martedì 6 agosto 2013

Tu chiamala (se vuoi) "integrazione" europea

Condivido, con Gabriele Gruppo, molte idee. In tema di integrazione europea, però, a volte abbiamo visioni diverse. Tuttavia, faccio fatica a trovare una sola frase di questo suo articolo da cui possa dissociarmi.
Dal sito wordpress.thule-italia.net:

Tu chiamala (se vuoi) “integrazione” europea

La segnalazione di un nostro contatto, relativa alla tematica del processo d’integrazione economica e monetaria europea (UEM), ci ha spinto a fare un piccolo bilancio su quella che è la connessione tra tale processo, la crisi dei debiti sovrani di numerosi Stati del Vecchio Continente, e la crisi economica mondiale. In questi anni difficili siamo stati testimoni e cronisti della discesa agli inferi in cui la speculazione apolide ha spinto i famigerati PIIGS; quella poco invidiabile accozzaglia di nazioni europee che, per motivi differenti, hanno dovuto confrontarsi con il “lato oscuro” della finanza, e con l’amara scoperta di dover rinunciare de facto alla propria sovranità, pur di essere “salvate” dal resto dell’Unione. Così come abbiamo assistito al decadimento di ogni barriera di decenza, da parte della classe politica al potere, nel dimostrare palesemente la propria incompetenza e pavidità nell’affrontare chi, realmente, ha provocato il disastro. Proprio nella giornata odierna, il burattino governativo di turno, Enrico Letta, ha esternato tutta la sua fiducia nella possibilità che l’Italia possa a breve “uscire dalla crisi economica” in cui versa ormai dal 2008, e che sta impietosamente distruggendo le componenti organiche integrate del tessuto produttivo nazionale, facendo diventare i distretti economici dello stivale una sorta di obitorio imprenditoriale ed occupazionale. Il “come” uscire dalla crisi Letta non lo spiega, preferendo di gran lunga le solite giaculatorie sulle risorse che serberebbe l’Italia nei momenti difficili, e sull’energia che gli italiani possono sviluppare per affrontare questa congiuntura storico/economica avversa. Solita solfa insomma. Mentre l’Italia vive questa stagione all’insegna della più pesante incertezza sul proprio futuro, in sede UE, e negli organismi più vitali ad essa collegati, si pianifica ormai da tempo la messa in sicurezza di quelle bombe ad orologeria finanziaria, che si trovano nella pancia di numerosi Stati, in particolare quelli mediterranei, in nome della sacra stabilità dell’euro. Il Presidente della BCE Mario Draghi, più volte incensato dalla superficiale orchestra mediatica nostrana, ha utilizzato tutto il suo talento di banchiere, e i suoi solidissimi appoggi con il mondo finanziario apolide, per creare i presupposti di quell’unione economica che dovrà fungere da volano per l’integrazione politica del continente. In molti suppongono, e noi eravamo tra questi, che sia impossibile creare uno Stato partendo dall’economia e dalla divisa valutaria. Sbagliato. Attraverso la crisi dei debiti sovrani e l’incalzare degli eventi, circa il rischio d’implosione della moneta unica, gli Stati più deboli, e maggiormente esposti al rischio/default, hanno ceduto a tamburo battente gran parte della loro indipendenza sostanziale agli organismi sovranazionali dell’UE; come la Banca Centrale, appunto, il Consiglio Europeo, la Commissione Europea, e il famigerato Fondo Monetario Internazionale, che ha accompagnato con la sua sapiente longa manus tutto il processo di destabilizzazione del Vecchio Continente. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, o quasi. Infatti, l’Europa si sta sviluppando non come uno Stato/nazione, ma come un’azienda privata politicizzata, dove esistono gerarchie ben precise, priorità ben precise e sovranità ben precise. Peccato che nulla di tutto ciò andrà a beneficio degli europei, quanto alle oligarchie che manovrano le strutture dell’UE, orientandone la politica e i processi di riorganizzazione economica. Scordatevi che la pagliacciata rappresentata dal Parlamento Europeo possa avere un valore provante la democraticità dell’UE. Tale assise parlamentare è solamente un foro boario, privo di potere decisionale, specchio fedele di tutti i parlamenti democraticamente eletti, il cui ruolo è quello ormai puramente simbolico. L’unione politica, da molti ritenuta non ancora compiuta, è in realtà già avvenuta, solamente che nessuno si è preso il disturbo di spiegare ai popoli europei il “come” sia avvenuta.

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