giovedì 19 luglio 2012

Agnoli sulla Siria.

Alcuni giorni fa mi sono dispiaciuto, sul blog, di avere finora postato troppo pochi articoli di Francesco Mario Agnoli.
Eccone uno, esemplare, sulla vicenda siriana dal sito di Identità Europea:

Siria, terra di bugie (occidentali)

A volte ritornano. No, non si tratta di Berlusconi. Quanto meno non  soltanto di lui, ma di qualcosa di molto peggio.  Delle bugie degli americani, che, dopo avere  trasformato l'auspicata (da loro) primavera araba siriana in una lunga estate rosso sangue, non riescono a portare a compimento l'opera per l'opposizione  di Russia e Cina, che a seguito dell'esperienza libica hanno perfettamente compreso quali siano il vero significato e i reali scopi delle cosiddette missioni umanitarie a protezione dei civili. Per superare l'impasse russo-cinese gli Usa hanno rispolverato il giochetto brillantemente riuscito nel 2003 con l'Iraq. Secondo loro, come già la buonanima di Saddam Hussein anche il siriano Assad si appresterebbe a fare ricorso alle armi di distruzione di massa e starebbe spostando, in modo di averlo pronto all'impiego, sotto il controllo di fedelissimi reparti militari il suo arsenale chimico, di cui farebbero parte il gas mostarda e il sarin, altamente letali.
Peccato che quella del 2003, come si scoprì poco dopo, ma comunque troppo tardi, fosse una  menzogna colossale, che costò l'onorabilità e la carriera a Colin Powell, spedito con tanto di documenti falsi o insignificanti a garantire al Consiglio di sicurezza dell'Onu la veridicità della panzana, e soprattutto, al popolo iracheno sofferenze inaudite e centinaia di migliaia di morti.
Ammaestrati dall'accaduto, questa volta gli americani hanno mandato avanti in prima battuta un alto funzionario israeliano (a quanto pare anonimo, il che è comprensibile, dato che le figuracce alla   Powell bruciano), che ha fatto la sconvolgente rivelazione a un giornalista del “Guardian”, e in seconda un  certo  Qassim  Saadaldin, portavoce dei ribelli siriani, che a spacciare menzogne non ci fanno caso, abituati come sono a vederle accolte come indiscutibili verità di Vangelo dai mass-media del mondo occidentale.
Non voglio essere frainteso e non intendo venire meno all'onestà che i lettori della Voce (per il vero di qualunque giornale) hanno diritto di attendersi da chi, per quanto modesto sia il suo ruolo, si rivolge a loro. Non sono un esperto di vicende medio-orientali in genere e siriane in particolare. Se sono convinto che la massima parte delle notizie provenienti dai ribelli e dai loro protettori e manutengoli occidentali sono false è perché sono in radicale contrasto, come ho già avuto occasione di scrivere a inizio giugno su questo giornale, citando nomi e riportando dichiarazioni, con quanto riferito da religiosi cristiani che si trovano sul  posto e dei quali mi fido molto di più che dei ribelli e degli alti funzionari israeliani. Oltre tutto non hanno ragione di mentire.
In realtà, pur dubitandone, non posso nemmeno escludere che Assad l'arsenale chimico lo possegga davvero e (anche se non ci credo, perché non ne trarrebbe alcun vantaggio, anzi farebbe un favore ai suoi nemici) sia pronto ad usarlo. Ciò che indigna è che, dopo quanto è accaduto con le armi di distruzione di massa irachene, la gran parte dei mass-media occidentali (e, per quanto direttamente ci riguarda, italiani) non si mostri nemmeno sfiorata dal dubbio che chi ha clamorosamente mentito una volta sia pronto a rifarlo. Al contrario, in alcuni casi la falsa accusa americana del 2003 viene addirittura utilizzata per dare forza a quella attuale. Trascrivo testualmente l'apertura della notizia su un quotidiano nazionale: “Come sull'Iraq del 2003 anche sulla Siria si allunga l'ombra delle armi chimiche”. Punto. In tutto l'articolo nemmeno una parola per ricordare che nel 2003 l'unica ombra che si allargò sull'Iraq, purtroppo più distruttiva e sanguinosa delle armi chimiche, fu quella delle menzogne americane.

1 commento:

  1. perchè la stampa ufficiale sostiene la menzogna globale da cui dipende.... Informare dovrebbe significare riportare fedelmente un fatto, raccontarlo senza enfasi o celate deduzioni soggettive. Chi lavora con l'informazione dovrebbe garantire al lettore l'imparzialità del resoconto, la minuziosa cronaca dell'accaduto e la comprensibilità dello stile. In questo caso la semplicità terminologica diventa un dovere, poiché ciò che scrive un giornalista deve sempre essere accessibile e comprensibile a tutti, senza che diventi un resoconto per pochi eletti.

    Il declassamento che ha subìto l'Italia sulla libertà d'informazione dovrebbe far riflettere. Un giornalismo sempre più esclusivo, legato ed imbavagliato, strumentalizzato e manipolato dalla politica non è degno di essere definito tale, poichè tradisce tutte le regole deontologiche della professione ed il fine ultimo della stessa. Un giornalismo tale diventa peggiore dell'abiezione politica, che a sua volte tradisce il popolo.

    Mai come in questo momento storico, l'Italia non garantisce un'informazione coerente e pluralista, che non sia dettata da linee editoriali filo politiche, volte ad interessi terzi.

    A questo punto, pensiamo che l'Ordine professionale, in quanto istituzione, abbia perso la propria ragione d'essere solo per il fatto di non riuscire a fungere da garante e tutore dell'informazione stessa.

    Un pubblico di lettori sempre più conscio della scarsa qualità informativa, diventa il giudice più spietato, il censore più inflessibile ed il primo critico delle numerose lacune presentate dal sistema della professione giornalistica. I lettori non credono più nell'informazione, esattamente come non credono più nella politica ed in chi la rappresenta.

    Questo declassamento del'informazione ci sprofonda e ci equipara a Paesi dai regimi dittatoriali. Un affronto che dobbiamo accettare in silenzio, un silenzio pesante che deve farci riflettere sulla nostra decadenza culturale e politica che sta minando la libertà dalle fondamenta.

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