dei 131 inizialmente prenotati, così da ottenere un risparmio di cinque miliardi di euro: una clamorosa menzogna, smentita dalla preoccupante escalation dei costi prevista nel rapporto americano, di cui il ministro “tecnico” (?) Di Paola era già a conoscenza e che ha volutamente omesso. Un genio: 17 miliardi di euro (di cui 2 miliardi e mezzo già pagati alle imprese) per 90 caccia non solo inutili ma anche difettosi. E adesso chi paga?
domenica 13 maggio 2012
Notizie dal "fronte dell'islam".
Tanti, tanti anni fa ero stato uno dei primissimi a recensire in Italia "The clash of civilizations". Il saggio di Huntington mi aveva affascinato e trovavo convincente lo scenario di un mondo futuro caratterizzato da conflitti, prodotti non dall'economia o da ragioni politico-militari, bensì da scontri tra culture e religioni.
Negli anni successivi, il libro fu molto criticato perchè fu accusato di non essere uno studio scientifico bensì il "manifesto" di una certa area ideologica statunitense (poi impostasi, quanto meno nella politica estera degli USA) che desiderava, "voleva" quel tipo di scontro di civiltà ritenendo di poter trarre vantaggi da una maggiore conflittualità tra aree culturali, a livello planetario.
In effetti, certamente non si può dire che gli USA facciano molto per evitare questi conflitti, ed anche sul nostro blog si è già parlato del sospetto che essi sostengano il fondamentalismo islamico (http://albertocostanzo.blogspot.it/2012/03/gli-usa-sostengono-i-fondamentalisti.html).
Parto da questa premessa per osservare che certe notizie che ci provengono dal "fronte dell'islam" sono francamente sconcertanti. Il nuovo Primo Ministro marocchino (dei Fratelli Musulmani) che si rifiuta di parlare con il Ministro belga Annemie Turtelboom, umiliandola pubblicamente, perchè la Turtelboom è una donna. La manifestazione pubblica di Al-qaida in Germania (ma Al-qaida non era un movimento terrorista...??). Le 100.000 donne che hanno subito l'escissione in Gran Bretagna senza, pare, una sola condanna.
Non vado oltre. Ognuno ragioni da sè.
Negli anni successivi, il libro fu molto criticato perchè fu accusato di non essere uno studio scientifico bensì il "manifesto" di una certa area ideologica statunitense (poi impostasi, quanto meno nella politica estera degli USA) che desiderava, "voleva" quel tipo di scontro di civiltà ritenendo di poter trarre vantaggi da una maggiore conflittualità tra aree culturali, a livello planetario.
In effetti, certamente non si può dire che gli USA facciano molto per evitare questi conflitti, ed anche sul nostro blog si è già parlato del sospetto che essi sostengano il fondamentalismo islamico (http://albertocostanzo.blogspot.it/2012/03/gli-usa-sostengono-i-fondamentalisti.html).
Parto da questa premessa per osservare che certe notizie che ci provengono dal "fronte dell'islam" sono francamente sconcertanti. Il nuovo Primo Ministro marocchino (dei Fratelli Musulmani) che si rifiuta di parlare con il Ministro belga Annemie Turtelboom, umiliandola pubblicamente, perchè la Turtelboom è una donna. La manifestazione pubblica di Al-qaida in Germania (ma Al-qaida non era un movimento terrorista...??). Le 100.000 donne che hanno subito l'escissione in Gran Bretagna senza, pare, una sola condanna.
Non vado oltre. Ognuno ragioni da sè.
Quale "sanzione sociale" per l'evasore Corrado Passera?
In questi giorni, alcuni istituti di credito sono, di nuovo, sotto osservazione per una serie di presunti illeciti.
Quindi, mi sembra il momento opportuno per ricordare la notizia, risalente ad alcune settimane fa, dello straordinario trattamento ultraprivilegiato riservato dal governo ad alcuni mega-evasori: Monte dei Paschi, Bnaca Intesa, Banca Popolare di Milano, Unicredit...
Lo facciamo con un articolo tratto dal bel sito www.rischiocalcolato.it, che inquadra bene la vicenda:
Quindi, mi sembra il momento opportuno per ricordare la notizia, risalente ad alcune settimane fa, dello straordinario trattamento ultraprivilegiato riservato dal governo ad alcuni mega-evasori: Monte dei Paschi, Bnaca Intesa, Banca Popolare di Milano, Unicredit...
Lo facciamo con un articolo tratto dal bel sito www.rischiocalcolato.it, che inquadra bene la vicenda:
Disse il Ministro Corrado Passera, a margine del forum Ambrosetti:
da DALLAPARTEDELTORTO (articolo del 18 Dicembre 2011)
Molto interessante a questo proposito il pezzo scovato da FabioFlos su Libero:
“Certamente non può essere più considerato furbizia non pagare le tasse Anche gli ultimi dati dicono che ci devono essere più controlli e migliori norme, ma alla fine ci deve essere anche una sanzione sociale. Non deve essere tollerabile anche tra le persone che chi può contribuire in maniera adeguata non lo fa, come avviene adesso. Perché questa situazione cambi ci vuole uno sforzo di tutti”.Seguendo questo criterio e usando una ragionevole progressività nelle “sanzioni sociali” applicate all’evasore fiscale, al Ministro Corrado Passera a occhio direi che andrebbe comminata la tortura seguita dalla lapidazione su pubblica piazza:
da DALLAPARTEDELTORTO (articolo del 18 Dicembre 2011)
Sulla questione vi prego di considerare il sole 24 Ore:QUESTI CI PRENDON PER IL CULO!!!In un editoriale di prima pagina sul Fatto Quotidiano Marco Travaglio se la prende con il Corriere della Sera e con gran parte della stampa italiana che ha nascosto o confinato nelle pagine interne la notizia assai clamorosa della condanna per evasione fiscale di alcune grandi banche italiane che dovranno sborsare al fisco complessivamente circa 800 milioni di euro più gli interessi maturati.Nella lista degli evasori ci sono Montepaschi, Unicredit, Bpm, Credem e dulcis in fundo Intesa Sanpaolo che ha versato al fisco ben 270 milioni evasi, secondo l’Agenzia delle Entrate, dal colosso bancario guidato fino a qualche settimana fa dall’attuale ministro Corrado Passera.Non si può dare torto a Marco Travaglio: una notizia del genere in qualsiasi altro paese avrebbe preso le principali pagine dei giornali e non lo spazio di una notiziola di serie b come è avvenuto sul Corriere della Sera.Sul banco degli imputati per evasione fiscale è salito infatti l’intero sistema bancario italiano reo di aver evaso il fisco negli anni 2005-2007.Se questa non è una notizia da prima pagina stento a capire quali siano le notizie degne di questo nome.E il fatto che le banche chiamate in causa dall’Agenzia delle Entrate abbiano scucito i quattrini dovuti significa che il Fisco era dalla parte della ragione. Ma c’è qualcosa di più.C’è un’aggravante, purtroppo, che riguarda Intesa Sanpaolo, perchè l’Istituto di credito guidato fino a poche settimane fa da Corrado Passera ha fornito al governo non soltanto il ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture ma anche una serie di personaggi che ruotavano attorno alla Banca, dal ministro Elsa Fornero al sottosegretario Mario Ciaccia.In un momento in cui il governo guidato da Mario Monti chiede al paese sacrifici e in particolare decide un ulteriore pesante aumento della pressione fiscale è a dir poco fastidioso venire a sapere che durante la gestione di Corrado Passera Banca Intesa evadeva le tasse per una cifra considerevole.Minimo il ministro Corrado Passera dovrebbe chiedere scusa agli italiani.A questo c’è da aggiungere che Intesa Sanpaolo è azionista del Corriere della Sera……..(quando si dice media sussidiati…)
Le stime a fine ottobre erano di un totale di due miliardi. A tanto ammonta il contenzioso fra banche e Fisco, ma la cifra potrebbe salire ulteriormente. Si tratta delle contestazioni dell’Agenzia delle Entrate alla gran parte del sistema bancario italiano per “abuso di diritto”. Diverse le transazioni già avvenute, ora sarebbe la volta di Intesa Sanpaolo. Dal bilancio 2010 emergeva che il contenzioso dell’istituto con il Fisco ammonta a 1,65 miliardi, cui si sommano 119 milioni come evidenziano nella relazione al 30 settembre 2011. Alla transazione con il Fisco sta lavorando la banca, ma non è dato sapere quali sono gli importi oggetti delle trattative con l’Agenzie dell’Entrate. Il consiglio di gestione di Ca’ de Sass di ieri non è stato, comunque, risolutivo a riguardo.Se volete approfondire il meccanismo con cui il Ministro Passera faceva allegramente evadere le tasse a Banca Intesa, vi suggerisco di leggere questo interessante e dettagliato paper. Ad essere onesti va detto che il Ministro Passera era in buona compagnia, infatti quasi tutte le “banche italiane di un certo livello” hanno frodato e poi transato con il fisco.
Molto interessante a questo proposito il pezzo scovato da FabioFlos su Libero:
Fa impressione quella cifra- 12 miliardi di euro- recuperata nel 2011 all’evasione secondo i dati divulgati da Mario Monti. Un po’ perchè solo due settimane prima dell’incontro con il governo il direttore della Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, aveva detto in Parlamento che i miliardi recuperati l’anno prima erano 11. Avranno qualche problema di calcolo, da quele parti.O forse hanno tenuto la sorpresa del miliardo in più scovato in extremis per il premier.Dunque, che diceva il Ministro Passera? “Sanzione sociale”? Uhmmmm… per me va bene.
Ma il 2011 rischia di essere un anno irripetibile. Quando trovi più in un colpo solo la Bosch che patteggia con il fisco 300 milioni di euro,
Solo i casi resi noti (ci sono anche Credem e Carige che io sappia n di fk) sulla stampa hanno portato 1,5 miliardi di euro nelle casse dello Stato come sanatoria per gli anni precedenti. Una vittoria del fisco, ma fino a un certo punto: la Bosch ha preferito pagare subito 300 che ricorrere contro cartelle per 1,5 miliardi. Magari è lei ad avere perso 300, forse è il fisco che ha perso 1,2 miliardi per fare subito il risultato. Montepaschi ha pagato 260 per evitare i processi su 1,08 miliardi di euro. La Popolare di Milano ha pagato subito 186 invece dei 313 contestati. Tutti i rilievi della Agenzia delle Entrate riguardavano molti anni precedenti. E il patteggiamento ha funzionato come un mezzo condono: si paga molto meno per chiudere tombalmente il proprio passato. Spesso non si è trattato nemmeno di evasione fiscale vera e propria, ma di elusione o ancora peggio di contestazioni sull’abuso di diritto, grazie alle sentenze della Cassazione. Ti accusano di avere fatto quella operazione -legalissima- solo per pagare meno tasse, e se non riesci a convincerli che c’era una ragione imprenditoriale o commerciale vera, ti possono contestare quello sconto come evasione vera e propria. Con i conti dello Stato in questa condizione, tutto passa in cavalleria, anche qualcosa al limite della legalità come l’abuso di diritto. Ma una volta chiuso il passato con il condono, l’arma è spuntata. E il 2012 rischia di essere tutto in salita…
- il Monte dei Paschi che patteggia per 260 milioni,
- Banca Intesa che patteggia per 250 milioni,
- la Banca popolare di Milano che patteggia per 186 milioni di euro,
- Unicredit che lo fa per 99 milioni di euro.
giovedì 10 maggio 2012
Monti e il "vizio" del debito
La notizia, diffusa in questi ultimi giorni, della crescita vertiginosa del debito pubblico durante i mesi del governo Monti, offre lo spunto ad un bravo giornalista emergente, Andrea Degl'Innocenti, per un sorprendente excursus storico.
Da leggere.
Dal sito www.ilcambiamento.it:
Una ricerca condotta da Adusbef e Federconsumatori mostra che il debito pubblico italiano sta crescendo a ritmi record
Monti e il debito. C'è qualcosa che lega indissolubilmente il nostro premier al debito sovrano del nostro paese. Nonostante questi si lanci in critiche, accuse, moniti; nonostante dipinga il debito come una divinità malvagia da sconfiggere a tutti i costi, al cui altare è necessario sacrificare diritti sociali e di cittadinanza, salute, istruzione e in qualche caso persino la vita, ogniqualvolta egli si trovi in posizioni di potere il mostro prolifera come non mai.
Sono dati di qualche giorno fa quelli raccolti da Adusbef e Federconsumatori, che certificano che il governo Monti detiene record dell’esecutivo che, negli ultimi 15 anni, ha registrato la crescita mensile del debito pubblico maggiore: 15,4 miliardi. Roba da far impallidire persino Berlusconi. Da febbraio 2011 a gennaio 2012 il debito è passato da 1.875,917 euro a 1.935,829, con un aumento di 59,912 miliardi. E continua a crescere. Sotto l'attuale governo, ogni minuto che passa il nostro debito aumenta di 360mila euro. E non è la prima volta che Monti combina scherzi di questo tipo.
Più volte il premier Mario Monti si è mostrato piuttosto duro con i suoi predecessori. Proprio oggi li ha accusati, nientemeno, di avere sulla coscienza l'ondata di suicidi e la carneficina sociale attuali. “Le conseguenze umane” della crisi, ha affermato, “dovrebbero far riflettere chi ha portato l'economia in questo stato e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire. Lo stato negativo e per certi versi drammatico dell'economia italiana è figlio di una insufficiente attenzione prestata in passato alle scelte di lungo periodo per le riforme strutturali”.
Giusto. Eppure, se torniamo un po' indietro nel tempo a vedere quali sono stati i governi, prima dell'attuale, a causare una maggiore crescita del debito, vediamo che un altro record spetta a Giulio Andreotti, nel doppio mandato dal 1989 1992. In quel periodo il debito passò da 553 miliardi circa di euro (attualizzati ad oggi) a 799 miliardi. Un incremento di 246 miliardi, il 44,53% in tre anni, fra i record assoluti della storia della Repubblica italiana. Anche volendo confrontare il dato con la relativa crescita del pil, l'aumento resta comunque impressionante, di circa il 13 per cento nel rapporto debito/pil. Ai tempi il ministro del bilancio era Cirino Pomicino, detto 'o ministro. E indovinate chi fu il suo maggiore consulente in ambito economico? Già, proprio il nostro Mario Monti.
Ma non è ancora finita. Torniamo più indietro negli anni, e andiamo al 1981. È l'anno dello storico divorzio fra Tesoro e banca d'Italia. Fino ad allora la banca centrale era obbligata a comprare i buoni emessi dal tesoro, e lo faceva a tassi agevolati. In seguito lo stato fu costretto a mettere le proprie obbligazioni sui mercati finanziari, con interessi che dipendevano dalle leggi del mercato di domanda e di offerta.
Ad ogni modo, proprio in quell'anno ci si trovava a dover decidere le nuove strategie di finanziamento dello stato. Ed ecco rispuntare il nome di Mario Monti, allora giovane e rampante economista. Ecco, di seguito, come ricostruisce la vicenda il Generale Piero Laporta in un articolo per Italia Oggi.
“Nel giugno 1981, una commissione di studio, presieduta da Paolo Baffi, direttore generale di Bankitalia, deliberò di seguire lo schema d'un giovanotto, molto stimato dai Rothschild, tale Mario Monti, il quale propose l'emissione di titoli a lungo termine, con aste mensili e quindicinali, in modo che il rendimento cedolare fosse fissato dal mercato, con scadenze tra i 5 e i 7 anni. Il che, a detta del professorino, garantiva il potere d'acquisto e, secondo gli esiti delle aste, un piccolo rendimento dell'1-2%. Il Tesoro, zufolò Monti, avrebbe avuto da 5 a 7 anni per programmare e finanziare meglio la spesa pubblica.”
Non andò così. Gli interessi sul credito che veniva concesso furono fin da subito enormi, e il deficit italiano balzò immediatamente alle stelle, tanto che si resero necessarie nuove tasse. “Aumentarono tasse e benzina – continua Laporta -, le spese sanitarie sfondarono di mille miliardi di lirette il finanziamento statale”. Un altro disastro insomma.
Eppure, a dispetto del suo curriculum (a dire il vero piuttosto difficile da rintracciare), Monti è chiamato oggi a risanare il debito. E, a dispetto dei risultati passati e presenti (e - è lecito temere – futuri) gode di una stabile maggioranza parlamentare e in molti sono ancora convinti che stia lavorando bene, che i sacrifici da lui richiesti siano necessari e così via.
Da leggere.
Dal sito www.ilcambiamento.it:
Una ricerca condotta da Adusbef e Federconsumatori mostra che il debito pubblico italiano sta crescendo a ritmi record
Monti e il debito. C'è qualcosa che lega indissolubilmente il nostro premier al debito sovrano del nostro paese. Nonostante questi si lanci in critiche, accuse, moniti; nonostante dipinga il debito come una divinità malvagia da sconfiggere a tutti i costi, al cui altare è necessario sacrificare diritti sociali e di cittadinanza, salute, istruzione e in qualche caso persino la vita, ogniqualvolta egli si trovi in posizioni di potere il mostro prolifera come non mai.
Sono dati di qualche giorno fa quelli raccolti da Adusbef e Federconsumatori, che certificano che il governo Monti detiene record dell’esecutivo che, negli ultimi 15 anni, ha registrato la crescita mensile del debito pubblico maggiore: 15,4 miliardi. Roba da far impallidire persino Berlusconi. Da febbraio 2011 a gennaio 2012 il debito è passato da 1.875,917 euro a 1.935,829, con un aumento di 59,912 miliardi. E continua a crescere. Sotto l'attuale governo, ogni minuto che passa il nostro debito aumenta di 360mila euro. E non è la prima volta che Monti combina scherzi di questo tipo.
Più volte il premier Mario Monti si è mostrato piuttosto duro con i suoi predecessori. Proprio oggi li ha accusati, nientemeno, di avere sulla coscienza l'ondata di suicidi e la carneficina sociale attuali. “Le conseguenze umane” della crisi, ha affermato, “dovrebbero far riflettere chi ha portato l'economia in questo stato e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire. Lo stato negativo e per certi versi drammatico dell'economia italiana è figlio di una insufficiente attenzione prestata in passato alle scelte di lungo periodo per le riforme strutturali”.
Giusto. Eppure, se torniamo un po' indietro nel tempo a vedere quali sono stati i governi, prima dell'attuale, a causare una maggiore crescita del debito, vediamo che un altro record spetta a Giulio Andreotti, nel doppio mandato dal 1989 1992. In quel periodo il debito passò da 553 miliardi circa di euro (attualizzati ad oggi) a 799 miliardi. Un incremento di 246 miliardi, il 44,53% in tre anni, fra i record assoluti della storia della Repubblica italiana. Anche volendo confrontare il dato con la relativa crescita del pil, l'aumento resta comunque impressionante, di circa il 13 per cento nel rapporto debito/pil. Ai tempi il ministro del bilancio era Cirino Pomicino, detto 'o ministro. E indovinate chi fu il suo maggiore consulente in ambito economico? Già, proprio il nostro Mario Monti.
Ma non è ancora finita. Torniamo più indietro negli anni, e andiamo al 1981. È l'anno dello storico divorzio fra Tesoro e banca d'Italia. Fino ad allora la banca centrale era obbligata a comprare i buoni emessi dal tesoro, e lo faceva a tassi agevolati. In seguito lo stato fu costretto a mettere le proprie obbligazioni sui mercati finanziari, con interessi che dipendevano dalle leggi del mercato di domanda e di offerta.
Ad ogni modo, proprio in quell'anno ci si trovava a dover decidere le nuove strategie di finanziamento dello stato. Ed ecco rispuntare il nome di Mario Monti, allora giovane e rampante economista. Ecco, di seguito, come ricostruisce la vicenda il Generale Piero Laporta in un articolo per Italia Oggi.
“Nel giugno 1981, una commissione di studio, presieduta da Paolo Baffi, direttore generale di Bankitalia, deliberò di seguire lo schema d'un giovanotto, molto stimato dai Rothschild, tale Mario Monti, il quale propose l'emissione di titoli a lungo termine, con aste mensili e quindicinali, in modo che il rendimento cedolare fosse fissato dal mercato, con scadenze tra i 5 e i 7 anni. Il che, a detta del professorino, garantiva il potere d'acquisto e, secondo gli esiti delle aste, un piccolo rendimento dell'1-2%. Il Tesoro, zufolò Monti, avrebbe avuto da 5 a 7 anni per programmare e finanziare meglio la spesa pubblica.”
Non andò così. Gli interessi sul credito che veniva concesso furono fin da subito enormi, e il deficit italiano balzò immediatamente alle stelle, tanto che si resero necessarie nuove tasse. “Aumentarono tasse e benzina – continua Laporta -, le spese sanitarie sfondarono di mille miliardi di lirette il finanziamento statale”. Un altro disastro insomma.
Eppure, a dispetto del suo curriculum (a dire il vero piuttosto difficile da rintracciare), Monti è chiamato oggi a risanare il debito. E, a dispetto dei risultati passati e presenti (e - è lecito temere – futuri) gode di una stabile maggioranza parlamentare e in molti sono ancora convinti che stia lavorando bene, che i sacrifici da lui richiesti siano necessari e così via.
giovedì 3 maggio 2012
Igiene giuridica!
Ricevo il fascicolo n. 40/2012 della Rivista della Cooperazione Giuridica Internazionale e leggo con emozione e commozione (termini inusuali, ma questa volta appropriati) il breve scritto di apertura di Aldo Bernardini, Professore Emerito di diritto internazionale dell’Università di Teramo, dal titolo “Qualche po’ di igiene giuridica”.
Credo che il concetto di igiene giuridica sia veramente inedito. Il Prof . Bernardini ne fa uso in riferimento a taluni recenti accadimenti nello scenario internazionale, dimostrando che non tutti i giuristi hanno abdicato al loro ruolo nella società.
Una boccata d’ossigeno, una lectio magistralis da leggere obbligatoriamente nelle scuole.
Posto due brani dell’articolo:
...
Igiene giuridica è stata anche assicurata dal veto di Russia e Cina al Consiglio di sicurezza delle NU sulla questione iraniana. Il progetto di risoluzione presentato da diversi Stati arabi e occidentali porta il numero s/2012/77 in data 4 febbraio 2012. Appare assurda, anzi sfrontata, dopo la scelleratezza perpetrata contro la Libia con l’abuso di una risoluzione del C.d.s. che non prevedeva, nè avrebbe potuto legittimamente prevedere, un “mutamento di regine” a Tripoli (fino all’assassinio del legittimo leader Gheddafi), la pretesa che venisse aperta la strada ad una replica. Non mi soffermo sul ritrito copione del “massacri” ascritti al legittimo governo siriano a fronte di asseriti “inermi” manifestanti, in realtà bene armati e illecitamente sostenuti dall’esterno.
Il contrasto a rivolte interne è per chiarissima normativa internazionale compito, e addirittura dovere di fronte ad interessi stranieri minacciati, del governo costituito, certo tenuto – come però la controparte – ad osservare le norme umanitarie, ma non sino a farsi schiacciare. Le rivoluzioni autentiche devono vincere per forza propria, non per stimolo e sostegno dall’esterno.
Il principio di non ingerenza nei fatti interni con il divieto assoluto di promuovere dall’esterno il “mutamento di regime” è pur esso cardine insormontabile del diritto internazionale, legato alla sovranità.
Il veto attuale, quello sciaguratamente mancato nel caso della Libia, non ha fatto che riaffermare il principio: una risoluzione del C.d.s. con l’ingiunzione al vertice di uno Stato di abbandonare il potere sarebbe insanabilmente illegittima, Russia e Cina lo hanno semplicemente “dichiarato”, impedendo contro la Siria il crimine compiuto ai danni della Libia.
...
Un’altra situazione, pur diversa, legata alla sovranità statale è quella del fiscal compact firmato dai governi di 25 Stati europei (30 gennaio – 2 marzo 2012) in vista di un trattato con il fine di instaurare un controllo “esterno” sui bilanci statali di approvazione parlamentare, incluso poi l’inserimento nelle Costituzioni dell’esigenza del pareggio di bilancio.
Per limitarci all’Italia, si tratta di una prevista menomazione di sovranità che va ben oltre quanto si è preteso – a mio parere già con forzatura inammissibile, anche se sinora generalmente “trangugiata” – in base all’art. 11 Cost. sulle “limitazioni di sovranità”.
Restiamo sul piano costituzionale, e lasciamo i riflessi su quello internazionale: qui si ferisce una funzione essenziale del Parlamento sovrano, e quindi si attenta alla “sovranità popolare” dell’art. 1, 2° co., Cost., che fa perno sulla sovranità sovrana del Parlamento eletto dal popolo e che è oggetto di uno di quei principii fondamentali che secondo la Corte Costituzionale non sarebbero neppure suscettibili di revisione costituzionale.
In ogni caso non si potrebbe – ma lo si farà – per l’ennesima volta invocare l’art. 11 Cost. per sostenere un siffatto obbligo internazionale che dovrebbe venir sancito da un trattato, sulla base del testo intergovernativo, da ratificarsi in forza d legge ordinaria.
Si può obbligare il Parlamento ad una revisione costituzionale? Ed in particolare contro un principio fondamentale? E se sì, lo si potrebbe fare sulla base di una semplice legge ordinaria di autorizzazione alla ratifica e di esecuzione del trattato internazionale?
Vero è che si trova in elaborazione una modifica costituzionale dell’art. 81. Ci si domanda comunque se un Parlamento espressione della sovranità popolare possa essere sottoposto a siffatti vincoli, che equivalgono all’assunzione di una specifica dottrina economica, con la provocata impossibilità di adottare sovranamente politiche economiche diverse. Si è fin troppo usato l’art. 11 Cost. come valvola che consente all’esecutivo di prendere ogni sorta di misure che travalicano la Costituzione.
martedì 1 maggio 2012
Bagnasco loda Monti.
Che la Chiesa cattolica (o, per lo meno, i rottami della Chiesa cattolica rimasti dopo il Concilio Vaticano II) approvi l'operato del governo Monti, non è una novità di oggi. Però parlare di questi temi è sempre difficile, perchè si finisce inevitabilmente per dire delle ovvietà, o, se preferite, per fare dei discorsi "da bar". L'articolo di Francesco Maria Toscano, che oggi posto, ha il non piccolo pregio di commentare l'ennesima, infelice uscita del Prelato Tuttologo adottando linguaggio, modi e - soprattutto - argomenti adeguati, anche se, forse, non esaurienti.
Solo su un punto mi dissocio fermamente: per favore, lasciamo perdere gli elogi a don Gallo: di cattivi maestri ne abbiamo abbastanza.
Dal sito www.ilmoralista.it:
Esistono dei momenti storici nei quali la prudenza non è una virtù. Quello che oggi l’Europa vive, stordita dalle menzogne dei media di proprietà della classe padronale, è un nuovo Olocausto. Le lacrime di coccodrillo che i padroni spargono ipocritamente a beneficio di telecamera non bastano a lavarne le gravissime responsabilità. L’imprenditore suicidatosi a Nuoro dopo aver dovuto licenziare i figli e il portiere napoletano impiccatosi dopo avere ricevuto una lettera di licenziamento, sono vittime volute e consapevoli di un lucido progetto politico. Il darwinismo sociale ed economico oggi sublimato dai tecnici al potere, che seleziona la specie risparmiando i più scaltri e senza scrupoli, fa della istigazione al suicidio un elemento costitutivo della sua ragion d’essere. Tornano d’attualità antichi e macabri rituali, che vedono tristi protagonisti i moderni suicidi, costretti ad indossare forzatamente i panni delle vittime, immolate nella speranza di rabbonire lo spread, nuova divinità capricciosa e vendicativa. Il ridisegno della società europea in chiave schiavista e classista cavalca, certamente in maniera strumentale, una idea metafisica di crisi economica, ma si nutre anche e soprattutto di messaggi più celati, profondi, oscuri e in senso lato religiosi. Quando Monti si lascia scappare l’infelice frase secondo cui i suicidi italiani sarebbero ancora inferiori a quelli greci, riabilita inconsapevolmente una concezione pagana della vita e della dignità dell’uomo, quella stessa che permetteva all’imperatore di Roma antica di dilettarsi gustando le gesta dei gladiatori. Uomini che vivevano e morivano con il solo scopo di far divertire chi comanda. I bambini greci che svengono oggi in classe perché denutriti li trovate tali e quali negli occhi del bambino ebreo immortalato richiuso in un lager nazista. Di fronte a tanta crudeltà il silenzio pavido è complice. Alla luce di queste premesse ho trovato deprimenti e infausti alcuni passaggi di una intervista pubblicata oggi sul Messaggero di proprietà di Caltagirone al presidente della Cei Bagnasco. “L’operato del governo Monti sta tentando di mettere in sicurezza il sistema Paese”, trova il coraggio di dichiarare il Vescovo, tra le pieghe di una intervista zeppa di banalità e frasi fatte da fare invidia a Napolitano. Bagnasco è addolorato dai tanti suicidi, ma non trova il coraggio né la forza di individuare neppure a sommi capi cause e responsabilità. La radicalità del messaggio cristiano, pronto a condividere il martirio della croce per difendere principi e conquiste non negoziabili, non traspare quasi mai dalle parole soppesate dei vertici di una gerarchia che nel mezzo di un dramma epocale rispolvera inutili e irritanti tatticismi. C’è chi certamente, come Don Gallo, vive la carità, e chi invece preferisce conquistarsi la benevolenza dei potenti. A questi ultimi, incapaci di provare empatia per gli emarginati, i poveri e gli sconfitti, non resta che chiedere almeno di risparmiarci il vecchio e rassicurante rito della benedizione del condannato che precede l’entrata in scena del boia.
Solo su un punto mi dissocio fermamente: per favore, lasciamo perdere gli elogi a don Gallo: di cattivi maestri ne abbiamo abbastanza.
Dal sito www.ilmoralista.it:
Esistono dei momenti storici nei quali la prudenza non è una virtù. Quello che oggi l’Europa vive, stordita dalle menzogne dei media di proprietà della classe padronale, è un nuovo Olocausto. Le lacrime di coccodrillo che i padroni spargono ipocritamente a beneficio di telecamera non bastano a lavarne le gravissime responsabilità. L’imprenditore suicidatosi a Nuoro dopo aver dovuto licenziare i figli e il portiere napoletano impiccatosi dopo avere ricevuto una lettera di licenziamento, sono vittime volute e consapevoli di un lucido progetto politico. Il darwinismo sociale ed economico oggi sublimato dai tecnici al potere, che seleziona la specie risparmiando i più scaltri e senza scrupoli, fa della istigazione al suicidio un elemento costitutivo della sua ragion d’essere. Tornano d’attualità antichi e macabri rituali, che vedono tristi protagonisti i moderni suicidi, costretti ad indossare forzatamente i panni delle vittime, immolate nella speranza di rabbonire lo spread, nuova divinità capricciosa e vendicativa. Il ridisegno della società europea in chiave schiavista e classista cavalca, certamente in maniera strumentale, una idea metafisica di crisi economica, ma si nutre anche e soprattutto di messaggi più celati, profondi, oscuri e in senso lato religiosi. Quando Monti si lascia scappare l’infelice frase secondo cui i suicidi italiani sarebbero ancora inferiori a quelli greci, riabilita inconsapevolmente una concezione pagana della vita e della dignità dell’uomo, quella stessa che permetteva all’imperatore di Roma antica di dilettarsi gustando le gesta dei gladiatori. Uomini che vivevano e morivano con il solo scopo di far divertire chi comanda. I bambini greci che svengono oggi in classe perché denutriti li trovate tali e quali negli occhi del bambino ebreo immortalato richiuso in un lager nazista. Di fronte a tanta crudeltà il silenzio pavido è complice. Alla luce di queste premesse ho trovato deprimenti e infausti alcuni passaggi di una intervista pubblicata oggi sul Messaggero di proprietà di Caltagirone al presidente della Cei Bagnasco. “L’operato del governo Monti sta tentando di mettere in sicurezza il sistema Paese”, trova il coraggio di dichiarare il Vescovo, tra le pieghe di una intervista zeppa di banalità e frasi fatte da fare invidia a Napolitano. Bagnasco è addolorato dai tanti suicidi, ma non trova il coraggio né la forza di individuare neppure a sommi capi cause e responsabilità. La radicalità del messaggio cristiano, pronto a condividere il martirio della croce per difendere principi e conquiste non negoziabili, non traspare quasi mai dalle parole soppesate dei vertici di una gerarchia che nel mezzo di un dramma epocale rispolvera inutili e irritanti tatticismi. C’è chi certamente, come Don Gallo, vive la carità, e chi invece preferisce conquistarsi la benevolenza dei potenti. A questi ultimi, incapaci di provare empatia per gli emarginati, i poveri e gli sconfitti, non resta che chiedere almeno di risparmiarci il vecchio e rassicurante rito della benedizione del condannato che precede l’entrata in scena del boia.
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