sabato 3 novembre 2012

Recensione dell'ultimo libro di Ida Magli.

Nel blog abbiamo già parlato dell'ultimo libro di Ida Magli, "Dopo l'Occiente".
Torno ora sul tema per postare la recensione scritta da Ario Corapi, da www.bdtorino.net:

"Dopo l'Occidente" di Ida Magli - Recensione
Quando la storia la fa da maestra 
Crisi di identità, declino culturale e previsioni sul futuro del Vecchio Continente messi in luce dall'antropologa romana 
 
Può capitare spesso di entrare in una qualsiasi libreria per guardare i vari libri situati sugli scaffali e non si può fare a meno di notare il fatto come di questi tempi gli scaffali siano pieni di libri che trattano i temi principali della crisi politica ed economica dell'Europa, della crisi culturale dell'Occidente e degli altri micro-temi ad essi collegati, tuttavia ben pochi saggisti affrontano i seguenti temi senza basarsi esclusivamente sui numeri e sulle date, ma attuando anche delle profonde riflessioni e l'antropologa Ida Magli è una di questi.
Nel suo libro, l'antropologa romana non solo rivolge una forte invettiva contro la classe dei governanti europei degli ultimi anni, ma lancia anche un altrettanto forte grido di allarme sul futuro del Vecchio Continente avvalendosi di elementi antropologici, geopolitici ed economici.
Un libro completo e dai contenuti esaustivi, forse un po' troppo addentrato nella materia antropologica e di conseguenza un po' complicato da capire per chi non è esperto in materia, compensato però da un registro accessibile e da uno stile discorsivo decisamente scorrevole.
A livello di contenuti, l'autrice parte dalle radici profonde della cultura europea descrivendo tutto il percorso intrapreso dall'antichità ad oggi ed evidenziando gli aspetti che hanno irrimediabilmente portato al declino, essa sintetizza questo capitolo - enunciato nella prima parte del libro – con il titolo “La Bellezza non ci ha salvato” riferendosi appunto a quella forza vitale tipica dei popoli europei (con particolare riferimento alle radici greco-romane dell'Europa) che ne ha innescato il motore della crescita culturale fino ad individuare i mali (o virus, se vogliamo) responsabili della decadenza.
Ossia, il Cristianesimo inteso non come la parola e la missione di Gesù Cristo ma come l'istituzione della Chiesa in quanto fondata sul dogma, sui tabù ed incapace di difendere la storia, l'arte e la tradizione europea, l'avvento della Società dei Diritti che con la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo nel 1789 ha generato quell'individualismo e quel materialismo responsabili della corruzione morale della società europea ed infine il virus del politicamente corretto (politically correct) forma di comunicazione sociale culturalmente americana del tutto estranea al modo di pensare astratto e variegato tipico dei popoli europei che ha portato all'omologazione del pensiero e alla morte culturale del Vecchio Continente.
Secondo l'autrice, oggi appunto ci ritroviamo a vivere l'Era post-europea (o meglio l'Era della Bruttezza) per il posto sempre meno rilevante che l'Europa occupa nella geografia mondiale – pur essendo la culla della cultura moderna - e in quanto sempre più succube di un'altra potenza mondiale, gli Stati Uniti d'America, che si appresta ormai ad un lungo ed inesorabile declino.
Non è difficile ipotizzare quale sarà il Prossimo Ordine Mondiale tra 20-30 anni, infatti pur non accennando minimamente al cosiddetto BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) come prossimo ordine mondiale, l'autrice individua nella Russia quell'entità geografica, culturale e politica – non europea dal punto di vista geografico, ma comunque molto influenzata dalla cultura europea - in grado di occupare un posto rilevante nella storia futura e di preservare (seppur in forma minima) la storia e della tradizione del Vecchio Continente.
La Russia avrà a suo favore una superficie di 17 milioni di km quadrati e una densità di 8 abitanti per km quadrato, quindi uno spazio infinito da sfruttare, e inoltre per quanto i secoli di oscurantismo e di immobilismo, causati prima della supremazia della Chiesa Ortodossa e poi dai 70 anni di Unione Sovietica, in passato abbiano rappresentato per la Russia un freno, in futuro si riveleranno una “marcia in più” per il semplice fatto che i popoli russi sono rimasti e sono tuttora immuni culturalmente da dogmi, tabù, forme di individualismo culturale ed egoismo sociale e mentalità politically correct.

Nessun commento:

Posta un commento