Prima (lunedì 27 agosto), il Cardinale Giuseppe Ratzinger riceve a Castel Gandolfo, in un effluvio di amorosi sensi, il Dittatore Mr. Monti. I servizi giornalistici, più mielosi che mai, ci spiegano che non si è trattato di un incontro occasionale o di mero "protocollo": al contrario, tra i due - che, scopriamo, si incontrano regolarmente - vi è totale corrispondenza di idee ed intenti, tanto che il Cardinale muove regolarmente i suoi fidi (Bagnasco in primis) per sostenere l'operato del Dittatore.
Poi (mercoledì 29 agosto: 48 ore dopo), il Cardinale riceve a Castel Gandolfo il pellegrinaggio dei chierichetti francesi e, ricordando il martirio di San Giovanni Battista, di fronte a 2.600 bambini trova l'ardire, la sfacciataggine, la spudoratezza di affermare che "la verità è verità, non ci sono compromessi" e che San Giovanni Battista insegna a "non scendere a compromessi con i potenti"!!!
Non so se il Cardinale Giuseppe Ratzinger, impegnato come è a scrivere libri di fantascienza sulla religione e sulla vita di Gesù, abbia ancora il tempo per leggere il Vangelo, ed ho qualche buona ragione per pensare che non sia un frequentatore di questo blog, però, per il caso eventuale che dovesse mai passare da queste parti, offro un aiutino alla sua memoria ricordandogli un passo di Matteo: "Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.".
mercoledì 29 agosto 2012
lunedì 27 agosto 2012
Il Grigiocrate.
Bella intervista ad Augusto Grandi, autore del pamphlet "Il Grigiocrate", pubblicata sul sito www.qelsi.it:
Il modello è quello di un’Europa del sud trasformata in una sorta di Bangladesh per l’europa del nord. Bassi salari, fuga dei cervelli e importazione di braccia per lavori non qualificati. Ma un Bangladesh anche a vocazione turistica. Il paradiso dove verranno a svernare ricchi cinesi e tedeschi, russi e americani. Perché l’Italia? Perché la Grecia è troppo piccola e debole per sperimentare un modello. L’Italia è la terza economia europea, la seconda manifatturiera. Dunque la sperimentazione ha davvero senso.
Nel libro, Mario Monti è definito “un uomo abituato a essere nominato e non eletto”. Chi è Mario Monti? E perché è stato scelto lui?Un uomo per tutte le stagioni. Commissario europeo in quota centrodestra e pure in quota centrosinistra. Membro del cda Fiat all’epoca delle tangenti di cui non si era accorto. E poi Goldman Sachs e agenzia di rating che declassava l’Italia mentre lui non se ne accorgeva. Un tipo distratto, ma silente e sobrio esecutore degli ordini dei poteri forti. Quei poteri forti che secondo lui non esistono, per poi sostenere che aveva perso il loro favore. L’uomo ideale per svolgere il lavoro sporco nell’interesse dei mercati internazionali e a danno dell’Italia.
Mario Monti si può definire un “uomo solo al comando” oppure la sua ascesa è frutto di un intreccio di rapporti e amicizie?
Mai solo al comando. Sempre e soltanto all’interno della sua cerchia di potenti e di camerieri dei potenti.
Altra figura di spicco di questo governo è Elsa Fornero, ministro del lavoro. Una frase del libro recita “In realtà ad Elsa interessava scardinare tutto il sistema sociale italiano, basato su tutele a volte eccessive ma comunque indispensabili per garantire la sopravvivenza dell’economia nazionale”. Perché questo?La Fornero è il braccio armato del governo. Ha portato l’età delle pensioni ai livelli record d’Europa. Non si è accorta, distratta anche lei, delle decine di migliaia di persone che, grazie a lei, perdevano pensione e reddito da lavoro. Ha dato la libertà di licenziare e di fronte a 800 mila disoccupati in più ha ricordato che in un’azienda gli occupati erano aumentati. Grazie alle follie della Fornero i lavoratori italiani sono costretti ad accettare condiziono indecenti o ad emigrare. Il progetto di impoverire l’Italia non può prescindere da lei.
Nel “Grigiocrate” si fa più volte riferimento ai “giornali amici” del governo tecnico. Quali sono?C’è solo l’imbarazzo della scelta. A partire dal Corriere, che ha avuto Monti come editorialista per vent’anni, per passare a Repubblica che su Monti vuol creare il partito “scalfariano”. E poi l’ipocrisia de La Stampa che descrive sbavando servilmente le sobrie vacanze di Monti a St. Moritz. E ancora Il Messaggero casiniano.
L’Italia ha già conosciuto precedenti esperienze di governi tecnici: Amato e Ciampi. Quali sono le analogie e quali le differenze con Monti?
Amato era un politico. E non a caso è finito nella squadra di Monti, visto che anche Amato era molto distratto quando non si accorgeva delle tangenti. In fondo Monti completa il disastro di Amato e Ciampi che hanno portato il debito italiano all’estero, creando le condizioni per la speculazione attuale. Il Giappone, con un debito doppio rispetto all’Italia, paga interessi pari a un terzo, perché il debito è in mano giapponese.
Cosa impedisce all’Italia di fare come il Giappone?
Avere governanti al servizio degli speculatori. Il debito deve rientrare in Italia, ma se i soldi dell’Imu e delle altre tasse servono per pagare gli interessi, non ci sono più per ricomprare il debito. E alla speculazione fa molto più comodo incassare il 6 per cento sui titoli italiani.
Cosa cambierà nell’Italia del dopo Monti? E quali alternative hanno gli italiani, soprattutto giovani?Per cambiare servirebbe una volontà politica di cambiamento. Invece, con l’attuale classe politica, si rischia che il dopo Monti sia un altro Monti, o comunque una indecente ammucchiata che mantenga lo sfruttamento degli italiani per accontentare i mercati. Per i giovani italiani esiste un modello alternativo, quello dell’Argentina della tostissima Kirchner.
Si parla spesso di complotti delle banche, signoraggio primario e secondario, piani per impoverire i Paesi dell’Europa del sud. Eccessivo complottismo o c’è qualcosa di vero?
Nessun complottismo. La strategia per cambiare l’assetto europeo è dichiarata ufficialmente. Nessuna segretezza. I poteri forti non si nascondono neppure più.
Risanare i conti pubblici e ridurre il debito pubblico: sembrano queste le priorità del governo tecnico. Si tratta solo di spauracchi sventolati in faccia agli italiani o sono esigenze reali?Risanare si deve. Ma per ridurre il debito pubblico si deve crescere. Se si continua a massacrare il risparmio degli italiani, si riducono i consumi e si provoca la recessione. E in queste condizioni non si risana l’economia e non si riduce il debito.
Quello di Monti è stato spesso definito dai critici un “modello cinese”, nel “Grigiocrate” si sostiene invece che il modello Monti rappresenti una regressione rispetto a ciò che sta avvenendo in Cina. Perché?La Cina si è resa conto che deve migliorare le condizioni economiche della popolazione, Monti le peggiora in nome degli speculatori. La Cina recupera Confucio e chiede che i giovani si occupino degli anziani, Monti e Fornero vogliono che i giovani emigrino lasciando gli anziani a morire negli ospizi.
Il governo Monti può essere definito una sconfitta della politica? Se sì, in cosa ha sbagliato la classe politica italiana?Sicuramente Monti è una sconfitta della politica. Che ha rinunciato a governare per asservirsi totalmente ai mercati internazionali. Politici che non hanno avuto la capacità di realizzare le riforme, che hanno assunto decine di migliaia di finti lavoratori per mero clientelismo. Che non hanno avuto il coraggio di prendere esempio dal governo peronista argentino. A Buenos Aires la popolazione vale più dei banchieri e degli speculatori.
All’Italia converrebbe uscire dall’euro oppure no? E’ vero che l’uscita dall’eurozona sarebbe una catastrofe?Sarebbe un disastro per l’Europa, prima ancora che per l’Italia. Per noi i problemi potrebbero essere ridotti da accordi internazionali con Paesi come la Russia, in grado di garantire liquidità.
“Mario Monti, un pericolo mortale”.
C’è un’Italia contro “Il Grigiocrate” al servizio dei mercati. E’ l’Italia di Augusto Grandi, Daniele Lazzeri e Andrea Marcigliano, autori del libro intitolato appunto “Il Grigiocrate”, soprannome poco lusinghiero riservato al premier italiano Mario Monti. “Un grigio tecnocrate”, ex commissario Ue al servizio dei mercati. Tutt’altro che disposto a fare gli interessi degli italiani.
Nelle 175 pagine del pamphlet si raccontano verità scomode, noi di Qelsi ne abbiamo parlato con uno degli autori: Augusto Grandi, giornalista economico del Sole24Ore, scrittore di saggi politico-economici e di narrativa. Vincitore del premio St. Vincent di giornalismo, ha recentemente realizzato con reportage di viaggio alcune mostre fotografiche sullo sfruttamento del lavoro nel mondo.
In questa intervista esclusiva rilasciata a Qelsi, Augusto Grandi ci parla del “Grigiocrate”.
Augusto Grandi, la tesi principale de “Il Grigiocrate” suggerisce che l’Italia sia stata indicata come luogo giusto per sperimentare un nuovo modello politico. In cosa consiste questo modello? E perché l’Italia?Nelle 175 pagine del pamphlet si raccontano verità scomode, noi di Qelsi ne abbiamo parlato con uno degli autori: Augusto Grandi, giornalista economico del Sole24Ore, scrittore di saggi politico-economici e di narrativa. Vincitore del premio St. Vincent di giornalismo, ha recentemente realizzato con reportage di viaggio alcune mostre fotografiche sullo sfruttamento del lavoro nel mondo.
In questa intervista esclusiva rilasciata a Qelsi, Augusto Grandi ci parla del “Grigiocrate”.
Il modello è quello di un’Europa del sud trasformata in una sorta di Bangladesh per l’europa del nord. Bassi salari, fuga dei cervelli e importazione di braccia per lavori non qualificati. Ma un Bangladesh anche a vocazione turistica. Il paradiso dove verranno a svernare ricchi cinesi e tedeschi, russi e americani. Perché l’Italia? Perché la Grecia è troppo piccola e debole per sperimentare un modello. L’Italia è la terza economia europea, la seconda manifatturiera. Dunque la sperimentazione ha davvero senso.
Nel libro, Mario Monti è definito “un uomo abituato a essere nominato e non eletto”. Chi è Mario Monti? E perché è stato scelto lui?Un uomo per tutte le stagioni. Commissario europeo in quota centrodestra e pure in quota centrosinistra. Membro del cda Fiat all’epoca delle tangenti di cui non si era accorto. E poi Goldman Sachs e agenzia di rating che declassava l’Italia mentre lui non se ne accorgeva. Un tipo distratto, ma silente e sobrio esecutore degli ordini dei poteri forti. Quei poteri forti che secondo lui non esistono, per poi sostenere che aveva perso il loro favore. L’uomo ideale per svolgere il lavoro sporco nell’interesse dei mercati internazionali e a danno dell’Italia.
Mario Monti si può definire un “uomo solo al comando” oppure la sua ascesa è frutto di un intreccio di rapporti e amicizie?
Mai solo al comando. Sempre e soltanto all’interno della sua cerchia di potenti e di camerieri dei potenti.
Altra figura di spicco di questo governo è Elsa Fornero, ministro del lavoro. Una frase del libro recita “In realtà ad Elsa interessava scardinare tutto il sistema sociale italiano, basato su tutele a volte eccessive ma comunque indispensabili per garantire la sopravvivenza dell’economia nazionale”. Perché questo?La Fornero è il braccio armato del governo. Ha portato l’età delle pensioni ai livelli record d’Europa. Non si è accorta, distratta anche lei, delle decine di migliaia di persone che, grazie a lei, perdevano pensione e reddito da lavoro. Ha dato la libertà di licenziare e di fronte a 800 mila disoccupati in più ha ricordato che in un’azienda gli occupati erano aumentati. Grazie alle follie della Fornero i lavoratori italiani sono costretti ad accettare condiziono indecenti o ad emigrare. Il progetto di impoverire l’Italia non può prescindere da lei.
Nel “Grigiocrate” si fa più volte riferimento ai “giornali amici” del governo tecnico. Quali sono?C’è solo l’imbarazzo della scelta. A partire dal Corriere, che ha avuto Monti come editorialista per vent’anni, per passare a Repubblica che su Monti vuol creare il partito “scalfariano”. E poi l’ipocrisia de La Stampa che descrive sbavando servilmente le sobrie vacanze di Monti a St. Moritz. E ancora Il Messaggero casiniano.
L’Italia ha già conosciuto precedenti esperienze di governi tecnici: Amato e Ciampi. Quali sono le analogie e quali le differenze con Monti?
Amato era un politico. E non a caso è finito nella squadra di Monti, visto che anche Amato era molto distratto quando non si accorgeva delle tangenti. In fondo Monti completa il disastro di Amato e Ciampi che hanno portato il debito italiano all’estero, creando le condizioni per la speculazione attuale. Il Giappone, con un debito doppio rispetto all’Italia, paga interessi pari a un terzo, perché il debito è in mano giapponese.
Cosa impedisce all’Italia di fare come il Giappone?
Avere governanti al servizio degli speculatori. Il debito deve rientrare in Italia, ma se i soldi dell’Imu e delle altre tasse servono per pagare gli interessi, non ci sono più per ricomprare il debito. E alla speculazione fa molto più comodo incassare il 6 per cento sui titoli italiani.
Cosa cambierà nell’Italia del dopo Monti? E quali alternative hanno gli italiani, soprattutto giovani?Per cambiare servirebbe una volontà politica di cambiamento. Invece, con l’attuale classe politica, si rischia che il dopo Monti sia un altro Monti, o comunque una indecente ammucchiata che mantenga lo sfruttamento degli italiani per accontentare i mercati. Per i giovani italiani esiste un modello alternativo, quello dell’Argentina della tostissima Kirchner.
Si parla spesso di complotti delle banche, signoraggio primario e secondario, piani per impoverire i Paesi dell’Europa del sud. Eccessivo complottismo o c’è qualcosa di vero?
Nessun complottismo. La strategia per cambiare l’assetto europeo è dichiarata ufficialmente. Nessuna segretezza. I poteri forti non si nascondono neppure più.
Risanare i conti pubblici e ridurre il debito pubblico: sembrano queste le priorità del governo tecnico. Si tratta solo di spauracchi sventolati in faccia agli italiani o sono esigenze reali?Risanare si deve. Ma per ridurre il debito pubblico si deve crescere. Se si continua a massacrare il risparmio degli italiani, si riducono i consumi e si provoca la recessione. E in queste condizioni non si risana l’economia e non si riduce il debito.
Quello di Monti è stato spesso definito dai critici un “modello cinese”, nel “Grigiocrate” si sostiene invece che il modello Monti rappresenti una regressione rispetto a ciò che sta avvenendo in Cina. Perché?La Cina si è resa conto che deve migliorare le condizioni economiche della popolazione, Monti le peggiora in nome degli speculatori. La Cina recupera Confucio e chiede che i giovani si occupino degli anziani, Monti e Fornero vogliono che i giovani emigrino lasciando gli anziani a morire negli ospizi.
Il governo Monti può essere definito una sconfitta della politica? Se sì, in cosa ha sbagliato la classe politica italiana?Sicuramente Monti è una sconfitta della politica. Che ha rinunciato a governare per asservirsi totalmente ai mercati internazionali. Politici che non hanno avuto la capacità di realizzare le riforme, che hanno assunto decine di migliaia di finti lavoratori per mero clientelismo. Che non hanno avuto il coraggio di prendere esempio dal governo peronista argentino. A Buenos Aires la popolazione vale più dei banchieri e degli speculatori.
All’Italia converrebbe uscire dall’euro oppure no? E’ vero che l’uscita dall’eurozona sarebbe una catastrofe?Sarebbe un disastro per l’Europa, prima ancora che per l’Italia. Per noi i problemi potrebbero essere ridotti da accordi internazionali con Paesi come la Russia, in grado di garantire liquidità.
sabato 18 agosto 2012
Svendere i beni pubblici è una scelta suicida e irresponsabile.
Non sono, per tante ragioni, un fan di Magdi "Cristiano" Allam, ma questo suo articolo dovrebbere essere stampato, incorniciato ed appeso nella camera da letto di ogni famiglia italiana: da leggere ogni sera prima di addormenarsi.
Dal sito www.ioamolitalia.it:
Dal sito www.ioamolitalia.it:
Svendere i beni pubblici è una scelta suicida e irresponsabile
Se consideriamo che dei circa 2000 miliardi di euro di debito pubblico complessivo dell’Italia solo il 25% concerne le famiglie italiane mentre il 75% è in mano alle banche sia italiane sia straniere, e se consideriamo che lo Stato s’indebita automaticamente per il fatto di non poter emettere moneta ma è costretto ad acquistarla dalle banche private emettendo titoli di debito, perché mai l’Italia dovrebbe svendere il proprio patrimonio immobiliare alle banche per ripagarle di un debito che nasce sotto forma di signoraggio e cresce sotto forma di speculazione?Prima che il governo Monti proceda a “svendere”, espressione usata recentemente dalla Corte dei Conti sottolineando che solo nel primo trimestre di quest’anno le quotazioni immobiliari sono crollate del 20%, gli italiani hanno il diritto di conoscere la realtà e di esprimersi nel merito prima di ritrovarsi del tutto sia impoveriti sia derubati. Perché non è affatto vero che la strategia volta al contenimento del debito pubblico sia attraverso un livello di tassazione che lo stesso direttore dell’Agenzia delle Entrate Befera ha detto che arriva al 75% (il più alto non solo al mondo ma nella storia dell’umanità!), sia attraverso ciò che eufemisticamente viene definito “dismissione e valorizzazione del patrimonio pubblico” (stimato complessivamente in 300 miliardi il patrimonio immobiliare dello Stato e 350 miliardi quello dei Comuni), con dei ricavi oscillanti tra i 15 e i 20 miliardi all’anno secondo il ministro dell’Economia Grilli, si tradurrà in un miglioramento delle condizioni di vita degli italiani e in un consolidamento dell’economia dell’Italia. Di certo saremo sempre più sottomessi alla dittatura finanziaria che sta letteralmente distruggendo l’economia reale!
Se vogliamo farci un’idea di come si forma il debito pubblico consideriamo quanto è successo nel dicembre 2012 quando la Bce ha regalato 1000 miliardi di euro alle banche italiane, che li hanno reinvestiti in titoli di Stato che fruttano il 6% senza fare nulla e senza destinare nulla alle imprese che stanno sempre più scomparendo. Ma soprattutto con la conseguenza che sulle spalle dei noi cittadini grava un onere in automatico sotto forma di nuove tasse o tagli alla spesa pubblica, per ripagare gli interessi che lo Stato si accolla con le banche. E’ lo strapotere delle banche il problema e non il debito pubblico! Dal 2007 al 2012 le banche europee hanno perso 2000 miliardi di euro di depositi internazionali, la quota delle banche italiane è di 450 miliardi: una perdita pari all’intero debito pubblico italiano!
Ecco perché prima di accelerare nella scelta irresponsabile e suicida di impoverire sempre più i cittadini e sottomettere sempre più l’Italia alla dittatura finanziaria, agli italiani deve essere data la possibilità di conoscere e di esprimersi attraverso un referendum popolare sulla strategia di contenimento del debito pubblico e di ciò che sta a monte, la nostra adozione dell’euro, il vincolo del pareggio di bilancio, l’adesione ai Trattati del Fiscal Compact e del Fondo salva-Stati, a maggior ragione quando questo Parlamento di designati ha scelto di auto-commissariarsi dando una delega in bianco a Napolitano e Monti.
lunedì 13 agosto 2012
Più di così non si può produrre.
Secondo l'economia ufficiale, la cura per uscire dalla crisi si chiama crescita e sviluppo. Eppure è matematicamente provato da oltre un secolo, e cioè almeno dai modelli di un genio italiano (totalmente dimenticato) quale fu Agostino Maria Trucco, che il capitalismo imploderà per l'oggettiva impossibilità di una crescita senza fine.
Con questo articolo Massimo Fini ci ricorda (senza citare Trucco ed i suoi modelli) che "più di così non si può produrre".
Dal sito www.ariannaeditrice,it:
La finanza non è la causa della crisi che sta travolgendo il mondo occidentale, ne è solo l’aspetto più evidente contro cui è comodo e facile scagliarsi per evitare di dirsi la verità. Perché la crisi autentica è quella della cosiddetta ‘economia reale’, cioè di un modello di sviluppo basato sul meccanismo produzione-consumo (oggi addirittura ribaltatosi in un ‘consumare per produrre’) e sull’illusione delle crescite esponenziali che, come ho detto altre volte, esistono in matematica ma non in natura.
La locomotiva chiamata Rivoluzione Industriale, partita dall’Inghilterra a metà del Settecento, ha percorso a velocità sempre crescente, che con la maturazione della globalizzazione (che mosse i suoi primi passi proprio allora, essendo i due fenomeni strettamente collegati) è diventata folle, due secoli e mezzo, ma ora è arrivata al suo limite. Non si può più crescere. Non si può produrre di più di quanto abbiamo già prodotto.
Prendiamo, a mo’ di esempio, l’automobile. A chi si può vendere oggi un’automobile? A dei mercati marginali. Certo la si può vendere anche in India e in Cina, ma con una crescita a due cifre anche questi Paesi (che nel frattempo stanno saturando definitivamente i nostri mercati) arriveranno presto ai limiti cui siamo giunti noi. Certo si possono inventare ancora nuove tecnologie e loro applicazioni soprattutto nel campo del virtuale, ma dopo il computer, il cellulare, Internet, l’iPhone, l’iPad che altro ancora? Come c’è una bolla immobiliare c’è, su scala planetaria, una superbolla produttiva.
Sbaglia però chi predica, come mi pare facciano, sia pur con molte differenze, i firmatari del famoso Appello contro ‘il pensiero unico’, una riconversione al marxismo. Figli della Rivoluzione Industriale liberismo e marxismo sono in realtà facce della stessa medaglia: l’industrialismo appunto, che è il vero nocciolo della questione e che nessuno mette in discussione. Sono entrambi modernisti, illuministi, ottimisti, economicisti, produttivisti, hanno entrambi il mito del lavoro (che per Marx è ‘l’essenza del valore’ – non per nulla Stakanov è un eroe dell’Unione Sovietica – e per i liberisti quel fattore che, combinandosi col capitale, dà il famoso ‘plusvalore’), tutti e due pensano che industria e tecnologia produrranno una tal cornucopia di beni da rendere felici tutti gli uomini (Marx) o, più realisticamente, la maggior parte di essi (i liberisti). Questa utopia bifronte ha fallito. Perché ha alle sue radici gli stessi ‘idola’: industrialismo, produzione, consumo, crescita, sviluppo.
I firmatari dell’Appello stanno quindi totalmente dentro il ‘pensiero unico’ che è quello di chi ritiene, a destra come a sinistra, che lo Sviluppo, in un modo o nell’altro, sia irrinunciabile. Chi ne sta fuori sono coloro che ritengono che invece di crescere sia necessario decrescere (produrre di meno, consumare di meno) sia pur in modo graduale, limitato e ragionato per ritrovare non solo una stabilità economica, che non ci renda schiavi della dittatura anonima dei ‘mercati’, ma una vita più semplice e più umana, senza stress, depressione, nevrosi, anomia, tumori psicosomatici, cardiopatie che, com’è noto, sono tutte malattie della Modernità. Sono quindi gli Antimodernisti i veri antagonisti del ‘pensiero unico’ ed è ai loro danni che si consuma un ‘furto di informazione’ perché sono costantemente ignorati, altro che i signori Gallino, Lunghini, Tronti, Asor Rosa e persino Guido Viale promosso a economista.
Con questo articolo Massimo Fini ci ricorda (senza citare Trucco ed i suoi modelli) che "più di così non si può produrre".
Dal sito www.ariannaeditrice,it:
La finanza non è la causa della crisi che sta travolgendo il mondo occidentale, ne è solo l’aspetto più evidente contro cui è comodo e facile scagliarsi per evitare di dirsi la verità. Perché la crisi autentica è quella della cosiddetta ‘economia reale’, cioè di un modello di sviluppo basato sul meccanismo produzione-consumo (oggi addirittura ribaltatosi in un ‘consumare per produrre’) e sull’illusione delle crescite esponenziali che, come ho detto altre volte, esistono in matematica ma non in natura.
La locomotiva chiamata Rivoluzione Industriale, partita dall’Inghilterra a metà del Settecento, ha percorso a velocità sempre crescente, che con la maturazione della globalizzazione (che mosse i suoi primi passi proprio allora, essendo i due fenomeni strettamente collegati) è diventata folle, due secoli e mezzo, ma ora è arrivata al suo limite. Non si può più crescere. Non si può produrre di più di quanto abbiamo già prodotto.
Prendiamo, a mo’ di esempio, l’automobile. A chi si può vendere oggi un’automobile? A dei mercati marginali. Certo la si può vendere anche in India e in Cina, ma con una crescita a due cifre anche questi Paesi (che nel frattempo stanno saturando definitivamente i nostri mercati) arriveranno presto ai limiti cui siamo giunti noi. Certo si possono inventare ancora nuove tecnologie e loro applicazioni soprattutto nel campo del virtuale, ma dopo il computer, il cellulare, Internet, l’iPhone, l’iPad che altro ancora? Come c’è una bolla immobiliare c’è, su scala planetaria, una superbolla produttiva.
Sbaglia però chi predica, come mi pare facciano, sia pur con molte differenze, i firmatari del famoso Appello contro ‘il pensiero unico’, una riconversione al marxismo. Figli della Rivoluzione Industriale liberismo e marxismo sono in realtà facce della stessa medaglia: l’industrialismo appunto, che è il vero nocciolo della questione e che nessuno mette in discussione. Sono entrambi modernisti, illuministi, ottimisti, economicisti, produttivisti, hanno entrambi il mito del lavoro (che per Marx è ‘l’essenza del valore’ – non per nulla Stakanov è un eroe dell’Unione Sovietica – e per i liberisti quel fattore che, combinandosi col capitale, dà il famoso ‘plusvalore’), tutti e due pensano che industria e tecnologia produrranno una tal cornucopia di beni da rendere felici tutti gli uomini (Marx) o, più realisticamente, la maggior parte di essi (i liberisti). Questa utopia bifronte ha fallito. Perché ha alle sue radici gli stessi ‘idola’: industrialismo, produzione, consumo, crescita, sviluppo.
I firmatari dell’Appello stanno quindi totalmente dentro il ‘pensiero unico’ che è quello di chi ritiene, a destra come a sinistra, che lo Sviluppo, in un modo o nell’altro, sia irrinunciabile. Chi ne sta fuori sono coloro che ritengono che invece di crescere sia necessario decrescere (produrre di meno, consumare di meno) sia pur in modo graduale, limitato e ragionato per ritrovare non solo una stabilità economica, che non ci renda schiavi della dittatura anonima dei ‘mercati’, ma una vita più semplice e più umana, senza stress, depressione, nevrosi, anomia, tumori psicosomatici, cardiopatie che, com’è noto, sono tutte malattie della Modernità. Sono quindi gli Antimodernisti i veri antagonisti del ‘pensiero unico’ ed è ai loro danni che si consuma un ‘furto di informazione’ perché sono costantemente ignorati, altro che i signori Gallino, Lunghini, Tronti, Asor Rosa e persino Guido Viale promosso a economista.
domenica 12 agosto 2012
La guerra contro l'Iran.
Il panorama internazionale è monopolizzato dalla Siria, e così si rischia di dimenticare l'Iran e l'imminente aggressione che gli Stati Uniti intendono muovergli.
Propongo una bell'intervista ad un politologo russo che illustra la realtà della situazione iraniana.
Dal sito www.eurasia-rivista.org:
Intervista a Gejdar Dzhemal
Fin dall’approvazione delle sanzioni contro l’Iran entrate in vigore il 1° luglio, gli esperti dicono che l’Iran è stato costretto all’angolo. Al contrario, il Presidente del Comitato Islamico della Russia, il noto filosofo e politologo Gejdar Dzhemal, è convinto che la situazione giochi a favore dell’Iran. Secondo lui, Obama sta solo fingendo di essere in procinto di cominciare le operazioni contro la Repubblica Islamica, ma sa benissimo che l’inizio della guerra contro l’Iran significherebbe, in prospettiva, una guerra contro la Cina e la Russia.
- Signor Dzhemal, Lei concorda con l’opinione di coloro che vedono l’Iran costretto in un angolo e ritengono che sia solo questione di tempo per un’aggressione più o meno giustificata da parte della NATO o per uno strangolamento economico?
- L’Iran non commetterà nessun errore e nessuna stupidaggine. L’Iran si limiterà a rispondere alle azioni ostili compiute nei suoi confronti. Senza alcun dubbio, esso considererà come forze criminali quelle che gli sono ostili e le metterà dalla parte dei “cattivi”. Per essere precisi, un attacco contro l’Iran non sarebbe “provocato”, perché è certo al cento per centoche esso non possiede armi nucleari, anche se l’opinione pubblica dei paesi occidentali lo verrebbe a sapere a posteriori, come è avvenuto nel caso di Saddam. A differenza di Saddam, però, l’Iran ha un buon numero di alleati e di sostenitori. La risposta dell’Iran consisterà nelle gravi perdite che questo Paese causerà a Israele ed agli Stati Uniti e nel sostegno che il resto del mondo darà a questa risposta.
- La guerra contro l’Iran è già inevitabile?
- In ultima analisi, sì, è inevitabile. Nei prossimi giorni, settimane e mesi, dovremo capire che Obama si mantiene all’ordine del giorno e il suo ordine del giorno prevede che egli non si agiti troppo prima delle elezioni. Non dimentichiamo che la maggior parte degli esperti che commentano questa situazione sono legati a Israele, che freme perché si passi alla fase calda del conflitto, proteggendosi bene dietro gli Stati Uniti. Ma Obama ha un altro ordine del giorno, che non coincide con quello israeliano.
- Adesso molti osservatori concordano sul fatto che Obama stia “delegando il compito” a Israele. Dov’è la logica?
- Sta fingendo, perché non ha ancora trovato una soluzione con la consorteria filoisraeliana e non può fare apertamente molte cose. Ricorda che ha detto a Medvedev che dopo la rielezione avrebbe un più ampio margine di manovra? Sì, si riferiva allo Scudo Antimissilistico e non all’Iran, ma perché non estendere quelle parole a tutta la sua politica? Obama non può mostrare pubblicamente che non desidera occuparsi dell’Iran, perché i suoi interessi consistono nell’eliminare le sfide rappresentate da Russia e Cina. Perciò il suo obiettivo, adesso, è separare Russia e Cina, quindi creare delle forze che possano accerchiare la Cina e creare instabilità nella parte occidentale della Cina, di fronte allo Xinjiang. L’Uzbekistan, per effetto di un abile complotto, è stato fatto uscire dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva. E’ un passo verso la destituzione di Islam Karimov: la forte opposizione interna ed esterna era tenuta a freno da Mosca, ma adesso non è più possibile. La destabilizzazione dell’Asia centrale, che risulterà da questa situazione, rappresenterà un’efficace pressione sulla Russia e sulla Cina ed anche sull’Iran.La Russia e la Cina, però, interessano a Obama molto più che non l’azione contro l’Iran e contro la Siria, la quale si trova all’ordine del giorno della politica estera statunitense grazie al lavoro compiuto dai neocon. I piani operativi, le reti degli agenti, il lavoro delle organizzazioni spionistiche e tutto quello che è stato fatto nel decennio di Bush non possono dissolversi nello spazio della politica. Senza alcun dubbio, Obama sta cambiando attivamente l’agenda statunitense, cosicché, dal punto di vista della Casa Bianca di Obama, adesso l’Arabia Saudita si trova in pericolo più che non lo stesso Iran.
- E allora perché tutta questa storia intorno all’Iran, se, come Lei sostiene, Obama non si interesserà più di quel tanto a Teheran dopo la sua rielezione?
- La guerra è inevitabile, perché Obama non è il presidente degli Stati Uniti, ma un funzionario del governo mondiale, della burocrazia supercapitalista internazionale. Come ha detto Paul Ron parlando al Congresso, oggi il problema principale degli Stati Uniti consiste nel fatto che il Congresso e le istituzioni nazionali del potere non contano nulla e non decidono: tutto sarebbe deciso da NATO, ONU, UE e Obama sarebbe solo il direttore esecutivo locale! Qual è lo scopo di questa burocrazia internazionale? Liquidare le sovranità nazionali più pericolose, quelle che disturbano le strutture burocratiche internazionali togliendo “trasparenza” ai territori nazionali. Si tratta delle sovranità siriana, iraniana, indiana e brasiliana; ma il pericolo principale è costituito dalla Cina e dalla Russia.
La Siria e l’Iran sono obiettivi secondari; però, se adesso ci si occupa seriamente di essi, la Russia e la Cina ricevono un segnale ben chiaro: non esiste la possibilità di giungere a un accordo col governo mondiale e quindi non c’è modo di evitare la guerra. La situazione è analoga a quella in cui Hitler attaccò la Polonia, dopo che tutti gli avevano condonato la Cecoslovacchia; però dopo la Polonia capirono che non potevano continuare così eche dovevano scatenare la guerra. Lo stesso avviene adesso: se gli USA, la UE e Israele scatenano la guerra contro l’Iran, costringeranno la Russia e la Cina a costituire un asse che si opponga all’Occidente.
Il paradosso della situazione attuale consiste nel fatto che i grandi obiettivi per la politica statunitense rivestono priorità rispetto a quelli secondari, però Obama finge di occuparsi dell’Iran, ma in realtà pensa alla Russia e alla Cina – in primo luogo, è chiaro, alla Cina.
Lo scopo principale è di aprire una breccia fra Russia e Cina, e ciò sta già avvenendo. Consideri il fatto che la Gazprom ha firmato un accordo col Vietnam. In tal modo, installandosi nel “cortile di casa” della Cina e provocando la preoccupazione di Pechino e la sua irritazione nei confronti di Mosca, la Gazprom ha fatto una mossa che obiettivamente avvantaggia la strategia nordamericana.
- Se l’invasione dell’Iran avrà luogo, che obiettivo perseguirà l’Occidente? L’annientamento del programma nucleare? La distruzione totale del Paese come nel caso dell’Iraq?
- Gli obiettivi dell’Occidente sono lontani dalle passionali dichiarazioni dei nostri esperti circa la disintegrazione dell’Iran, il ritorno all’età della pietra eccetera. Il suo obiettivo è la distruzione dell’ordinamento politico iraniano. Non è neanche il programma nucleare a preoccuparlo. Sono sicuro che lo spionaggio statunitense sa benissimo che l’Iran non dispone della bomba atomica. L’obiettivo principale, la disgregazione dell’ordinamento politico iraniano, si ispira a presupposti strettamente ideologici, perché la Repubblica Islamica non può essere inquadrata nel vigente sistema della burocrazia internazionale.
- Vogliono porre termine all’esportazione della rivoluzione islamica in altre regioni?
- Ha presente molti casi di esportazione di questa rivoluzione in altre regioni?
- No, certo, perché l’Islam sciita è molto meno esteso di quello sunnita. Non si può negare, tuttavia, che i dirigenti iraniani fanno appelli di questo genere.
- Guardi, gli Stati Uniti, che sono lo Stato più poliziesco del mondo, insistono nel voler esportare i “diritti umani” dappertutto. Nell’ancien régime sovietico avrebbero guardato con una certa perplessità la situazione nordamericana: perquisizioni domiciliari in assenza del domiciliato, detenzione carceraria senza difesa legale, eliminazione dei cittadini statunitensi sospetti di terrorismo ecc. Il fatto essenziale è che l’ordinamento politico iraniano è controllato dalla teocrazia, la cui agenda ideologica è fondamentalmente diversa da quelle dei circoli oligarchici occidentali. Questi circoli e l’Iran non possono coesistere a lungo sul medesimo pianeta.
- Il capo dell’aviazione del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, Amir Alì Haggi-zadè, ha dichiarato che l’Iran eliminerà facilmente le 35 basi militari statunitensi che si trovano a portata dei missili balistici iraniani, presumibilmente tutte quelle esistenti nella regione. Inoltre l’Iran ha presentato al Tribunale Internazionale di Arbitrato di Ginevra un reclamo per il mancato adempimento, da parte della Russia, degli obblighi contrattuali relativi alla consegna degli S-300. Qual è il Suo commento in proposito?
- Lo ripeto: l’Iran non è alle corde, ha il sostegno della Cina. E’ da tempo che esso possiede questi S-300. Sulla stampa è apparsa la notizia secondo cui l’industria bellica iraniana sta fabbricando una versione alternativa degli S-300 con licenza cinese. Inoltre, l’Iran possiede elementi difensivi come i potenti missili supersonici antisbarco, in grado di colpire bersagli situati a 500 chilometri dalla costa. Risulta che non solo possono deporre mine, ma anche bloccare con missili lo stretto di Ormuz. La richiesta dei quattro miliardi equivale a far notare che i missili potrebbero servire già adesso e che comunque non saranno più del necessario. Ma in realtà l’Iran possiede queste tecnologie e questi missili, che, non dimentichiamolo, sono in possesso anche della Bielorussia, la quale è oggetto di analoghe sanzioni e collabora attivamente con la Cina. Non dimentichi che la Cina ha le sue tecnologie, specializzate nell’eliminazione delle portaerei: con una potente carica non nucleare, esse sono in grado di mettere una portaerei fuori combattimento. Non è escluso che siano arrivate anche in Iran. Infine, l’Iran può impegnarsi nella guerra radioelettronica: se ricorda, poco tempo fa gl’Iraniani riuscirono ad abbattere un drone statunitense di avanzata tecnologia.
- Crede che non si tratti di semplici minacce?
- I missili “Shijad-3″ possono colpire tutte le basi statunitensi della regione. Le apparecchiature del Servizio Radar consentono di coprire lo spazio aereo, per cui sarà impossibile che lanciare i Tomahawk senza che i lanci vengano registrati. D’altra parte Israele non potrà contare su basi aeroportuali ravvicinate, ma dovrà attraversare diverse frontiere ostili, perdendo così l’effetto sorpresa. Ogni colpo sferrato da Israele sarà parato dall’Iran. Le condizioni dell’aggressione sono estremamente svantaggiose; se le potrebbero permettere soltanto gli Stati Uniti, ma non saranno gli Stati Uniti ad attaccare.
- Secondo Lei, è gonfiata ad arte anche la storia secondo cui la comunità occidentale sarebbe preoccupata dall’eventualità che l’Iran possa creare un proprio armamento nucleare, in grado di cambiare seriamente l’equilibrio delle forze nella regione?
- La burocrazia internazionale non può permettere che esistano le sovranità nazionali che si appoggino ad una base elettorale e non siano “trasparenti” rispetto alla volontà politica delle strutture sovrastatali. Consideri qualunque trattato, qualunque accordo (sull’inquinamento atmosferico, sui “diritti umani” ecc.) e si renderà conto che è stabilita la superiorità di tale accordo rispetto alla legislazione nazionale. Quando i procuratori russi prestano giuramento, promettono di salvaguardare anche gli accordi internazionali. Esiste una contrapposizione tra due legittimità: quella della burocrazia internazionale, che domina il mondo grazie a questi accordi, e quella della burocrazia nazionale, che si basa sul procedimento legislativo nazionale. Lo si è potuto vedere molto bene, quando sono stati affrontati Gheddafi, capo della burocrazia nazionale, e Mubarak. Su Gheddafi e Mubarak c’erano posizioni diverse anche negli Stati Uniti, dove il Partito Repubblicano è imperialista e quindi difende la sovranità nazionale statunitense, mentre Obama, esponente dell’ala sinistra e cosmopolita dei democratici, appartiene alla stessa banda dei vari Rasmussen, Kofi Annan, Katherine Ashton. Ci sono due gruppi contrapposti: Mitt Romney e Ron Paul da una parte, Obama dall’altro.
- Il Parlamento iraniano ha preso in esame il progetto di legge “Sulle azioni ostili di alcune forze antiraniane”, che, a quanto pare, propone di bloccare i terminali per i petrolieri appartenenti ai Paesi che partecipano al boicottaggio. Fino a che punto, secondo Lei, è questa la risposta adeguata alle minacce dell’Occidente?
- Allo stato attuale delle cose, quando nel caso dell’Iran non viene perseguito nessun altro obiettivo se non la distruzionedel suo ordinamento politico, ci si deve aspettare qualunque risposta. Ogni risposta sarà adeguata, soprattutto se si tratta delle sanzioni destinate a provocare la distruzione dello Stato. L’Iran ha il diritto di rispondere con qualunque mezzo, compreso il blocco dello stretto di Ormuz.
Propongo una bell'intervista ad un politologo russo che illustra la realtà della situazione iraniana.
Dal sito www.eurasia-rivista.org:
Intervista a Gejdar Dzhemal
Fin dall’approvazione delle sanzioni contro l’Iran entrate in vigore il 1° luglio, gli esperti dicono che l’Iran è stato costretto all’angolo. Al contrario, il Presidente del Comitato Islamico della Russia, il noto filosofo e politologo Gejdar Dzhemal, è convinto che la situazione giochi a favore dell’Iran. Secondo lui, Obama sta solo fingendo di essere in procinto di cominciare le operazioni contro la Repubblica Islamica, ma sa benissimo che l’inizio della guerra contro l’Iran significherebbe, in prospettiva, una guerra contro la Cina e la Russia.
- Signor Dzhemal, Lei concorda con l’opinione di coloro che vedono l’Iran costretto in un angolo e ritengono che sia solo questione di tempo per un’aggressione più o meno giustificata da parte della NATO o per uno strangolamento economico?
- L’Iran non commetterà nessun errore e nessuna stupidaggine. L’Iran si limiterà a rispondere alle azioni ostili compiute nei suoi confronti. Senza alcun dubbio, esso considererà come forze criminali quelle che gli sono ostili e le metterà dalla parte dei “cattivi”. Per essere precisi, un attacco contro l’Iran non sarebbe “provocato”, perché è certo al cento per centoche esso non possiede armi nucleari, anche se l’opinione pubblica dei paesi occidentali lo verrebbe a sapere a posteriori, come è avvenuto nel caso di Saddam. A differenza di Saddam, però, l’Iran ha un buon numero di alleati e di sostenitori. La risposta dell’Iran consisterà nelle gravi perdite che questo Paese causerà a Israele ed agli Stati Uniti e nel sostegno che il resto del mondo darà a questa risposta.
- La guerra contro l’Iran è già inevitabile?
- In ultima analisi, sì, è inevitabile. Nei prossimi giorni, settimane e mesi, dovremo capire che Obama si mantiene all’ordine del giorno e il suo ordine del giorno prevede che egli non si agiti troppo prima delle elezioni. Non dimentichiamo che la maggior parte degli esperti che commentano questa situazione sono legati a Israele, che freme perché si passi alla fase calda del conflitto, proteggendosi bene dietro gli Stati Uniti. Ma Obama ha un altro ordine del giorno, che non coincide con quello israeliano.
- Adesso molti osservatori concordano sul fatto che Obama stia “delegando il compito” a Israele. Dov’è la logica?
- Sta fingendo, perché non ha ancora trovato una soluzione con la consorteria filoisraeliana e non può fare apertamente molte cose. Ricorda che ha detto a Medvedev che dopo la rielezione avrebbe un più ampio margine di manovra? Sì, si riferiva allo Scudo Antimissilistico e non all’Iran, ma perché non estendere quelle parole a tutta la sua politica? Obama non può mostrare pubblicamente che non desidera occuparsi dell’Iran, perché i suoi interessi consistono nell’eliminare le sfide rappresentate da Russia e Cina. Perciò il suo obiettivo, adesso, è separare Russia e Cina, quindi creare delle forze che possano accerchiare la Cina e creare instabilità nella parte occidentale della Cina, di fronte allo Xinjiang. L’Uzbekistan, per effetto di un abile complotto, è stato fatto uscire dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva. E’ un passo verso la destituzione di Islam Karimov: la forte opposizione interna ed esterna era tenuta a freno da Mosca, ma adesso non è più possibile. La destabilizzazione dell’Asia centrale, che risulterà da questa situazione, rappresenterà un’efficace pressione sulla Russia e sulla Cina ed anche sull’Iran.La Russia e la Cina, però, interessano a Obama molto più che non l’azione contro l’Iran e contro la Siria, la quale si trova all’ordine del giorno della politica estera statunitense grazie al lavoro compiuto dai neocon. I piani operativi, le reti degli agenti, il lavoro delle organizzazioni spionistiche e tutto quello che è stato fatto nel decennio di Bush non possono dissolversi nello spazio della politica. Senza alcun dubbio, Obama sta cambiando attivamente l’agenda statunitense, cosicché, dal punto di vista della Casa Bianca di Obama, adesso l’Arabia Saudita si trova in pericolo più che non lo stesso Iran.
- E allora perché tutta questa storia intorno all’Iran, se, come Lei sostiene, Obama non si interesserà più di quel tanto a Teheran dopo la sua rielezione?
- La guerra è inevitabile, perché Obama non è il presidente degli Stati Uniti, ma un funzionario del governo mondiale, della burocrazia supercapitalista internazionale. Come ha detto Paul Ron parlando al Congresso, oggi il problema principale degli Stati Uniti consiste nel fatto che il Congresso e le istituzioni nazionali del potere non contano nulla e non decidono: tutto sarebbe deciso da NATO, ONU, UE e Obama sarebbe solo il direttore esecutivo locale! Qual è lo scopo di questa burocrazia internazionale? Liquidare le sovranità nazionali più pericolose, quelle che disturbano le strutture burocratiche internazionali togliendo “trasparenza” ai territori nazionali. Si tratta delle sovranità siriana, iraniana, indiana e brasiliana; ma il pericolo principale è costituito dalla Cina e dalla Russia.
La Siria e l’Iran sono obiettivi secondari; però, se adesso ci si occupa seriamente di essi, la Russia e la Cina ricevono un segnale ben chiaro: non esiste la possibilità di giungere a un accordo col governo mondiale e quindi non c’è modo di evitare la guerra. La situazione è analoga a quella in cui Hitler attaccò la Polonia, dopo che tutti gli avevano condonato la Cecoslovacchia; però dopo la Polonia capirono che non potevano continuare così eche dovevano scatenare la guerra. Lo stesso avviene adesso: se gli USA, la UE e Israele scatenano la guerra contro l’Iran, costringeranno la Russia e la Cina a costituire un asse che si opponga all’Occidente.
Il paradosso della situazione attuale consiste nel fatto che i grandi obiettivi per la politica statunitense rivestono priorità rispetto a quelli secondari, però Obama finge di occuparsi dell’Iran, ma in realtà pensa alla Russia e alla Cina – in primo luogo, è chiaro, alla Cina.
Lo scopo principale è di aprire una breccia fra Russia e Cina, e ciò sta già avvenendo. Consideri il fatto che la Gazprom ha firmato un accordo col Vietnam. In tal modo, installandosi nel “cortile di casa” della Cina e provocando la preoccupazione di Pechino e la sua irritazione nei confronti di Mosca, la Gazprom ha fatto una mossa che obiettivamente avvantaggia la strategia nordamericana.
- Se l’invasione dell’Iran avrà luogo, che obiettivo perseguirà l’Occidente? L’annientamento del programma nucleare? La distruzione totale del Paese come nel caso dell’Iraq?
- Gli obiettivi dell’Occidente sono lontani dalle passionali dichiarazioni dei nostri esperti circa la disintegrazione dell’Iran, il ritorno all’età della pietra eccetera. Il suo obiettivo è la distruzione dell’ordinamento politico iraniano. Non è neanche il programma nucleare a preoccuparlo. Sono sicuro che lo spionaggio statunitense sa benissimo che l’Iran non dispone della bomba atomica. L’obiettivo principale, la disgregazione dell’ordinamento politico iraniano, si ispira a presupposti strettamente ideologici, perché la Repubblica Islamica non può essere inquadrata nel vigente sistema della burocrazia internazionale.
- Vogliono porre termine all’esportazione della rivoluzione islamica in altre regioni?
- Ha presente molti casi di esportazione di questa rivoluzione in altre regioni?
- No, certo, perché l’Islam sciita è molto meno esteso di quello sunnita. Non si può negare, tuttavia, che i dirigenti iraniani fanno appelli di questo genere.
- Guardi, gli Stati Uniti, che sono lo Stato più poliziesco del mondo, insistono nel voler esportare i “diritti umani” dappertutto. Nell’ancien régime sovietico avrebbero guardato con una certa perplessità la situazione nordamericana: perquisizioni domiciliari in assenza del domiciliato, detenzione carceraria senza difesa legale, eliminazione dei cittadini statunitensi sospetti di terrorismo ecc. Il fatto essenziale è che l’ordinamento politico iraniano è controllato dalla teocrazia, la cui agenda ideologica è fondamentalmente diversa da quelle dei circoli oligarchici occidentali. Questi circoli e l’Iran non possono coesistere a lungo sul medesimo pianeta.
- Il capo dell’aviazione del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, Amir Alì Haggi-zadè, ha dichiarato che l’Iran eliminerà facilmente le 35 basi militari statunitensi che si trovano a portata dei missili balistici iraniani, presumibilmente tutte quelle esistenti nella regione. Inoltre l’Iran ha presentato al Tribunale Internazionale di Arbitrato di Ginevra un reclamo per il mancato adempimento, da parte della Russia, degli obblighi contrattuali relativi alla consegna degli S-300. Qual è il Suo commento in proposito?
- Lo ripeto: l’Iran non è alle corde, ha il sostegno della Cina. E’ da tempo che esso possiede questi S-300. Sulla stampa è apparsa la notizia secondo cui l’industria bellica iraniana sta fabbricando una versione alternativa degli S-300 con licenza cinese. Inoltre, l’Iran possiede elementi difensivi come i potenti missili supersonici antisbarco, in grado di colpire bersagli situati a 500 chilometri dalla costa. Risulta che non solo possono deporre mine, ma anche bloccare con missili lo stretto di Ormuz. La richiesta dei quattro miliardi equivale a far notare che i missili potrebbero servire già adesso e che comunque non saranno più del necessario. Ma in realtà l’Iran possiede queste tecnologie e questi missili, che, non dimentichiamolo, sono in possesso anche della Bielorussia, la quale è oggetto di analoghe sanzioni e collabora attivamente con la Cina. Non dimentichi che la Cina ha le sue tecnologie, specializzate nell’eliminazione delle portaerei: con una potente carica non nucleare, esse sono in grado di mettere una portaerei fuori combattimento. Non è escluso che siano arrivate anche in Iran. Infine, l’Iran può impegnarsi nella guerra radioelettronica: se ricorda, poco tempo fa gl’Iraniani riuscirono ad abbattere un drone statunitense di avanzata tecnologia.
- Crede che non si tratti di semplici minacce?
- I missili “Shijad-3″ possono colpire tutte le basi statunitensi della regione. Le apparecchiature del Servizio Radar consentono di coprire lo spazio aereo, per cui sarà impossibile che lanciare i Tomahawk senza che i lanci vengano registrati. D’altra parte Israele non potrà contare su basi aeroportuali ravvicinate, ma dovrà attraversare diverse frontiere ostili, perdendo così l’effetto sorpresa. Ogni colpo sferrato da Israele sarà parato dall’Iran. Le condizioni dell’aggressione sono estremamente svantaggiose; se le potrebbero permettere soltanto gli Stati Uniti, ma non saranno gli Stati Uniti ad attaccare.
- Secondo Lei, è gonfiata ad arte anche la storia secondo cui la comunità occidentale sarebbe preoccupata dall’eventualità che l’Iran possa creare un proprio armamento nucleare, in grado di cambiare seriamente l’equilibrio delle forze nella regione?
- La burocrazia internazionale non può permettere che esistano le sovranità nazionali che si appoggino ad una base elettorale e non siano “trasparenti” rispetto alla volontà politica delle strutture sovrastatali. Consideri qualunque trattato, qualunque accordo (sull’inquinamento atmosferico, sui “diritti umani” ecc.) e si renderà conto che è stabilita la superiorità di tale accordo rispetto alla legislazione nazionale. Quando i procuratori russi prestano giuramento, promettono di salvaguardare anche gli accordi internazionali. Esiste una contrapposizione tra due legittimità: quella della burocrazia internazionale, che domina il mondo grazie a questi accordi, e quella della burocrazia nazionale, che si basa sul procedimento legislativo nazionale. Lo si è potuto vedere molto bene, quando sono stati affrontati Gheddafi, capo della burocrazia nazionale, e Mubarak. Su Gheddafi e Mubarak c’erano posizioni diverse anche negli Stati Uniti, dove il Partito Repubblicano è imperialista e quindi difende la sovranità nazionale statunitense, mentre Obama, esponente dell’ala sinistra e cosmopolita dei democratici, appartiene alla stessa banda dei vari Rasmussen, Kofi Annan, Katherine Ashton. Ci sono due gruppi contrapposti: Mitt Romney e Ron Paul da una parte, Obama dall’altro.
- Il Parlamento iraniano ha preso in esame il progetto di legge “Sulle azioni ostili di alcune forze antiraniane”, che, a quanto pare, propone di bloccare i terminali per i petrolieri appartenenti ai Paesi che partecipano al boicottaggio. Fino a che punto, secondo Lei, è questa la risposta adeguata alle minacce dell’Occidente?
- Allo stato attuale delle cose, quando nel caso dell’Iran non viene perseguito nessun altro obiettivo se non la distruzionedel suo ordinamento politico, ci si deve aspettare qualunque risposta. Ogni risposta sarà adeguata, soprattutto se si tratta delle sanzioni destinate a provocare la distruzione dello Stato. L’Iran ha il diritto di rispondere con qualunque mezzo, compreso il blocco dello stretto di Ormuz.
Goldman Sachs, ancora.
In questi ultimi giorni di Goldman Sachs si è parlato parecchio, prima per l'ennesima incriminazione negli States per l'ennesimo scandalo finanziario, da cui come al solito è uscita indenne, e poi per la massiccia vendita di titoli di Stato italiani.
La notizia che postiamo ora, invece, è circolata meno, chissà perchè...
Dal sito www.kiriosomega.wordpress.com:
In particolare, acquisito il parere del Comitato Privatizzazioni, è stato conferito a Goldman Sachs International l'incarico di valutatore di Fintecna e a Société Générale quello di valutatore di Sace e Simest.
Roma, 3 agosto 2012
La notizia che postiamo ora, invece, è circolata meno, chissà perchè...
Dal sito www.kiriosomega.wordpress.com:
Era nell'aria che il sig. Smonti, credo che il deturpamento del nome sia significativo, covasse il colpo basso. Infatti, approvata la "revisione di spesa" con il placet dei signori, si fa per dire, che pasteggiano in ogni senso in Parlamento, ecco subito arrivare la nomina, evidentemente già preparata, dei valutatori di certe cosucce di cui il Governo vuole disfarsi per immiserirci ulteriormente. . Le cosucce sono SACE, SIMEST e FINTECNICA.
Volete sapere chi sono i fortunati nominati? Ma, Société Générale e Goldman Sachs International.
Mancanza di pudore o conflitto d'interesse nella faccenda?
Io riterrei ambedue, perché a pensar male si fa peccato, ma spesso ci s'azzecca... e poi io non sono credente.
Ah, i parlamentari ytalyoty, che d'onorevole da tempo hanno assai poco, sono tutti zitti e proni perché in questa posizione, a 90° gradi, come il Dixan, danno il meglio di sé, e poi devono arrivare a fine legislatura altrimenti niente vitalizio.
kiriosomega
------------------------------------------------------------
Comunicato Stampa N° 110 del 3 agosto 2012
TESORO: SELEZIONATI GOLDMAN SACHS E SOCIETE GENERALE QUALI VALUTATORI DELLE PARTECIPAZIONI FINTECNA, SACE E SIMEST PER L'EVENTUALE CESSIONE A CDP
Il Tesoro comunica che - a conclusione del processo di selezione che ha coinvolto istituzioni italiane ed estere - sono stati individuati i periti per la valutazione delle partecipazioni detenute dallo Stato in SACE, FINTECNA e SIMEST per l'eventuale cessione delle stesse a Cassa Depositi e Prestiti SpA ai sensi dall'art. 1 del decreto legge n.87 del 27 Giugno 2012.In particolare, acquisito il parere del Comitato Privatizzazioni, è stato conferito a Goldman Sachs International l'incarico di valutatore di Fintecna e a Société Générale quello di valutatore di Sace e Simest.
Roma, 3 agosto 2012
__._,_.___
domenica 5 agosto 2012
La BCE e gli europei.
Di giorno in giorno le analisi sull'operato (e sulle finalità) della BCE e delle altre istituzioni europee diventano sempre più precise e condivise. La pentola è stata scoperchiata. Ad eccezione di alcuni curiosi figuri quali Casini, Fini, Napolitano e pochi altri, ormai gli euro-fan (quelli che fino all'anno scorso imperversavano e pontificavano!) bisogna cercarli con il lanternino. E' vero che il nostro Parlamento continua a approvare tutto ciò che arriva dall'UE, ma per fortuna gli umori popolari sono ben diversi.
Propongo un nuovo articolo, breve ed ineccepibile, su questi argomenti.
Dal sito www.marcodellaluna.info:
La BCE difende l'Euro, le banche, ma non gli europei di Marco Della Luna
Paradossalmente, l’agonia dell’Euro, del debito pubblico, dello spread, con
tutti i sacrifici, la recessione e le tasse che ad essa conseguono, è voluta
e mantenuta dai poteri europei: infatti dipende dalla scelta di proibire
alla BCE di comperare le emissioni di debito pubblico sul mercato primario,
alle aste, cioè da fare da vera banca centrale di emissione, così da
impedire alla radice la speculazione. I Brics, gli USA, il Giappone, hanno
banche centrali che fanno le banche centrali; perciò, sebbene gravati da
debiti pubblici anche molto più alti dell’Italia, non hanno problemi con la
speculazione, perché le loro banche centrali garantiscono l’acquisto.
La pseudo-banca centrale detta BCE è voluta in quanto fa gioco agli
speculatori finanziari, per ragioni di profitto; agli USA, per ragioni
geostrategiche; alla Germania, perché ne trae benefici finanziari,
competitivi, egemonici; al capitalismo in generale, perché gli consente di
minacciare le nazioni con lo spauracchio dei tassi e del default per
costringerle ad abbattere lo stato sociale, i diritti dei lavoratori e dei
risparmiatori; a smantellare il ruolo economico del settore pubblico; e in
generale a affidare definitivamente la politica ai banchieri. Questo dato di
fatto sarebbe la prima cosa da dire nell’informazione economica, ma i mass
media ne parlano con molta cautela.
La linea della BCE è quanto di meno trasparente e di meno democratico si
possa concepire: interviene comperando sul mercato secondario, in deroga al
proprio statuto, ogniqualvolta i tassi sui bond di un paese eurodebole
salgono tanto che il paese colpito potrebbe uscire dall’Eurosistema, ma
niente fa per rimediare alle cause strutturali delle impennate dei tassi, né
dei crescenti squilibri delle bilance commerciali intracomunitarie, né del
costante peggioramento del pil, dell’occupazione, dell’economia reale, di
molti Stati membri.
Una difesa sostanziale, la BCE la fa solo in favore delle banche europee,
finanziandole a bassi tassi (1%), molto largamente, e senza curarsi che
almeno una quota degli oltre 1000 miliardi prestati loro vada a finanziare
l’economia reale anziché attività speculative, magari rivolte contro Stati
eurodeboli.
Pare proprio che l’obiettivo della BCE sia di trattenere le rane nella
casseruola finché non siano cotte, dispensando loro una boccata di ossigeno
e generose rassicurazioni quando si sentono scottare e pensano di saltar
fuori, come è avvenuto ad esempio oggi, allorché nella mattinata lo spread
btp/Bund è schizzato oltre 530 p.b., e Draghi ha reagito dichiarando che
uscire dall’Eurosistema è impensabile, che recentemente si sono fatti molti
passi avanti, e che la BCE farà tutto ciò che occorre per impedirlo – al che
lo spread è presto sceso a 470 p.b., e la borsa italiana ha recuperato il 5%
mentre l’Euro è risalito a 1,23 sul Dollaro.
Pare, insomma, che si voglia tenere i paesi eurodeboli in un meccanismo che
aggrava i loro problemi e svuota le loro economie reali, ma al contempo li
mantiene artificialmente in vita con una fleboclisi monetaria, aumentando la
loro dipendenza da organismi autocratici giuridicamente irresponsabili e di
tipo bancario, come la BCE e il nascente MES, Meccanismo Europeo di
Stabilità. Da simili fatti traspare un disegno superiore, oligarchico,
dirigistico, che non viene dichiarato, ma viene portato avanti senza
interesse per le condizioni di vita delle nazioni, bensì con interesse
centrato sul piano finanziario: espressione del fatto che, per l’odierna
strutturazione del potere reale, l’economia della produzione e dei consumi,
quindi gli stessi popoli, che di quell’economia costituiscono gli attori,
sono divenuti superflui – ed è questa la vera rivoluzione che introduce il
nuovo millennio.
Propongo un nuovo articolo, breve ed ineccepibile, su questi argomenti.
Dal sito www.marcodellaluna.info:
La BCE difende l'Euro, le banche, ma non gli europei di Marco Della Luna
Paradossalmente, l’agonia dell’Euro, del debito pubblico, dello spread, con
tutti i sacrifici, la recessione e le tasse che ad essa conseguono, è voluta
e mantenuta dai poteri europei: infatti dipende dalla scelta di proibire
alla BCE di comperare le emissioni di debito pubblico sul mercato primario,
alle aste, cioè da fare da vera banca centrale di emissione, così da
impedire alla radice la speculazione. I Brics, gli USA, il Giappone, hanno
banche centrali che fanno le banche centrali; perciò, sebbene gravati da
debiti pubblici anche molto più alti dell’Italia, non hanno problemi con la
speculazione, perché le loro banche centrali garantiscono l’acquisto.
La pseudo-banca centrale detta BCE è voluta in quanto fa gioco agli
speculatori finanziari, per ragioni di profitto; agli USA, per ragioni
geostrategiche; alla Germania, perché ne trae benefici finanziari,
competitivi, egemonici; al capitalismo in generale, perché gli consente di
minacciare le nazioni con lo spauracchio dei tassi e del default per
costringerle ad abbattere lo stato sociale, i diritti dei lavoratori e dei
risparmiatori; a smantellare il ruolo economico del settore pubblico; e in
generale a affidare definitivamente la politica ai banchieri. Questo dato di
fatto sarebbe la prima cosa da dire nell’informazione economica, ma i mass
media ne parlano con molta cautela.
La linea della BCE è quanto di meno trasparente e di meno democratico si
possa concepire: interviene comperando sul mercato secondario, in deroga al
proprio statuto, ogniqualvolta i tassi sui bond di un paese eurodebole
salgono tanto che il paese colpito potrebbe uscire dall’Eurosistema, ma
niente fa per rimediare alle cause strutturali delle impennate dei tassi, né
dei crescenti squilibri delle bilance commerciali intracomunitarie, né del
costante peggioramento del pil, dell’occupazione, dell’economia reale, di
molti Stati membri.
Una difesa sostanziale, la BCE la fa solo in favore delle banche europee,
finanziandole a bassi tassi (1%), molto largamente, e senza curarsi che
almeno una quota degli oltre 1000 miliardi prestati loro vada a finanziare
l’economia reale anziché attività speculative, magari rivolte contro Stati
eurodeboli.
Pare proprio che l’obiettivo della BCE sia di trattenere le rane nella
casseruola finché non siano cotte, dispensando loro una boccata di ossigeno
e generose rassicurazioni quando si sentono scottare e pensano di saltar
fuori, come è avvenuto ad esempio oggi, allorché nella mattinata lo spread
btp/Bund è schizzato oltre 530 p.b., e Draghi ha reagito dichiarando che
uscire dall’Eurosistema è impensabile, che recentemente si sono fatti molti
passi avanti, e che la BCE farà tutto ciò che occorre per impedirlo – al che
lo spread è presto sceso a 470 p.b., e la borsa italiana ha recuperato il 5%
mentre l’Euro è risalito a 1,23 sul Dollaro.
Pare, insomma, che si voglia tenere i paesi eurodeboli in un meccanismo che
aggrava i loro problemi e svuota le loro economie reali, ma al contempo li
mantiene artificialmente in vita con una fleboclisi monetaria, aumentando la
loro dipendenza da organismi autocratici giuridicamente irresponsabili e di
tipo bancario, come la BCE e il nascente MES, Meccanismo Europeo di
Stabilità. Da simili fatti traspare un disegno superiore, oligarchico,
dirigistico, che non viene dichiarato, ma viene portato avanti senza
interesse per le condizioni di vita delle nazioni, bensì con interesse
centrato sul piano finanziario: espressione del fatto che, per l’odierna
strutturazione del potere reale, l’economia della produzione e dei consumi,
quindi gli stessi popoli, che di quell’economia costituiscono gli attori,
sono divenuti superflui – ed è questa la vera rivoluzione che introduce il
nuovo millennio.
Elton John compra un altro bambino.
Rivalutiamo le "notiziole", quelle che i quotidiani paludati liquidano con ironia solo per fare un po' di colore e quelle che i settimanali "femminili" usano per riempire gli spazi tra una pubblicità e l'altra. E che invece spesso gettano un fascio di luce non da poco sul mondo in cui viviamo (e vivremo).
Dopo la "notiziola" del cameriere del Danieli, eccone un'altra significativa. Ne posteremo ancora.
Dalla mailing list di Skanderbeg:
Dopo la "notiziola" del cameriere del Danieli, eccone un'altra significativa. Ne posteremo ancora.
Dalla mailing list di Skanderbeg:
Questo è il titolo di un sedicente giornale femminile: http://www.iodonna.it/attualita/primo-piano/2012/elton-john-nuovo-figlio-40735787690.shtml
Perché al di là della “neolingua” con la quale i pennivendoli sono soliti propinarci il loro mondo alla rovescia, la realtà è solo questa: un ricco omosessuale sfrutta l’indigenza e l’immaturità mentale di una donna, per usarla come “vacca da riproduzione”. Non si odono, anche in questo caso, le grida starnazzanti delle “femministe”: il gay è sacro, è il nuovo idolo e l’idolo non si discute. Qualunque cosa faccia.
Anche se sfrutta una donna, anche se la usa come un pezzo di carne da monta. Anche se ne umilia e ne riduce la natura a “utero ambulante”.
Elton John e Furnish Secondo bebè in arrivoIl titolo reale sarebbe dovuto essere: Elton John compra un altro bambino dalla stessa madre.
La stessa madre surrogata di Zachary sarebbe al terzo mese
Perché al di là della “neolingua” con la quale i pennivendoli sono soliti propinarci il loro mondo alla rovescia, la realtà è solo questa: un ricco omosessuale sfrutta l’indigenza e l’immaturità mentale di una donna, per usarla come “vacca da riproduzione”. Non si odono, anche in questo caso, le grida starnazzanti delle “femministe”: il gay è sacro, è il nuovo idolo e l’idolo non si discute. Qualunque cosa faccia.
Anche se sfrutta una donna, anche se la usa come un pezzo di carne da monta. Anche se ne umilia e ne riduce la natura a “utero ambulante”.
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