Un'occasione importante per cercare di capire gli effetti che la "formidabile coppia" UE-BCE produce nella nostra vita!
mercoledì 30 novembre 2011
domenica 27 novembre 2011
sabato 26 novembre 2011
Come ha fatto Monti a diventare rettore della Bocconi?
Mi perdoneranno i frequentatori del blog se per una volta scado nel gossip, ma per anni ci siamo chiesti come ha fatto Di Pietro e diventare magistrato...
Dal sito RischioCalcolato - Finanza e Politica, a firma di Giuseppe S. Mela:
Dal sito RischioCalcolato - Finanza e Politica, a firma di Giuseppe S. Mela:
Prof. Mario Monti. L’unico economista con una sola citazione scientifica in tutta sua vita.
La Thomson Reuters, Web of Knowledge, Web of Science, é il database di tutte le pubblicazioni scientifiche edite dal 1889 ad oggi. E’ il database di riferimento per ricercare le pubblicazioni scientifiche di uno scienziato e le citazioni che esse hanno ricevuto.
Più lavori scientifici un ricercatore ha pubblicato su riviste internazionale e maggiore è il suo prestigio.
Più altri ricercatori citano ed usano i lavori che uno scienziato ha fatto e maggiore è la sua autorevolezza.
Ad esempio, Kurt Gödel ha ricevuto più di 44,900 citazioni. Il lavoro «Can quantum-mechanical description of physical reality be considered complete?» di Albert Einstein é stato citato 8,500 volte.
Un buon ricercatore a fine carriera ha pubblicato in media quaranta lavoro su riviste internazionali ed ha ricevuto circa duecentodieci citazioni da parte di lavori altrettanto pubblicati su riviste nternazionali.
Ciò premesso, domandiamoci quale é lo spessore scientifico del prof. Mario Monti, rettore dell’Università Bocconi di Milano.
Ecco cosa risponde la Thomson Reuters, Web of Knowledge, Web of Science:
Ingrandimento per leggere meglio:
Il prof. Mario Monti ha al suo attivo ben 13 pubblicazioni, avendo ricevuto un totale di una, dicansi una, citazione. La maggior parte dei Suoi lavori é stata pubblicata su il «Giornale degli Economisti e Annali di Economia», che non sono mai state citate nemmeno una volta proprio da nessuno.
Questo risultato illustra lo spessore scientifico del Personaggio.
Per evitare malevoli commenti, qui di seguito riporto il risultato della Thomson Reuters, Web of Knowledge, Web of Science per il sottoscritto, solo per comparare il Rettore della Bocconi con uno squincero qualsiasi:
Ingrandimento per leggere meglio:
GS Mela ha al suo attivo 203 pubblicazioni su riviste internazionali. Il lavoro pubblicato sul New England Journal of Medicine é stato citato 352 volte, mentre quello sul Lancet 141. Gli altri a seguito.
Adesso abbiamo preso coscienza dello spessore scientifico del prof. Mario Monti, e ci si domanda:
Come ha fatto a passare il concorso a cattedra?
Come ha fatto a diventare il rettore della Bocconi?
sabato 19 novembre 2011
Monti? Più poteri forti di lui non si può...
Utile articolo di Marcello Foa, direttore del gruppo editoriale svizzero Timedia, dal blog.ilgiornale.it.
Mario Monti continua a negare di essere un rappresenante dei Poteri forti; ieri ha sfioraro il ridicolo ricordano come l’Economist lo avesse definito il “Saddam Hussein del business Usa” per essersi opposto a Microsoft e Coca Cola quando era Commissario europeo. Frase ad effetto ma priva di fondamento.
Se fosse stato davvero Saddam Hussein avrebbe fatto un’altra fine, forse non così drammatica come quella del Raîs, ma oggi sarebbe un oscuro ed emarginato professore in pensione. Invece la Coca Cola che lui aveva “perseguitato” lo ha assunto come Consigliere, ma non è questo il punto.
Mario Monti non rappresenta i poteri forti, Mario Monti è parte costituente dei poteri forti. Monti è consigliere di Goldman Sachs (a proposito: ma si è dimesso?), è presidente della Trilaterale (ramo europeo), ha fondato il think tank Breugel di cui è presidente, è membro e assiduo frequentatore del Bilderberg. Naturalmente nelle biografie ufficiali scorda sistematicamente di ricordare la sua affiliazione alla Trilaterale e al Bilderberg. Perchè?
Altro che tecnico sobrio e neutrale, Monti è un uomo molto ambizioso che recepisce gli interessi di queste organizzazioni, le quali hanno forti interessi finanziari (Golmdan) o perseguono disegni non dichiarati e inquietanti. Su questi punti andrebbe incalzato dalla stampa e dal Parlamento; ma naturalmente questo non accade, se non marginalmente e con scarsa cognizione di causa da parte dei giornalisti.
Così Monti può perseguire i propri interessi, facendo leva sul sostegno dei compagni di cordata italiani .Ad esempio: oggi fa scandalo il bigliettino di Enrico Letta, nessuno scrive che Enrico Letta è un membro della Trilaterale, affiliazione che naturalmente il deputato Pd, come Monti, non rivendica nelle biografie ufficiali. Sapendo questo retroscena il suo gesto apparentemente ingenuo assume un altro significato
Perchè questa discrezione nei dirsi membri di Trilaterale e Bilderberg? Perchè questi misteri? Cosa aspetta l’opinione pubblica ad aprire gli occhi sul signor Monti e su Enrico Letta e su Mario Draghi e tanti altri venerati tecnici o addirittura padri della patria?
Mario Monti continua a negare di essere un rappresenante dei Poteri forti; ieri ha sfioraro il ridicolo ricordano come l’Economist lo avesse definito il “Saddam Hussein del business Usa” per essersi opposto a Microsoft e Coca Cola quando era Commissario europeo. Frase ad effetto ma priva di fondamento.
Se fosse stato davvero Saddam Hussein avrebbe fatto un’altra fine, forse non così drammatica come quella del Raîs, ma oggi sarebbe un oscuro ed emarginato professore in pensione. Invece la Coca Cola che lui aveva “perseguitato” lo ha assunto come Consigliere, ma non è questo il punto.
Mario Monti non rappresenta i poteri forti, Mario Monti è parte costituente dei poteri forti. Monti è consigliere di Goldman Sachs (a proposito: ma si è dimesso?), è presidente della Trilaterale (ramo europeo), ha fondato il think tank Breugel di cui è presidente, è membro e assiduo frequentatore del Bilderberg. Naturalmente nelle biografie ufficiali scorda sistematicamente di ricordare la sua affiliazione alla Trilaterale e al Bilderberg. Perchè?
Altro che tecnico sobrio e neutrale, Monti è un uomo molto ambizioso che recepisce gli interessi di queste organizzazioni, le quali hanno forti interessi finanziari (Golmdan) o perseguono disegni non dichiarati e inquietanti. Su questi punti andrebbe incalzato dalla stampa e dal Parlamento; ma naturalmente questo non accade, se non marginalmente e con scarsa cognizione di causa da parte dei giornalisti.
Così Monti può perseguire i propri interessi, facendo leva sul sostegno dei compagni di cordata italiani .Ad esempio: oggi fa scandalo il bigliettino di Enrico Letta, nessuno scrive che Enrico Letta è un membro della Trilaterale, affiliazione che naturalmente il deputato Pd, come Monti, non rivendica nelle biografie ufficiali. Sapendo questo retroscena il suo gesto apparentemente ingenuo assume un altro significato
Perchè questa discrezione nei dirsi membri di Trilaterale e Bilderberg? Perchè questi misteri? Cosa aspetta l’opinione pubblica ad aprire gli occhi sul signor Monti e su Enrico Letta e su Mario Draghi e tanti altri venerati tecnici o addirittura padri della patria?
Fermate Equitalia.
Meritoria iniziativa di CasaPound: chiunque abbia una minima conoscenza della realtà e della pratica dell'economia italiana, sa molto bene che veramente l'arrogantissima e strapotente Equitalia "va fermata".
Mi spiego meno, invece, un'altra iniziativa del tutto analoga avviata, nei medesimi giorni, da esponenti del centrodestra (on Pili, on. Saltamartini, on. Murgia, on. Porcu, ecc.): anch'essi stanno raccogliendo le firme per il medesimo scopo. Ma posto che erano al Governo fino a pochi giorni fa, non potevano farla per le vie ordinarie, questa legge, anzichè raccogliere le firme...?
Misteri dei politici italiani e della loro ben nota confusione mentale.
Mi spiego meno, invece, un'altra iniziativa del tutto analoga avviata, nei medesimi giorni, da esponenti del centrodestra (on Pili, on. Saltamartini, on. Murgia, on. Porcu, ecc.): anch'essi stanno raccogliendo le firme per il medesimo scopo. Ma posto che erano al Governo fino a pochi giorni fa, non potevano farla per le vie ordinarie, questa legge, anzichè raccogliere le firme...?
Misteri dei politici italiani e della loro ben nota confusione mentale.
Fisco: CasaPound promuove legge di iniziativa popolare contro
Equitalia, al via raccolta firme
Banchetti, un sito e manifesti contro i ‘vampiri-burocrati’ in tutta Italia
Roma, 17 novembre – Vampiri vestiti da burocrati, che nascondono denti
da Dracula e ali da pipistrello sotto maschera e giacca e cravatta. In
calce una scritta: ‘’Firma la legge, ferma Equitalia’’. Questa
l’immagine simbolo della campagna avviata da CasaPound Italia per
promuovere una legge di iniziativa popolare che limiti lo strapotere
della società di riscossione dell’Agenzia delle Entrate. Un sito web
(http://www.fermaequitalia.org/), banchetti per la raccolta delle firme in
tutto il paese, e migliaia di cartoline e manifesti che stanno
invadendo grandi e piccole città italiane per convincere i cittadini a
sottoscrivere una proposta di legge che punta a ripristinare alcuni
principi irrinunciabili di giustizia sociale, impedendo ad Equitalia
di iscrivere ipoteche su immobili destinati ad abitazione principale
per crediti inferiori al 30% del valore dell'immobile e di pignorare
beni strumentali dell’impresa o percentuali di credito superiori al
20% del totale iscritto in bilancio; obbligandola ad applicare il
tasso di interesse legale nella rateazioni dei crediti; revocandole la
possibilità di condurre indagini finanziarie; diminuendo la
percentuale che l’ente guadagna sui piccoli crediti riscossi
raddoppiando invece la percentuale sui grandi crediti per incentivarla
a perseguire i grandi evasori.
‘’In quattro anni – sottolinea CasaPound Italia in una nota -
Equitalia ha raddoppiato gli incassi e lo ha fatto soprattutto a spese
di lavoratori dipendenti, pensionati, piccoli e piccolissimi
imprenditori, dai quali ricava l’80% dei suoi profitti. Lo ha fatto in
maniera spietata e talvolta in dispregio della legge, che ad esempio
vieta ipoteche sulle abitazioni per importi inferiori agli 8.000 euro.
Lo ha fatto senza curarsi di distruggere la ricchezza del paese e
delle pmi italiane, ad esempio pignorando crediti e beni strumentali
essenziali alla vita delle aziende. Lo ha fatto applicando il tasso
medio delle banche sui prestiti invece che l’interesse legale. E lo ha
fatto optando per la strada più semplice invece di perseguire
l’interesse nazionale, vessando chi magari ha poco da pagare ma ha
qualche bene da farsi pignorare invece di impegnarsi a rintracciare i
titolari di fatto di imprese, proprietà immobiliari e beni di lusso,
magari intestati a prestanome o a società di capitali italiane o
estere. Per tutti questi motivi, invitiamo i cittadini a scoprire dove
firmare e a leggere il testo integrale della legge sul sito
http://www.fermaequitalia.org/ e sugli altri siti del movimento’’.
http://www.fermaequitalia.org/
http://www.casapounditalia.org/
http://www.radiobandieranera.org/
info: 3478057510
Equitalia, al via raccolta firme
Banchetti, un sito e manifesti contro i ‘vampiri-burocrati’ in tutta Italia
Roma, 17 novembre – Vampiri vestiti da burocrati, che nascondono denti
da Dracula e ali da pipistrello sotto maschera e giacca e cravatta. In
calce una scritta: ‘’Firma la legge, ferma Equitalia’’. Questa
l’immagine simbolo della campagna avviata da CasaPound Italia per
promuovere una legge di iniziativa popolare che limiti lo strapotere
della società di riscossione dell’Agenzia delle Entrate. Un sito web
(http://www.fermaequitalia.org/), banchetti per la raccolta delle firme in
tutto il paese, e migliaia di cartoline e manifesti che stanno
invadendo grandi e piccole città italiane per convincere i cittadini a
sottoscrivere una proposta di legge che punta a ripristinare alcuni
principi irrinunciabili di giustizia sociale, impedendo ad Equitalia
di iscrivere ipoteche su immobili destinati ad abitazione principale
per crediti inferiori al 30% del valore dell'immobile e di pignorare
beni strumentali dell’impresa o percentuali di credito superiori al
20% del totale iscritto in bilancio; obbligandola ad applicare il
tasso di interesse legale nella rateazioni dei crediti; revocandole la
possibilità di condurre indagini finanziarie; diminuendo la
percentuale che l’ente guadagna sui piccoli crediti riscossi
raddoppiando invece la percentuale sui grandi crediti per incentivarla
a perseguire i grandi evasori.
‘’In quattro anni – sottolinea CasaPound Italia in una nota -
Equitalia ha raddoppiato gli incassi e lo ha fatto soprattutto a spese
di lavoratori dipendenti, pensionati, piccoli e piccolissimi
imprenditori, dai quali ricava l’80% dei suoi profitti. Lo ha fatto in
maniera spietata e talvolta in dispregio della legge, che ad esempio
vieta ipoteche sulle abitazioni per importi inferiori agli 8.000 euro.
Lo ha fatto senza curarsi di distruggere la ricchezza del paese e
delle pmi italiane, ad esempio pignorando crediti e beni strumentali
essenziali alla vita delle aziende. Lo ha fatto applicando il tasso
medio delle banche sui prestiti invece che l’interesse legale. E lo ha
fatto optando per la strada più semplice invece di perseguire
l’interesse nazionale, vessando chi magari ha poco da pagare ma ha
qualche bene da farsi pignorare invece di impegnarsi a rintracciare i
titolari di fatto di imprese, proprietà immobiliari e beni di lusso,
magari intestati a prestanome o a società di capitali italiane o
estere. Per tutti questi motivi, invitiamo i cittadini a scoprire dove
firmare e a leggere il testo integrale della legge sul sito
http://www.fermaequitalia.org/ e sugli altri siti del movimento’’.
http://www.fermaequitalia.org/
http://www.casapounditalia.org/
http://www.radiobandieranera.org/
info: 3478057510
mercoledì 16 novembre 2011
C'era una volta la guerra.
Ricevo dall'inarrestabile Francesco Bocchio:
Quanto in allegato non è un mio scritto, è frutto di una riflessione fatta con un mio caro amico. Sono considerazioni che non necessariamente si devono condividere ma forse una riflessione su quanto scritto andrebbe fatta.
Cordialità
Franz
C'era una volta la guerra. Quella che leggiamo sui libri di storia o che vediamo in tanti film. Combattuta da uomini contro altri uomini. Il più delle volte per volontà di conquista, per assicurarsi nuovi territori e nuove risorse. Nei tempi antichi veniva combattuta con spade, lance, asce, archi e frecce. Si sapeva chi era il proprio nemico, quale era la tribù o la nazione che muoveva guerra. Poi sono arrivate le prime armi da fuoco, il nemico lo vedevi ancora, semplicemente che era più lontano. Solo da poco sono arrivati aerei e missili, li il nemico non lo vedi più, ma sai chi è, se sei tecnicamente preparato puoi rispondergli, altrimenti ti prendi le bombe sulla testa e speri in bene. Questa è stata la nascita della guerra asimmetrica, non erano uguali i due contendenti, ciò che è possibile per uno non lo è per l'altro, e viceversa. Con la fine della guerra di Corea sono finiti anche i conflitti tra nazioni. Già nel Vietnam gli americani hanno sperimentato cosa volesse dire non avere il nemico di fronte ma al proprio interno. Le conseguenze sono da tutti conosciute. Anche la guerra fredda è stato un modo di conduzione di conflitto non convenzionale. Ci sono stati si i morti, diretti od indiretti, si sono si fronteggiati due blocchi, ma il campo di battaglia è stato diverso: la diplomazia,le alleanze, le risorse, l'informazione, la scienza e la tecnica. Poi ancora è arrivato il terrorismo internazionale. Guerra psicologica da parte di un nemico sconosciuto non tanto con l'intento di fare danni ma con la volontà di incutere timore ed insicurezza nelle popolazioni. A dire vero questo terrorismo era stato già impiegato nella seconda guerra mondiale. Bombardare Dresda con le bombe incendiarie, la scuola di Gorla a Milano, sganciare due bombe atomiche sul Giappone non rappresentava la neutralizzazione di un obiettivo militare ma la volontà di incutere timore e fiaccare il morale di una popolazione. Ma la guerra continua ad evolversi nelle proprie caratteristiche. Per impadronirsi delle risorse energetiche o delle materie prime di un paese non lo si invade più con carri armati e blindati, molto meglio costruire degli oppositori interni e semmai fornirgli un supporto logistico. Tanto per assicurarne il successo è sufficiente un piccolo numero di consulenti e qualche tonnellata di bombe sganciate sulla logistica di quel cattivone che non vuole darti il petrolio. Ma questo vale solo contro gli stati canaglia, quelli retti da dittature sanguinarie ( con eccezione di quelli troppo potenti tipo Cina o che non hanno petrolio tipo Birmania, con buona pace dei tibetani e dei karen).
E poi come si può conquistare un paese “ democratico” e per giunta alleato? Si ricorre alle armi dell'economia. Fanno in grande quello che quotidianamente fanno in piccolo i vari cravattari ed estorsori. Ti faccio un danno, non hai i soldi per ripararlo allora ti presto i soldi, poi quando diventi insolvente ti compro l'azienda e tu te ne vai a spasso. Anche perché per diventare tuo socio e prestarti i soldi ho chiesto prima posti nel consiglio di amministrazione e poi la direzione.
Ma chi è che muove questa guerra, perché poi muovono questa guerra? Non è un'altra nazione, anzi le nazioni sono il nemico del nemico. Il ventesimo secolo ha visto la nascita di organismi sovranazionali ( chiamateli come volete: CFR, trilateral, Builderberg, il risultato è sempre lo stesso) che vogliono porsi al di sopra della sovranità degli stati, anzi lo stato nazione per loro è un nemico da abbattere perché ultimo baluardo contro il controllo totale. Non sia mai che un parlamento o un governo abbia l'intenzione di porre dei freni e dei vincoli alla finanza ed alla “economia di mercato”. Il vero ed unico motore deve essere il cosiddetto “mercato”. Come se il mercato fosse una entità sovrannaturale, un archetipo che ha sostituito da tempo gli obsoleti Dio, Patria, Famiglia. Guai anche solo pensare che dietro a questo “mercato” ci siano uomini e gruppi di potere che vogliono controllare gli altri uomini e pure popoli interi. Sostenere che lo Stato sia un soggetto da porre superiormente alla economia ed alla finanza è una bestemmia, un concetto tipicamente fascista e quindo da combattere senza pietà. Magari non usando aerei, bombe, fucili ma informazione, credito, circolazione di denaro, occupazione, insicurezza sociale, anomia e tante altre armi più raffinate di quelle che fanno vedere il sangue.
Riassumiamo, quali sono i gradini per giungere a questa vittoria:
1) Distruggere le culture nazionali che potrebbero essere motivo di coesione, ci sono riusciti.
2) Creare disoccupazione nelle fasce più deboli in modo da allargare la forbice sociale, magari usando una immigrazione indiscriminata, ci sono riusciti.
3) Togliere la fiducia nel futuro alle nuove generazione salvando solo quelli più affidabili valutati dopo opportuni stage all'estero, ci sono riusciti.
4) Rendere le aziende sempre più dipendenti dalle banche, prima fornendo credito e favorendone gli investimenti, poi strozzandoli con aumenti del tasso di interesse e con riduzione dei fidi. Anche qui ci sono riusciti.
5) Impadronirsi del debito pubblico di un paese sovrano, spostando i risparmi delle famiglie verso investimenti fantasiosi oltre che creativi, lasciando appannaggio dei “grandi investitori” quello che è il debito pubblico del proprio Paese. Ci sono riusciti.
6) Subordinare l'azione dei governi alle regole della finanza in modo da limitarne la sovranità. Ci sono riusciti.
7) Sostituire il governo concepito come espressione popolare con figure di finta rappresentanza politica o con la “necessità” di tecnici. Ci stanno riuscendo.
Un vecchio adagio dei gesuiti recita.” a pensar male si fa peccato ma raramente si sbaglia”. Non voglio tediare con la rivisitazione della vita italiana degli ultimi decenni, ognuno potrà esercitare questo koan da solo in perfetta solitudine e ritrovare il proprio risveglio, in questo caso non alla vita spirituale ma a quella sociale. Penso solo che questa progressione coincida perfettamente con quello che sta avvenendo all'Italia e non solo. Almeno lasciatemi il dubbio che per salvare un paese in crisi non debbano per forza diventare Primi Ministri i banchieri. Eppure chi salverà la Grecia (forse) sarà il numero due della BCE, ex comandante supremo della Banca di Grecia. E chi salverà l'Italia, ormai lo sanno anche i sassi. Del resto come non potrebbe essere, Berlusconi ha resistito per anni a processi, scandali, mignotterie, linciaggi mediatici e processi santoriani, travagliani, scalfariani ecc. Ha resistito alla gogna mediatica internazionale ma quando la Trilateral ha calato l'asso di briscola il cavaliere non ha potuto fare altro che calare le brache ( e questa volta non per un bunga bunga).
Adesso tutti contenti perchè si è passati dal bipolarismo pro-contro Berlusconi al bipolarismo facciamo subito le elezioni - no le facciamo dopo. Ci siamo dimenticati solo di una cosa per niente marginale: volenti o nolenti ci hanno attaccati e siamo in guerra.
lunedì 14 novembre 2011
Una cariatide al Quirinale.
In questi giorni i (molti) siti web ed i (pochi) giornali di controinformazione stanno impazzendo: si sta scrivendo, pubblicando e leggendo veramente di tutto.
Conserviamo la lucidità per capire che cosa è verità e che cosa è giornalismo-spazzatura.
Procediamo con ordine. Ieri ci eravamo lasciati proponendoci di scoprire "chi è" Giorgio Napolitano.
Un articolo pubblicato martedì 9 novembre su Rinascita, di cui posto alcuni stralci, si presta bene allo scopo.
Conserviamo la lucidità per capire che cosa è verità e che cosa è giornalismo-spazzatura.
Procediamo con ordine. Ieri ci eravamo lasciati proponendoci di scoprire "chi è" Giorgio Napolitano.
Un articolo pubblicato martedì 9 novembre su Rinascita, di cui posto alcuni stralci, si presta bene allo scopo.
Giorgino Napolitano: “una cariatide yankee e guerrafondaia al Quirinale”
(...)
E’ il novembre 1956, Giorgio è un giovane dirigente del Partito Comunista Italiano, e all’indomani della repressione della “rivoluzione ungherese”, da parte delle truppe sovietiche, che portò alla morte di quasi 3000 ungheresi, l’odierno Presidente tuonò: “l’intervento sovietico ha evitato che nel cuore d’Europa si creasse un focolaio di provocazioni e ha impedito che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, contribuendo in maniera decisiva a salvare la pace nel mondo”.
(...)
Detto ciò, mi sembra necessario parlare della storia politica e personale di Napolitano, per capire davvero chi è “l’anonima” e mite figura che siede nelle stanze del Quirinale.
Giorgio aderisce giovanissimo al Partito Comunista nel 1945, e viene eletto per la prima volta alla Camera nel 1953. Svolge durante gli anni ’60 diversi incarichi all’interno della direzione nazionale del partito, ed assumerà maggiore prestigio negli anni ’70 quando sarà responsabile della politica economica del partito. E’ proprio durante gli anni ’70 che Napolitano diventerà una figura importante all’interno dei giochi politici e di potere (internazionali).
E’ il gennaio 1978, il Dipartimento di Stato americano comunica attraverso un “report” al Foreign Office che la nuova amministrazione USA è preoccupata per una probabile partecipazione del PCI al governo Andreotti, che proprio in quei giorni era entrato in crisi. Una delle soluzioni alla “questione” che venne presa in considerazione, fu quella di spaccare - tramite un’operazione segreta - il PCI, ma questa idea venne scartata e accantonata. Fatto sta, che nel marzo del 1978, con il rapimento di Aldo Moro, che stava preparando un esecutivo con i comunisti, l’idea di un governo col PCI venne definitivamente accantonata. Nell’aprile dello stesso anno scende in campo il nostro caro e amato Presidente. Infatti, in quel periodo, fu il primo comunista italiano ad ottenere il visto per poter entrare negli Stati Uniti, allo scopo di presenziare a importanti “conferenze”. Il tour di conferenze (di facciata) di Giorgio, comprendeva alcune delle più importanti università americane: Princeton, Harvard, Yale, Georgetown e John Hopkins University, ma il vero e proprio “meeting” riservato dagli americani per Napolitano era al “Council on Foreign Relations”.
Il Council on Foreign Relations è uno degli organi più rappresentativi della politica estera americana; esso è sostenuto da fondazioni economiche internazionali e da privati facoltosi, e agisce come un organo di studio di “strategie globali”, che divengono molto spesso direttive di politica internazionale per il governo americano. Tra i suoi finanziatori troviamo alcuni dei maggiori gruppi economici a livello globale, e cioè: American Express, American Security Bank, Cargill Inc., Chase Manhattan Bank, Coca Cola, Exxon Corp., General Electric Foundation, ecc.
E’ proprio al Council on Foreign Relations che la visita negli States di Napolitano raggiunge il suo apice. Davanti ad una platea composta da grandi avvocati, banchieri e dirigenti industriali di portata internazionale, Giorgio inizia il suo discorso affermando che: “Il Pci non si oppone più alla Nato come negli anni Sessanta, mentre lo scopo comune è quello di superare la crisi, e creare maggiore stabilità in Italia». Il suo discorso continuò ricordando alla platea le mozioni unitarie votate in Parlamento da Pci e Dc nell’autunno del ’77 sul rafforzamento della Comunità europea, sul contributo comune da dare per la distensione, la riduzione degli armamenti, e la piena attuazione dell’Atto di Helsinki. In conclusione parlò di economia italiana e internazionale. Tutto il suo discorso fu accompagnato dal beneplacito della platea, che vedeva in lui “l’uomo giusto” da tenere all’interno del PCI. Infatti, grazie a “George”, gli americani finalmente trovarono il contatto ideale all’interno del Partito Comunista. Gli States erano alla ricerca di contatti all’interno del PCI già dal 1969, e nel 1975 anche l’intelligence statunitense si mise alla ricerca di qualche “interlocutore privilegiato”, secondo quanto afferma il “rapporto Boies”, per il crescente timore di una vittoria dei Comunisti in Italia.
Ritornato in Italia, Napolitano insieme ai “moderati” del PCI, come Amendola, Lama, Bufalini e Macaluso fonderà una corrente interna al Partito Comunista, detta “migliorista”. Questa corrente ebbe da subito, all’interno del partito, una certa influenza, e su molti aspetti pesarono le loro prese di posizione contro la linea portata avanti dal segretario Berlinguer. I miglioristi guardavano con buon occhio alle socialdemocrazie europee, mentre Berlinguer teorizzava la “terza via”, una via capace di andare al di là del capitalismo e della socialdemocrazia; ma solo su un punto i miglioristi furono d’accordo con Berlinguer, e cioè sullo “strappo” da Mosca. Quindi, in maniera subdola e più celata, il progetto di “spaccare” in due il PCI formalmente riuscì. Grazie a questa corrente, il Partito Comunista abbandonò sempre più celermente le “anacronistiche” posizioni rivoluzionarie e filosovietiche, per sposare la causa della NATO e dell’eurocomunismo. Fu grazie a questo spostamento dell’asset politico del PCI che si arrivò al dibattito degli ultimi anni ’80, che porterà allo scioglimento del Partito Comunista e alla formazione del Partito Democratico della Sinistra nel 1991. In questa fase storica e politica, gli interlocutori numero uno degli interessi statunitensi in Italia furono, paradossalmente, proprio gli ex PCI.
Ritornando a Napolitano, nel 1992 viene eletto Presidente della Camera dei Deputati, e nel ‘96 sarà Ministro dell’Interno nel governo Prodi. Nel 2006 la sua carriera arriva all’apice, infatti, il 10 maggio sarà eletto Presidente della Repubblica. Ed è con il grande gaudio degli americani, per la sua elezione alla presidenza della Repubblica, che nel 2007 George ritorna in America, di nuovo al “Council on Foreign Relations”, dopo 29 anni dalla sua ultima apparizione.
Giorgio aderisce giovanissimo al Partito Comunista nel 1945, e viene eletto per la prima volta alla Camera nel 1953. Svolge durante gli anni ’60 diversi incarichi all’interno della direzione nazionale del partito, ed assumerà maggiore prestigio negli anni ’70 quando sarà responsabile della politica economica del partito. E’ proprio durante gli anni ’70 che Napolitano diventerà una figura importante all’interno dei giochi politici e di potere (internazionali).
E’ il gennaio 1978, il Dipartimento di Stato americano comunica attraverso un “report” al Foreign Office che la nuova amministrazione USA è preoccupata per una probabile partecipazione del PCI al governo Andreotti, che proprio in quei giorni era entrato in crisi. Una delle soluzioni alla “questione” che venne presa in considerazione, fu quella di spaccare - tramite un’operazione segreta - il PCI, ma questa idea venne scartata e accantonata. Fatto sta, che nel marzo del 1978, con il rapimento di Aldo Moro, che stava preparando un esecutivo con i comunisti, l’idea di un governo col PCI venne definitivamente accantonata. Nell’aprile dello stesso anno scende in campo il nostro caro e amato Presidente. Infatti, in quel periodo, fu il primo comunista italiano ad ottenere il visto per poter entrare negli Stati Uniti, allo scopo di presenziare a importanti “conferenze”. Il tour di conferenze (di facciata) di Giorgio, comprendeva alcune delle più importanti università americane: Princeton, Harvard, Yale, Georgetown e John Hopkins University, ma il vero e proprio “meeting” riservato dagli americani per Napolitano era al “Council on Foreign Relations”.
Il Council on Foreign Relations è uno degli organi più rappresentativi della politica estera americana; esso è sostenuto da fondazioni economiche internazionali e da privati facoltosi, e agisce come un organo di studio di “strategie globali”, che divengono molto spesso direttive di politica internazionale per il governo americano. Tra i suoi finanziatori troviamo alcuni dei maggiori gruppi economici a livello globale, e cioè: American Express, American Security Bank, Cargill Inc., Chase Manhattan Bank, Coca Cola, Exxon Corp., General Electric Foundation, ecc.
E’ proprio al Council on Foreign Relations che la visita negli States di Napolitano raggiunge il suo apice. Davanti ad una platea composta da grandi avvocati, banchieri e dirigenti industriali di portata internazionale, Giorgio inizia il suo discorso affermando che: “Il Pci non si oppone più alla Nato come negli anni Sessanta, mentre lo scopo comune è quello di superare la crisi, e creare maggiore stabilità in Italia». Il suo discorso continuò ricordando alla platea le mozioni unitarie votate in Parlamento da Pci e Dc nell’autunno del ’77 sul rafforzamento della Comunità europea, sul contributo comune da dare per la distensione, la riduzione degli armamenti, e la piena attuazione dell’Atto di Helsinki. In conclusione parlò di economia italiana e internazionale. Tutto il suo discorso fu accompagnato dal beneplacito della platea, che vedeva in lui “l’uomo giusto” da tenere all’interno del PCI. Infatti, grazie a “George”, gli americani finalmente trovarono il contatto ideale all’interno del Partito Comunista. Gli States erano alla ricerca di contatti all’interno del PCI già dal 1969, e nel 1975 anche l’intelligence statunitense si mise alla ricerca di qualche “interlocutore privilegiato”, secondo quanto afferma il “rapporto Boies”, per il crescente timore di una vittoria dei Comunisti in Italia.
Ritornato in Italia, Napolitano insieme ai “moderati” del PCI, come Amendola, Lama, Bufalini e Macaluso fonderà una corrente interna al Partito Comunista, detta “migliorista”. Questa corrente ebbe da subito, all’interno del partito, una certa influenza, e su molti aspetti pesarono le loro prese di posizione contro la linea portata avanti dal segretario Berlinguer. I miglioristi guardavano con buon occhio alle socialdemocrazie europee, mentre Berlinguer teorizzava la “terza via”, una via capace di andare al di là del capitalismo e della socialdemocrazia; ma solo su un punto i miglioristi furono d’accordo con Berlinguer, e cioè sullo “strappo” da Mosca. Quindi, in maniera subdola e più celata, il progetto di “spaccare” in due il PCI formalmente riuscì. Grazie a questa corrente, il Partito Comunista abbandonò sempre più celermente le “anacronistiche” posizioni rivoluzionarie e filosovietiche, per sposare la causa della NATO e dell’eurocomunismo. Fu grazie a questo spostamento dell’asset politico del PCI che si arrivò al dibattito degli ultimi anni ’80, che porterà allo scioglimento del Partito Comunista e alla formazione del Partito Democratico della Sinistra nel 1991. In questa fase storica e politica, gli interlocutori numero uno degli interessi statunitensi in Italia furono, paradossalmente, proprio gli ex PCI.
Ritornando a Napolitano, nel 1992 viene eletto Presidente della Camera dei Deputati, e nel ‘96 sarà Ministro dell’Interno nel governo Prodi. Nel 2006 la sua carriera arriva all’apice, infatti, il 10 maggio sarà eletto Presidente della Repubblica. Ed è con il grande gaudio degli americani, per la sua elezione alla presidenza della Repubblica, che nel 2007 George ritorna in America, di nuovo al “Council on Foreign Relations”, dopo 29 anni dalla sua ultima apparizione.
(...)
Ora è tutto più chiaro, se negli anni ’70 – ’80 un “interlocutore privilegiato” come Napolitano, poteva servire a tenere a bada alcune istanze del Partito Comunista, ora che il pericolo “rosso” è svanito il nostro caro George può divenire con tranquillità il portavoce della politica economica americana in Italia.
(...)
Ora è tutto più chiaro, se negli anni ’70 – ’80 un “interlocutore privilegiato” come Napolitano, poteva servire a tenere a bada alcune istanze del Partito Comunista, ora che il pericolo “rosso” è svanito il nostro caro George può divenire con tranquillità il portavoce della politica economica americana in Italia.
(...)
Quindi non bisogna stupirsi del totale e disarmante asservimento del Presidente George alle direttive d’oltreoceano; la missione in Libia è solo il naturale evolversi dei rapporti che contraddistinguono il nostro Paese con gli amici a stelle e strisce.
(...)
Nessuno ha aperto gli occhi sulla vera natura dell’uomo Giorgio Napolitano, un uomo che ha giocato da sempre nei balletti politici internazionali che hanno interessato il nostro Paese, defraudandoci della nostra sovranità, sempre alla mercé dei poteri economici e finanziari. Per questo, diffidiamo dalle belle parole enfatizzate dai giornali “compiacenti”, di questi uomini che parlano di libertà, pace, giustizia e altre amenità simili; l’unica certezza è che le azioni di questi “grandi” uomini, da Giorgino in poi, non sono certamente eseguite per il “nostro interesse”, ma per gli interessi che hanno da sempre condizionato, in maniera fraudolenta, la vita del nostro Paese.
domenica 13 novembre 2011
No! Questo No!
Spesso il nostro blog ospita gli articoli di Ida Magli. Non posso ora omettere di postare quest'ultimo, poichè lo sgomento per il golpe attuato non deve far passare in secondo piano, quasi fosse un dettaglio, "chi è" Mario Monti.
Uno di questi giorni sarà bene ricordare "chi è" anche Giorgio Napolitano.
Uno di questi giorni sarà bene ricordare "chi è" anche Giorgio Napolitano.
di Ida Magli
Italiani Liberi
No, Signor Napolitano, non sopporteremo una simile nauseante “furbata”. Creare all’improvviso un senatore a vita per far credere che si tratti di un politico e fingere così che l’Italia non si sia consegnata nelle mani dei banchieri, è un sotterfugio intollerabile. Quale disprezzo per i poveri Italiani! Quale disprezzo per la Repubblica e per la politica! Abbiamo, dunque, così la misura della spaventosa miseria civile e morale dei nostri “rappresentanti”. La Bibbia afferma che “Dio vomita gli ipocriti”. Sono certa che non ha mai vomitato tanto.
Italiani Liberi
No, Signor Napolitano, non sopporteremo una simile nauseante “furbata”. Creare all’improvviso un senatore a vita per far credere che si tratti di un politico e fingere così che l’Italia non si sia consegnata nelle mani dei banchieri, è un sotterfugio intollerabile. Quale disprezzo per i poveri Italiani! Quale disprezzo per la Repubblica e per la politica! Abbiamo, dunque, così la misura della spaventosa miseria civile e morale dei nostri “rappresentanti”. La Bibbia afferma che “Dio vomita gli ipocriti”. Sono certa che non ha mai vomitato tanto.
Senatore a vita il signor Mario Monti? Un cittadino benemerito della Repubblica e di specchiati costumi? Forse non tutti i cittadini lo sanno o se lo ricordano (e su questa ignoranza ha contato, oltre che sul complice silenzio dei politici e dei giornalisti, Giorgio Napolitano nel nominarlo) che Mario Monti è stato costretto, nella sua qualità di Commissario europeo sotto la presidenza Santer, a dare le dimissioni “per l’accertata responsabilità collegiale dei Commissari nei casi di frode, cattiva gestione e nepotismo” messi in luce dal Collegio di periti nominato appositamente dal Parlamento Europeo. La Relazione fatta da questi Saggi al Parlamento, nonostante la prudenza del linguaggio ufficiale, fa paura. Si parla infatti dell’assoluta mancanza di controllo nella “rete di favoritismi nell’amministrazione”, di “ausiliari esterni” e di “agenti temporanei”, di “minibilanci espressamente vietati dalle procedure amministrative”, di “numerosissimi esterni fuori bilancio, ben noti all’interno della Commissione con il soprannome di sottomarini”, che operano con “contratti fittizi”, dietro “raccomandazioni e favoritismi”; di abusi che hanno comportato, con il sistema dei “sottomarini” l’erogazione non controllata di oltre 7.000 miliardi nell’ambito dell’Ufficio Europeo per gli Aiuti umanitari d’Emergenza (miliardi usciti dalle nostre tasche, naturalmente, e che dovevano andare, ma non ci sono arrivati se non in minima parte, ai bambini della Bosnia, del Ruanda morenti di fame). Evidentemente Mario Monti è inamovibile, o meglio può perdere un posto soltanto per guadagnarne uno migliore. Nel 1999, al momento di una caduta così ignominiosa, ha provveduto la successiva Commissione, con presidente Romano Prodi, a riconsegnargli il posto di Commissario. Cose che succedono soltanto nell’onestissimo ambito delle nostre istituzioni politiche. I semplici cittadini vanno sotto processo per gli ammanchi, o come minimo perdono l’incarico.
Perché mai, dunque, dunque, dovremmo affidare a questo signore i nostri ultimi beni? In omaggio, forse, al truffaldino sotterfugio inaugurato dalla Presidenza della Repubblica? I politici che lo voteranno come capo del governo sappiano che, visto che non possediamo nessun altro potere, annoteremo ogni loro “Sì” per cancellare per sempre il loro nome da qualsiasi futura elezione.
sabato 12 novembre 2011
Ancora Tarchi.
Gentilmente Marco Tarchi invia il testo della sua intervista pubblicata sul numero dell'11 novembre di IL, l'allegato al Sole-24 Ore; intervista rilasciata appena prima della vicenda Monti, che quindi non viene citato anche se la penultima domanda riguarda il governo dei "tecnici" (sempre che Monti sia considerabile un "tecnico": è sufficiente essere un perfetto esecutore di ordini per essere un "tecnico"...?).
Da leggere, per provare a riprendere, con serietà e raziocinio, il filo di tanti discorsi.
Mi permetto di richiamare l'attenzione sulle parti che evidenzio in grassetto.
Indignados, scioperi contro le banche, critica della politica come casta indiscriminata.
Professor Tarchi, tira aria di rivoluzione o è normale disincanto democratico? «Nel modello di democrazia come si è sviluppata nell'ultimo cinquantennio c'è una contraddizione sottile messa in luce in particolare da uno dei grandi nomi sul populismo Margaret Canovan. Il paradosso della democrazia rappresentativa sta nel fatto che nel termine democrazia è implicita l'idea del volere popolare, quindi dell'autogoverno della popolazione. Lo strumento rappresentativo però, che era stato presentato inizialmente come il modo migliore per articolare ordinatamente questa capacità di autogoverno del popolo, è diventato il metodo per tenere lontano di fatto l'uomo comune, il soggetto dalla gestione politica».
La democrazia diventa antidemocratica... «Più che altro c'è un abuso del termine democrazia che andrebbe ridimensionato, perché oggi ci troviamo di fronte a quelli che, senza nessun tipo d'intento polemico, potremmo definire "regimi liberali", dove regime è termine neutro, come noi in scienza politica usiamo l'espressione regimi autoritari, totalitari, democratici. Modelli nei quali il meccanismo di governo è fortemente elitario ma in cui c'è una richiesta continua di consenso di quelle decisioni che la élite politica prende». Flusso di consenso, direbbe Bauman. «La creazione dell'opinione attraverso i flussi comunicativi ci riporta piuttosto un altro studioso, Armani, che ha definito la nostra "democrazia dell'audience". Quello che si cerca è l'applauso da parte di un pubblico che accetti di vedersi confrontare sulla scena i vari soggetti politici che propongono programmi che poi hanno pesi diversi ma che in definitiva vuole essere premiato all'applausometro».
Quando crolla l'audience? «Finché le condizioni economiche e sociali consentono, per usare un'espressione della mia generazione, di vivere al di sopra dei propri mezzi con il debito pubblico, i meccanismi clientelari le logiche di scambio tra gruppi d'interesse, partiti allora non c'è un'incrinatura forte nel rapporto tra la cosiddetta società civile e la società politica. Ma quando viene meno qualche elemento di questa specie di piattaforma di sicurezza molti cominciano a domandarsi: "Ma perché devo starmene qui in silenzio mentre là sopra si fanno i fatti loro e non pagano il prezzo della crisi come lo pago io?". Questo spiega, ad esempio, in maniera sensata e scientifica quello che tante volte si rappresenta in forma polemica e piuttosto abborracciata, la nascita della mentalità populista. Perché la base è proprio questa, la rivendicazione del diritto-dovere di incidere sulle decisioni in quanto la legittimità del governo è sulla base del consenso popolare. E quindi l'idea che i partiti e i governi devono rendere conto in maniera più trasparente e meno episodica delle loro azioni è alla base stessa della legittimità democratica. Quindi prendere tutto questo come espressione semplicemente di un fastidio verso la democrazia secondo me è assolutamente errato. D'altra parte...». D'altra parte? «Mi chiedo: ma la cosiddetta società civile ha poi davvero il diritto di autoassolversi in questi malfunzionamenti del nostro sistema politico? Io penso di no. Perché se è vero che l'inefficienza, le logiche di scambio clientelare, la mancata trasparenza nei rapporti con la pubblica amministrazione, se tutto questo si è verificato si deve anche a una sorta di acquiescenza di questa pubblica opinione che per lungo tempo si è accontentata di queste logiche di scambio, che ha ritenuto che si potesse ricavare comunque qualche vantaggio dal fatto che il sistema non guardava all'efficienza ma alla conquista di spazi di consenso in una logica di do ut des. Quindi da questo punto di vista da quale pulpito viene la predica?».
E i giovani che si indignano oyunque? «È evidente che siamo di fronte a un tipo di reazione di massa che non ha un movente ideologico, a differenza di altri momenti. Il problema è sempre quello però che investe la vita dei movimenti collettivi. Ovvero, questi movimenti sorgono quasi sempre spontaneamente sulla base di stati d'animo collettivi e dunque implicano passionalità, impegno, in genere sono mossi da studenti o comunque da giovani che hanno tempo ed energie da dedicare, conquista soprattutto un movimento di questo tipo una visibilità mediale molto acuta. Per cui finisce per fare prevalere un momento di pura espressività senza che vi sia la riflessività. Senza pretendere da questi movimenti delle analisi economicamente ortodosse vorrei capire se vi è dietro questo tipo di spinte quantomeno la delineazione di un modello di società alternativo partendo dal piano dei comportamenti individuali e collettivi o se vi sia soltanto lo sfogo umorale. Perché esso è legittimo ma è un grido di protesta che si risolve in se stesso. Pensi al 1968». Politicamente, un fallimento. «Sì, però ha trascinato con sé una modifica sostanziale del costume. Io non vedo traccia negli indignados di questo aspetto. Quale è il messaggio dal punto di vista del costume, della mentalità comportamentale che emerge da queste spinte? Certamente non si può pensare che sia positivo lo sfasciamento sistematico di certi obiettivi simbolici, quando si dice noi rifiutiamo la logica delle banche che succhiano il sangue al popolo, si è poi disposti per interrompere questo circuito per esempio a ridiscutere la mentalità del consumismo, ovvero c'è l'idea che si possa - come taluni dicono - vivere meglio con meno? E se sì, come si esprime tutto questo perché se questo tipo di spinta non c'è è semplicemente la rivendicazione di un miglior posto a tavola ma non si mettono in discussione la tavole né le pietanze che vengono servite, né il contesto nel quale questo avviene e così via, allora...».
È pensabile un modello di democrazia che superi quella liberale? «L'epoca è dominata da uno Zeitgeist nel quale domina la profezia di Fukuyama, per cui siamo arrivati allo stadio estremo della pensabilità di un modello di pensabilità politica. Dopo la democrazia liberale non c'è più niente che possa andare in questa direzione ulteriore. Se stiamo dentro quest'orizzonte naturalmente non si può pensare che la via della mobilitazione di piazza sia una risposta efficace, anche se io da tempo rifletto su un punto che mi pare piuttosto critico». Quale? «Si è detto qualche decennio addietro che c'era il rischio che la democrazia come "regime di opinioni", per citare Sartori, legittimato attraverso la politica dalla prova delle elezioni e la dialettica parlamentare era sfidata dalla "videopolitica", dalla sorta di un contropotere che nel caso specifico era quello che veniva esercitato attraverso l'uso dei sondaggi attraverso il classico richiamo a cui tutti hanno fatto ricorso, al foglietto di carta in cui c'è scritto anche se avete vinto le elezioni oggi i sondaggi ci dicono che il 59 per cento dei cittadini non è d'accordo con quello che fate mentre la nostra proposta, eccetera. Ebbene, oggi ho l'impressione che si stia pensando da più parti che vi sia un altro modo per correggere la via parlamentare come forma di democrazia e sia la democrazia non dell'audience ma della "mobilitazione in piazza" per cui contano i numeri di quanti si riescono a mobilitare e questa grande esaltazione delle primavere arabe ha contribuito a mettere in circuito questa sensazione, che è pericolosa perché in fondo fa pensare che la vox populi sia solo quella di coloro che hanno tempo, voglia e risorse per poter scendere in piazza per manifestare più o meno rumorosamente. Ma non dimentichiamo un dato: noi viviamo in società complesse e popolate, e quand'anche si portino trecentomila, cinquecentomila persone in una piazza di un Paese come l'Italia, ce ne sono cinquantanove milioni e mezzo che in piazza non ci sono andati».
Non c'è alternativa a questo sistema, dunque? «L'idea che si debba ricorrere a questo strumento perché la classe politica resta rappresentativamente tutta corrotta, tutta inefficiente e tutta incapace, crea lo scadimento verso gli aspetti più pericolosi del populismo, uno sbocco preoccupante di quello che chiamava disincanto democratico. Anche perché nel nostro tempo dopo la democrazia nell'orizzonte dei valori che vengono condivisi dalla mentalità collettiva c'è solo la tecnocrazia».
Una tentazione ricorrente, il governo dei tecnici puri. «Scartata la carta di altre soluzioni, che hanno fallito storicamente, come tutte quelle di ordine gerarchizzante che erano caratteristiche dei regimi autoritari o totalitari, diamo tutto in mano ai tecnici perché sono loro gli unici che ci possono traghettare fuori dal disastro. Tutto questo è pericolosissimo. Perché in questo modo con una sorta di espropriazione della politica ci si mette in mano senza mediazioni al gioco puro degli interessi. Economici in prima battuta, i quali sono suscettibili a logiche che non sono democratiche affatto, si arriva al paradosso che la postdemocrazia diviene una negazione piena delle premesse del discorso democratico e diventa un'accentuazione foltissima del gioco più o meno libero oppure più o meno oligopolistico dei centri di potere economico».
Ultima domanda. Quali sono i temi politici su cui si dividerà la società del futuro? L'ambientalismo? «No. L'ambientalismo è stato assorbito da tutte le forze politiche, perché era un elemento positivo e spendibile. Chi del resto è contro l'ambiente? I clivage del futuro saranno le forme di organizzazione della società multiculturale, che subiscono l'immigrazione di massa. Come si governeranno, queste società? Con il multiculturalismo o il monoculturalismo. Oggi la discussione è ancora rozza, tra xenofobi e xenofili, ma si raffinerà. Un altro importante clivage sarà la bioetica, che mette in campo il nodo centrale della modernità compiuta in cui l'individuo è l'unico padrone di se stesso e del proprio habitat che vuole e deve decidere a piacere. Saremo divisi tra sostenitori dell'ordine naturale e di quello supernaturale»
Da leggere, per provare a riprendere, con serietà e raziocinio, il filo di tanti discorsi.
Mi permetto di richiamare l'attenzione sulle parti che evidenzio in grassetto.
Indignados, scioperi contro le banche, critica della politica come casta indiscriminata.
Professor Tarchi, tira aria di rivoluzione o è normale disincanto democratico? «Nel modello di democrazia come si è sviluppata nell'ultimo cinquantennio c'è una contraddizione sottile messa in luce in particolare da uno dei grandi nomi sul populismo Margaret Canovan. Il paradosso della democrazia rappresentativa sta nel fatto che nel termine democrazia è implicita l'idea del volere popolare, quindi dell'autogoverno della popolazione. Lo strumento rappresentativo però, che era stato presentato inizialmente come il modo migliore per articolare ordinatamente questa capacità di autogoverno del popolo, è diventato il metodo per tenere lontano di fatto l'uomo comune, il soggetto dalla gestione politica».
La democrazia diventa antidemocratica... «Più che altro c'è un abuso del termine democrazia che andrebbe ridimensionato, perché oggi ci troviamo di fronte a quelli che, senza nessun tipo d'intento polemico, potremmo definire "regimi liberali", dove regime è termine neutro, come noi in scienza politica usiamo l'espressione regimi autoritari, totalitari, democratici. Modelli nei quali il meccanismo di governo è fortemente elitario ma in cui c'è una richiesta continua di consenso di quelle decisioni che la élite politica prende». Flusso di consenso, direbbe Bauman. «La creazione dell'opinione attraverso i flussi comunicativi ci riporta piuttosto un altro studioso, Armani, che ha definito la nostra "democrazia dell'audience". Quello che si cerca è l'applauso da parte di un pubblico che accetti di vedersi confrontare sulla scena i vari soggetti politici che propongono programmi che poi hanno pesi diversi ma che in definitiva vuole essere premiato all'applausometro».
Quando crolla l'audience? «Finché le condizioni economiche e sociali consentono, per usare un'espressione della mia generazione, di vivere al di sopra dei propri mezzi con il debito pubblico, i meccanismi clientelari le logiche di scambio tra gruppi d'interesse, partiti allora non c'è un'incrinatura forte nel rapporto tra la cosiddetta società civile e la società politica. Ma quando viene meno qualche elemento di questa specie di piattaforma di sicurezza molti cominciano a domandarsi: "Ma perché devo starmene qui in silenzio mentre là sopra si fanno i fatti loro e non pagano il prezzo della crisi come lo pago io?". Questo spiega, ad esempio, in maniera sensata e scientifica quello che tante volte si rappresenta in forma polemica e piuttosto abborracciata, la nascita della mentalità populista. Perché la base è proprio questa, la rivendicazione del diritto-dovere di incidere sulle decisioni in quanto la legittimità del governo è sulla base del consenso popolare. E quindi l'idea che i partiti e i governi devono rendere conto in maniera più trasparente e meno episodica delle loro azioni è alla base stessa della legittimità democratica. Quindi prendere tutto questo come espressione semplicemente di un fastidio verso la democrazia secondo me è assolutamente errato. D'altra parte...». D'altra parte? «Mi chiedo: ma la cosiddetta società civile ha poi davvero il diritto di autoassolversi in questi malfunzionamenti del nostro sistema politico? Io penso di no. Perché se è vero che l'inefficienza, le logiche di scambio clientelare, la mancata trasparenza nei rapporti con la pubblica amministrazione, se tutto questo si è verificato si deve anche a una sorta di acquiescenza di questa pubblica opinione che per lungo tempo si è accontentata di queste logiche di scambio, che ha ritenuto che si potesse ricavare comunque qualche vantaggio dal fatto che il sistema non guardava all'efficienza ma alla conquista di spazi di consenso in una logica di do ut des. Quindi da questo punto di vista da quale pulpito viene la predica?».
E i giovani che si indignano oyunque? «È evidente che siamo di fronte a un tipo di reazione di massa che non ha un movente ideologico, a differenza di altri momenti. Il problema è sempre quello però che investe la vita dei movimenti collettivi. Ovvero, questi movimenti sorgono quasi sempre spontaneamente sulla base di stati d'animo collettivi e dunque implicano passionalità, impegno, in genere sono mossi da studenti o comunque da giovani che hanno tempo ed energie da dedicare, conquista soprattutto un movimento di questo tipo una visibilità mediale molto acuta. Per cui finisce per fare prevalere un momento di pura espressività senza che vi sia la riflessività. Senza pretendere da questi movimenti delle analisi economicamente ortodosse vorrei capire se vi è dietro questo tipo di spinte quantomeno la delineazione di un modello di società alternativo partendo dal piano dei comportamenti individuali e collettivi o se vi sia soltanto lo sfogo umorale. Perché esso è legittimo ma è un grido di protesta che si risolve in se stesso. Pensi al 1968». Politicamente, un fallimento. «Sì, però ha trascinato con sé una modifica sostanziale del costume. Io non vedo traccia negli indignados di questo aspetto. Quale è il messaggio dal punto di vista del costume, della mentalità comportamentale che emerge da queste spinte? Certamente non si può pensare che sia positivo lo sfasciamento sistematico di certi obiettivi simbolici, quando si dice noi rifiutiamo la logica delle banche che succhiano il sangue al popolo, si è poi disposti per interrompere questo circuito per esempio a ridiscutere la mentalità del consumismo, ovvero c'è l'idea che si possa - come taluni dicono - vivere meglio con meno? E se sì, come si esprime tutto questo perché se questo tipo di spinta non c'è è semplicemente la rivendicazione di un miglior posto a tavola ma non si mettono in discussione la tavole né le pietanze che vengono servite, né il contesto nel quale questo avviene e così via, allora...».
È pensabile un modello di democrazia che superi quella liberale? «L'epoca è dominata da uno Zeitgeist nel quale domina la profezia di Fukuyama, per cui siamo arrivati allo stadio estremo della pensabilità di un modello di pensabilità politica. Dopo la democrazia liberale non c'è più niente che possa andare in questa direzione ulteriore. Se stiamo dentro quest'orizzonte naturalmente non si può pensare che la via della mobilitazione di piazza sia una risposta efficace, anche se io da tempo rifletto su un punto che mi pare piuttosto critico». Quale? «Si è detto qualche decennio addietro che c'era il rischio che la democrazia come "regime di opinioni", per citare Sartori, legittimato attraverso la politica dalla prova delle elezioni e la dialettica parlamentare era sfidata dalla "videopolitica", dalla sorta di un contropotere che nel caso specifico era quello che veniva esercitato attraverso l'uso dei sondaggi attraverso il classico richiamo a cui tutti hanno fatto ricorso, al foglietto di carta in cui c'è scritto anche se avete vinto le elezioni oggi i sondaggi ci dicono che il 59 per cento dei cittadini non è d'accordo con quello che fate mentre la nostra proposta, eccetera. Ebbene, oggi ho l'impressione che si stia pensando da più parti che vi sia un altro modo per correggere la via parlamentare come forma di democrazia e sia la democrazia non dell'audience ma della "mobilitazione in piazza" per cui contano i numeri di quanti si riescono a mobilitare e questa grande esaltazione delle primavere arabe ha contribuito a mettere in circuito questa sensazione, che è pericolosa perché in fondo fa pensare che la vox populi sia solo quella di coloro che hanno tempo, voglia e risorse per poter scendere in piazza per manifestare più o meno rumorosamente. Ma non dimentichiamo un dato: noi viviamo in società complesse e popolate, e quand'anche si portino trecentomila, cinquecentomila persone in una piazza di un Paese come l'Italia, ce ne sono cinquantanove milioni e mezzo che in piazza non ci sono andati».
Non c'è alternativa a questo sistema, dunque? «L'idea che si debba ricorrere a questo strumento perché la classe politica resta rappresentativamente tutta corrotta, tutta inefficiente e tutta incapace, crea lo scadimento verso gli aspetti più pericolosi del populismo, uno sbocco preoccupante di quello che chiamava disincanto democratico. Anche perché nel nostro tempo dopo la democrazia nell'orizzonte dei valori che vengono condivisi dalla mentalità collettiva c'è solo la tecnocrazia».
Una tentazione ricorrente, il governo dei tecnici puri. «Scartata la carta di altre soluzioni, che hanno fallito storicamente, come tutte quelle di ordine gerarchizzante che erano caratteristiche dei regimi autoritari o totalitari, diamo tutto in mano ai tecnici perché sono loro gli unici che ci possono traghettare fuori dal disastro. Tutto questo è pericolosissimo. Perché in questo modo con una sorta di espropriazione della politica ci si mette in mano senza mediazioni al gioco puro degli interessi. Economici in prima battuta, i quali sono suscettibili a logiche che non sono democratiche affatto, si arriva al paradosso che la postdemocrazia diviene una negazione piena delle premesse del discorso democratico e diventa un'accentuazione foltissima del gioco più o meno libero oppure più o meno oligopolistico dei centri di potere economico».
Ultima domanda. Quali sono i temi politici su cui si dividerà la società del futuro? L'ambientalismo? «No. L'ambientalismo è stato assorbito da tutte le forze politiche, perché era un elemento positivo e spendibile. Chi del resto è contro l'ambiente? I clivage del futuro saranno le forme di organizzazione della società multiculturale, che subiscono l'immigrazione di massa. Come si governeranno, queste società? Con il multiculturalismo o il monoculturalismo. Oggi la discussione è ancora rozza, tra xenofobi e xenofili, ma si raffinerà. Un altro importante clivage sarà la bioetica, che mette in campo il nodo centrale della modernità compiuta in cui l'individuo è l'unico padrone di se stesso e del proprio habitat che vuole e deve decidere a piacere. Saremo divisi tra sostenitori dell'ordine naturale e di quello supernaturale»
Dall'era dei pagliacci a quella dei banchieri.
Qualcuno mi sta chiedendo perchè, in presenza del golpe attualmente in atto, io non pubblichi alcun commento sulla gravissima situazione italiana.
La risposta è semplice: perchè, a questo punto, siamo in presenza di fatti così incredibili, assurdi, inverosimili, che nessun commento è più adeguato.
Vedo che persino un politologo navigato come Marco Tarchi è disgustato e praticamente senza parole, come ben si intuisce dal messaggio che ha inviato due giorni fa:
La risposta è semplice: perchè, a questo punto, siamo in presenza di fatti così incredibili, assurdi, inverosimili, che nessun commento è più adeguato.
Vedo che persino un politologo navigato come Marco Tarchi è disgustato e praticamente senza parole, come ben si intuisce dal messaggio che ha inviato due giorni fa:
Un amico mi segnala un "post" su Facebook a firma di Luciano Lanno. Lo trascrivo, a beneficio di quegli amici (con e senza virgolette) che sono stati, anche solo per un attimo, tentati di credere alle mistificazioni di chi vorrebbe apparentare la Nuova Destra a questi epigoni del Peggio, che non da oggi invocano il sostegno dei "poteri forti" (così li chiamano loro stessi) e finalmente li hanno anche ufficialmente al governo. Dall'era dei pagliacci passiamo a quella dei banchieri, e la legittimazione del commissariamento della politica da parte dell'economia è compiuta. Bella gente ci è circolata dintorno trent'anni fa...
Buona lettura, se vi resiste lo stomaco.
Forse ci siamo: nasce un governo di alto profilo istituzionale, con personalità autorevole come ministri, e con il sostegno politico di tutte le forze democratiche dal Pd a Fli, sino ai parlamentari cattolici e liberali eletti nel centrodestra (a cominciare a Beppe Pisanu). E ai margini, all'opposizione, le due forze populiste della Lega e dell'Idv. Sarebbe una vera e grande svolta, un anno di decantazione e di aggressione alla crisi finanziaria per poi passare a una storica legislatura costituente. Meno male che Giorgio Napolitano c'è"
giovedì 10 novembre 2011
Basi militari.
Non c'è circolo politico in cui, prima o poi, non sia iniziata la discussione: ma insomma, QUANTE BASI MILITARI STATUNITENSI CI SONO IN ITALIA??
Le risposte, e le opinioni, sono le più disparate. C'è chi dice tre, chi sedici, chi addirittura (esagerato!) ventuno.
Un amico di mail, Paolo Baroni, mi invia ora l'elenco che segue. Ovviamente attendo smentite, se possibili.
Le sigle
Usaf: aviazione
Navy: marina
Army: esercito
Nsa: National security agency [Agenzia di sicurezza nazionale]
Setaf: Southern european task force [Task force sudeuropea]
Elenco per Regioni
Trentino Alto Adige
1. Cima Gallina [Bz]. Stazione telecomunicazioni e radar dell'Usaf.
2. Monte Paganella [Tn]. Stazione telecomunicazioni Usaf.
Friuli Venezia Giulia
3. Aviano [Pn]. La più grande base avanzata, deposito nucleare e centro di telecomunicazioni dell'Usaf in Italia [almeno tremila militari e civili americani ]. Nella base sono dislocate le forze operative pronte al combattimento dell'Usaf [un gruppo di cacciabombardieri ] utilizzate in passato nei bombardamenti in Bosnia. Inoltre la Sedicesima Forza Aerea ed il Trentunesimo Gruppo da caccia dell'aviazione Usa, nonché uno squadrone di F-18 dei Marines. Si presume che la base ospiti, in bunker sotterranei la cui costruzione è stata autorizzata dal Congresso, bombe nucleari. Nella base aerea di Aviano (Pordenone) sono permanentemente schierate, dal 1994, la 31st Fighter Wing, dotata di due squadriglie di F-16 [nella guerra contro la Jugoslavia nel 1999, effettuo' in 78 giorni 9.000 missioni di combattimento: un vero e proprio record] e la 16th Air Force. Quest'ultima è dotata di caccia F-16 e F-15, e ha il compito, sotto lo U. S. European Command, di pianificare e condurre operazioni di combattimento aereo non solo nell'Europa meridionale, ma anche in Medio Oriente e Nordafrica. Essa opera, con un personale di 11.500 militari e civili, da due basi principali: Aviano, dove si trova il suo quartier generale, e la base turca di Incirlik. Sara' appunto quest'ultima la principale base per l'offensiva aerea contro l'Iraq del nord, ma l'impiego degli aerei della 16th Air Force sara' pianificato e diretto dal quartier generale di Aviano.
4. Roveredo [Pn]. Deposito armi Usa.
5. Rivolto [Ud]. Base USAF.
6. Maniago [Ud]. Poligono di tiro dell'Usaf.
7. San Bernardo [Ud]. Deposito munizioni dell'Us Army.
8. Trieste. Base navale Usa.
Veneto
9. Camp Ederle [Vi]. Quartier generale della Nato e comando della Setaf della Us Army, che controlla le forze americane in Italia, Turchia e Grecia. In questa base vi sono le forze da combattimento terrestri normalmente in Italia: un battaglione aviotrasportato, un battaglione di artiglieri con capacità nucleare, tre compagnie del genio. Importante stazione di telecomunicazioni. I militari e i civili americani che operano a Camp Ederle dovrebbero essere circa duemila.
10. Vicenza: Comando Setaf. Quinta Forza aerea tattica [Usaf]. Probabile deposito di testate nucleari.
11. Tormeno [San Giovanni a Monte, Vi]. Depositi di armi e munizioni.
12. Longare [Vi]. Importante deposito d'armamenti.
13. Oderzo [Tv]. Deposito di armi e munizioni
14. Codognè [Tv]. Deposito di armi e munizioni
15. Istrana [Tv]. Base Usaf.
16. Ciano [Tv]. Centro telecomunicazioni e radar Usa.
17. Verona. Air Operations Center [Usaf ]. e base Nato delle Forze di Terra del Sud Europa; Centro di telecomunicazioni [Usaf].
18. Affi [Vr]. Centro telecomunicazioni Usa.
19. Lunghezzano [Vr]. Centro radar Usa.
20. Erbezzo [Vr]. Antenna radar Nsa.
21. Conselve [Pd ]. Base radar Usa.
22. Monte Venda [Pd]. Antenna telecomunicazioni e radar Usa.
23. Venezia. Base navale Usa.
24. Sant'Anna di Alfaedo [Pd]. Base radar Usa.
25. Lame di Concordia [Ve]. Base di telecomunicazioni e radar Usa.
26. San Gottardo, Boscomantivo [Ve]. Centro telecomunicazioni Usa.
27. Ceggia [Ve]. Centro radar Usa.
Lombardia
28. Ghedi [Bs]. Base dell'Usaf, stazione di comunicazione e deposito di bombe nucleari.
29. Montichiari [Bs]. Base aerea [Usaf ].
30. Remondò [Pv]. Base Us Army.
108. Sorico [Co]. Antenna Nsa.
Piemonte
31. Cameri [No]. Base aerea Usa con copertura Nato.
32. Candelo-Masazza [Vc]. Addestramento Usaf e Us Army, copertura Nato.
Liguria
33. La Spezia. Centro antisommergibili di Saclant [vedi 35 ].
34. Finale Ligure [Sv]. Stazione di telecomunicazioni della Us Army.
35. San Bartolomeo [Sp]: Centro ricerche per la guerra sottomarina. Composta da tre strutture. Innanzitutto il Saclant, una filiale della Nato che non è indicata in nessuna mappa dell'Alleanza atlantica. Il Saclant svolgerebbe non meglio precisate ricerche marine: in un dossier preparato dalla federazione di Rifondazione Comunista si parla di "occupazione di aree dello specchio d'acqua per esigenze militari dello stato italiano e non [ricovero della VI flotta Usa]". Poi c'è Maricocesco, un ente che fornisce pezzi di ricambio alle navi. E infine Mariperman, la Commissione permanente per gli esperimenti sui materiali da guerra, composta da cinquecento persone e undici istituti [dall'artiglieria, munizioni e missili, alle armi subacquee].
Emilia Romagna
36. Monte San Damiano [Pc]. Base dell'Usaf con copertura Nato.
37. Monte Cimone [Mo]. Stazione telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
38. Parma. Deposito dell'Usaf con copertura Nato.
39. Bologna. Stazione di telecomunicazioni del Dipartimento di Stato.
40. Rimini. Gruppo logistico Usa per l'attivazione di bombe nucleari.
41. Rimini-Miramare. Centro telecomunicazioni Usa.
Marche
42. Potenza Picena [Mc]. Centro radar Usa con copertura Nato.
Toscana
43. Camp Darby [Pi]. Il Setaf ha il più grande deposito logistico del Mediterraneo [tra Pisa e Livorno], con circa 1.400 uomini, dove si trova il 31st Munitions Squadron. Qui, in 125 bunker sotterranei, e' stoccata una riserva strategica per l'esercito e l'aeronautica statunitensi, stimata in oltre un milione e mezzo di munizioni. Strettamente collegato tramite una rete di canali al vicino porto di Livorno, attraverso il Canale dei Navicelli, è base di rifornimento delle unità navali di stanza nel Mediterraneo. Ottavo Gruppo di supporto Usa e Base dell'US Army per l'appoggio alle forze statunitensi al Sud del Po, nel Mediterraneo, nel Golfo, nell'Africa del Nord e la Turchia.
44. Coltano [Pi]. Importante base Usa-Nsa per le telecomunicazioni: da qui sono gestite tutte le informazioni raccolte dai centri di telecomunicazione siti nel Mediterraneo. Deposito munizioni Us Army; Base Nsa.
45. Pisa [aeroporto militare]. Base saltuaria dell'Usaf.
46. Talamone [Gr]. Base saltuaria dell'Us Navy.
47. Poggio Ballone [Gr]. Tra Follonica, Castiglione della Pescaia e Tirli: Centro radar Usa con copertura Nato.
48. Livorno. Base navale Usa.
49. Monte Giogo [Ms]. Centro di telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
Sardegna
50. La Maddalena - Santo Stefano [Ss]. Base atomica Usa, base di sommergibili, squadra navale di supporto alla portaerei americana "Simon Lake".
51. Monte Limbara [tra Oschiri e Tempio, Ss]. Base missilistica Usa.
52. Sinis di Cabras [Or]. Centro elaborazioni dati [Nsa].
53. Isola di Tavolara [Ss]. Stazione radiotelegrafica di supporto ai sommergibili della Us Navy.
54. Torre Grande di Oristano. Base radar Nsa.
55. Monte Arci [Or]. Stazione di telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
56. Capo Frasca [Or]. Eliporto ed impianto radar Usa.
57. Santulussurgiu [Or]. Stazione telecomunicazioni Usaf con copertura Nato.
58. Perdasdefogu [Nu]. Base missilistica sperimentale.
59. Capo Teulada [Ca]. Da Capo Teulada a Capo Frasca [Or ], all'incirca 100 chilometri di costa, 7.200 ettari di terreno e più di 70 mila ettari di zone "off limits": poligono di tiro per esercitazioni aeree ed aeronavali della Sesta flotta americana e della Nato.
60. Cagliari. Base navale Usa.
61. Decimomannu [Ca]. Aeroporto Usa con copertura Nato.
62. Aeroporto di Elmas [Ca]. Base aerea Usaf.
63. Salto di Quirra [Ca]. poligoni missilistici.
64. Capo San Lorenzo [Ca]. Zona di addestramento per la Sesta flotta Usa.
65. Monte Urpino [Ca]. Depositi munizioni Usa e Nato.
Lazio
66. Roma. Comando per il Mediterraneo centrale della Nato e il coordinamento logistico interforze Usa. Stazione Nato
67. Roma Ciampino [aeroporto militare]. Base saltuaria Usaf.
68. Rocca di Papa [Rm]. Stazione telecomunicazioni Usa con copertura Nato, in probabile collegamento con le installazioni sotterranee di Monte Cavo
69. Monte Romano [Vt]. Poligono saltuario di tiro dell'Us Army.
70. Gaeta [Lt]. Base permanente della Sesta flotta e della Squadra navale di scorta alla portaerei "La Salle".
71. Casale delle Palme [Lt]. Scuola telecomunicazioni Nato sotto controllo Usa.
Campania
72. Napoli. Comando del Security Force dei Marines. Base di sommergibili Usa. Comando delle Forze Aeree Usa per il Mediterraneo. Porto normalmente impiegato dalle unità civili e militari Usa. Si calcola che da Napoli e Livorno transitino annualmente circa cinquemila contenitori di materiale militare.
73. Aeroporto Napoli Capodichino. Base aerea Usaf.
74. Monte Camaldoli [Na]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
75. Ischia [Na]. Antenna di telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
76. Nisida [Na]. Base Us Army.
77. Bagnoli [Na]. Sede del più grande centro di coordinamento dell'Us Navy di tutte le attività di telecomunicazioni, comando e controllo del Mediterraneo.
78. Agnano [nelle vicinanze del famoso ippodromo]. Base dell'Us Army.
80. Licola [Na]. Antenna di telecomunicazioni Usa.
81. Lago Patria [Ce]. Stazione telecomunicazioni Usa.
82. Giugliano [vicinanze del lago Patria, Na]. Comando Statcom.
83. Grazzanise [Ce]. Base saltuaria Usaf.
84. Mondragone [Ce]: Centro di Comando Usa e Nato sotterraneo antiatomico, dove verrebbero spostati i comandi Usa e Nato in caso di guerra
85. Montevergine [Av]: Stazione di comunicazioni Usa.
Basilicata
79. Cirigliano [Mt]. Comando delle Forze Navali Usa in Europa.
86. Pietraficcata [Mt]. Centro telecomunicazioni Usa e Nato.
Puglia
87. Gioia del Colle [Ba]. Base aerea Usa di supporto tecnico.
88. Brindisi. Base navale Usa.
89. Punta della Contessa [Br]. Poligono di tiro Usa e Nato.
90. San Vito dei Normanni [Br]. Vi sarebbero di stanza un migliaio di militari americani del 499° Expeditionary Squadron;.Base dei Servizi Segreti. Electronics Security Group [Nsa ].
91. Monte Iacotenente [Fg]. Base del complesso radar Nadge.
92. Otranto. Stazione radar Usa.
93. Taranto. Base navale Usa. Deposito Usa e Nato.
94. Martinafranca [Ta]. Base radar Usa.
Calabria
95. Crotone. Stazione di telecomunicazioni e radar Usa e Nato.
96. Monte Mancuso [Cz]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
97. Sellia Marina [Cz]. Centro telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
Sicilia
98. Sigonella [Ct]. Principale base terrestre dell'Us Navy nel Mediterraneo centrale, supporto logistico della Sesta flotta [circa 3.400 tra militari e civili americani ]. Oltre ad unità della Us Navy, ospita diversi squadroni tattici dell'Usaf: elicotteri del tipo HC-4, caccia Tomcat F14 e A6 Intruder, gruppi di F-16 e F-111 equipaggiati con bombe nucleari del tipo B-43, da più di 100 kilotoni l'una.
99. Motta S. Anastasia [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
100. Caltagirone [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
101. Vizzini [Ct]. Diversi depositi Usa. Nota: un sottufficiale dell'aereonautica militare ci ha scritto, precisando che non vi sono installazioni USA in questa base militare italiana.
102. Palermo Punta Raisi [aeroporto]. Base saltuaria dell'Usaf.
103. Isola delle Femmine [Pa]. Deposito munizioni Usa e Nato.
104. Comiso [Rg]. La base risulterebbe smantellata.
105. Marina di Marza [Rg]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
106. Augusta [Sr]. Base della Sesta flotta e deposito munizioni.
107. Monte Lauro [Sr]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
109. Centuripe [En]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
110. Niscemi [Cl]. Base del NavComTelSta [comunicazione Us Navy ].
111. Trapani. Base Usaf con copertura Nato.
112. Isola di Pantelleria [Tp]: Centro telecomunicazioni Us Navy, base aerea e radar Nato.
113. Isola di Lampedusa [Ag]: Base della Guardia costiera Usa. Centro d'ascolto e di comunicazioni Nsa.
Le risposte, e le opinioni, sono le più disparate. C'è chi dice tre, chi sedici, chi addirittura (esagerato!) ventuno.
Un amico di mail, Paolo Baroni, mi invia ora l'elenco che segue. Ovviamente attendo smentite, se possibili.
Le sigle
Usaf: aviazione
Navy: marina
Army: esercito
Nsa: National security agency [Agenzia di sicurezza nazionale]
Setaf: Southern european task force [Task force sudeuropea]
Elenco per Regioni
Trentino Alto Adige
1. Cima Gallina [Bz]. Stazione telecomunicazioni e radar dell'Usaf.
2. Monte Paganella [Tn]. Stazione telecomunicazioni Usaf.
Friuli Venezia Giulia
3. Aviano [Pn]. La più grande base avanzata, deposito nucleare e centro di telecomunicazioni dell'Usaf in Italia [almeno tremila militari e civili americani ]. Nella base sono dislocate le forze operative pronte al combattimento dell'Usaf [un gruppo di cacciabombardieri ] utilizzate in passato nei bombardamenti in Bosnia. Inoltre la Sedicesima Forza Aerea ed il Trentunesimo Gruppo da caccia dell'aviazione Usa, nonché uno squadrone di F-18 dei Marines. Si presume che la base ospiti, in bunker sotterranei la cui costruzione è stata autorizzata dal Congresso, bombe nucleari. Nella base aerea di Aviano (Pordenone) sono permanentemente schierate, dal 1994, la 31st Fighter Wing, dotata di due squadriglie di F-16 [nella guerra contro la Jugoslavia nel 1999, effettuo' in 78 giorni 9.000 missioni di combattimento: un vero e proprio record] e la 16th Air Force. Quest'ultima è dotata di caccia F-16 e F-15, e ha il compito, sotto lo U. S. European Command, di pianificare e condurre operazioni di combattimento aereo non solo nell'Europa meridionale, ma anche in Medio Oriente e Nordafrica. Essa opera, con un personale di 11.500 militari e civili, da due basi principali: Aviano, dove si trova il suo quartier generale, e la base turca di Incirlik. Sara' appunto quest'ultima la principale base per l'offensiva aerea contro l'Iraq del nord, ma l'impiego degli aerei della 16th Air Force sara' pianificato e diretto dal quartier generale di Aviano.
4. Roveredo [Pn]. Deposito armi Usa.
5. Rivolto [Ud]. Base USAF.
6. Maniago [Ud]. Poligono di tiro dell'Usaf.
7. San Bernardo [Ud]. Deposito munizioni dell'Us Army.
8. Trieste. Base navale Usa.
Veneto
9. Camp Ederle [Vi]. Quartier generale della Nato e comando della Setaf della Us Army, che controlla le forze americane in Italia, Turchia e Grecia. In questa base vi sono le forze da combattimento terrestri normalmente in Italia: un battaglione aviotrasportato, un battaglione di artiglieri con capacità nucleare, tre compagnie del genio. Importante stazione di telecomunicazioni. I militari e i civili americani che operano a Camp Ederle dovrebbero essere circa duemila.
10. Vicenza: Comando Setaf. Quinta Forza aerea tattica [Usaf]. Probabile deposito di testate nucleari.
11. Tormeno [San Giovanni a Monte, Vi]. Depositi di armi e munizioni.
12. Longare [Vi]. Importante deposito d'armamenti.
13. Oderzo [Tv]. Deposito di armi e munizioni
14. Codognè [Tv]. Deposito di armi e munizioni
15. Istrana [Tv]. Base Usaf.
16. Ciano [Tv]. Centro telecomunicazioni e radar Usa.
17. Verona. Air Operations Center [Usaf ]. e base Nato delle Forze di Terra del Sud Europa; Centro di telecomunicazioni [Usaf].
18. Affi [Vr]. Centro telecomunicazioni Usa.
19. Lunghezzano [Vr]. Centro radar Usa.
20. Erbezzo [Vr]. Antenna radar Nsa.
21. Conselve [Pd ]. Base radar Usa.
22. Monte Venda [Pd]. Antenna telecomunicazioni e radar Usa.
23. Venezia. Base navale Usa.
24. Sant'Anna di Alfaedo [Pd]. Base radar Usa.
25. Lame di Concordia [Ve]. Base di telecomunicazioni e radar Usa.
26. San Gottardo, Boscomantivo [Ve]. Centro telecomunicazioni Usa.
27. Ceggia [Ve]. Centro radar Usa.
Lombardia
28. Ghedi [Bs]. Base dell'Usaf, stazione di comunicazione e deposito di bombe nucleari.
29. Montichiari [Bs]. Base aerea [Usaf ].
30. Remondò [Pv]. Base Us Army.
108. Sorico [Co]. Antenna Nsa.
Piemonte
31. Cameri [No]. Base aerea Usa con copertura Nato.
32. Candelo-Masazza [Vc]. Addestramento Usaf e Us Army, copertura Nato.
Liguria
33. La Spezia. Centro antisommergibili di Saclant [vedi 35 ].
34. Finale Ligure [Sv]. Stazione di telecomunicazioni della Us Army.
35. San Bartolomeo [Sp]: Centro ricerche per la guerra sottomarina. Composta da tre strutture. Innanzitutto il Saclant, una filiale della Nato che non è indicata in nessuna mappa dell'Alleanza atlantica. Il Saclant svolgerebbe non meglio precisate ricerche marine: in un dossier preparato dalla federazione di Rifondazione Comunista si parla di "occupazione di aree dello specchio d'acqua per esigenze militari dello stato italiano e non [ricovero della VI flotta Usa]". Poi c'è Maricocesco, un ente che fornisce pezzi di ricambio alle navi. E infine Mariperman, la Commissione permanente per gli esperimenti sui materiali da guerra, composta da cinquecento persone e undici istituti [dall'artiglieria, munizioni e missili, alle armi subacquee].
Emilia Romagna
36. Monte San Damiano [Pc]. Base dell'Usaf con copertura Nato.
37. Monte Cimone [Mo]. Stazione telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
38. Parma. Deposito dell'Usaf con copertura Nato.
39. Bologna. Stazione di telecomunicazioni del Dipartimento di Stato.
40. Rimini. Gruppo logistico Usa per l'attivazione di bombe nucleari.
41. Rimini-Miramare. Centro telecomunicazioni Usa.
Marche
42. Potenza Picena [Mc]. Centro radar Usa con copertura Nato.
Toscana
43. Camp Darby [Pi]. Il Setaf ha il più grande deposito logistico del Mediterraneo [tra Pisa e Livorno], con circa 1.400 uomini, dove si trova il 31st Munitions Squadron. Qui, in 125 bunker sotterranei, e' stoccata una riserva strategica per l'esercito e l'aeronautica statunitensi, stimata in oltre un milione e mezzo di munizioni. Strettamente collegato tramite una rete di canali al vicino porto di Livorno, attraverso il Canale dei Navicelli, è base di rifornimento delle unità navali di stanza nel Mediterraneo. Ottavo Gruppo di supporto Usa e Base dell'US Army per l'appoggio alle forze statunitensi al Sud del Po, nel Mediterraneo, nel Golfo, nell'Africa del Nord e la Turchia.
44. Coltano [Pi]. Importante base Usa-Nsa per le telecomunicazioni: da qui sono gestite tutte le informazioni raccolte dai centri di telecomunicazione siti nel Mediterraneo. Deposito munizioni Us Army; Base Nsa.
45. Pisa [aeroporto militare]. Base saltuaria dell'Usaf.
46. Talamone [Gr]. Base saltuaria dell'Us Navy.
47. Poggio Ballone [Gr]. Tra Follonica, Castiglione della Pescaia e Tirli: Centro radar Usa con copertura Nato.
48. Livorno. Base navale Usa.
49. Monte Giogo [Ms]. Centro di telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
Sardegna
50. La Maddalena - Santo Stefano [Ss]. Base atomica Usa, base di sommergibili, squadra navale di supporto alla portaerei americana "Simon Lake".
51. Monte Limbara [tra Oschiri e Tempio, Ss]. Base missilistica Usa.
52. Sinis di Cabras [Or]. Centro elaborazioni dati [Nsa].
53. Isola di Tavolara [Ss]. Stazione radiotelegrafica di supporto ai sommergibili della Us Navy.
54. Torre Grande di Oristano. Base radar Nsa.
55. Monte Arci [Or]. Stazione di telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
56. Capo Frasca [Or]. Eliporto ed impianto radar Usa.
57. Santulussurgiu [Or]. Stazione telecomunicazioni Usaf con copertura Nato.
58. Perdasdefogu [Nu]. Base missilistica sperimentale.
59. Capo Teulada [Ca]. Da Capo Teulada a Capo Frasca [Or ], all'incirca 100 chilometri di costa, 7.200 ettari di terreno e più di 70 mila ettari di zone "off limits": poligono di tiro per esercitazioni aeree ed aeronavali della Sesta flotta americana e della Nato.
60. Cagliari. Base navale Usa.
61. Decimomannu [Ca]. Aeroporto Usa con copertura Nato.
62. Aeroporto di Elmas [Ca]. Base aerea Usaf.
63. Salto di Quirra [Ca]. poligoni missilistici.
64. Capo San Lorenzo [Ca]. Zona di addestramento per la Sesta flotta Usa.
65. Monte Urpino [Ca]. Depositi munizioni Usa e Nato.
Lazio
66. Roma. Comando per il Mediterraneo centrale della Nato e il coordinamento logistico interforze Usa. Stazione Nato
67. Roma Ciampino [aeroporto militare]. Base saltuaria Usaf.
68. Rocca di Papa [Rm]. Stazione telecomunicazioni Usa con copertura Nato, in probabile collegamento con le installazioni sotterranee di Monte Cavo
69. Monte Romano [Vt]. Poligono saltuario di tiro dell'Us Army.
70. Gaeta [Lt]. Base permanente della Sesta flotta e della Squadra navale di scorta alla portaerei "La Salle".
71. Casale delle Palme [Lt]. Scuola telecomunicazioni Nato sotto controllo Usa.
Campania
72. Napoli. Comando del Security Force dei Marines. Base di sommergibili Usa. Comando delle Forze Aeree Usa per il Mediterraneo. Porto normalmente impiegato dalle unità civili e militari Usa. Si calcola che da Napoli e Livorno transitino annualmente circa cinquemila contenitori di materiale militare.
73. Aeroporto Napoli Capodichino. Base aerea Usaf.
74. Monte Camaldoli [Na]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
75. Ischia [Na]. Antenna di telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
76. Nisida [Na]. Base Us Army.
77. Bagnoli [Na]. Sede del più grande centro di coordinamento dell'Us Navy di tutte le attività di telecomunicazioni, comando e controllo del Mediterraneo.
78. Agnano [nelle vicinanze del famoso ippodromo]. Base dell'Us Army.
80. Licola [Na]. Antenna di telecomunicazioni Usa.
81. Lago Patria [Ce]. Stazione telecomunicazioni Usa.
82. Giugliano [vicinanze del lago Patria, Na]. Comando Statcom.
83. Grazzanise [Ce]. Base saltuaria Usaf.
84. Mondragone [Ce]: Centro di Comando Usa e Nato sotterraneo antiatomico, dove verrebbero spostati i comandi Usa e Nato in caso di guerra
85. Montevergine [Av]: Stazione di comunicazioni Usa.
Basilicata
79. Cirigliano [Mt]. Comando delle Forze Navali Usa in Europa.
86. Pietraficcata [Mt]. Centro telecomunicazioni Usa e Nato.
Puglia
87. Gioia del Colle [Ba]. Base aerea Usa di supporto tecnico.
88. Brindisi. Base navale Usa.
89. Punta della Contessa [Br]. Poligono di tiro Usa e Nato.
90. San Vito dei Normanni [Br]. Vi sarebbero di stanza un migliaio di militari americani del 499° Expeditionary Squadron;.Base dei Servizi Segreti. Electronics Security Group [Nsa ].
91. Monte Iacotenente [Fg]. Base del complesso radar Nadge.
92. Otranto. Stazione radar Usa.
93. Taranto. Base navale Usa. Deposito Usa e Nato.
94. Martinafranca [Ta]. Base radar Usa.
Calabria
95. Crotone. Stazione di telecomunicazioni e radar Usa e Nato.
96. Monte Mancuso [Cz]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
97. Sellia Marina [Cz]. Centro telecomunicazioni Usa con copertura Nato.
Sicilia
98. Sigonella [Ct]. Principale base terrestre dell'Us Navy nel Mediterraneo centrale, supporto logistico della Sesta flotta [circa 3.400 tra militari e civili americani ]. Oltre ad unità della Us Navy, ospita diversi squadroni tattici dell'Usaf: elicotteri del tipo HC-4, caccia Tomcat F14 e A6 Intruder, gruppi di F-16 e F-111 equipaggiati con bombe nucleari del tipo B-43, da più di 100 kilotoni l'una.
99. Motta S. Anastasia [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
100. Caltagirone [Ct]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
101. Vizzini [Ct]. Diversi depositi Usa. Nota: un sottufficiale dell'aereonautica militare ci ha scritto, precisando che non vi sono installazioni USA in questa base militare italiana.
102. Palermo Punta Raisi [aeroporto]. Base saltuaria dell'Usaf.
103. Isola delle Femmine [Pa]. Deposito munizioni Usa e Nato.
104. Comiso [Rg]. La base risulterebbe smantellata.
105. Marina di Marza [Rg]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
106. Augusta [Sr]. Base della Sesta flotta e deposito munizioni.
107. Monte Lauro [Sr]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
109. Centuripe [En]. Stazione di telecomunicazioni Usa.
110. Niscemi [Cl]. Base del NavComTelSta [comunicazione Us Navy ].
111. Trapani. Base Usaf con copertura Nato.
112. Isola di Pantelleria [Tp]: Centro telecomunicazioni Us Navy, base aerea e radar Nato.
113. Isola di Lampedusa [Ag]: Base della Guardia costiera Usa. Centro d'ascolto e di comunicazioni Nsa.
lunedì 7 novembre 2011
Italia da (non) salvare?
Qualche tempo fa, il 21 settembre, avevo postato un articolo di Massimo Fini che mi è costato non poche critiche. Sono recidivo e nuovamente lo faccio parlare sul nostro blog.
So bene che non tutto è condivisibile, ma in queste poche righe ci sono tante verità che il conformismo tiene regolarmente nascoste.
Dal Fatto Quotidiano del 5 novembre:
I 'grandi comunicatori', i professionisti delle promesse e dell'ottimismo a 24 carati possono funzionare in tempi normali perché di rilancio in rilancio, come al poker, il loro bluff non viene mai "visto". In situazioni drammatiche, dove contano i fatti e non le parole, la cosa non funziona più. Mussolini era un uomo di questa fatta (in parte, perché, in pace, fece anche delle ottime cose), ma quando entrò in guerra si scoprì che l’Italia, a differenza della Germania, vi era completamente impreparata e non bastarono gli slogan (“spezzeremo le reni alla Grecia”, “fermeremo gli americani sul bagnasciuga”) per evitarci la più umiliante delle sconfitte e una guerra civile. Berlusconi con le sue promesse e i suoi bluff è riuscito a ingannare gli italiani per diciassette anni pur non avendo fatto, a differenza di Mussolini, nulla di notevole. E per diciassette anni gli è andata bene. Adesso, in una situazione di crisi economica drammatica, ha cercato, con la sua ridicola ‘lettera di intenti’, di ripetere il giochetto con gli europei sperando di farla franca anche con loro. Ma i fatti, in questo caso i mercati, gli han dato la risposta brutale che si meritava e con lui l’Italia che gli ha creduto e anche quella che non gli ha creduto ma non è stata capace di fermarlo.
So bene che non tutto è condivisibile, ma in queste poche righe ci sono tante verità che il conformismo tiene regolarmente nascoste.
Dal Fatto Quotidiano del 5 novembre:
L'Italia non merita di essere salvata
I 'grandi comunicatori', i professionisti delle promesse e dell'ottimismo a 24 carati possono funzionare in tempi normali perché di rilancio in rilancio, come al poker, il loro bluff non viene mai "visto". In situazioni drammatiche, dove contano i fatti e non le parole, la cosa non funziona più. Mussolini era un uomo di questa fatta (in parte, perché, in pace, fece anche delle ottime cose), ma quando entrò in guerra si scoprì che l’Italia, a differenza della Germania, vi era completamente impreparata e non bastarono gli slogan (“spezzeremo le reni alla Grecia”, “fermeremo gli americani sul bagnasciuga”) per evitarci la più umiliante delle sconfitte e una guerra civile. Berlusconi con le sue promesse e i suoi bluff è riuscito a ingannare gli italiani per diciassette anni pur non avendo fatto, a differenza di Mussolini, nulla di notevole. E per diciassette anni gli è andata bene. Adesso, in una situazione di crisi economica drammatica, ha cercato, con la sua ridicola ‘lettera di intenti’, di ripetere il giochetto con gli europei sperando di farla franca anche con loro. Ma i fatti, in questo caso i mercati, gli han dato la risposta brutale che si meritava e con lui l’Italia che gli ha creduto e anche quella che non gli ha creduto ma non è stata capace di fermarlo.
Berlusconi però non è che la ciliegiona marcia su una torta marcia. Nella crisi attuale, che è planetaria ed è dovuta alla cocciuta cecità delle leadership mondiali che si ostinano a inseguire il mito della crescita quando crescere non si può più, la particolare debolezza dell’Italia è data, com’è noto, dall’enorme debito pubblico. Questo debito è stato accumulato soprattutto negli Oottanta, gli anni della 'Milano da bere' (per la verità bevevano solo i socialisti), della triade dei santi e martiri Craxi-Andreotti-Forlani quando, per motivi clientelari, di conquista del consenso si elargivano a pioggia pensioni di vecchiaia fasulle, pensioni di invalidità false, pensioni baby, pensioni d’oro. Inoltre dalla metà degli anni settanta c’è stata la cassa integrazione a tempo indeterminato, che è la forma che l’assistenzialismo ha assunto al Nord. Quando il mercato tirava l’imprenditore si gonfiava di operai, quando si restringeva li metteva in cassa integrazione, accollandoli alla collettività. Si chiamava “privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite”. In quanto agli operai mi ricordo di aver fatto nel 1974 un servizio, per L’Europeo, sulla prima cassa integrazione, alla Fiat di Torino. Parlando con gli operai mi accorsi che, dietro i piagnistei di prammatica, tutto volevano tranne che tornare al lavoro. E chi glielo faceva fare? Prendevano il 90% del salario e il 10% che mancava era compensato dal non doversi pagare gli spostamenti. Oltretutto in Piemonte erano quasi tutti ‘barotti’, operai-contadini, cui non pareva vero di poter curare i loro campi senza la rogna di dover andare in fabbrica.
Nel frattempo i partiti taglieggiavano e rubavano a redini basse. Giuliano Cazzola ha calcolato che la prima Tangentopoli ci è costata 630 mila miliardi di vecchie lire, circa un quarto del debito pubblico. E il calcolo si basa solo sulle sentenze arrivate a giudizio definitivo che rappresentano, come per ogni reato, un decimo degli illeciti commessi.
Poteva essere una lezione salutare. E invece nel giro di pochi anni abbiamo visto i giudici diventare veri colpevoli e i ladri le vittime, giudici dei loro giudici. E tutto è continuato peggio di prima. Può un Paese del genere salvarsi? Può darsi. Ma, nonostante le eiaculazioni senili di Napolitano sul Milite Ignoto, non lo merita.
sabato 5 novembre 2011
4 Novembre
Il sito della rivista Storia In Rete pubblica, per la ricorrenza del 4 Novembre, una lettera del sergente Giuseppe Abbatecola, datata 5 Novembre 1918, scritta alla famiglia dal Trentino "non più zona di guerra".
Mi pare istruttivo leggerla e fare qualche raffronto con l'Italia di oggi...
Mi pare istruttivo leggerla e fare qualche raffronto con l'Italia di oggi...
Non più zona di guerra5 novembre 1918Teresina mia carissima,ieri finalmente fu stato firmato l’armistizio. Tu non ciai [ci hai] mai creduto quando io lo mandavo addire [a dire] a te, adesso ci credi, è vero! Darmi risposta in proposito. Teresina carissima, dopo tre giorni di asprissima (asperrima) lotta abbiamo fiaccato il barbaro nemico dalle alte vette e balze del Trentino. Tutte le terre invase sono già state tutte riconquistate; il nemico incapace a resistere davanti all’italiani forti ha ripiegato dallo Stelvio al mare. A memoria del giorno memorando 3 novembre l’anno 1918 a ore 8 e tre quarti quasi sulle balze del Trentino abbiamo appreso la lieta notizia.1° Sbarco delle nostre truppe a Trieste2° Sbarco delle nostre truppe a Pola.3° Nostre truppe entrate a Udine.4° Presa di Rovereto e Trento.Teresina è inutile considerare l’ebbrezza di noi martiri di questa orribile guerra. Finalmente già concluso l’armistizio di pace dopo tante sofferenze e lacrime per chi fu forzato a subirla. Io godo ottima salute. Iddio guarda te e i bambini e noi tutti e speriamo che il prossimo Santo Natale di farlo insieme in famiglia. Non tutto posso esprimermi di questi belli giorni fatali che dopo trascorsi 43 mesi di guerra siamo inteso di invocare la pace! Pace perpetua, pace desiderata da tutto il mondo. O! Che giornate ebbrezze [ebbre], tutti noi forti soldati gridiamo la grande Vittoria Italiana ‘che siamo [abbiamo] discacciato il barbaro nemico che voleva calpestarci; oggi ha [è] stato calpestato lui e la nostra bella bandiera dei tre colori sventola sul castello di Trieste e Trento e tutti gridiamo con cuore commosso viva l’Italia, viva Trieste e Trento italiano, viva Pola e più gridiamo ancora viva la Pace. Coraggio sempre Teresina, oramai la guerra è finita: noi risorgeremo e gli imboscati scapperanno altrove, specialmente chi non ha avuto cuore verso di me.[…]Baci forti forti ai nostri cari ed amati figli che si hanno levati [che sono cresciuti] senza amore di loro padre che dal primo giorno che fu dichiarata la guerra ho subito tutte le sorti della guerra; oggi possiamo ringraziare tutti i santi che cianno [ci hanno] liberati sin’oggi giorno di pace 4 novembre 1918 che sarà una giornata scritta nei grandi libri e da festeggiare tutti gli anni, e di pregare tutti i santi di guardarci ancora sempre per poterci divertire ancora della nostra contentezza e della nostra gioventù. Teresina gridiamo tutti viva la bella Italia, viva la Grande Vittoria […]Giuseppe Abbatecola, buone notizie preme.Sergente Giuseppe Abbatecola, comando Genio1a Armata Ufficio Strade Sezione 1a Zona di Guerra[…]Gli imboscati che non hanno fatto la guerra possono cominciare a lontanarsi [ad allontanarsi] dai paesi, il loro posto adesso è nei boschi dove non si vedono più cristiani; se loro hanno avuto paura di fare la guerra, adesso non più possono dire che sono italiani; gli italiani possiamo dirlo noi che dal primo giorno che fu dichiarata la guerra siamo sempre difesa (abbiamo sempre difeso) la nostra bella Italia e discacciando sempre il barbaro nemico.Conservare questa lettera che sarà la mia memoria del giorno 3 novembre 1918 e per memoria pure per i miei figli e voialtri tutti…Sergente Giuseppe Abbatecola
mercoledì 2 novembre 2011
Crollo della democrazia
Nuova riflessione di Ida Magli sull'attuale catastrofica situazione economica ed istituzionale.
Mi inquieta però il fatto che nemmeno la Prof. Magli si ponga il problema che ci stanno conducendo "fuori" dall'Euro quegli stessi figuri (centrodestri e centrosinistri) che anni fa ci avevano condotti "dentro"! La loro incompetenza, la loro malafede sono forse svanite in questi anni...? Non mi sembra... come possiamo fidarci??
Mi inquieta però il fatto che nemmeno la Prof. Magli si ponga il problema che ci stanno conducendo "fuori" dall'Euro quegli stessi figuri (centrodestri e centrosinistri) che anni fa ci avevano condotti "dentro"! La loro incompetenza, la loro malafede sono forse svanite in questi anni...? Non mi sembra... come possiamo fidarci??
di Ida Magli
Italiani Liberi | 01.11.2011
Nel momento in cui sto scrivendo questa breve nota (1 novembre 2011 ore 11) la borsa italiana perde più del 5% Cosa c’è di diverso da ieri? L’Italia è sicuramente la stessa, anzi. Approfittando del giorno festivo, molti sono andati tranquillamente fuori città mentre Berlusconi, Bersani, Vendola e compagni litigano come il solito (anzi, data la festività, forse un po’ meno del solito). I commentatori affermano tutti che: “La Grecia ha terrorizzato i mercati annunciando l’intenzione di indire un referendum popolare sui nuovi prestiti concordati con l’Ue”. Che cosa significa? Semplicemente che, nella democraticissima unione europea, chiedere un parere al popolo su ciò che decidono i governanti, dovrebbe essere proibito, come ha già rilevato Angela Merkel con il suo sdegno per l’iniziativa del Premier greco: il loro No, infatti, è sicuro.
Italiani Liberi | 01.11.2011
Nel momento in cui sto scrivendo questa breve nota (1 novembre 2011 ore 11) la borsa italiana perde più del 5% Cosa c’è di diverso da ieri? L’Italia è sicuramente la stessa, anzi. Approfittando del giorno festivo, molti sono andati tranquillamente fuori città mentre Berlusconi, Bersani, Vendola e compagni litigano come il solito (anzi, data la festività, forse un po’ meno del solito). I commentatori affermano tutti che: “La Grecia ha terrorizzato i mercati annunciando l’intenzione di indire un referendum popolare sui nuovi prestiti concordati con l’Ue”. Che cosa significa? Semplicemente che, nella democraticissima unione europea, chiedere un parere al popolo su ciò che decidono i governanti, dovrebbe essere proibito, come ha già rilevato Angela Merkel con il suo sdegno per l’iniziativa del Premier greco: il loro No, infatti, è sicuro.
Non c’è dubbio che le cose stiano così. Se, però, noi, semplici cittadini privi di qualsiasi potere, non troviamo il modo per far ragionare i nostri governanti, andremo tutti a fondo partendo proprio da questo presupposto. La debolezza dell’unione europea, infatti, causa prima della mancanza di fiducia dei mercati, dipende prima di tutto da questo dato di fatto: non esiste la comunità dei popoli, non esiste nessuno Stato a nome “Ue”. D’altra parte, però, i singoli Stati hanno rinunciato (decisione illegittima e pertanto invalida) a battere moneta, per cui a garantire la moneta europea non c’è nessuno: né gli Stati nazionali che vi hanno rinunciato né lo Stato Ue che non esiste. Né si dica che allora bisogna rafforzare i legami politici unendosi di più perché la comunità dei popoli, ossia la forza di uno Stato, quella che lo fa nascere e vivere, non si crea a tavolino, per finzione, come è stato fatto fino adesso per l’Europa. Si sono create le istituzioni: parlamento, commissione, consiglio, che avrebbero dovuto costituire l’ossatura dello Stato, ma talmente vuote di realtà che giunti a dar loro un’anima, neanche i politici più ostinati nel loro europeismo sono riusciti a farle indossare l’essenza e dei simboli di uno Stato: l’Ue non possiede né Costituzione né Bandiera né Inno. Al posto di una costituzione l’Europa ha firmato un trattato fra Stati (il trattato di Lisbona); l’inno è stato eliminato e la bandiera la si può esporre, sempre che qualcuno lo voglia, soltanto il giorno della festa dell’Europa, cosa che nessuno fa. Soltanto i governanti italiani si sono ostinati a farla sventolare ovunque: il loro spirito di finzione si rivela anche in questo.
Adesso, però, di fronte al baratro in cui stiamo sprofondando, un baratro che non è soltanto economico e finanziario, ma anche di perdita di dignità e di rispetto, dobbiamo trovare il modo per costringere i politici a riappropriarsi della sovranità monetaria e a nazionalizzare la banca d’Italia. Lo diciamo anche soltanto in nome del buon senso. Si parla tanto di “contagio”: ebbene dalle malattie contagiose ci si salva scappando lontano dalla loro fonte. Il Premier greco sicuramente ha parlato di un referendum pensando di poter portare così, con l’avallo dei cittadini, la Grecia fuori dall’euro. Il nostro governo non ha bisogno di referendum: esiste già da molto tempo una maggioranza di parlamentari, di economisti, di esperti e di semplici cittadini che è convinta non vi sia altro da fare. Inutile scaricarsi le colpe gli uni con gli altri: il gravissimo errore è stato compiuto quando è stato deciso (con l’interessato entusiasmo di Ciampi e di Prodi) di far entrare l’Italia nell’euro. Perciò la situazione rimarrebbe la stessa anche se si cambiassero le persone di governo, anzi diventerebbe ancora più grave con l’aggiunta dell’instabilità. Si pensa di far andare al governo un economista o un banchiere? Sarebbe la decisione peggiore perché, pur essendo proprio questo lo scopo degli economisti e dei banchieri che hanno voluto l’unificazione europea, il potere racchiuso esclusivamente nelle mani dei banchieri sancirebbe formalmente la fine della democrazia. Quindi non c’è altra via d’uscita: abbandonare l’euro.
Iscriviti a:
Post (Atom)