Alcuni giorni or sono il quotidiano Rinascita ha ripubblicato con grande risalto (dedicando addirittura le due pagine centrali) un mio articolo di qualche tempo fa.
E' uno scritto che meriterebbe più di un aggiornamento, e anche di essere qua e là emendato di qualche imprecisione, però la nuova pubblicazione da parte di una testata di diffusione nazionale mi induce a pensare che presenti ancora un interesse attuale.
Ve lo propongo, ricordando, a chi desideri un'esposizione più dettagliata seppure sempre di taglio assolutamente divulgativo, la pagina U.E. e dintorni su questo blog.
Il Trattato di Lisbona: una truffa coperta dalla disinformazione.
Il 2 ottobre 2009, in un’umida e piovosa giornata d’inizio autunno, a Dublino è accaduto un evento epocale, paragonabile solo ai grandi fatti storici del passato che hanno segnato il cammino dell’umanità. Eppure questo evento è stato circondato dalla più assoluta disinformazione, i media ne hanno parlato distrattamente senza fornire ai cittadini alcun elemento per poter capire che cosa è realmente capitato.
Quel giorno, con l’esito favorevole del referendum irlandese, è caduto l’ultimo ostacolo che si frapponeva alla piena operatività del Trattato di Lisbona, cioè il documento che sancisce definitivamente la soppressione della sovranità dei singoli Stati nazionali europei e che segna la nascita di un unico Stato per tutto il continente europeo: lo Stato Unione Europea.
Fin dalla sua origine, l’U.E. è stata pensata per essere un organismo di tipo statuale: uno Stato a tutti gli effetti, destinato a sostituirsi ai precedenti Stati nazionali. E di questo obiettivo non è mai stato fatto mistero, benchè esso sia ignoto alla gran parte dell’opinione pubblica. Uno dei “padri fondatori” dell’Europa unita, Altiero Spinelli, espone a chiare lettere questo concetto nel celebre Manifesto di Ventotene, scritto mentre era al confino nell’omonima isola, e la dottrina pubblicistica ha sempre definito l’U.E. come “un organismo autonomo ed indipendente”. cioè la medesima definizione utilizzata per gli Stati!
Questa nozione è pacifica, e lo è “da sempre”.
Un episodio dal quale è emerso in modo eclatante il carattere statuale dell’U.E. è stata la decisione di dotare la stessa di una Costituzione, per la redazione della quale fu creata una Commissione (assemblea costituente) presieduta da Giscard d’Estaing e Giuliano Amato. La Costituzione fu poi affossata, nel 2005, dai referendum in Francia e nei Paesi Bassi, ma – indipendentemente da tale fallimento - il significato rimane: gli Stati si dotano di una Costituzione (tant’è vero che può dirsi che non esiste Stato senza Costituzione), mentre gli enti sovranazionali, o comunque non statuali, non hanno Costituzione, tutt’al più hanno una statuto o un atto costitutivo!
Avere scritto la Costituzione dell’U.E. ha significato affermare il suo carattere di Stato.
Ma rinunciare agli Stati nazionali in favore di un nuovo unico Stato europeo è una scelta di enorme importanza per il presente e per il futuro dell’Europa, una scelta che dovrebbe essere accuratamente studiata, discussa, condivisa, ed altrettanto importante sarebbe conoscere ed approvare quel “nuovo” che andrà a sostituire il “vecchio”, cioè la struttura dell’U.E., i suoi organi, i suoi poteri, il bilanciamento tra essi, i fini che essa si pone, ecc. Sappiamo invece che nulla di tutto ciò è accaduto: nessuno ha chiesto ai popoli del Vecchio Continente, ad esempio, quali principi e quale ideologia dovranno reggere il nuovo Stato europeo, oppure come questo dovrà collocarsi nello scacchiere geopolitico, oppure ancora se esso dovrà privilegiare l’efficientismo liberal-capitalistico a discapito dei diritti sociali o viceversa, e così via. Parimenti, pochissimi cittadini europei (praticamente nessuno) sanno come è strutturata il meccanismo di formazione delle decisioni all’interno dell’U.E., ben pochi sanno che il Parlamento Europeo (unico organismo dell’Unione eletto direttamente da popolo) è pressochè privo di potere e che la potestà legislativa è concentrata nelle mani di organi (il Consiglio e la Commissione) sforniti di legittimazione popolare, il cui operato è insindacabile e che sono privi di qualsiasi responsabilità. E naturalmente nessuno conosce i nomi degli oscuri burocrati che costituiscono i gruppi di lavoro della Commissione, i quali scrivono le future leggi dell’Europa, oppure i nomi dei giudici della Corte di Giustizia, il cui potere è ormai sconfinato.
Insomma, tutto viene calato dall’alto, deciso ed imposto ai popoli europei prescindendo dalla loro volontà, dalla loro approvazione e persino dalla loro consapevolezza.
Questo percorso di soppressione degli Stati nazionali in favore di un unico Stato europeo si è completato il 2 ottobre 2009. Proprio nel momento in cui i nostri politicanti si riempiono la bocca parlando di costituzione repubblicana e di festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, lo Stato Repubblica Italiana (così come gli altri Stati nazionali europei) è cessato, tutti i poteri e le funzioni che caratterizzano la sovranità sono stati trasferiti all’U.E.
E’ quindi indispensabile conoscere il contenuto del Trattato di Lisbona poichè esso fissa i caratteri del nuovo Stato del quale, da quella data, tutti siamo cittadini (o, se preferite, sudditi). Però va detto che il testo del Trattato (che sostanzialmente recepisce pressochè tutto il contenuto della Costituzione bocciata dai referendum in Francia e nei Paesi Bassi) è inverosimilmente lungo (centinaia di pagine) e complicato, praticamente ogni riga costituisce un rinvio ad altri documenti e ad altri testi legislativi: un testo cioè illeggibile ed incomprensibile. E’ bene chiarire che il carattere volutamente illeggibile del testo del Trattato è stato ufficialmente e pubblicamente dichiarato da Giuliano Amato durante un discorso al Centro per la Riforma Europea a Londra il 12 luglio 2007. E’ certo dunque che, con il loro consueto modus operandi arrogante ed illiberale, i “burattinai” dell’U.E. hanno volutamente creato un testo inaccessibile per impedire all’opinione pubblica di sapere che cosa stesse accadendo, e quindi di poter decidere il proprio destino.
Non a caso, quando il Parlamento italiano ha ratificato il Trattato (8 agosto 2008), qualcuno ha commentato: se lo conoscessero, non lo voterebbero! Ma il voto parlamentare è stato favorevole all’unanimità, nessun contrario, nessun astenuto. Prima del voto, nessun dibattito, nessuna prima serata televisiva. Il voto con il quale veniva messo in liquidazione lo Stato italiano è passato quasi inosservato.
Questa difficoltà di lettura del testo del Trattato è, evidentemente, anche una difficoltà di esposizione, ed infatti dal 2007 ad oggi si è scritto tutto ed il contrario di tutto sul Trattato di Lisbona, vi sono stati visti i contenuti più disparati e contrastanti. Ancora recentemente, ad esempio, dopo il referendum irlandese, si è letto un comunicato della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea che loda l’esito del referendum affermando che il Trattato conterrebbe dei principi che, in realtà, gli sono totalmente estranei! Difficile dire se quei Vescovi fossero solo ignoranti o non piuttosto in mala fede...
Proviamo dunque e cimentarci nella non facile impresa di delineare il punti salienti dal Trattato, e, quindi, i tratti fondamentali dello Stato U.E. del quale, oggi, tutti facciamo parte.
Per quanto riguarda gli organi e la ripartizione del poteri, nulla muta rispetto ad oggi: i poteri legislativo ed esecutivo rimarranno concentrati nelle mani di organi privi di legittimazione popolare. Il potere giudiziario sarà assegnato alla Corte di Giustizia, i cui giudici, parimenti, anch’essi non sono eletti dal popolo. Ne emerge l’immagine di uno Stato rigidamente oligarchico, gestito da una minuscola elite che non risponde ad alcuno del suo operato, mentre i cittadini europei continueranno ad eleggere un Parlamento le cui funzioni, rispetto alle attuali, muteranno assai poco ed in misura non significativa.
Lo Stato sarà rappresentato verso l’esterno da un Presidente che – inutile dirlo – non sarà eletto dai cittadini.
Saranno istituita una Procura europea ed una Polizia europea (Europolice) ed il nuovo Stato avrà una sua legislazione penale. Sicuramente proseguirà la promulgazione, già ampiamente avviata, di leggi liberticide che – come già oggi – tenderanno a controllare e ad omologare le opinioni e le idee.
La politica economica sarà retta dal principio della “libera concorrenza senza distorsioni”. E’ l’applicazione della dottrina del liberal-capitalismo, che esclude la possibilità di interventi correttivi degli organi pubblici e che arriva al punto di sancire il divieto di sciopero se ostacola (testualmente) “il libero movimento dei servizi”: formula vaghissima nella quale può rientrare di tutto! Questo divieto fa il paio con una sorprendente norma che, in caso di sommosse o insurrezioni, legittima da parte delle forze dell’ordine (e dell’esercito) l’uccisione dei partecipanti! Una norma decisamente ancora da indagare a fondo...
Quel che è certo, è che sicuramente è lecito attendersi una normativa sociale e di tutela dei lavoratori assai meno incisiva di quella attualmente in vigore in Italia. E’ prevedibile la liberalizzazione dei salari.
Da un punto di vista ideologico, basti ricordare che il Trattato dà forza giuridica obbligatoria alla Carta di Nizza del 2000, cioè il documento, aspramente criticato da Giovanni Paolo II, che non considera la sessualità un dato di natura ma una scelta culturale soggettiva e che dissocia il concetto di famiglia da quello di matrimonio tra uomo e donna, aprendo la strada alle unioni omosessuali con pari diritti (compresa l’adozione di bambini) rispetto a quelle tradizionali. Nulla muta rispetto ai tradizionali orientamenti dell’U.E. favorevoli all’aborto ed all’eutanasia.
La politica estera sarà affidata ad un “Alto Rappresentante per gli affari esteri”, e l’Unione potrà decidere interventi militari, non solo con carattere difensivo ma anche offensivo. Gli ex Stati nazionali perderanno quindi anche la loro indipendenza militare. E nulla permette di escludere la leva obbligatorie europea. E’, questo, un altro capitolo semplicemente sconcertante!
In materia di immigrazione, l’Unione avrà frontiere esterne comuni e deciderà chi potrà entrare e chi no, senza possibilità per i cittadini di fare sentire la loro opinione.
Credo che queste poche righe, nella quali mi sono sforzato di essere il più oggettivo possibile, siano sufficienti per delineare lo scenario. E' questa l'Europa dei banchieri e dei mercanti. E' l'Europa, senza etica e senza morale, utile al grande capitale che non vuole vincoli.
Ce l'hanno costruita addosso. E noi non ce ne siamo accorti.
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